Dal professor Primo Di Paolis di Roma, riceviamo (e pubblichiamo) un intervento in merito alla tematiche delle ricerche e scoperte sulel Mura Ciclopiche di Alatri (FR). Quanto espresso dal professore in pensione non rispecchia necessariamente il pensiero della Redazione del nostro sito. Ovviamente, attenendoci alla nostra linea editoriale, che è quella di consentire diritto di parola a tutti, rimaniamo a disposizione per qualsiasi diritto di replica.
“Sono un anziano insegnante in pensione e da tempo seguo con estremo interesse e viva partecipazione le ricerche e novità afferenti le meravigliose Mura Megalitiche della bellissima città di Alatri, che ben conosco.
Sin dalle ormai lontane ricerche del dottor Giorgio Copiz mi ha sempre affascinato la possbilità (credo ormia dimostrata) che le Mura (non solo di Alatri, come proprio il Copiz ci insegna) siano state erette dai nostri progenitori allineandole con le Costellazioni che vedevano brillare nei loro (certamente più limpidi dei nostri) cieli notturni.
Ho letto con piacere i libri del prof. Giulio Magli e ricordo ancora con affetto un incontro che ebbi con il compianto ( e mai abbastanza apprezzato) don Giuseppe Capone. Quindi credo che affermare che Alatri, le sue Mura, la sua Civita ed altre città del Lazio, siano sorte deliberatamente come riporduzione del cielo in Terra , non sia più una eresia. Come vorrebbero ancora certi archeologi con i paraocchi.
Ma il problema che orora si sta ponendo è un altro. Ed è ciò che mi ha spinto a scrivervi. E mi perdoni chi non ho incluso non conoscendone un indirizzo.
Il diffondersi della consapevolezza di cui sopra. Ovvero che le Mura Megalitiche non sono state fatte dai Romani in epoca storica ma dai precedenti abitanti del Lazio meridionale, basandosi sulla posizione delle stelle, ha fatto sorgere praticamente dal nulla numerosi ricercatori o sedicenti tali. Privi della benchè minima preparazione scientifca o culturale. Armati di buona volontà, coraggio e una buona dose di fantasia , si sono lanciati nella conquista di un pubblico affamato di misteri e desideroso di novità e clamorose scoperte. Dimenticandosi, però, di suffragare il tutto con prove consistenti e dimostrabili.
Principio che dovrebbe essere alla base del lavoro di qualsiasi studio, sia professionista che dilettante. ma, ahimè, putroppo, così non è stato. Anzi.
Tutto ciò potrebbe anche far sorridere e basta. In realtà un simile comprotamento crea nocumento alla ricerca seria ed approfondita, screditando anche coloro i quali, si cimentano in queste tematiche con ben altro atteggiamento e professionalità.
A questo punto vi starete chiedendo perchè vi sto scrivendo proprio adesso e chi o cosa mi sto riferendo.
E’ presto detto. Fermo restando che ognuno è libero di esprimere le proprie opinioni o convinzioni (ma non di presentarle come dati e fatti assodati) mi sto riferendo alle continue e cadenzate scoperte (riportate da quotidiani, magazine e dalla rete, che nonostante la mia non certamente verde età, consulto spesso) annunciate dal signor Ornello Tofani di Alatri, che se non ho capito male di professione fa il tipografo.
Non conosco personalmente il signore ma ho seguito tutte le sue scoperte o presunte tali e devo riconoscere che inizialmente anche io mi sono fatto circuire dalle fascinose novità che sembravano emergere dalle sue ricerche.
Poi, piano piano, volendo sottoporre a verifica quanto da lui apprendevo, mi sono reso conto che tutte le sue clamorose affermazioni crevano un vertiginoso castello fatato che saliva ad altezze stratosferiche ma si basava su fondamenta di argilla, anzi su fondamenta inesistenti.
Mi spiego meglio. Risalendo indietro nel Tempo, dalle ultime affermazioni del Tofani sino ai primordi delle sue ricerche, ho scoperto che tutto sembra nascere nel 2009 dalla scoperta , fatta da lui e dal prof. Boezi (se la memoria non mi inganna) di un notissimo simbolo inciso (o scolpito) su uno dei massi megalitici delle Mura della Civita di Alatri.
Ebbene questo simbolo altri non è che il celeberrimo quadrante del gioco del Filetto , noto tra gli studiosi di simboli e della tradizione , il sommo Guènon in testa, come Triplice cinta. Un simbolo ben noto, quindi, studiato da il fior fiore degli studiosi, anche recenti, come la Uberti, la Lopardi, il Rubino, il Coluzzi, tutti concordi nel non datarlo prima dell’Epoca romana o comunque dell’Età del Ferro.
Quindi, seguendo i ragionamenti del Tofani, la sua Triplice cinta (che non ho caputò perchè lui chiama Templum) sarebbe la più antica mai scoperta al mondo sinora. Di per se non è cosa impossbile ma improbabile visto il sito in cui è stata rinvenuta. Spiego il motivo e mi meraviglia che non sia stato evidenziato sino ad oggi.
Come ha fatto il singor Tofani a datare la Triplcie cinta e quindi, a dedurre che servivaa per traguardare le stelle in una certa data molto più indietro nel tempo di quanto accettano gli archeologi? La pietra, si sa, non è databile e nemmeno una incisione su di essa.
Infatti non l’ha mia datata perchè è impossibile farlo. Eppure lui ha basato tutte le sue elucubrazioni che presenta come scoperte coem se potesse affermare in maniera indiscutibile e dimostrabile che la Triplice cinta, il suo Templum, sia stata incisa in una determinata data.
Ma c’è dell’altro. Non solo è pura fantascienza datare la Triplice cinta ma non è possbile nemmeno affermare da quando quel masso si trova in quella posizione sulla Civita. Guarda caso in un punto del terrapieno scavato dagli archeologi. Perchè apapre evidentissimo a chiunque osservi il masso, che quello è caduto dalle mura , quindi all’epoca della loro costruzione non si trovava di certo in quella posizione. Quindi non possiamo, in onestà, affermare che quella Triplice cinta sia stata realizzata deliberatamente dai costruttori delle Mura per studiare, misurare, traguardare le costellazioni. E guardate che tutte le successive socperte, tesi, ipotesi, dichiarazioni del Tofani si basano proprio su quell’assunto.Non esistono fondamenta. Tutta la costruzione non può stare in piedi. Tutto quello che ne consegue è pura immaginazione.
Mi dispiace dirlo, non è così che si fa ricerca e si cambia l’aprpoccio a certe tematiche. Gli studi di un don Giuseppe Capone, di un Copiz, di un Rubino, di un Magli si basano su ben altri presupposti e dati inequivocabili.
Non me ne voglia alcuno, soprattutto il signor Tofani, che tra l’altro mi è anche simpatico nella sua fervida fantasia.
Il mio è un semplice appunto generato dal mio interesse per la tematica. Tutto qua. Alatri è certamente qualcosa che travalica quanto la scienza è riuscita a stabilre sino ad ora, ma non è certamente quanto vorrebbe farci credere il signor Tofani.
Spero di non avervi tediato con questa mia lunga e-mail.
Vogliate accettare i miei cortesi saluti.
Primo Di Paolis.”.