ESOTERISMO ED ARTE
ANALISI DI UN’OPERA SU SAN. FRANCESCO
NELLA CHIESA DI SAN. SEBASTIANO A CECCANO(FR)
di Vincenzo Carlini
Prima di affrontare l’infinità di segreti nascosti nell’affresco della chiesa di San Sebastiano a Ceccano e che ritrae la scena in cui San Francesco d’Assisi riceve le stimmate, è necessaria una piccola premessa su quello che l’iconografia comune riconosce come il “poverello d’Assisi”. In realtà “l’uomo Francesco” non è stato solamente un “Giullare di Dio”, un predicatore di eccezionale carisma e bacchettatore dei ricchi, ma un vero personaggio intriso di enormi caratteristiche esoteriche. Basta leggere in questa prospettiva i più noti passaggi della biografia del Patrono d’Italia per averne conferma. Citiamo a tal proposito la capacità di Francesco di parlare agli uccelli e di ammansire animali selvatici. Qualità che fanno del Santo di Assisi un vero e proprio mago, senza voler essere tacciati di blasfemia. E tale peculiarità di San Francesco d’Assisi non è citata a caso, perché sarà fondamentale per disvelare l’“esoterismo” dell’affresco che ci accingiamo ad analizzare. L’opera di autore ignoto, si trova sull’altare collocato alla sinistra del presbiterio e risale alla prima metà del XVII secolo. Ed è, anche esotericamente parlando, una vera e propria opera gemella dell’affresco ospitato nell’altare opposto con il famoso caso di esadattilia di San Giuseppe. L’impostazione generale, che potremmo definire “triangolare” se vogliamo, con la figura del Cristo in alto a sinistra e il “presunto” discepolo in basso a destra (il perché definiamo il discepolo come “presunto” lo vedremo poi) risulta simile a quella di altri capolavori che ritraggono lo stesso episodio della vita del Santo. Pensiamo alle opere di Gentile da Fabriano (inserito dal regista Paolo Sorrentino tra i quadri che compaiono nei titoli di testa del recente serial tv “The young Pope”), Giotto di Bondone, Zurbaran (con un inquietante discepolo ritratto senza volto) e Lorenzetti tra i tanti. Mentre risultano alquanto singolari i casi, ad esempio, di Murillo e del Ghirlandaio nei quali il Cristo in cielo non è visibile. Ma senza divagare troppo, quello che ci preme sottolineare in questa sede è il grande respiro, appunto, “esoterico” che aleggia nel nostro affresco. E che non ritroviamo in nessuna delle altre opere citate: più “essoteriche” che altro, al di là dell’innegabile valore artistico. Innanzitutto, iniziando a spulciare l’opera presente nella chiesa di San Sebastiano, partiremmo senz’altro con l’analizzare la figura del “presunto” discepolo (1). “Presunto”, dicevamo, perché questa figura ha una straordinaria particolarità che lo rende unico nel suo genere: ovvero indossa un berretto frigio, un copricapo originario dell’Asia Minore (della regione denominata Frigia, per l’esattezza) e simbolo intriso di potenti significati esoterici. Il suo impiego risale al periodo compreso tra il VI e il II sec. A.C. per opera dei Sacerdoti del Dio Sole. E nel corso dei secoli è apparso innumerevoli volte, sempre a connotare aspetti di carattere misterico-iniziatico. Si pensi alla figura dell’Alchimista presente tra i gargoyles che campeggiano dall’alto della Cattedrale di Notre Dame di Parigi. Si pensi ancora a molte raffigurazioni del Dio Mitra e della Dea Cibele. E si pensi ancora ai misteri orfici dell’antica Grecia e, addirittura, ai Puffi, gli omini blu protagonisti del famoso cartone animato che spopolò negli anni Ottanta e visti da più parti come depositari di segreti massonici. Tornando al nostro “presunto” discepolo, la sua aria assorta, stanca e quasi annoiata, nonostante l’apparizione divina, è un altro elemento significante. Il personaggio è molto anziano, il suo berretto frigio è tirato molto indietro a