L’Ordine dei Pauperes Commilitones Christi Templique Salomonici, universalmente noti come Templari, nei circa due secoli di vita, per forza di cose ha intrecciato la propria storia, fatta di luci sfolgoranti ed ombre profonde e cupe, con quella di altri personaggi ed avvenimenti coevi.
Non poteva quindi mancare chi ha voluto vedere un collegamento tra quest’Ordine monastico-cavalleresco, il più potente mai sorto nella Cristianità da Duemila anni a questa parte, e Celestino V. Pietro Angelerio, o Pietro del Morrone, L’umile eremita abruzzese (probabilmente nativo però di Isernia) che dopo aver vissuto una lunga vita in comunione con Dio ed in odore di santità, venne eletto il 27 luglio 1294, al Soglio di Pietro, più per contingenti motivi politici che per il desiderio e volontà di rinnovamento della Chiesa. Ma fu proprio quest’ultima la chiave di lettura con cui venne accolta la sua nomina durante il lunghissimo Conclave di Perugia. Speranze che si infransero di lì a pochi mesi.
Celestino V, infatti, dopo soli quattro mesi di pontificato rinunciò, unico Papa nella bimillenaria storia della Romana Chiesa, alla tiara. Perseguitato dal suo successore, Bonifacio VIII, al secolo il politico e giurista Benedetto Caietani, Pietro Angelerio (che dopo l’abdicazione venne chiamato dai suoi fedeli Pier Celestino) tentò invano di ritornare al proprio eremo sulla Maiella e successivamente di fuggire in Grecia. Intercettato sul Gargano venne catturato dal Connestabile del Regno Guglielmo l’Estandard e consegnato a Bonifacio VIII.
Trattenuto per alcuni giorni nel Palazzo del Papa ad Anagni venne successivamente relegato nella tetra rocca di Fumone, sempre in Ciociaria, dove nonostante la veneranda età, venne sottoposto a durissima prigionia. E qui si spense in circostanze mai chiarite, forse assassinato, il 19 maggio del 1296.
E’ bene tener presente sin da subito che, allo stato attuale delle ricerche e degli studi su Celestino V, non esiste alcuna prova storica dell’esistenza di un rapporto, legame o collegamento tra il Pontefice del “Gran rifiuto” ed i Templari.
A rigor di logica è quasi certo che rapporti vi siano stati durante i quattro mesi di pontificato, ma per quanto riguarda tutto il periodo precedente all’elezione, vi sono semplici indizi, deduzioni, ipotesi.
Qualcosa di più concreto è emerso dalle ormai quasi decennali ricerche che sto conducendo in merito alla presenza ed agli insediamenti dei Templari (e pure degli altri Ordini monastico-cavallereschi) nel Basso Lazio.
Per quanto possa sembrare labile, ho scovato un collegamento tra il Tempio e la “Congregazione dei Celestini”, se non, addirittura, con lo stesso Pietro Angelerio.
Esistono, nelle attuali province di Frosinone e Latina, diverse chiese, eremi e conventi che vennero ceduti, per volontà del papa Gregorio X (Tebaldo Visconti di Piacenza, 1271-1276) ai “Poveri eremiti Morronesi”, chiamati pure “Fratelli dello Spirito Santo” fondati da Pietro Angelerio (dopo la sua elezione a Papa, saranno chiamati “Celestini”).
Ad esempio la chiesetta di San Leonardo, che sorge a quasi 700 metri di quota, presso Sgurgola, comune ciociaro arroccato sui Monti Lepini, che guarda la vallata del Sacco, l’antica Valle Latina.
Molti di questi luoghi sacri o beni immobili ad essi collegati, come ospizi per pellegrini e viaggiatori, fattorie o mansiones, appartenuti a svariati Ordini, in un determinato momento della loro storia videro al presenza Templare.
I “Cavalieri dai bianchi mantelli” subentrarono o precedettero i Basiliani, i Benedettini, i Cistercensi, gli Antoniani, i Giovanniti e, appunto, i “Poveri eremiti Morronesi”.
Quest’ultima congregazione di eremiti, in odore di eresia per la loro pervicace volontà di un ritorno alla Chiesa delle origini, apostolica e povera, rischiò di essere sciolta e venne, invece, riconosciuta e quindi salvata proprio da Gregorio X durante il Concilio di Lione svoltosi dal 7 maggio al 17 luglio 1274.
