(nella foto di G. Pavat il Duomo di Gemona (UD) in Friuli – Venezia Giulia, con la gigantesca statua di San Cristoforo, ricostruito dopo essere stato distrutto dal terremoto del 6 maggio 1976)
SABATO 16 FEBBRAIO 2013, ORE 22.16, UN SCOSSA DI 4.8 DI MAGNITUDO HA COLPITO LA CIOCIARIA.
MA SI POSSONO PREVEDERE I TERREMOTI? QUALCUNO NEL SECOLO SCORSO COSTRUI’ UN INCREDIBILE STRUMENTO CHE CI RIUSCIVA PERFETTAMENTE.
Un articolo in esclusiva per WWW.ILPUNTOSULMISTERO.COM scritto da Giancarlo Pavat.
Alle ore 22.16 del 16 febbraio 2013, un terremoto sussultorio di magnitudo 4.8 della Scala Richter ha colpito al Ciociaria, con epicentro tra Sora e Isola Liri. (Poco dopo un’altra scossa di 3.6 gradi di magnitudo a colpito anche L’Aquila, ancora provata dal sisma del 6 aprile 2009)
Tantissima paura in entrambi i casi ma fortunatamente pochissimi danni e, al momento, si lamenta una sola vittima nel frusinate, dove una donna anziana è purtroppo deceduta per lo spavento.
Sono nato nel 1967 a Trieste e non avevo nemmeno compiuto 9 anni quando vissi la terribile esperienza del terremoto del 6 maggio 1976 in Friuli – Venezia Giulia (ci furono altre due disastrose repliche l’11 ed il 15 settembre del medesimo anno).
Sono esperienze che segnano persone adulte figuriamoci dei bambini. Per questo sono particolarmente ricettivo nei confronti di tutto ciò che ha a che fare con i sismi e vicino a tutti coloro che soffrono per queste catastrofi.
Io e mia moglie Sonia viviamo in Ciociaria e abbiamo sentito fin troppo bene la scossa delle 22.16. Grazie al cielo, a parte la paura, non dobbiamo lamentare danni o peggio.
Ma l’ennesimo sisma che ha colpito una regione del nostro Paese (tutta l’Italia, più o meno è a rischio terremoti), riporta d’attualità l’interrogativo forse antico come l’Uomo. Si possono prevedere i forti sismi? La Scienza dice di no!.
Spiega che, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, non è assolutamente possibile prevedere quando e dove si scatenerà un terremoto.
Ovviamente c’è chi non la pensa in questo modo. Basti pensare agli studi del grande (e misconosciuto) Raffaele Bendandi (1893-1979).
(nella foto di G. Pavat, i ruderi del castello di Cuccagna, sopra Faedis (UD) in Friuli -Venezia Giulia, distrutto dal terremoto del 6 maggio 1976)
Così lo descrive il geologo e scrittore americano Robert Schoch (“La Civiltà perduta e le catastrofi del Sole”, edizione italiana della X- Publishing 2012): “Un sismologo autodidatta (costruì da se i propri sismografi, che furono venduti in tutto il mondo) famoso (o famigerato, a seconda dei punti di vista) per le sue predizioni sui terremoti “.
Bendandi, infatti, pur provenendo da una famiglia di modeste condizioni economiche, riuscì a formarsi una enorme cultura scientifica, tanto da riuscire a prevedere il terremoto del 4 gennaio 1924 che colpì le Marche.
Nel novembre dell’anno precedente lo scienziato di Faenza, depositò presso un notaio una propria dichiarazione in cui prevedeva un terremoto nella regione marchigiana per il giorno 2 gennaio 1924. Bendandi sbagliò di soli due giorni!
Ma su che cosa si basava il suo metodo (che era scientifico e non aveva nulla a che fare con l’esoterismo o il soprannaturale) di previsione?