scoprire la testa calva che somiglia quasi ad un teschio, se non fosse per il naso molto pronunciato. Davanti a sé c’è un libro aperto che ritrae quelle che sembrerebbero essere immagini di una cartina geografica. Pertanto potrebbe non essere un libro di Scritture Sacre, come quelli che si trovano negli altri dipinti già citati (Giotto di Bondone, Zurbaran, Guercino e Lorenzetti). In questo caso il tomo sembrerebbe essere un simbolo di terra. Se poi si nota la postura della mano destra, la stessa sembra impugnare con tre dita (3, numero esoterico per eccellenza) una specie di roccia con fattezze di volto umano (o un teschio?). Inoltre il “presunto” discepolo si trova esattamente nell’area che rappresenta l’ipotetica base della piramide (uno dei simboli massonici per eccellenza) composta da 3 dei 5 raggi emanati dalla figura celeste (2) e che andranno a trasmettere le stimmate nelle mani e nel costato del Santo. Abbiamo parlato non a caso di “figura celeste” e non del Cristo dell’agiografia tradizionale. Perché? Perchè a ben vedere la figura del Cristo è solo abbozzata, una silhouette uniforme che si confonde quasi con la figura di un uccello: che non può che essere la colomba dello Spirito Santo. Già questa particolare rappresentazione è di straordinaria originalità e di enorme efficacia nel suo “minimalismo”. Lo Spirito Santo, infatti, sembra formare un triangolo che va ad intersecarsi con quella sorta di aura bianca sulla sua testa e che sembrerebbe formare un altro triangolo: squadra e compasso? Inoltre lo stesso Spirito Santo occupa praticamente tutto il vertice della piramide formata dai 3 raggi “prinicipali”, dandone una colorazione più scura. A questo punto è quindi necessario porre l’attenzione anche su tutta la zona che avvolge il Cristo/figura celeste/colomba dello Spirito Santo. Ci riferiamo all’enorme nuvola che sprigiona bagliori dorati attorno la figura “minimale” (3). Nella parte alta lo sfolgorio allude forse all’iconica rappresentazione dell’aureola dei santi. Mentre nella parte bassa forma quelli che sembrano due occhi. Infatti, prendendo la nuvola nella sua totalità, la stessa è un corpo umano con un busto che somiglia al caprone di Mendes. L’essere o spirito di aria (che fa quindi il paio con i due simboli di terra che abbiamo visto) ha il braccio destro proteso come ad indicare qualcosa. Ed è proprio in quella direzione che è rivolto lo sguardo del “presunto” discepolo… Perché? Cosa mai starà indicando il misterioso personaggio composto da nuvole? Forse Palazzo Antonelli e il punto energetico che, secondo alcuni studiosi, sarebbe collocato in prossimità del suo portale d’ingresso? E poi… gli altri 2 raggi (uno dei 2 passando attraverso l’occhio destro del Santo non visibile) che andranno a trafiggere “fuori scena” i piedi di San Francesco d’Assisi (i piedi come ulteriore simbolo di terra), da dove provengono, visto che sono ampiamente fuori il raggio di azione della “figura celeste”? Si tratta di un errore dell’anonimo artista oppure è una scelta voluta, visto che questi due raggi potrebbero essere il simbolo del compasso massonico che va ad intersecarsi con la piramide, andando poi a sfiorare anche il libro aperto davanti il “presunto” discepolo e che ha vagamente il profilo di una squadra? Squadra, compasso e libro sacro dunque. Certo è che non è possibile attribuire all’affresco significati direttamente massonici, visto che l’esistenza accertata delle prime logge muratorie risale alla seconda metà del XVII secolo. Però, avallando alcune tesi che vedono la Massoneria come discendenza diretta dei cavalieri templari e, soprattutto, dei Collegia Fabrorum et Pontificiorum, potremmo ricondurre direttamente la figura del “presunto” discepolo a quella (anche lui con indosso il