Tebaldo Visconti di Piacenza era nato attorno al 1210 e venne eletto Papa il 1 settembre del 1271, a conclusione del più lungo periodo di “sede vacante” del Papato, iniziato con la morte di Clemente IV. Al momento della sua elezione a Viterbo, Tebaldo si trovava a San Giovanni d’Acri in Terrasanta, come Legato Pontificio al seguito della cosiddetta “Nona Crociata” o “Crociata di Re Edoardo I° d’Inghilterra”. E’ lui che nel 1269 incontrò i fratelli veneziani Nicolò e Matteo Polo, al ritorno dal loro primo viaggio nel Catai.
Nel 1271, sempre ad Acri, li riceverà nuovamente mentre erano in procinto di ripartire per l’Estremo Oriente, questa volta assieme al giovanissimo Marco. I tre Veneziani chiesero il permesso di poter recarsi a Gerusalemme (in mano ai Musulmani, ma vigeva un “tregua d’armi” ed era consentito ai pellegrini disarmati di entravi) per poter pregare sul Santo Sepolcro.
Ottenuto il permesso, raggiunsero la “Città Santa” e successivamente tornarono ad Acri da Tebaldo.
Il quale consegnò loro alcune lettere per il Gran Khan, nelle quali spiegava il motivo della mancata ambasceria al Papa. Ovvero che non era stato ancora eletto uno nuovo. Ripartiti per il Catai, i tre Polo vennero raggiunti da un messaggero che recava la notizia che Tebaldo era stato incredibilmente eletto Papa e che li invitava a rientrare ad Acri.
Qui, dopo aver impartito loro la benedizione apostolica, consegnerà diverse lettere papali per Kubilai Khan invitandolo ad inviare suoi ambasciatori a Roma per stipulare una alleanza in funzione anti islamica. Non va dimenticato che la moglie del Gran Khan mongolo ed Imperatore della Cina era cristiana e che lo stesso Kubilai era molto tollerante in fatto di fedi religiose.
Persona di mentalità aperta, convinto sostenitore della necessità di rinnovamento spirituale da parte della Chiesa. Sebbene il suo sia stato un Pontificato piuttosto breve, è vero che durante il suo magistero abbia cercato di ridare prevalenza agli aspetti più spirituali, a discapito di quelli più prettamente politici. Proprio per questi motivi convocherà il “Concilio di Lione”. Invitando a parteciparvi le più grandi menti della Cristianità dell’Epoca (Come Tommaso d’Aquino, che non vi giungerà mai, morendo a Fossanova il 7 marzo del 1274, il vescovo Alberto Gonzaga, il grande filosofo Alberto Magno ed il francescano Bonaventura di Bagnoregio).
Morirà il 10 gennaio del 1276 ad Arezzo mentre stava tornando a Roma da Lione, e verrà sepolto nella cattedrale della città toscana. Verrà successivamente beatificato nel 1713 da Clemente XI.
E’ stato ipotizzato d alcuni ricercatori che il fantomatico incontro tra il Pietro del Morrone ed i Templari, ed in particolar modo con il Gran Maestro Guillaime de Beaujeu, possa essere avvenuto proprio durante quella assise, che, tra l’altro, vide coinvolte le massime figure della Cristianità dell’epoca.
In quell’occasione, sempre che l’incontro si sia davvero verificato, i Templari (ma siamo sempre nel campo delle ipotesi) avrebbero fornito a Pietro Angelerio i finanziamenti per costruire la Basilica di Collemaggio a L’Aquila.
Effettivamente, risulta difficilmente spiegabile come un semplice e povero eremita possa aver reperito i fondi per una simile costruzione. Ma non solo; l’avrebbero pure incaricato di una missione segreta, connessa forse con la stessa Collemaggio.
Lo ripeto, non vi è alcuna prova di tutto ciò. Rimane il fatto che proprio dopo quel Concilio, i “Morronesi” cominciarono a ricevere donazioni di chiese e conventi da Gregorio X.
Tra cui l’Eremo di Colle del Fico, costituito da un monastero ed una annessa chiesa del XIII secolo, intitolati a Sant’Antonio Abate, a poca distanza da Ferentino in Ciociaria.
Secondo alcuni studiosi, la donazione sarebbe addirittura avvenuta già due anni prima del Concilio e sempre per volere di Gregorio X. A dimostrazione della felice predisposizione ed atteggiamento del Pontefice nei confronti dei “Morronesi”.
