Sulle mura megalitico-ciclopiche, tecnicamente dette poligonali, presenti nell’Italia Centromeridionale, in particolar modo nel Lazio, ci sono ancora luci ed ombre, luci per lo splendore e l’ammirazione che ancora oggi suscitano agli occhi dei visitatori; le ombre invece nascono dalle domande di tipo archeologico che ancora oggi non trovano risposta.
Infatti le mura poligonali sono realizzate a secco, senza l’utilizzo quindi di malte o terre argillose, sovrapponendo o affiancando blocchi di pietra chiamati anche conci di varia grandezza, formando così mura megalitiche, una struttura con specifiche finalità, che andavano dalla recinzione umana, al terrazzamento, alla fortificazione e via dicendo.
Scavato il perimetro si divideva in diversi lotti ed assegnati ad altrettanti gruppi di maestranze in grado di tagliare e porre in opera anche massi di diversi quintali. Secondo la tradizione, è attribuita ad un popolo la cui esistenza “storica” non è condivisa da tutti, i ”divini” Pelasgi.
Passando per Cesi (TR), splendido paesino alle pendici del monte Eolo, una delle ultime propaggini dei monti Martani verso sud. Esso dista circa 10 km da Terni, in direzione nord verso Borgorivo e Sangemini. La posizione del paese, addossato alla montagna, è ideale per offrire un panorama dell’intera conca ternana. Secondo i dati Istat del 2001, vi abitano 682 residenti.
Inizialmente di origine rupestre, infatti percorrendo la “Strada della Pittura”, troviamo un terrazzamento romano di età repubblicana, formato da Mura Megalitiche attribuibili al III – II secolo a.C., costituito da grossi blocchi calcarei e su uno di questi, che fa angolo, a circa quattro metri da terra, troviamo in altorilievo un fallo, simbolo di fertilità, ma in questo caso con chiaro scopo apotropaico (per allontanare il male).
Da notare la presenza del simbolo del “Centro Sacro” (come nei rosoni delle chiese di S. Maria Maggiore e di S. Francesco ad Alatri) nel rosone di Sant Erasmo.
Giova precisare che ad Alatri e precisamente sull’architrave monolitico della Porta Minore dell’Acropoli, troviamo tre falli apotropaici già oggetto di studio da parte del ricercatore Ornello Tofani.
La presenza non rara di simili simboli fa sorgere qualche legittimo dubbio sull’intepreetazione del ricercatore alatrense.
Cesi, nel XII secolo, si amplia in alto con una nuova cinta muraria, sino alla sella del monte Eolo ove a 880 mt s.l.m., ove si trova un enorme cassero poligonale trapezoidale di circa 4.000 mq., formato da grossi blocchi calcarei sul quale insiste la chiesa romanica di Sant’Erasmo oltre ai resti di un arcaico centro abitato, databile al VI – V secolo a.C., ricordato anche da Plinio il Vecchio come Clusiulum, una delle città scomparse degli Umbri.
Poco distante, sulla sommità del Monte Torre Maggiore a circa 1120 mt s.l.m., troviamo l’omonimo ed a dir poco grandioso luogo di culto risalente al VI secolo a.C. ed usato sino al II – III secolo d.C. e cioè sino all’avvento del Cristianesimo, come attestano alcuni rinvenimenti venuti alla luce durante gli scavi.
Quanto relazionato dal Pelino in questo ottimo articolo e quanto era già noto conferma, oltre ogni ragionevole dubbio, che la valenza dei falli della Porta Minore dell’Acropoli di Alatri è essenzialmente quella apotropaica. Altro che misure egizie o altre sciocchezze del genere. Così non si fa una ricerca seria. Meno male che ci sono ricercatori come Pelino. Solo dati certi. Oggettivi e non voli e sogni ad occhi aperti.
Cambierei solo il titolo. “Alatri come Cesi”. Ecco la verità. alatri fa aprte di un universo megalitico presente in tutta l’Italia Centrale e e meridionale importnatissimoe d afafscinante ma senza scomodare Ittiti, Egiziani allineamenti equinoziali ed altro.
Filippo.
Gran bell’articolo. Essenziale e ben scritto.