IL “GREEN MAN” O “UOMO ARBOREO” A CECCANO (FR).
di Dino Coppola
[…] Troppo grande è il vuoto che si verrebbe a creare.
Troppo grande il dolore. La morte, spartiacque tra
la speranza di poter sempre recuperare in extremis
la vita e la perdita definitiva di tale speranza
andava e va smussata, resa meno drastica, meno definitiva. […]
L’Uomo Arboreo è un tema ricorrente in arte ed in letteratura. L’essere dalle sembianze umane, ma con marcati elementi floristici, quali foglie, rami o tralci, appare già secoli fa in bassorilievi romani. Divinità come Pan, Bacco, Dioniso o Silvano hanno spesso le sembianze di un uomo con dettagli arborei. Si presume che una raffigurazione di Oceano ornato di acanto, risalente al VI secolo d.C., rinvenuta nell’antica città bizantina di Mudanya, Turchia, abbia forse funto da modello per le relative rappresentazioni successive in Europa.
In Europa il personaggio è noto anche con il nome di Green Man. Ciò è conseguenza della notevole rilevanza che ha avuto nel Vecchio Continente la cultura anglosassone in merito a questo argomento.
Nelle tradizioni popolari anglosassoni viene associato alla figura del Green Man il personaggio di Jack-in-the-Green, presente nelle parate tradizionali inglesi in occasione del May Day, il giorno del primo di maggio, e coperto con ghirlande di foglie. Lo stesso Robin Hood (a proposito , lo sapete che esiste un collegamento storico tra Ceccano e Robin Hood? ma di questo ne parleremo un’altra volta NDR) sembrerebbe essere legato alla figura del Green Man. Ma anche il meno noto poema “Sir Gawain and the Green Knight”, risalente al XIV sec., in cui il cavaliere Gawain si offre di combattere al posto di Re Artù contro un misterioso cavaliere dalla pelle verde, ma non senza aver prima promesso di ricombattere contro di lui un anno e un giorno dopo, si ricollega al tema. Il misterioso cavaliere viene decapitato da Gawain, ma anziché morire, raccoglie la testa staccata e va via, ricordando a Gawain l’impegno assunto. In questo passaggio del poema si riconosce quell’elemento che caratterizza in massima parte l’uomo arboreo: rinascita e continuità.
Un’altra figura della cultura anglosassone che fa riferimento al Green Man è il personaggio della musica folk inglese, John Barleycorn. Proprio quest’ultimo personaggio evidenzia in modo chiaro ed inequivocabile il significato simbolico dell’uomo arboreo. Infatti John Barleycorn (tradotto: Giovanni Chicco d’Orzo) viene letteralmente “potato” alle caviglie e percosso, ma nonostante ciò, egli rinasce ogni volta. Si tratta quindi di un’allegoria della crescita e della raccolta dell’orzo.
In senso più ampio, invece, il Green Man potrebbe essere interpretato come la rappresentazione dell’eterna contrapposizione tra la fine di un ciclo e la nascita di uno nuovo. La metafora dell’eterna rinascita dalla morte. Visto da quest’ottica, il Green Man si può forse associare ad altri concetti, miti e personaggi religiosi e/o storici: l’Araba fenice, la reincarnazione, la vita dopo la morte, Cristo e tante altre rappresentazioni che, senza tener conto di confini geografici e cronologici, sono presenti in molte culture, sebbene con varie sfaccettature.
Nel suo libro “A little Book of the Green Man”, Mike Harding fornisce esempi di figure simili in Borneo, India, Nepal. Vi è una rappresentazione molto antica, risalente all’VIII secolo in un tempio Giainista in Rajastan. L’autore cita anche teste foliate in Libano e in Iraq, che risalirebbero al II secolo.
La trasversalità dell’idea di rinascita, espressa nel mondo in varie forme, tradisce la necessità dell’uomo di credere che la perdita di una persona cara non sia il punto finale, irrevocabile, inamovibile, definitivo di tale persona. Troppo grande è il vuoto che si verrebbe a creare. Troppo grande il dolore. La morte, spartiacque tra la speranza di poter sempre recuperare in extremis la vita e la perdita definitiva di tale speranza, andava e va smussata, resa meno drastica, meno definitiva. E come fare questo? Vi sono certamente tanti modi, ma uno in particolare è, appunto, attraverso la personificazione della rinascita, della continuazione, del recupero simbolico della persona che abbiamo perso.
Ci si potrebbe ora chiedere in quale misura sussista un legame tra questa tematica e la città di Ceccano in Ciociaria.
Forse anche Ceccano ha partecipato alla rappresentazione iconica ed allegorica della speranza di non perdere in modo irrecuperabile il legame con i propri cari.
Ceccano ha almeno quattro rappresentazioni di Uomo Arboreo, ubicate in vari punti della parte antica della città. Quelle che ancor oggi sono ben visibili si trovano in via D’Abbasso, (immagini 1a e 1b), e sul lato orientale e settentrionale del caseggiato che comprende il Palazzo Gizzi in piazza XXV luglio (immagini 2 e 3).