In questo caso il “riconoscimento” di Lione non sarebbe affatto stato, come ha ipotizzato qualcuno, un “fulmine a ciel sereno”, bensì una ponderata decisione da tempo “in pectore”.
Ma in fin dei conti, che la cessione sia avvenuta nel 1272 o nel 1274, non cambia la sostanza della vicenda.
Il complesso di Colle del Fico era di proprietà dell’Ordine di Sant’Antonio Abate; i cui componenti, che indossavano vesti nere con una ”Croce del Tau” azzurra cucita all’altezza del cuore, erano noti come “Antoniani”.
Questi “fratres” ebbero profonde e complesse relazioni, soprattutto spirituali ed esoteriche, con i Templari, che non sono ancora state del tutto studiate e decifrate.
Il passaggio di proprietà dell’Eremo di Colle del Fico, tra i diversi ordini è testimoniato dagli stemmi affrescati (però in epoca successiva) sopra l’arcata che divide l’antica navata dall’abside più tardo.
Oltre allo scudo con il “Giglio” della Città di Ferentino, si nota la “Croce Taumata” sovrastata dal “Segno del Golgota” degli Antoniani ed il “monogramma” dei “Morronesi”.
Simbolo che meriterebbe un analisi ben più approfondita, che forse cela la risposta a molti interrogativi sul “Papa eremita” e sui Templari, e che sarà a breve oggetto di un articolo proprio su “Il punto sul Mistero”.
La chiesa di Sant’Antonio Abate di Colle del Fico, ha infatti pure una storia segreta, volutamente celata; sottoposta ad una sorta di “damnatio memoriae”. Restauri conclusisi agli inizi del XXI secolo, hanno riportato alla luce straordinari affreschi che erano stati coperti con intonaco.
Su uno dei pilastri del lato destro della navata, si vede un “San Cristoforo con il Bambino” sulle spalle.
Ma, incredibilmente, sotto questo dipinto ve n’è un altro che lascia stupefatti.
San Cristoforo, il gigante malvagio poi convertitosi, che portò Gesù Bambino sulle spalle oltre un fiume, venne dipinto per coprire, nascondere uno scudo con effigiato il “Valcento”.
In questo modo veniva chiamato in volgare italiano il “Baussant”, il vessillo bianco e nero del Tempio. Colori, o meglio non colori, il bianco ed il nero rappresentano l’eterno dualismo, il conflitto tra Luce e Tenebre, il Bene ed il male, ma pure il Maschio e la Femmina. I due opposti che si compenetrano. Lo Yin e lo Yang delle filosofie e religioni orientali.
Quanto Bene e quanto Male si sono confusi tra loro, dissimulati, compenetrati nelle vicende di Colle del Fico e dei “Morronesi” e dei Templari?
Il “Valcento” in una chiesa Antoniani che Gregorio X fece cedere ai poveri eremiti.
La presenza Templare a Ferentino è certa ed ovvia. Non dimentichiamo che la città non solo fu il capoluogo della Provincia di Campagna (più o meno l’attuale Ciociaria), sotto il Patrimonium Sancti Petri, ma ospitò diversi papi. Innocenzo III possedeva pure un palazzo ancora oggi visibile, e a Ferentino si svolsero incontri “al vertice” (come si direbbe oggi) tra i successori di Pietro come Onorio III ed Imperatori come Federico II nel 1223).
Ma a Colle del Fico, ad un certo momento (forse quando si scatenò la persecuzione da parte di Filippo il Bello) la presenza Templare venne cancellata.
Come venne cancellata pure la presenza di Celestino V.
Ma non del Celestino V eremita, oppure portato in corteo con Carlo II d’Angiò ed il figlio Carlo Martello a reggere le briglie dell’asinello, o, ancora del Celestino V incoronato a L’Aquila.
No. L’affresco coperto, nascosto, che andava dimenticato, ma che un arcano Destino ha voluto riconsegnarci grazie ai restauri, lo raffigura con un saio con le maniche rimboccate, mentre depone la tiara, mentre rinuncia al massimo Potere terreno.
Un affresco scomodo, scomodo per coloro che parimenti vollero cancellare il “Valcento”.
A questo punto la domanda può essere una soltanto. I Templari precedettero o subentrarono ai “Morronesi”?
Si può ipotizzare una coesistenza? La quale confermerebbe definitivamente l’esistenza di estesi ed articolati rapporti tra i due ordini.