Sebbene non abbia mai svelato tutti i dettagli del suo metodo (e ciò diede il fianco agli attacchi ed accuse di frode da parte dei sismologi accademici), si sa con certezza che Bendandi studiava profondamente “le influenze gravitazionali tra il Sole, i pianeti, la Luna e gli altri corpi celesti” (R. Schoch “La Civiltà perduta e le catastrofi del Sole”, pag 143), compresi asteroidi e meteoriti.
Infatti sin dal 1920, Bendandi elaborò una teoria, via via perfezionata nel corso degli anni, “ritenendo probabile l’esistenza di una relazione tra terremoti e fattori astronomici” (U. Cordier “Guida ai luoghi misteriosi d’Italia” Piemme 2002, pag. 181).
Ma Bendandi era pure “interessato a ciò che causa il ciclo delle macchie solari e a come i cicli solari e i fenomeni elettromagnetici associati possano essere correlati con i terremoti” (R. Schoch “La Civiltà perduta e le catastrofi del Sole”, pag 143).
In ogni caso lo studioso faentino continuò per anni a redigere previsioni di altri sismi, compreso quello a cui accennavo all’inizio di questo articolo; ovvero il terremoto del 6 maggio 1976 in Friuli – Venezia Giulia.
(nella foto di G. Pavat, Cividale del Friuli (UD) ed il “Ponte del Diavolo” sul fiume Natisone. Anche Cividale fu duramente colpita dal sisma del 6 maggio 1976)
Pare che Bendandi abbia avvertito (o tentato di avvertire) molte ore prima il Prefetto di Udine dell’approssimarsi della scossa, ma ovviamente non venne creduto (qualcosa di molto simile è successo nel 2009, prima del sisma de L’Aquila, al tecnico dell’Istituto di Fisica distaccato presso i Laboratori nazionali del Gran Sasso Giampaolo Giuliani).
Il sisma del Friuli si scatenò alle ore 21.00 in punto, raggiunse il 9° grado della Scala Mercalli (all’epoca si usava poco la Scala Richter) provocò quasi mille morti e oltre 45.000 senza tetto.
Sebbene alcune delle sue teorie abbiano trovato riscontri scientifici, solo la Fondazione culturale che porta il suo nome ed il Museo allestito dal comune di Faenza nella casa natale dello scienziato portano avanti il ricordo e l’opera di rivalutazione dei suoi studi.
(Nella foto: la città Gorizia nell’anno del terremoto del Friuli)
Ma proprio in relazione al Sisma del 6 maggio ’76, in Friuli – Venezia Giulia esiste un’altra incredibile storia che sembra adombrare il fatto che, nel XIX, sia esistito qualcun’altro in grado di prevedere i terremoti o, perlomeno, in grado di costruire un semplicissimo strumento capace di avvertirli con un certo anticipo.
Ricordo che notizie circa questo strano strumento circolarono nei mesi successivi alla scossa del 6 maggio, ma furono relegate non certo nelle prime pagine dei quotidiani (all’epoca non esistevano tv commerciali e persino al Rai aveva due soli canali, figuriamoci poi internet o altri sistemi di informazione multimediali) e tutto finì nel dimenticatoio, proprio come la “previsione” di Bendandi.
Poi, lentamente, la notizia della vicenda cominciò ad apparire su qualche pubblicazione ma è ancora scarsamente nota al grande pubblico.
Uno dei pochi a parlarne in maniera precisa ed esaustiva è stato l’ingegnere elettronico ed informatico, nonché scrittore, Umberto Cordier a pag 163 nella sua indimenticabile “Guida ai luoghi misteriosi d’Italia” (Piemme 1996 ed edizione Piemme Pocket 2002).
