Immagine di apertura; alcuni dei monumenti anagnini oggetto della vexata quaestio che costituisce la tematica di questo articolo.
Giancarlo Pavat risponde alle polemiche sull’identificazione del vero Palazzo di Bonifacio VIII ad Anagni.
AAA RESIDENZA ANAGNINA DEL PAPA CERCASI
di Giancarlo Pavat
Da quando questo sito è nato, nell’ormai lontano 2012, abbiamo sempre (e ribadiamo con questo “sempre”) dato spazio a tutti coloro che avevano qualcosa da dire sulle svariate tematiche del Mondo del Mistero a 360 gradi.
Sia pubblicandone gli articoli, sia dando contezza delle loro ricerche e scoperte. E questo perché il nostro sito ILPUNTOSULMISTERO è nato per essere un sito libero e pluralista.
Totalmente gratuito e privo di fini di lucro (non c’è alcuna forma di pubblicità e l’abbonamento ad Aruba ce lo paghiamo ogni anno di tasca nostra, noi quattro proprietari). Tutto ciò perché crediamo profondamente nella Libertà di Pensiero e di Espressione. Merce rara in tempi di “politicamente corretto” e “Cancel culture”. Inoltre è sempre stato nostro desiderio proporre ai lettori più punti vista possibile su determinati argomenti, al fine di consentire ad ognuno di farsi un’idea propria. E proprio per rimanere coerenti con i nostri propositi ed intenti, abbiamo sempre evitato di farci coinvolgere in sterili polemiche, nonostante molto spesso ci si sia schierati con forza in battaglie etiche e civiche relative ai beni artistici e culturali.
Ma quando noi facciamo battaglie, le facciamo sempre a favore di qualcosa e mai “contro” qualcuno.
Ebbene, questo preambolo serve ad introdurre una tematica che francamente ci lascia perplessi.
2. Immagine sopra; veduta di Anagni (FR) e della sua Cattedrale al tramonto.
In quel di Anagni, in provincia di Frosinone, sta montando una polemica che si sta intrecciando ad un’altra di cui non riusciamo ad intravedere fini e motivi.
Ma procediamo per gradi. Lo scorso 28 ottobre abbiamo pubblicato un articolo dal titolo “Il mistero della Cripta di San Tommaso Becket ad Anagni” a firma dell’archeologo Guglielmo Viti. Persona di profonda cultura che stimiamo e che da tempo pubblica sul nostro sito interessanti articoli su aspetti poco noti o misteriosi dell’Archeologia, della Storia e dell’Arte. Per noi è sempre un piacere e un onore ospitare i suoi lavori anche se, a volte, non concordiamo con i contenuti (come nel caso dell’articolo sul cosiddetto “Schiaffo di Anagni”). Ebbene, alla fine del suo lungo articolo, dedicato appunto alla Cripta di San Tommaso Becket, Guglielmo Viti ha scritto una sorta di “sfogo” spiegando di non aver potuto utilizzare foto a lui scattate agli oggetti e dei luoghi citati, in quanto non autorizzato dai responsabili della Cattedrale anagnina. Ecco il testo esatto:
“Non ho potuto inserire in questo articolo foto mie del Reliquiario e della Cripta perché quelli della Cattedrale non mi hanno autorizzato in quanto non condividono la linea editoriale del sito su cui scrivo e, quindi, ho mandato alla Redazione foto tratte da un vecchio libro ma in bianco e nero. È incredibile, ancora la censura delle idee…”
Questo, ovviamente, è il pensiero del dottor Viti. Ci dispiace che non abbia potuto pubblicare le proprie foto che sicuramente avrebbero interessato e affascinato i lettori. Ma per quanto riguarda le motivazioni che stanno dietro il “gran rifiuto”, francamente non lo riteniamo un problema nostro. Non ci interessa capire cosa significa “non condividere la linea editoriale del sito“. Ognuno è libero di pensarla come vuole. Evidentemente la linea pluralista e politicamente SCORRETTA non piace a qualcuno. Ce ne faremo una ragione. Di sicuro non perderemo il sonno.
