(Il labirinto di San Vitale – foto Florin Malatesta)
SIMBOLI DI UN ANTICO SAPERE.
Il Labirinto di San Vitale a Ravenna e l’Abbazia di Pomposa.
di Florin Malatesta
Nel 1996 è stato scoperto per caso ad Alatri (FR), per la precisione nel Chiostro di San Francesco, vicino all’omonima chiesa, un cunicolo, noto in tutto il mondo per la preziosità e l’unicità dei suoi affreschi, recentemente restaurati.
Sono stati rinvenuti molteplici simboli, quali stelle, sfere ed in particolare Fiori della Vita, meglio noti come “fiori a sei petali”, la cui diffusione si ebbe soprattutto nel Medioevo, adottati successivamente dalla Chiesa come simbolo di resurrezione. Gli stessi simboli furono utilizzati anche dal l’Ordine dei Cavalieri Templari nelle proprie opere.
Il Chiostro alatrense, in passato forse parte della Chiesa di San Francesco, è appartenuto senza dubbio ai Cavalieri Templari, poiché sulla controfacciata della Chiesa è visibile ancora oggi una croce patente, simbolo di codesto ordine monastico-cavalleresco. La città ciociara deve la propria fama, oltre alle mura megalitiche erette qualche migliaio di anni fa e che non hanno nulla da invidiare a siti come Carnac o Hattusha, anche ad un’opera che rappresenta un unicum al mondo. Avete capito bene…stiamo parlando dell’affresco del “Cristo nel Labirinto”.
(Cristo nel labirinto di Alatri prima del restauro – foto Florin Malatatesta)
Fin dal suo ritrovamento, come detto prima del tutto casuale, ha destato l’attenzione di innumerevoli ricercatori in ogni angolo del pianeta. Recentemente è stato restaurato grazie all’aiuto del Ministero italiano per i beni e le attività culturali (MIBAC).
Composto da un tragitto unicursale formato da undici spire, che il fedele doveva e deve ancora oggi attraversare senza mai tornare sui propri passi, raffigura un Cristo dal volto barbuto, che reca sul capo un’aureola con inscritta una croce, mentre con la mano destra compie un gesto, come per indicare l’uscita del labirinto, con quella sinistra tiene un libro chiuso in corrispondenza del cuore. La peculiarità dell’affresco in questione è quella di trovare allo stesso tempo la figura del Cristo e del labirinto. Qualche anno fa lo storico-ricercatore Giancarlo Pavat, tra i primi a cimentarsi nella soluzione di questo intrigante mistero, ha scoperto, sovrapponendo il percorso di vari labirinti presenti in tutto il mondo, che quello di Alatri è identico a quello della navata centrale della Cattedrale di Chartres, in Francia. E non solo…sono stati scoperti altri labirinti, tutti con l’identico percorso. Fra questi è necessario citare quello di Lucca, scolpito su una pietra posta sulla facciata della Cattedrale di San Martino; Pontremoli, nella Chiesa di San Pietro; Pavia, nella Basilica di San Michele Maggiore; Aulla e Piacenza, ormai scomparsi; in Inghilterra nel North Lincolnshire, nel Herefordshire, a Bristol, ad Abingdon; in Svezia, a Grinstad; in Francia a Sens, Reims, Poitiers, Bayeux, Giungamp e molti altri…
Un altro labirinto, non meno importante, si trova a Ravenna, nella Basilica bizantina di San Vitale.
Il labirinto di San Vitale, pavimentale e circolare con un diametro di circa 3,4 metri, non risale al VI-VII secolo, come si trova scritto su diverse pubblicazioni, bensì al XVI secolo.
(Basilica di S. Vitale a Ravenna – foto Florin Malatesta)
Abbiamo poche ed incerte notizie sulla figura e sul culto di San Vitale. La tradizione lo tramanda come soldato romano martirizzato durante le prime persecuzioni.
Edificata a partire dal 525 grazie all’ausilio finanziario di Giuliano Argentario e consacrata il 19 aprile del 548 per opera del vescovo Massimiano, può vantare numerosi mosaici pavimentali e parietali, noti in tutto il mondo per la loro incredibile maestosità.
In questa basilica si possono notare molte delle peculiarità dell’architettura bizantina, fra cui la semplicità per quanto riguarda l’esterno e la ricchezza al suo interno, in cui si ha l’opportunità di ammirare mosaici con svariati motivi decorativi. Il contrasto tra semplicità esterna e ricchezza interna rappresentava e rappresenta tuttora un messaggio rivolto al pellegrino.