berretto frigio) presente all’ingresso della chiesa di San Nicola sempre a Ceccano. I Collegia Fabrorum et Pontificiorum erano organizzazioni di mestiere romane che secondo alcuni studiosi rappresentano le prime Società iniziatiche muratorie di cui si abbiano notizie certe e storicamente attendibili. Ovviamente non abbiamo informazioni sulla presenza o meno di queste organizzazioni a Ceccano. Ma l’antico nome di Ceccano, Fabrateria Vetus, potrebbe far avallare questa suggestiva ipotesi, se solo si trovassero a Ceccano resti o testimonianze storiche sul culto del Giano bifronte (e magari la chiesa di San Nicola potrebbe essere quasi una versione in miniatura della Cattedrale di Notre Dame di Chartres in Francia). Ma tornando al nostro affresco, e concludendo l’analisi della figura del “presunto” discepolo, andiamo ad affrontare anche la miriade di creature, sovrannaturali e del regno animale, occultate tra le pieghe del dipinto. Che va a formare un geniale trompel’œil esoterico da far invidia a Giuseppe Arcimboldo. A partire da quella roccia su cui è poggiato con aria sognante il “presunto” discepolo: le fattezze sembrerebbero essere quelle di una tartaruga. La cosa sarebbe sconvolgente, perché l’animale in questione rappresenta il tramite tra terra ed acqua, ma anche tra cielo e terra (la tartaruga si trova tra le due parti, quella superiore e quella inferiore, della sua stessa corazza). Il Prof. Alessandro Pluchino sul suo sito web, in merito al simbolismo della tartaruga, scrive: “L’intera corazza è perciò un’immagine dell’Universo (in sintonia con il principio ermetico del ‘come in alto così in basso’) e la tartaruga, posta tra le sue due parti, rappresenta naturalmente il termine mediano della Grande Triade, ossia l’Uomo. Inoltre, la sua ritrazione all’interno della corazza simboleggia la concentrazione nello ‘stato primordiale’, lo stato dell’“uomo vero”; tale concentrazione costituisce poi la realizzazione della pienezza delle possibilità umane perché, anche se in apparenza il centro è solo un punto senza estensione, in realtà questo punto contiene tutte le cose come in una sorta di Ologramma cosmico o nell’Aleph cabalistico magistralmente descritto da Jorge Luis Borges. Proprio per questo l’uomo vero racchiude in se stesso tutto ciò che è manifestato nello stato di esistenza con il cui centro esso si identifica”. Per cui il fatto (se confermato) che il “presunto” discepolo sia adagiato tranquillamente su una tartaruga, schiuderebbe altri interessanti scenari. Perché, a questo punto, se dovesse trattarsi dello stesso personaggio presente sul portale di San Nicola, staremmo parlando di una figura di straordinaria importanza esoterica nel contesto ceccanese. Inoltre la suggestione di San Francesco come Santo protettore degli animali sarebbe appunto da interpretare in chiave ancora una volta esoterica. E in questo senso sarebbero però necessari seri approfondimenti storici sulla presenza francescana a Ceccano per trovare un nesso decisivo. Passando alla zona in basso a sinistra, quello che “essotericamente” è un lembo di terra che si affaccia sul corso d’acqua, in realtà è un riccio (4) che con il suo muso aguzzo sembra dissetarsi. Il riccio è un animale che in varie culture ha diversi significati: è un animale dotato di un meccanismo di autodifesa ma, soprattutto, in parecchie culture sta a simboleggiare l’iniziato. Inoltre il riccio guarda nella direzione opposta a quella indicata dalla figura composta da nuvole. San Francesco, inoltre, è inginocchiato sopra quello che sembrerebbe essere un serpente marino o, comunque, un essere anfibio (5), ovvero una figura in grado di attraversare la soglia tra due mondi. Pertanto il Santo inginocchiato su di lui è il tramite tra i due mondi: così come