Ma su questa polemica si è innestata un’altra in cui non c’entra assolutamente nulla la Cattedrale e la Cripta di Anagni e i tesori artistici che custodisce. A proposito andate a visitarla. Vale il costo del biglietto.
3. Immagine sopra; La Cattedrale di Anagni vista da piazza Innocenzo III.
Questa polemica riguarda il contenuto dell’intervento che avrei dovuto fare al “XLII Convegno di ricerche templari” organizzato dalla L.A.R.T.I. (Libera Associazione Ricercatori Templari Italiani) proprio ad Anagni, a “Casa Barnekow”, nella giornata di sabato 12 ottobre 2024. Purtroppo, per motivi famigliari non ho potuto partecipare ma il mio intervento è stato ugualmente letto dal ricercatore Sergio Sammarco che mi onora della sua amicizia. Ebbene la polemica è nata proprio dalla tematica oggetto del mio elaborato.
Ovvero IL VERO PALAZZO DI BONIFACIO VIII AD ANAGNI.
Per farla breve, ribadivo che quello che normalmente viene fatto visitare ai turisti, NON È IL VERO PALAZZO DI BONIFACIO VIII!
E qui apriti cielo!
Lungi da me voler mancare di rispetto ad alcuno e in particolare ai cittadini di Anagni, quando ho appreso delle polemiche suscitate dal mio scritto, mi sono francamente meravigliato, anche perché si tratta di un dato di fatto, emerso nel corso di una mia ricerca storica, di cui ho già parlato in diverse occasioni. Ad esempio durante l’Itinerario del Mistero organizzato dagli amici di “Itinarrando” e dalla professoressa Velia Viti, nell’ambito delle edizioni 2022 e 2023 dell’evento “Anagni Magica Misteriosa”.
Quindi non di capisce perché la polemica si sia accesa proprio ora.
4. Immagine sopra; Giancarlo Pavat davanti al presunto “Palazzo di Bonifacio VIII” durante l’edizione 2023 dell’Itinerario del Mistero nell’ambito di “Anagni magica Misteriosa” .
Inoltre, l’apparentemente dirompente affermazione, secondo la quale il vero Palazzo bonifaciano sarebbe l’attuale Palazzo Trajetto, non è per niente farina del mio sacco. Non si tratta affatto di una novità o di uno scoop. Infatti, da tempo, diversi ricercatori si sono espressi in tal senso.
5. Immagine sopra; la facciata neoclassica dell’attuale “Palazzo Trajetto ad Anagni.
Per citarne alcuni, potremmo cominciare con Ferdinand Gregorovius, il grande storico tedesco (1821-1891) che dal 1852 soggiornò in Italia, soprattutto nell’Urbe, schierandosi dalla parte del nostro Risorgimento e per Roma Capitale del neonato Regno d’Italia. Celebre soprattutto per la monumentale “Die Geschichte der Stadt Rom im Mittelalter” (“Storia della città di Roma nel Medio Evo”), Gregorovius, parlando in prima persona, racconta;
“Ho chiesto di vedere il luogo in cui ad Anagni si svolse la famosa scena nella quale con Bonifacio VIII, il Papato, che dal tempo di Gregorio VII era divenuto dominatore del mondo decadde per sempre, ma il palazzo Gaetani è da molto tempo distrutto e la casa che gli abitanti chiamano oggi così è un edificio moderno che appartiene al marchese Traetti”.
6. Immagine sopra; Ferdinand Gregorovius (Fonte Wikipedia).
Anche Rossana Ferretti e Alberto Panza, in due articoli del 1981, che il conservatore presso il Département des Sculptures del Musée du Louvre, nonché archivista paleografo, dottore in Storia e Storia dell’arte, membro anziano dell’École française di Roma, Pierre-Yves Le Pogam, definisce “fondamentali”, affermano che il “palazzo in rovina compreso nell’attuale Palazzo Traietto” va identificato con quello di Bonifacio VIII, costruito alla fine del XIII secolo.
7. Immagine sopra; copertina della guida “Anagni” a cura Sandro Scascitelli,edita dalla Pro Loco nel 2000.
Sandro Scascitelli nel suo lavoro “Anagni“, guida della città e dei suoi monumenti, edita dalla Pro Loco nel 2000, è decisamente esplicito.
