Immagine di apertura; la folla dei partecipanti all’Itinerario del Mistero, sul sagrato della chiesa di San Michele Arcangelo, ascolta Giancarlo Pavat mentre ne racconta la storia (foto Veronica Pietrobono- Itinarrando).
Sabato 17 agosto, a Guarcino (FR) nell’ambito della Giornata dedicata alla “Disfida del Malpensa” (fortemente voluta dall’Amministrazione Comunale guidata dal sindaco Urbano Restante, con.la fattiva collaborazione del consigliere Francesco De Angelis, con il Patrocinio della Regione Lazio e con la collaborazione di Itinarrando), oltre alla rappresentazione teatrale “LA NOTTE PRIMA DELLA DISFIDA” di Velia VITI, si è svolto l’attesissimo Itinerario del Mistero dedicato alla storica “Disfida “, ma non solo.
2. Immagine sopra; i partecipanti all’Itinerario del Mistero in piazza Umberto I a Guarcino, ascoltano Giancarlo Pavat mentre illustra la vicenda della “Disfida del Malpensa ” (foto Veronica Pietrobono – Itinarrando)
3. Immagine in basso; gli applauditissimi protagonisti de “La notte prima della Disfida”; da sx il musicista Giovanni Monoscalco, la regista e attrice Velia Viti, l’attrice Annamaria Iacopini e l’attore Sebastiano Colla (foto G. Pavat)
L’evento è iniziato proprio davanti al Monumento dedicato all’eroe guarcinese Malpensa (realizzato nel 1986 dal Maestro Angelo Canevari), con un lungo intervento di Giancarlo Pavat, che ha disquisito sulla “Disfida”, spiegando come dal punto di vista filologico e storico , l’episodio è realmente avvenuto nell’estate del 1186. Di tutto ciò ne abbiamo già dato contezza nel precedente articolo. L’Itinerario del Mistero è proseguito andando alla scoperta della chiesa di San Michele Arcangelo e dei suoi straordinari affreschi.
(La Redazione)
4. Immagine sopra; la facciata della chiesa di San Michele Arcangelo con il caratteristico e rarissimo campanile a vela (Archivio ilpuntosulmistero).
GLI ENIGMI DEGLI AFFRESCHI “DEI DUE SANTI” E DELLA CRIPTA DELLA CHIESA DI SAN MICHELE ARCANGELO A GUARCINO (FR)
di Giancarlo Pavat
La chiesa di San Michele Arcangelo a Guarcino (FR) ha origini medievali ma venne completamente rimaneggiata nel XVIII secolo.
Risalente al XII secolo, invece, è il caratteristico campanile a vela, caso raro se non unico nel Lazio
5. Immagine sopra; i numerosi partecipanti all’Itinerario del Mistero, affollano la navata della chiesa di San Michele Arcangelo, per seguire Giancarlo Pavat che svela i segreti degli affreschi ivi contenuti (foto Veronica Pietrobono- Itinarrando).
L’interno si presenta con una sola navata e diverse opere d’arte sacra ma particolarmente interessanti sono due affreschi molto lacunosi (ma restaurati qualche anno fa dalla Soptintendenza) presenti sulla controfacciata, rappresentanti altrettanti santi.
Per prima cosa è necessario dire (come ci e’ stato spiegato da un guarcinese che aveva collaborato ai lavori di restauro) che non è vero che i due affreschi, (posti a destra e a sinistra dell’ingresso), non si trovino nella loro posizione originaria. Erano però ricoperti da una sorta di intercapedine e grazie ai restauri sono tornati alla luce. Il motivo per il quale, in epoca imprecisata, vennero occultati, rimane un mistero.
Parimenti, una nebbia fitta avvolgeva l’identità dei due personaggi. Ci è stato confermato che, a quanto pare, per molto tempo, non si era stati in grado di identificarli.
Nel 2018 ci è riuscito lo scrivente. Ma non anticipiamo nulla. Vediamo con calma di che cosa si tratta, cominciando dal personaggio aureolato posto a sinistra della controfacciata.
6. Immagine sopra; l’affresco posto sulla controfacciata, a sinistra dell’ingresso della chiesa di San Michele Arcangelo (foto G. Pavat).
Si nota che indossa una tunica verde e un mantello rossastro.
Sebbene il viso manchi, si vedono lunghi capelli castani (o forse anch’essi rossicci). Questo elemento ha indotto molti in un clamoroso errore. Infatti si è pensato che si trattasse di una figura femminile; una Santa.
Con la mano ed il bracco sinistri regge un grande libro aperto come se il personaggio fosse intento a scrivere qualcosa. E già questo attributo iconografico avrebbe dovuto mettere sulla giusta pista.
In ogni caso, il particolare rivelatore (evidentemente sfuggito ai più), che consente di indentificare, senza ombra di dubbio, il personaggio, sta nella mano destra!
7. Immagine sopra; particolare dell’affresco a sinistra dell’ingresso della chiesa di San Michele Arcangelo. Si nota che la mano destra del misterioso personaggio regge una coppa (o calice) da cui fuoriesce un serpente! (foto G. Pavat).
8. Immagine in basso; il particolare del Calice con il Serpente evidenziato dal cerchio rosso (foto G. Pavat)
Infatti, osservando attentamente ci si accorge che l’enigmatico personaggio sta reggendo una coppa da cui sta uscendo un serpente!
Particolare che, per quanto se ne sa, nessuno aveva notato prima.
Capelli lunghi di colore rosso, una coppa in mano (con un serpente)…. Francamente non ci sarebbe voluto molto affinché, più di qualcuno, ispirato da certi romanzi e film, identificasse il personaggio con Maria Maddalena, e imbastendo chissà quale teoria su affreschi poco canonici o addirittura eretici. Scordandosi, o ignorando, che la Santa non viene ritratta con un coppa (che gli epigoni di certi scrittori anglosassoni riconoscono come il Calice dell’Ultima Cena) ma con il vasetto degli unguenti.