Le immagini 1a e 1b rappresentano il medesimo bassorilievo. Osservandolo attentamente si nota che il viso ha una folta ma curata barba. La bocca non è in posizione statica, ma sembra sottoposta ad una tensione, come se stesse soffiando. Ma le solite rappresentazioni di visi che soffiano, che potrebbero richiamare la simbologia di Eolo, sono caratterizzate da una bocca piuttosto chiusa, come a formare la lettera “U”. Nel nostro caso invece, la bocca sembra più aperta. Essa ricorda in un certo senso l’atto dell’inspirare aria, senza serrare i denti. Inoltre, e questo è poi l’elemento che maggiormente ricorda la figura dell’Uomo Arboreo, osservando il naso e la fronte, si potrebbe riconoscere il tronco di un albero al posto del naso e una grande corona di un albero al posto della fronte che appare fortemente sporgente rispetto al resto del viso.
In merito all’immagine 2 rimando all’articolo intitolato La “Contea del Mistero”: nuovi enigmi su un portone di un palazzo storico di Ceccano (FR), pubblicato il 02.03.2016 su questo stesso sito internet.
L’immagine 3 (sopra e sotto il dettaglio – foto D. Coppola) suscita un po’ di timore. Vi si riconosce un viso (in duplice esecuzione) caratterizzato da un palco di corna, foglie che sembrano di vite e di acanto e dall’espressione ostile degli occhi e della bocca. Alle due corna è legato rispettivamente un festone che contiene a sua volta elementi floreali e foglie.
La rappresentazione visibile l’immagine 4 merita particolare attenzione.
Essa è infatti parte del rivestimento di un camino in maiolica di colore aquamarine e giallo, di grande espressività e in perfetto stato di conservazione. Il camino si trova in una delle sale del Palazzo Gizzi. Allo stato attuale non se ne conosce né l’autore, né l’anno di produzione e posa in opera. Come si può vedere dall’immagine, esso rappresenta un Green Man forse in una delle più caratteristiche espressioni di tale soggetto: un viso umano, probabilmente maschile, ornato di foglie. Le foglie sembrano appartenere all’acanto, una pianta spesso usata per questo genere di rappresentazioni.
L’insieme armonico di colori e proporzioni fa sì che il rivestimento possa senz’altro essere considerato come un pregevole esempio di rappresentazione di Uomo Arboreo.
L’amorevole ed attenta opera di recupero e catalogazione del Dott. Salomone sta facendo tornare a grande splendore l’importante patrimonio conservato in questo palazzo.
Ma i “Green Man” di Palazzo Gizzi non sono finiti.
Anche l’oggetto dell’immagine 5 merita attenzione.
Anche questo “Green Man” è conservato nel Palazzo Gizzi.
Il bassorilievo orna il lato frontale di quella che era forse in origine una mensola aggettante di un balcone, di cui non si conosce la provenienza. Il viso sembra essere coperto da foglie. Forse anche quelli che sembrano essere dei baffi sono foglie. La figura ha la bocca aperta ed una lingua ripiegata su stessa.
Poiché lo scopo di questo sito non vuole essere solo la divulgazione, ma anche l’invito esplicito ad avviare un dibattito interpretativo su tutto ciò che vi viene trattato, è benvenuta ogni valutazione su quanto sin qui descritto.
In conclusione, ancora una volta possiamo dunque dire che Ceccano continua a sorprenderci. Talvolta può accadere che alcuni luoghi, i quali si trovano troppo vicini ad altri luoghi di fama mondiale, come potrebbe valere per il binomio Ceccano-Roma, soffrano troppo una sorta di sudditanza nei confronti di tali “star” dell’arte.
Tuttavia, chi di Ceccano vuole porre in evidenza le sue bellezze ed unicità, non intende affatto fare concorrenza a Roma o ad altra città importante del circondario. L’idea, metaforica, è piuttosto quella di arricchire con altre pietre preziose una collana che di per sé è già ricca per le tante perle nonché per il diamante unico al mondo (Roma) che la fanno risplendere.
Perché ogni luogo di questa regione, e in termini più ampi, di questo paese, rappresenta un unicum che nulla ha da invidiare alle grandi mete.
Il Palazzo Gizzi, il castello comitale, piuttosto che le località del Basso Lazio circondate da mura poligonali oppure l’abbazia di Fossanova esistono solo una volta nella storia dell’uomo, proprio come il Colosseo o il Pantheon o l’altare di Pergamon o il Partenone. Ciascuno di questi luoghi ha la propria storia, che spesso è ancora sommersa in qualche archivio, e la propria dignità. Non è forse questa solo un’altra delle tante occasioni che potremmo cogliere per impiegare le nostre università coi rispettivi studenti, prima che questi vadano a fare proprio quanto appena auspicato, ma per conto di università e paesi semplicemente più attenti?
(Dino Coppola).