L’influenza orientale qui assume un ruolo dominante. non si ha una basilica a tre navate, ma un nucleo centrale a pianta ottagonale.
Le tessere dei mosaici sono di circa 1 cm quadrato l’una e venivano allettate, posizionate nella malta in modo da poter creare scene suggestive, meravigliose, stupefacenti, che rendono al meglio i tratti di diversi personaggi dell’epoca, tra i quali spiccano Giustiniano, imperatore dell’Impero Romano d’Oriente, guidato dal progetto della renovatio imperii e sua moglie, la bellissima Teodora.
(Interno di S. Vitale – foto Florin Malatesta)
Il punto di unione tra questa basilica ed i labirinti menzionati in precedenza è la presenza in essa di un labirinto con il medesimo percorso.
Questa volta il labirinto non è stato affrescato e non è si è disgregato con il passare del tempo.
E’ situato di fronte all’altare ed è l’elemento centrale, il protagonista dello spettacolo prodotto da tutti i mosaici presenti all’interno della basilica.
Anche questo è un labirinto unicursale, che nella simbologia cristiana dei primi tempi alludeva alla speranza ed alla volontà di cercare e trovare la via verso la salvezza.
(Mosaico con l’Imperatore Romano d’Oriente Giustiniano – Foto Florin Malatesta)
Non lontano da Ravenna, per la precisione a Coligoro (FE), è possibile visitare la meravigliosa Abbazia di Pomposa, che fu edificata a partire dal 751 con materiale architettonico di spoglio proveniente da Ravenna, caduta proprio in quell’anno sotto il dominio longobardo per mano di Liutprando, sovrano passato alla storia soprattutto per la Donazione di Sutri, secondo la quale avrebbe donato dei territori alla Chiesa di Roma, che con questi voleva giustificare la legittimità del proprio potere temporale. Nel XV secolo Lorenzo Valla dimostrerà che si trattava di un falso creato dalla Chiesa.
Torniamo all’Abbazia di Pomposa. All’anno 874 risale la prima testimonianza scritta del monastero in una lettera di Papa Giovanni VIII, che reclamava il controllo diretto sull’abbazia.
Una delle figure che ha reso famosa l’Abbazia è rappresentata dall’abate Guido, simbolo di altezza spirituale e fermezza nella fede, che fu capace di condurla nella non facile vicenda terrena e farla così prosperare.
Dobbiamo all’abate Guido il metodo della scrittura della musica entro il rigo musicale, che costituisce la base del sistema su pentagramma ancora oggi utilizzato. A quell’epoca fu una vera e propria rivoluzione, grazie alla quale per la prima volta si riuscì a mettere per iscritto, mediante simboli diversi, i canti del monastero, che attraevano migliaia di pellegrini da tutto il mondo.
Il legame tra quest’Abbazia e l’affresco del Cristo nel Labirinto di Alatri è testimoniato dalla presenza di alcuni simboli affrescati nel Refettorio del monastero di Pomposa.
(Labirinto di S. Vitale a Ravenna – foto Florin Malatesta)
(Abbazia di Pomposa – Foto di Florin Malatesta)
L’origine del Refettorio si può riscontrare al momento della costruzione dell’impianto conventuale dell’abate Guido. Grazie alle tracce presenti sulle murature esterne si possono distinguere due fasi costruttive e decorative, la più antica delle quali risale all’XI secolo, mentre in quello successivo le pareti furono arricchite con decorazioni su un fondo verde.
Dominano questo ambiente le scene in cui vengono rappresentate la Deesis (Cristo in trono benedicente tra alcuni Santi) ed ai lati L’ultima cena e La cena dell’abate Guido. Tutto è collegato al Cristo in trono con il libro della vita, accompagnato da Maria e San Giovanni Battista.
Le pareti sono decorate con vari motivi, dove si possono riscontrare circonferenze tagliate da una specie di spirale con otto punte bianche, le stesse che si possono ammirare nel Chiostro di San Francesco ad Alatri.
Di seguito le foto (la prima riguardante l’Abbazia di Pomposa e la seconda il Chiostro di Alatri):
In conclusione, tengo a precisare che quanto espresso in questo articolo si tratta di una mia idea, una mia ipotesi, che spero possa, in un futuro prossimo, trovare riscontri oggettivi e suscitare in voi curiosità ed interesse, come dice il Sommo Poeta: “Fatti non foste per viver come bruti, ma per seguire virtute e canoscenza”.
(Florin Malatesta)