E’ noto che, come nel caso del più recente terremoto de L’Aquila, nelle ore immediatamente precedenti e quelle successive al sisma del Friuli, vennero registrati singolari fenomeni e eventi, mai ben spiegati e non correlati con certezza all’evento tellurico. Come misteriose luci apparse sui fianchi delle montagne della Carnia oppure bagliori o chiarori all’orizzonte della pianura friulana
Ma l’episodio certamente più incredibile (ed accertato senza alcuna ombra di dubbio) fu quello relativo ad un particolare strumento che si trovava nella parrocchia della chiesa di Maria Santissima Regina nel quartiere Montesanto a Gorizia.
Questo strumento, chiamato “baroscopio” era stato rinvenuto dal parroco don Fulvio Demartini in un vecchio mobile ereditato circa venti anni prima da una anziana zia.
L’oggetto era stato certamente realizzato alla fine del XIX secolo e, viste le numerose scritte in tedesco, risaliva certamente ai tempi dell’appartenenza di Gorizia agli Asburgo (la denominazione esatta del territorio era “Principesca Contea di Gorizia e Gradisca”), durata dal XVI secolo sino al 1918.
“Lo strumento” scrive Cordier nel suo libro “è capace di prevedere le condizioni meteorologiche con una precisione infallibile. Si compone di una tavoletta di legno, alla quale è fissato sulla sinistra lo stelo di un termometro (tarato in gradi Reaumur, adottati nel Settecento e Ottocento), e sulla destra una provetta di vetro sigillata piena di un liquido trasparente”
Cordier elenca le numerose scritte in lingua tedesca, a cui si è già accennato, compreso il nome dello strumento: “Baroskop”, “baroscopio”, appunto.
Ai lati della provetta è riportato “un elenco degli aspetti che può assumere il liquido in essa contenuto, con le corrispondenti previsioni meteorologiche”.
Le indicazioni, tradotte dal tedesco, recitano:
“fluidità chiara” (sempre del liquido): tempo bello. “Fluidità torbida”: tempo variabile. “Piccole campane nivee”, pioggia. “Fluidità torbida e stellette”, temporale. “Cristallizzazione”: nuvole. “Penne salienti”: vento “Nuvole grosse”: tempo burrascoso. “Stellette e tenue cristallizzazione”: neve in arrivo. “Strato di ghiaccio”: gelo.
Infine l’indicazione più sconcertante, alla quale don Fulvio non aveva mai fatto più di tanto caso:
“Sedimento sopra e sottochiaro”, “Erdbeben”, in tedesco TERREMOTO!
(nella foto: la chiesa seicentesca di Sant’Ignazio a Gorizia, nell’anno del terremoto. Anch’essa venne danneggiata dal sisma del 6 maggio 1976)
La mattina del 5 maggio del 1976, quindi a più di trentasei ore dalla prima devastante scossa che mise in ginocchio la Carnia ed il Friuli (ma che, ricordiamolo, fu sentita fortissima anche in provincia di Gorizia e di Trieste, che assieme formano la Venezia Giulia), don Fulvio trovò il baroscopio “in un aspetto mai visto prima: una condensazione rosso sangue nella parte alta della provetta e il liquido restante color paglierino leggerissimo” scrive Cordier che si basa su testimonianze di prima mano e su personali ricerche.
“Anche la mattina seguente (il 6 maggio, NDA) il baroscopio si presentava in questo modo”
Poi arrivò il sisma, che, lo ripeto, fu avvertito molto bene anche nel capoluogo isontino, e solo il giorno dopo, quando ormai si cominciava a prendere coscienza dell’immane tragedia, il parroco si ricordò del suo baroscopio, “… e capì che l’insolita indicazione era proprio quella corrispondente a Erdbeben, ovvero a terremoto”.
Ci si può girare attorno finché si vuole, qualcuno tentò pure di mettere in dubbio (senza successo) la buona fede del parroco, ma la conclusione non potè, e ancora oggi, non può essere che una;
“Il baroscopio aveva prevista la scossa con almeno 36 ore di anticipo!”
Da quel momento, tutti i testimoni, concordarono nell’asserire che l’aspetto rimase invariato ad indicare sempre “Erdbeben”, “terremoto”.