“Poco distante dal palazzo appena descritto (si sta riferendo al Palazzo di Pietro II Caetani NDA), sul lato opposto della strada maestra, troviamo un importante palazzo con la facciata ottocentesca. Nella parte posteriore di questo edificio si trova quello che rimane del grandioso palazzo fatto costruire da Bonifacio VIII. Infatti, se si percorre il perimetro del fabbricato lungo la strada che lo circonda, sino ad arrivare al lato posteriore, si può ammirare la parte superstite del sontuoso palazzo papale. Anche qui troviamo lo stesso sistema costruttivo dell’edificio precedente, con I poderosi contrafforti uniti da arcate. Costruito per volontà di papa Caetani alla fine del 1200, nel periodo di massimo splendore per la città di Anagni, doveva essere la costruzione civile più importante e grandiosa dell’Acropoli. Ed è qui che gli assalitori in quell’ormai famoso episodio del 7 settembre 1303, concentrarono gli attacchi. In una relazione fatta dopo l’attentato si dice che il palazzo, in seguito agli assalti, rimase seriamente danneggiato. La struttura cominciò così a degradarsi fino a crollare completamente nella parte anteriore (1699). Sono molte le testimonianze scritte che parlano di un palazzo papale di cui restano che pochi ruderi. Tutto questo avvalora la tesi che l’oltraggioso affronto al Pontefice si sia consumato all’interno di questo edificio piuttosto che in quello che comunemente viene chiamato palazzo Bonifacio VIII. Il rudere venne acquistato dalla famiglia Gigli che nel 1702 lo ricostruì. Nel 1782 fu ceduto al marchese Leonardo Trajetto Paggi che, nei primi anni dell’800, incaricò l’ing. Iona di rifare la facciata, la scala e la cappella“.
“Le pape se sentait certainement chez lui aussi bien dans son propre palais que dans le complexe monumental attribué à son frère Roffredo, puis à son neveu Pietro à la mort de Roffredo, à savoir l’ancien palais de Grégoire IX et d’Alexandre IV”.
Ovvero
“Il Papa si sentiva certamente a casa sia nel proprio palazzo che nel complesso monumentale attribuito al fratello Roffredo, poi al nipote Pietro alla morte di Roffredo, ovvero l’ex palazzo di Gregorio IX e Alessandro IV”.
8. Immagine sopra; il conservatore presso il Département des Sculptures del Musée du Louvre, nonché archivista paleografo, dottore in Storia e Storia dell’arte, membro anziano dell’École française di Roma, Pierre-Yves Le Pogam (foto P.Y. Le Pogam)
Quindi anche per Pierre-Yves Le Pogam (“De la «cité de dieu» au «palais du pape»: les résidences pontificales dans la seconde moitié du XIIIe siècle (1254-1304)”, Ecole Francaise de Rome, 2005) il Palazzo di Pietro II è qualcosa di assolutamente distinto e diverso da quello del Pontefice. Ma non solo. Sottolinea, citando correttamente Giovanni Carbonara (1942-2023) e Ferdinand Gregorovius, come sino alla fine del XIX secolo il Palazzo di Bonifacio VIII era, senza ombra di dubbio, indentificato con quello del marchese Trajetti.
Quindi non è vero, come afferma qualcuno, che il Palazzo di Pietro II Caetani viene ritenuto da sempre quello del Pontefice. Semmai è vero il contrario!
9. Immagine sopra; copertina del libro di Pierre-Yves Le Pogam “De la «cité de dieu» au «palais du pape»: les résidences pontificales dans la seconde moitié du XIIIe siècle (1254-1304)”, Ecole Francaise de Rome, 2005.
Pierre-Yves Le Pogam dedica un intero capitolo della sua già citata opera, a Palazzo Trajetto e a dimostrare che si tratta del vero Palazzo di Bonifacio VIII.
