A fil di… denti di squalo! Le strane spade di legno delle Isole Fiji e dintorni.
In quel che s’appiattò miser li denti…
di Roberto Volterri
(Dante, Inferno, XIII, v.127)
Mater artium necessitas!
Nulla di più vero avvenne soprattutto quasi un millennio fa dalle parti di alcune isole dell’Oceano Pacifico dove la necessità aguzzò l’ingegno!
Pochi decenni prima che in Europa si diffondesse il mito del “Mille e non più mille”, all’approssimarsi della fine del X secolo, qualcosa successe anche dall’altra parte del mondo, in quella che ora è conosciuta come Oceania, continente comprendente la Polinesia, la Melanesia, la Micronesia,l’Australia e la Nuova Zelanda e mille altre piccole isole.
Quel che abbiamo definito “qualcosa” fu, come al solito, una serie di interminabili, cruente, guerre tra le popolazioni che abitavano le piccole isole degli arcipelaghi che ancor oggi fanno da lontana cornice a territori oceanici infinitamente più grandi.
Tonga, ad esempio, è situata a sud delle Samoa e ad Est delle Fiji ed è composta da circa centosettanta isolette. A Tonga e “dintorni” ora ci fermiamo un istante per esaminare da vicino come tali guerre avvenissero, poiché da quelle parti il ferro, il rame o altri utili metalli necessari a costruire spade o lance erano praticamente inesistenti.
A sinistra, un guerriero delle Isole Fiji di moltissimi anni or sono. Lance e strane spade contribuirono ad arrossare quelle splendide acque… A destra un altro caratteristico guerriero.
Quasi dieci secoli fa, dopo molte guerre che arrossarono anche le acque di quelle isole, Tonga si liberò dall’influenza di dominazioni straniere e infine prevalse una dinastia che oggi conosciamo come Tu’i Tonga con a capo ‘Aho’eitu originario delle vicine isole Samoa. Tu’i Tonga era una dinastia che potremmo comparare a quelle dei faraoni egiziani caratterizzata da una sorta di sincretismo in cui il potere politico si manifestava anche nell’ambito religioso. Tola fu la prima capitale di questo nuovo regno sostituita dopo un certo tempo da Heketa.
Fine del nostro brevissimo “viaggio” in quelle incantevoli località ed inizio di una più curiosa avventura tra ancora più strane armi che contribuirono a rendere simili quelle oceaniche acque al “… grande scempio che fece l’Arbia colorata in rosso”, come scrisse il sommo Dante riguardo al torrente presso cui avvenne la battaglia di Monteaperti del 1261.
Le guerre che qualche secolo fa si combatterono nelle Isole Samoa o Tonga si svolgevano con mezzi del tutto simili a questa sovraccarica barca, immortalata in una fotografia del tempo che fu.
Abbiamo appena detto che nelle moltissime isole ed isolette dell’Oceano pacifico il ferro, il rame o altri metalli non abbondavano di certo. Anzi erano, e sono, quasi del tutto inesistenti…
E allora? Come affrontare il nemico nelle frequenti guerriglie combattute corpo a corpo, faccia a faccia, dove, oltre alla prestanza fisica dei guerrieri, la differenza l’avrebbe fatta la disponibilità di armi particolarmente efficaci?
Pensa e ripensa a qualche “Archimede” di quei meravigliosi luoghi venne in mente che le cose più affilate che conoscevano – spesso per averle sperimentate proprio sulla loro pelle! – erano i denti di squalo, capaci di dilaniare in pochi minuti un essere umano e che, con un po’ di tempo, di pazienza e abilità manuale potevano essere fissati su un altro materiale di cui potevano facilmente disporre: il legno delle palme da cocco, ad esempio. Un po’ come gli Aztechi fecero con la tagliente ossidiana, anch’essa fissata a supporti lignei…
“C’era un uso comune e tradizionale della pelle e dei denti delle creature marine – afferma la dottoressa Catherine O’Riordan, della University College London – in particolare quelle così pericolose come lo squalo… L’uso di denti di squalo appare feroce e terrificante con la semplice associazione mentale alla brutalità dell’animale, oltre a essere in grado di infliggere ferite orrende. L’uso del pesce palla per gli elmi, oltre a farli apparire spinosi e pericolosi, mostrava anche la forza di un pesce capace di rilasciare tossine mille volte più velenose del cianuro.”
troncandosi co’ denti a brano a brano…
(Dante, Inferno, VII, v.114)
L’ipotetico “Archimede” delle isole Samoa, Tonga o Fiji che abbiamo prima immaginato esistesse da quelle parti, tutto sommato, non avrebbe dovuto mettere a punto un know-how molto più complesso di quello di qualche nostro predecessore neanderthaliano… o giù di lì!
Una stretta tavola ricavata dal tronco di palme da cocco, opportunamente lavorata, poteva costituire la base della “lama” e dell’elsa mentre un buon numero di affilatissimi denti di squalo avrebbero dato vita – e morte… – al “tagliente” delle loro spade.