Tornò all’aspetto normale solo molto tempo dopo le altre due devastanti scosse dell’11 e 15 settembre 1976.
Cordier ha scoperto che in realtà lo strumento del parroco Goriziano non è un esemplare unico al mondo. Un’altro praticamente identico appartiene alla Comunità Walser di Gressoney-la-Trinitè in Valle d’Aosta.
“E’ raffigurato in un catalogo di oggetti tradizionali curato dal compianto Bruno Favre” scrive nella “Guida ai luoghi misteriosi d’Italia”, “Lo strumento ha le medesime scritte in tedesco (compreso Erdbeben), con la sola differenza dell’intestazione: anziché Baroskop, riporta Chemisches Waterglass”.
Ma un ulteriore esemplare fu in possesso addirittura dell’ammiraglio inglese Robert Fitzroy (che l’utilizzava come “barometro da tempesta”) , ovvero il comandante del “Beagle”, la nave che condusse attorno al mondo il giovanissimo Charles Robert Darwin (1809-1882). Il viaggio, iniziato nel 19831, durò cinque anni, e gli permise di raccogliere quella mole di informazioni e dati sulla flora e la fauna di diverse regioni del Globo che gli consentiranno, una volta tornato in patria, di elaborare la sua teoria evoluzionistica esposta nel volume “L’origine della specie” (1859).
Cordier ha scovato anche diverse formule per realizzare il baroscopio e soprattutto preparare il misterioso liquido ivi racchiuso.
Si tratta di un incredibile mix di sostanze e liquidi diversissimi tra loro ma quasi tutti di facile (o comunque non impossibile) reperibilità.
Per la formula rimandiamo alla lettura del bellissimo libro di Umberto Cordier. Davvero notevole e non solo per la storia del baroscopio di don Fulvio.
Comunque, tornando a quel lontano 1976, quando tutta la storia divenne di dominio pubblico, la “Scienza ufficiale” non perse tempo a smontare tutta la questione, ribadendo (come fa ancora oggi ad oltre trenta anni di distanza) che non è possibile prevedere le scosse telluriche.
Eppure quello straordinario e sconosciuto strumento (che, è bene ribadirlo, esiste eccome!), certamente di fattura artigianale, ci era riuscito. E con ben 36 ore di anticipo. Quante vite umane si sarebbero potute salvare dando l’allarme in tempo?
E soprattutto come spiegare la previsione? Che cos’è quel misterioso liquido che cambiava forma, colore, stato a seconda delle modificazioni non solo atmosferiche ma pure geofisiche?
La Scienza non si è mai pronunciata, ma in realtà non ha mai nemmeno provato a trovare un risposta che certamente esiste. Visto che non si sta assolutamente parlando di qualcosa di soprannaturale. Ma bensì della geniale scoperta di qualche sconosciuto chimico dilettante o ultimo epigono degli antichi alchimisti.
Che aveva certamente a cuore il bene dell’Umanità forse molto di più di tanti “soloni” che pontificano ancora oggi.
Domenica mattina del 17 febbraio 2013.
Giancarlo Pavat.
giancarlo.pavat@gmail.com
Gentile Signor Pavat, sono Annamaria di Cavalese. Essendo tornata a Gorizia sono rimasta affascinata dal Duomo ( dove ho visto che è molto onorato Ignazio di Lojola tanto da meritare la visita del papa Giovan Paolo II) Non sono assolutamente competente e per cercare ulteriori informazioni mi sono imbattuta nel suo OTTIMO articolo che mi ha riportato alla scoperta del nome e di informazioni sul baroscopio che tanto cercavo da anni. Complimenti vivissimi per il lavoro fatto e..se passa dalle mie parti con la famiglia un bel pranzo non glielo toglie nessuno! Un grazie ancora Annamaria Vanzo
Buongiorno vi riscrivo perchè sono rimasta molto colpita dall’articolo di Pavat sullo straordinario strumento che avrebbe previsto con un grande anticipo il terremoto del Friuli del 1976.