il “presunto” discepolo adagiato sulla tartaruga. Questo essere sembra inoltre che stia azzannando quello che è il bordo chiaro dell’area dove è inginocchiato il Santo, come a volerlo mostrare vittorioso, o come ammonimento, al riccio che fronteggia (la conoscenza esoterica da donare al riccio/iniziato?). I suoi occhi visti dal vivo, prendendo l’interpretazione con cautela considerando anche lo stato di conservazione dell’affresco, sembrano essere i cosiddetti Fiori dell’Apocalisse, composti da 4 petali che rappresentano i 4 elementi della natura: Fuoco, Acqua, Terra, Aria. Gli stessi petali racchiudono anche l’essenza dei quattro esseri dell’Apocalisse: l’Uomo, l’Aquila, il Toro e il Leone. Quindi l’uomo e tre animali, per restare nel novero delle “qualità” francescane. Un esempio in Ciociaria di Fiore dell’Apocalisse è rintracciabile sulla facciata della chiesa di Sant’Erasmo a Veroli. Altro animale presente e genialmente occultato tra le rocce e vegetazione è l’elefante (6), ulteriore animale simbolico sulla cui presenza nell’arte ciociara rimando sicuramente al saggio scritto da Giancarlo Pavat sulla chiesa dei SS. Sebastiano e Rocco ad Acuto, dove è presente un’acquasantiera in pietra a forma, appunto, di elefante. Qui aggiungiamo solo che due raggi (quello che termina sul piede sinistro del Santo e quello che finisce nel suo costato) s’intersecano esattamente nel punto dove si trova l’occhio sinistro dell’elefante a formare un ulteriore triangolo. La sua proboscide, inoltre, converge direttamente sulla stimmata presente sulla mano destra di San Francesco. L’elefante poi è fronteggiato da un’altra figura scura, dalla tinta abbastanza omogenea e che ha i contorni di un lupo o di un cane, intento ad ululare o ad abbaiare (7). La sua bocca e la parte superiore della testa dell’elefante rappresentano la base su cui sembra prendere slancio la figura composta da nuvole. Inoltre all’altezza del collo del lupo/cane si nota una zona dorata con quello che sembrerebbe l’inequivocabile profilo di un uccello, o meglio dell’araba fenice. Ancora più in basso, sotto l’araba fenice, c’è un’altra formazione naturale che sembra essere un cavallo (8). Passando alla schiera di esseri sovrannaturali che sembrano imperversare nell’affresco, invitiamo il lettore a rintracciare la pletora di volti, occhi e corpi deformi nascosti abilmente in macchie di colore in vari punti del dipinto. Si potrebbe iniziare partendo dalla figura del Santo (9), sulla quale ci soffermiamo a conclusione dell’articolo. E con una provocazione. L’impostazione è abbastanza tradizionale e di ottima fattura (come ad esempio nel panneggio del saio). Ma lo sguardo, quasi di sfida, rivolto dal Santo alla figura celeste e quei due segni bianchi che sembrano fuoriuscire dal suo capo, insieme al profilo abbastanza caprino, alludono forse a Lucifero?
Fonti:
CARLO CRISTOFANILLI, Storia della chiesa di San Sebastiano di Ceccano (Amministrazione della Città di Ceccano, Assessorato alla Cultura, 1995)
CASTELLO DEI CONTI DE CECCANO (sito web) (http://www.castellodeicontidiceccano.it/luoghi/chiesa-di-san-sebastiano.aspx) L’ANGOLO DI HERMES (www.angolohermes.com)
ALESSANDRO PLUCHINO, Il Simbolismo della Tartaruga: Geometria Sacra e Architettura Esoterica (http://www.pluchino.it/blablabla/IL%20SIMBOLISMO%20DELLA%20TARTARUGA.pdf)
ALTRA REALTA’ (http://www.altrarealta.com/index.php/fiore-della-apocalisse-simbologia-esoterica/) Il volto segreto di San Francesco (sito web della Basilica di Santa Maria di Collemaggio) (http://soscollemaggio.com/it/il-volto-segreto-di-san-francesco.html)
GIANCARLO PAVAT, I segreti della chiesa dei SS. Sebastiano e Rocco ad Acuto in Ciociaria (Il punto sul mistero, 2015)
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