In fin dei conti, qualche secolo dopo ci arrivarono anche gli Aztechi e più tardi pure i Maya con il loro macuahitl – arma bianca usata dai gradi più alti della gerarchia militare – costituita da una mazza piatta, di legno, con i bordi ricoperti da affilatissime lame di ossidiana, fragile ma particolarmente devastante.
I guerrieri Aztechi e Maya usavano un’arma molto simile alle “Spade denti di squalo”. L’unica differenza era che i pericolosissimi denti furono sostituiti da altrettanto temibili lame di ossidiana, vetro naturale di origine vulcanica.
A sinistra, un guerriero kiribati negli anni Trenta del XX secolo munito di una lancia del tutto simile alla “Spada denti di squalo”. A destra una ricostruzione museale di un guerriero con una spada con denti di squalo a tre “lame”.
Ricostruzione di una splendida spada curva munita di denti di squalo
Ma come fissare i denti di squalo al bordo della stretta tavola di legno di cocco?
Mentre gli Aztechi ricorsero a resine naturali, i guerrieri delle isole Tonga, Samoa e dintorni si impegnarono nel praticare dei fori sia nel legno che nei denti di squalo tigre, legando questi ultimi con lunghi capelli umani o fibre vegetali.
Per rendere più stabile la struttura al bordo della tavola legarono anche delle asticelle lignee.
Ecco come i guerrieri della polinesiani o micronesiani fissavano i denti dello squalo tigre ai bordi della “lama” lignea. Non dubitiamo affatto della pericolosità di una simile arma!
Variante senza assicelle di una “Spada denti di squalo”
A sinistra dettaglio di come venivano fissati i denti di squalo al “tagliente” della “spada”. A destra, la fonte di tali denti!
Però, a lungo andare, cava i denti oggi, cava i denti domani, anche i poveri squali cominciarono a scomparire dalle acque circostanti le isole delle quali ci stiamo occupando!
Un biologo marino della Columbia University, il dottor Joshua Drew, ha avuto modo di effettuare uno studio su oltre cento armi munite di denti di squalo, armi appartenenti al Field Museum of Natural History di Chicago, e ha verificato che gran parte dei denti provenivano da squali cacciati nei mari delle Isole Gilbert, sedici atolli e una grande isola dell’arcipelago delle Kiribati, proprio in mezzo all’Oceano Pacifico. Delle otto specie “fornitrici” di denti, ai nostri giorni, ben due – Carcharhinus sorrah e il Carcharhinus obscurus – sono del tutto scomparse…
A sinistra, lo squalo Carcharhinus obscurus e a destra un dettaglio della sua pericolosissima dentatura molto – fin troppo! – apprezzata in passato dai costruttori di spade abitanti nelle isole dell’Oceano Pacifico
Nelle isole micronesiane note come Kiribati, le “Spade denti di squalo” trovarono la massima diffusione e vennero realizzate con due file di denti, chiamate “Rere” e anche con quattro file, le “Wangea”. Ma, come in qualsisi altra realizzazione dell’umano ingegno, numerose furono le varianti dovute all’abilità e anche al senso estetico degli artigiani.
Erano molto efficaci?
Forse non erano in grado di tagliare di netto una mano ma certamente poteva arrecare eneormi danni all’avversario, causando ferite molto frastagliate, fonti di inevitabili infezioni. Soprattutto se dopo il colpo inferto all’avversario la spada veniva tirata da chi la possedeva, lacerando così qualunque tessuto umano incontrato dagli affilatissimi denti di squalo.
Però oltre a colpire efficacemente l’avversario i guerrieri correvano il rischio di essere a loro volta colpiti non solo sulle braccia ma anche sul capo.
Che fare? All’inesistente “Archimede” di quelle lontane contrade venne in mente che sempre dal mare poteva provenire la soluzione…
A sinistra, un sorridente Tetraodontide e a destra un “Casco” realizzato con la pelle di un meno sorridente suo simile – per gli amanti delle prelibatezze della cucina nipponica, solo e soltanto “Pesce palla” – a difesa delle pericolose “Spade denti di squalo”.
Ecco quindi ricorrere ai Tetraodontidi, scuogliarli a dovere e modellarli a forma di casco che il guerriero indossava per proteggersi dalle “Spade denti di squalo”.
A sinistra, un fierissimo guerriero Kiribati con il casco realizzato scagliando quello che era stato un pacifico, un po’ distratto, “Pesce palla”! A destra, ricostruzione museale di un attrezzatissimo guerriero munito di armi che traevano dall’oceano la materia prima per la loro realizzazione.
Qui termina veramente il nostro e il vostro viaggio tra le curiose e pericolosissime armi di legno e… denti di squalo usate dai caratteristici guerrieri che abitavano le isole dell’Oceano Pacifico molti, molti anni fa…
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