Io anche se vivo vicino a Roma sono di quelle parti (sono nata nel 1973 a Manzano, quindi ero troppo piccola e non ricordo nulla di quel tragico evento)
Un bell’articolo. Equilibrato, documentato, sono citate le fonti. Ho già imparato ad apprezzare Pavat per le ricerche ed articoli pubblicati sulle riviste Fenix e X-times.
Io credo che la ricerca seria (soprattutto fatti e fenomeni misteriosi) vada fatta proprio in questo modo.
Sarebbe davvero molto interessante (non occorre che vi dica i motivi) studiare con attenzione il cosiddetto baroscopio di Gorizia che evidentemente non è un baroscopio.
Ma avete pensato che (forse) sebbene (almeno stando alle testimonianze) sia di realizzazione artigianale potrebbe far riferimento a avanzatissima tecnologia aliena? Ma pensiamoci un momento.
Un chimico o tecnico (o abile artigiano) del 1800 (o anche prima) viene (non sappiamo come)in possesso di uno strumento avanzatissimo. Che però non può replicare esattamente non avendone i mezzi. E’ chiaro che cercherà di farlo con le attrezzature e i materiali a sua disposizione.
Ecco, quindi, che potrebbe aver costruito un apparecchio “rustico” ma basato su conoscenze avanzatissime degli alieni o di altre civiltà (anche terrestri) ormai scomparse..
Esagero? E’ solo una ipotesi ma vi prego di prenderla in considerazione.
Lidia.
Sulla rivista X-Times nr° 45 c’er auna lunga intervista a Giampaolo Giuliani (gli hanno dedicato pure la copertina). Leggo X-Times con piacere, ma in quel caso….da delirio. va bene dare la parola a tutti, va bene la libertà di espressione ma per chi ci hanno preso?
Lidia.
Buongiorno, desidero rispondere al lettore che si chiede dove si trovi adesso il Baroscopio di Gorizia.
Stando al servizio mandato in onda dal telegiornale Rai Tg2, l’11 maggio 2011 (ricordate? Era la data in cui, secondo una leggenda metropolitana nata sul web, un terremoto doveva radere al suolo Roma) il Baroscopio e’ in possesso del signor Demartini che l’ha ereditato dallo zio don Fulvio. Sempre secondo il servizio Rai, il Baroscopio non funzionerebbe piu’.
In ogni caso al momento non risulta che lo strumento sia mai stato studiato da chimici, fisici o sismologi.
Quanto ai commenti del lettore nei confronti di Giampaolo Giuliani, citato solo di sfuggita nel mio articolo, ogniuno e’ libero di pensarla come meglio crede. L’importante e’ farsi un idea personale scevra da preconcetti e luoghi comuni. Solo il Tempo dira’ quanto ci sia di vero nelle affermazioni del Giuliani.
Comunque non ha di certo previsto il sisma dello scorso 16 febbraio nel sorano!
Giancarlo Pavat.
Articolo interessante. Anch’io non avevo mai sentito parlare dello strumento di Gorizia. E anch’io sarei curioso di sapere dove si trova ora e se funziona ancora. Quanto a Giampaolo Giuliani, ho letto il link inviato da Ruggero e non posso che concordare con quanto riportato. Per me Giuliani è solo uno in cerca di pubblicità. Saverio. Roma.
Bello questoa rticolo. Non conoscevo la storia del Baroscopio di Gorizia del 1976. Ma ora si sa dove si trova? Quanto alla citazione del sedicente sismologo Giuliani, vi allego il link di un articolo scritto in cui emerge come Giuliani si aun millantatore e che non ha mai indovinato proprio nulla.
Ruggero
http://www.dirittodicritica.com/2012/06/01/terremoto-giuliani-previsioni-38975/