Nella sua puntuale ed erudita disamina cita anche fonti grafiche come “une vue générale d’Anagni, prise depuis le sud, par Giovanni Antonio Dosio, montre à gauche de la cathédrale le palais Traietto, désigné comme «Palazzo di Bonifatio VIII». Ce dessin fait partie d’un manuscrit de Dosio conservé à Berlin, non pas le célèbre «Codex Berolinensis» du Kupferstichkabinett, mais un manuscrit un peu moins important, conservé à la Staatsbibliothek. Sur le dessin, une inscription donne la datation suivante : « Anagni visto da San Francesco vecchio fatto nel 1565 »”.
Ovvero;
“una veduta generale di Anagni, presa da sud, di Giovanni Antonio Dosio, mostra a sinistra della cattedrale il Palazzo Traietto, designato come “Palazzo di Bonifatio VIII”. Questo disegno fa parte di un manoscritto di Dosio conservato a Berlino, non il famoso “Codex Berolinensis” del Kupferstichkabinett, ma un manoscritto un po’ meno importante, conservato alla Staatsbibliothek. Sul disegno un’iscrizione riporta la seguente data: “Anagni visto da San Francesco vecchio fatto nel 1565””.
Un’altra fonte grafica, citata anche dall’architetto Giovanni Carbonara, è una pianta manoscritta prodotta nel XVIII secolo ad Anagni.
“Dans ce dernier, en G et H les restes annexés aujourd’hui au palais Traietto sont nommés «Principio del Palazzo Pontificio et archi di esso» et « Fine di detto Palazzo ». Ce qui restait du palais tomba en grande partie en ruine en 1699”.
Ovvero;
“In quest’ultimo, in G e H i resti oggi annessi al Palazzo Traietto sono nominati “Principio del Palazzo Pontificio et archi di esso” e “Fine di detto Palazzo”. Ciò che restava del palazzo cadde in gran parte in rovina nel 1699”.
10. Immagine sopra; Palazzo del cardinale Pietro II Caetani detto “il marchese”.
Ma per correttezza e completezza d’informazione è necessario ricordare pure che ci sono alcuni ricercatori che hanno ritenuto di identificare il Palazzo di Bonifacio con quello dell’Episcopio che sorgeva a fianco della Cattedrale anagnina.
11. Immagine sopra; la copertina del libro di Agostino Paravicini Bagliani “Bonifacio VIII” (Einaudi 2003).
Buongiorno, concordo sulla libertà di pensiero ma questa non c’entra niente con il fatto che il professor Viti presenta sue affermazioni come suffragate da testimonianze dei contemporanei di Bonifacio VIII. Quali sarebbero queste testimonianze? Perché non le cita? Dobbiamo credere sulla parola? Perché non dice che fu un celebre archeologo (che non si può citare pena querela da parte dei discendenti) dello scorso secolo a decidere QUALE era il Palazzo di Bonifacio e solo per opportunità economiche e turistiche?
RIBADISCO CHE LA LIBERTÀ DI PENSIERO ED OPINIONE VA SALVAGUARDATA E DIFESA IN NOME DELLA CIVILTÀ E DEL RISPETTO CRISTIANO. Grazie dott. Pavat, un attento e preparatissimo storico e divulgatore ma, nella “questione schiaffo” conservo il mio parere diverso dal suo. È oramai certo, da moltissimo tempo, che il Palazzo Traietto fosse stato in origine il Palazzo Caetani dove soggiotnava Bonifacio VIII ma proprio qui sta l’errore. Sappiamo dalle testimonianze dei contemporanei che il Papa accolse gli assalitori sul trono e nelle sue vesti di pontefice massimo e capo della chiesa con alcuni funzionari e guardie al suo fianco e, sappiamo, che il luogo dove il Papa esercitava le sue funzioni ufficiali non era a casa sua ma nell’attuale “palazzo di Bonifacio VIII”. Nel mio articolo ho presentato varie prove sul fatto che IL LUOGO DELLO SCHIAFFO È QUELLO CHE LA TRADIZIONE CI HA TRAMANDATO”. Spero che la questione continui ad alimentare curiosità e approfondimenti che solo il sale della cultura e del pensiero, che deve essere sempre “LIBERO”.