Una presenza contemporanea verificatasi forse in nome di quella “missione” che i “Cavalieri del Valcento” avevano affidato a Pietro Angelerio?
E guarda caso, questo “indizio” per non dire “prova”, ovvero l’affresco con il “Valcento” si trova proprio nella chiesa in cui Pietro del Morrone venne sepolto.
Frettolosamente, quasi segretamente, in profondità, forse per non far ritrovare il corpo, certamente su ordine dello stesso spietato Bonifacio VIII.
Una tomba che ancora oggi, al centro della navata di Sant’Antonio di Colle del Fico, si offre alla vista, alla pietà, alla devozione dei fedeli ed agli interrogativi di chi vuole far luce sulla figura di questo uomo incredibile.
Dileggiato e condannato all’Inferno da alcuni, portato ad esempio, ritenuto Santo da altri. Innalzato agli onori degli altari da un “Pastor sanza legge”, per volere di un “Re Falsario”. Entrambi responsabili, a diverso titolo, della fine del Tempio.
Una tomba oggi vuota, quella di Colle del Fico; un cenotafio. Perché nel 1327 le sue spoglie vennero trafugate (o traslate) dagli Aquilani (secondo altri dagli stessi “Fraticelli”, tra l’altro perseguitati dal Papato) e tumulate a Collemaggio. Questa è la storia che troviamo sui libri.
Perché Celestino V venne sepolto a Colle del Fico? Solo perchè il complesso religioso era vicino a Fumone ed apparteneva ai suoi “Morronesi” o esiste un altro, recondito, motivo?
Quasi che si volesse lasciare o mandare un messaggio a chi era informato dei rapporti tra il Tempio e l’Eremita.
E’ pura coincidenza che Celestino V venne proclamatolo Santo il 5 maggio del 1313, dopo lo scioglimento dell’Ordine del Tempio (Bolla Vox in Excelso 22 marzo 1312) ma comunque prima dei roghi sull’isoletta della Senna del 18 marzo 1314, sebbene il processo di canonizzazione fosse cominciato molto tempo prima, nel 1306?
E’ parimenti pura casualità che anche lo spostamento dei resti mortali dell’Eremita-Pontefice-Martire-Santo, sia avvenuto soltanto dopo la fine dei Templari?
Gli interrogativi permangono. Molte domande rimangono senza risposta. Il “Valcento” può essere solo un indizio sugli eventuali rapporti tra Celestino V e di Templari. Oppure non ha nulla a che fare con tutto ciò. E questi rapporti non sono mai esistiti.
Solo il futuro ed il proseguo delle ricerche, potrà, forse, fare chiarezza. Al momento è possibile fare soltanto un’amara considerazione. L’ennesima vicenda di affreschi coperti, cancellati (qualcosa di simile è avvenuto anche per il “Cristo nel labirinto” di Alatri) conferma una volta di più che la Storia che leggiamo sui libri di scuola, quella propagandata dall’ “Ordine costituito” è quella scritta dai vincitori. E la Verità è ancora molto lontana.
Giancarlo Pavat*
*L’autore ha dedicato ampio spazio alle vicende ed ai misteri di Celestino V e di Colle del Fico pure nel suo libro “Nel segno di Valcento” – Edizioni Belvedere, 2010
Buongiorno, eccovi quà! Alla fine avete deciso di fare un bel sito tutto dedicato ai msietri. Bravi. Ne sono compiaciuta. però non vi siete fatti puù sentire in merito alle informazioni che vi avevo inviato il mese scorso. State facendo le dovute ricerche su quel mistero? Tra l’altro vedo che Giancarlo Pavat ha steso una bella relazione proprio sui misteri riguardanti Celestino V , Templari e Collemaggio. E’ un lavoro interessante ma noto che mancano alcuni aspetti che io vi avevo evidenziato nella mia seconda e-mail. Sono basilari per tentare di comprendere il mistero di Celestino v e Collemaggio.
Mistero legato anche al terribile terremoto del 6 aprile 2009, di cui è passato da poco l’anniversario.
Nell’articolo vedo una fotografia di Giancarlo Pavat davanti a Collemaggio, ritengo scattata dopo il terremoto. Ebbene certamente avrà notato che la basilica è piantonata giorno e notte da militari. Si sarà chiesto il motivo?
Vi invio un ultimo indizio e spunto di ricerca che si collega alla mia precedente e-mail.
Sapete qual’era il simbolo di Celestino V? Non vi ricorda nulla?
A presto.
Ludovica.