Considerazioni sulla ricerca di tecnologie aliene
di Giovanni Pellegrino
Negli ultimi decenni è stata posta la questione riguardante lla ricerca di tecnologie aliene sul nostro pianeta e anche nei pianeti extrasolari.
Jason Wright parla delle principali questioni aperte dall’astrobiologia tra cui certamente la possibilità che esistano o siano esistite forme di vita nel sistema solare e altrove e naturalmente la ricerca di vita microbica o di artefatti tecnologici direttamente riconducibili agli alieni.
Partendo da questo presupposto Wright discute sull’ipotesi che precedenti specie tecnologiche aliene possono aver raggiunto il sistema solare milioni di anni fa producendo artefatti o tecnosignature che potrebbero essere sopravvissute.
Ma che cosa sono le tecnosignature?
Le tecnosignature sono prove non intenzionali che qualsiasi società tecnologicamente avanzata rilascia durante il suo cammino.
Stando alle leggi della chimica e della fisica qualsiasi civiltà aliena dovrebbe aver utilizzato gli stessi tipi di energia che usiamo noi.
Per fare degli esempi l’impiego di combustibili fossili provoca inquinamento con l’emissione di sostanze chimiche che lasciano una firma spettrale nell’atmosfera del pianeta che potremmo rilevare.
Wright osserva che sulla terra siamo ormai in grado di individuare queste sostanze chimiche nella nostra atmosfera dalla luce che le sostanze chimiche assorbono.
Anche lo sfruttamento dell’energia solare può essere determinato poiché i pannelli solari assorbono la luce fino a una certa lunghezza d’onda e riflettono il resto.
Di conseguenza la luce riflessa dal pianeta avrebbe una certa firma spettrale ovvero una misura delle lunghezze d’onda della luce riflessa o assorbita.
Tale firma spettrale indicherebbe appunto la presenza di quei collettori solari.
Altre tecnosignature potrebbero essere mega strutture o satelliti artificiali.
Immagine sopra; la foto che da qualche tempo gira su internet e sui social media e che viene spacciata come la prova dell’esistenza in Antartide di una enorme piramide realizzata da una antichissima Civiltà aliena. In realtà si tratta di un picco assolutamentw naturale scoperto tra il 1910 e il 1913 dalla “British Antarctic Expedition” e chiamata, non a caso, “La Piramide”.
Recentemente la NASA ha concesso un cospicuo finanziamento di ricerca all’astrofisico Adam Frank che dovrà dedicarsi allo studio delle tecnosignature atmosferiche concentrando l’attenzione soprattutto sui 4000 e passa esopianeti finora scoperti.
Alcuni di tali esopianeti sono del tutto simili alla Terra e sono potenzialmente in grado di ospitare la vita.
L’obiettivo di tale ricerca è produrre una biblioteca online che altri astronomi potranno consultare e comparare con l’interpretazione dei rispettivi dati.
Wright indaga quindi le possibili posizioni di queste tecnosignature escludendo incredibilmente dalla sua ricerca Venere nonostante che tale pianeta sia di dimensioni simili alla Terra e ad essa adiacente nel nostro sistema solare.
Dobbiamo mettere in evidenza che sulla carta questo pianeta potrebbe essere un prototipo per lo studio di esopianeti apparentemente simili alla Terra anche se interessati da percorsi evolutivi differenti.
Come mette in evidenza anche il giornalista scientifico Luigi Bignani nonostante il fatto che il pianeta Venere possa aver avuto per alcuni miliardi di anni temperature compatibili con la presenza di acqua limpida settecento milioni di anni fa un evento catastrofico lo trasformò rapidamente .
L’evento in questione potrebbe essere stato un processo di “resurfacing“ cioè di totale rinnovamento della crosta vesuviana .
Per dirla in altro modo una specie di tettonica delle zolle avvenuta in tempi molto rapidi avrebbe rivoltato l’intera crosta del pianeta liberando immani quantità di anidride carbonica e dando a Venere il suo aspetto attuale.
Immagine sopra; il logo della Missione Magellano. Il nome è un omaggio all’esploratore portoghese del XVI secolo Ferdinando Magellano. La Sonda Magellano è stata la prima ad essere lanciata, il 4 maggio 1989, verso un pianeta da uno Space Shuttle, l'”Atlantis”. Dopo un viaggio di circa 15 mesi, raggiunse l’orbita venusiana. Poi, nel 1994, si immerse nella superficie si vaporizzò, ma solo parzialmente. Tanto che gli scienziati ritengono che alcune parti della Sonda siano riuscite a raggiugere la superficie di Venere.
Michael Way utilizzando i dati topografici della Missione Magellano ha suggerito che il clima di Venere almeno fino a 715 milioni di anni fa vantava una temperatura stabile oscillante tra i 20 e 50 gradi C° .
Way è giunto a tali conclusioni dopo aver lavorato su almeno 5 scenari di simulazioni climatiche tridimensionali utilizzando i dati topografici della Missione Magellano.
Secondo Way esisteva su Venere una condizione ottimale per ospitare forme di vita poiché c’era anche un oceano primordiale poco profondo .
Poi avvenne il rilascio nell’atmosfera di anidride carbonica dalle rocce che avrebbe determinato un effetto serra e il disastroso cambiamento climatico già accennato.
Wright ritiene che il “resurfacing “ dovrebbe aver cancellato tutte le prove dell’esistenza di vita sulla superficie venusiana possibile per almeno tre miliardi prima dell’evento.
Quindi rivolge la sua attenzione sulla Terra anche se poi avverte che l’erosione e in definitiva la tettonica delle placche potrebbero aver cancellato la maggior parte delle prove della presenza di specie viventi vissute milioni di anni fa .
Egli suggerisce di ricercare questi manufatti nel sottosuolo di Marte o della Luna se non in dune rocciose o asteroidi del sistema solare esterno soprattutto nel caso che questa specie aliena provenisse da molto lontano .
Immagine sopra; il Tramonto della Luna. Alba del 5 maggio 2023. (Foto G. Pavat)
Per quel che riguarda i mezzi da utilizzare per la specifica ricerca Wright è al momento orientato sulla strumentazione geologica che con la tecnica del radar restituisce immagini del sottosuolo.
Infine Wright suggerisce che gli insediamenti alieni potrebbero essere stati costruiti per ovvi motivi sotto la superficie di pianeti o satelliti ed è per questo che non sarebbero stati ancora individuati .
William Davies suggerisce che una tecnologia molto avanzata potrebbe lasciare impronte più sottili che richiedono metodi scientifici sofisticati da scoprire .
Infatti non dobbiamo trascurare la possibilità che la tecnologia aliena in questione abbia avuto un impatto sul nostro ambiente astronomico immediato persino sulla Terra stessa ma probabilmente molto tempo fa .
Ciò solleva la questione di quali tracce potrebbero rimanere oggi .
Davies rivolge un invito agli altri scienziati affinché si mobilitino per cercare le impronte di tecnologia aliena in senso lato incluse le prove indirette mediante segni rivelatori di attività .
Davies non è un assertore dell’ipotesi degli antichi astronauti anche se è possibilista riguardo tale ipotesi .
Infatti egli non esclude che in passato una civiltà extraterrestre abbia visitato il nostro pianeta .
Davies suggerisce di ricercare le tracce di questa presenza aliena nel lontanissimo passato nelle scorie radioattive nelle grandi estrazioni minerarie .
Davies sostiene che alcuni mutamenti genetici potrebbero essersi verificati nella nostra specie a causa dell’intervento di entità aliene.
Egli non trascura la possibilità di rinvenire nei dati genetici prove di alterazioni da parte di alieni del genoma umano .
Davies afferma che se una spedizione aliena desiderasse lasciare un chiaro messaggio per i posteri qui sulla Terra un buon modo per farlo sarebbe inserire un messaggio nel genoma degli organismi terrestri .
Per quel che concerne la ricerca di costruzioni o manufatti di natura aliena egli ritiene improbabile che siano sopravvissuti all’attività tettonica alle glaciazioni o agli impatti cosmici.
Davies però non esclude che sulla Luna si possano trovare le prove dell’esistenza di civiltà extraterrestri: attività mineraria produzione energetica o tecnologie di ricognizione.
Secondo lo scienziato, civiltà aliene possano aver inviato sonde nella nostra regione della galassia.
Potrebbero esserci state nel sistema solare missioni anche molto tempo fa .
L’ambiente lunare potrebbe conservare manufatti per milioni di anni.
Immagine sopra; la foto della Nasa che una decina di anni fa fece molto scalpore perché secondo molti ufologi immortalava il relitto di una gigantesca astronave aliena precipitata sulla Luna. Ci siamo occupati anche noi de IlPuntosulMistero di questa inquietante Immagine . Andate a leggervi o rileggervi l’articolo “Svelato il mistero dell’astronave aliena sulla Luna!!” del 7 giugno 2013, per scoprire di che cosa si trattava realmente (foto Archivio IlPuntosulMistero)
Non rimane che esaminare di nuovo le trecentomila e passa immagini raccolte sinora dalla Nasa.
Davies si interroga sulle tracce che potrebbero aver lasciato una civiltà industriale di origine aliena che fosse davvero esistita sulla terra milioni di anni prima della razza umana .
Tuttavia le possibilità di ritrovare prove dirette di tali civiltà per esempio artefatti tecnologici sembrano molto basse .
Invece per Davies è fattibile trovare prove indirette come le anomalie nella composizione chimica o nei rapporti isotopici dei sedimenti.
Per quel che riguarda i residui di scorie nucleari Davies sottolinea che molti isotopi radioattivi correlati alla scissione antropogenica o alle armi nucleari non hanno un emivita abbastanza lunga da essere rilevante.
Ci sono tuttavia due isotopi potenzialmente abbastanza longevi il plutonio 244 e il curio 247 che sarebbero rilevabili per moltissimo tempo se fossero depositati in quantità sufficiente diciamo come risultato di uno scambio di armi nucleari.
Infine è possibile che precedenti civiltà aliene possono aver lasciato manufatti su altri corpi celesti come la Luna e Marte più facili da rinvenire poiché non sarebbero stati cancellati dall’erosione o dall’attività tettonica come avviene generalmente sulla Terra.
Immagine sopra: la pietra che sembra una piramide emergente dal suolo di Marte, fotografata il 7 maggio 2015 da Curiosity. La foto è stata messa online dalla Nasa che però ha escluso che si tratti di un artefatto non naturale.
Tuttavia è un dato oggettivo che queste prove della presenza di civiltà aliena continuano a mancare .
Per ovviare a tale mancanza Jacques Vallée e Garry Nolan hanno scansionato materiali anomali che potrebbero provenire dal presunto incidente UFO di Roswell del 1947 evidenziando la presenza di una lega metallica finora sconosciuta.
La tecnologia che ha permesso di fare questa scoperta si basa essenzialmente sulla spettrometria di massa che permette di scandagliare la struttura molecolare di metalli identificando anche gli isotopi presenti .
Secondo Vallée e Nolan i detriti in questione possono essere stati prodotti da tecnologia aliena molto più avanzata della nostra.
Detto ciò riteniamo concluso il nostro discorso sulla ricerca di prove dell’esistenza di tecnologie aliene.
(Prof. Giovanni Pellegrino)
– Se non altrimenti specificato, tutte le immagini sono state tratte da Wikipedia, che si ringrazia per la disponibilità.