In realtà, chiunque abbia anche un minimo di infarinatura di iconografia sacra e Storia dell’Arte, avrebbe potuto riconoscere subito il Santo (infatti è un uomo e non una donna!) affrescato nella chiesa guarcinese di San Michele Arcangelo, proprio come ho fatto io nel 2018.
Si tratta infatti di San Giovanni Evangelista!
Chiariamo subito una cosa. C’è impreciso motivo simbolico per cui l'”Ultimo Evangelista” viene spesso raffigurato con lineamenti femminili, capelli lunghi e guance imberbi.
Serviva a sottolineare la giovane età di Giovanni. Al contrario degli altri Apostoli, uomini ormai maturi e con belle barbe ad incorniciare i volti.
Giovane e, a prestar fede a racconti non entrati nel Canone della Chiesa di Roma, ancora vergine. Avendo rinunciato al matrimonio per rispondere alla chiamata di Gesù Cristo.
Non si contano gli affreschi, tele, dipinti su tavola, in cui Giovanni viene raffigurato in questo modo. E guarda caso, ogni volta, qualcuno ha voluto vedervi a tutti i costi una figura femminile. Ovviamente Maria Maddalena.
Quanto alla coppa da cui fuoriesce un serpente, è un’iconografia che tra origine da alcune fonti agiografiche apocrife e quindi non rintracciabili nei testi neotestamentari.
San Giovanni Evangelista, stando alla tradizione ed all’agiografia cristiana (sia occidentale che orientale) sarebbe morto decisamente molto anziano tra il 98 ed 117 d.C., all’epoca dell’Imperatore Traiano.
Questa incertezza sulla sua morte sul fatto che non ci sia una sepoltura diventata luogo di venerazione, e, soprattutto, una determinata interpretazione del famoso passo evangelico;
“Si eum volo manere donec veniam”
(Gv 21, 22 e 23)
fece nascere nel Medio Evo la leggenda secondo cui l’Evangelista non sarebbe mai morto e, in attesa attenderebbe la “Seconda Venuta” di Cristo, sarebbe ancora tra di noi su questa Terra!
In ogni caso, leggende medievali a parte, non risulta davvero che sia stato martirizzato, anche se (stando sempre a questa congerie agiografica) sembra che, effettivamente, i Romani abbiano davvero tentato di metterlo a morte, in quanto si rifiutava di sacrificare agli dei, ma con scarsi risultati.
Rifiutare di sottostarvi significava diventare oggetto di persecuzione. Secondo molti studiosi la stessa “Apocalisse di Giovanni” daterebbe proprio a quel determinato periodo storico. Lo confermerebbe il violento attacco ai cosiddetti “Nicolaiti”, contenuto nell’opera (Ap 2, 6). Con questo nome erano indicati coloro che per debolezza e terrore delle torture, avevano accettato di partecipare ai culti ed ai sacrifici pagani per l’Imperatore pur rimanendo cristiani nel proprio animo.
Secondo la letteratura apocrifa a cui si accennava poc’anzi, soprattutto i cosiddetti “Atti di Giovanni” (attribuiti ad un certo Lucio Carino vissuto nel II secolo d.C., infarciti di episodi prodigiosi e straordinari ed impregnati di una buona dose di gnosticismo) San Giovanni venne arrestato e condotto innanzi all’Imperatore. Questi ordinò che gli venisse portata una coppa ricolma di un liquido profumato, intimandogli di berla. In realtà si trattava di un letale veleno:
San Giovanni, pur non sapendolo, ebbe una ispirazione divina ed invece di portare la coppa alle labbra, la benedì facendone uscire un serpente!
E nella chiesa di Guarcino è dipinta proprio questa scena. Ovvero il momento in cui il serpente esce dalla coppa.
Infine, il libro retto con la mano sinistra, non è altri che il Quarto Vangelo o l’Apocalisse, entrambi attributi, appunto, a San Giovanni.
Per chiarire ulteriormente l’iconografia e dissipare eventuali dubbi ancora persistenti, ecco tre esempi di raffigurazione di San Giovanni con la Coppa e il Serpente.
9. Immagine sopra; San Giovanni Evangelista con la Coppa da cui fuoriesce un serpente in un affresco nella chiesa di Santa Maria del Campo di Dio a Visinada in Istria (foto G. Pavat)
Nella chiesa appartenuta ai Cavalieri Templari di Santa Maria del Campo di Dio a Visinada in Istria (oggi in Croazia), sulle vele della volta a crociera del presbiterio si può ammirare um affresco con, appunto, l’Evangelista con la coppa e il rettile.
10. Immagine sopra; il San Giovanni del Gianpietrino (Archivio ilpuntosulmistero)
Nella Basilica di San Magno a Legnano (MI) è conservato, invece, un olio su tavola (135×544 cm) del XVI secolo, realizzato dall’allievo di Leonardo da Vinci, Giovanni Pietro Rizzoli (Pietro Rizzo o Rizzi, Pietro Riccio o Ricci), detto Giampietrino o Gianpietrino, sempre con il medesimo soggetto.
11. Immagine sopra; il San Giovanni Evangelista affrescato sulla parere di destra della chiesa di San Menna a Lucoli in Abruzzo (foto G. Pavat)
Infine, ritroviamo il nostro soggetto nel paesino di Lucoli (AQ), e precisamente nella chiesetta di San Menna, apparentemente quasi insignificante a vederla dall’esterno, ma ricca di straordinari affreschi all’interno.
12. Immagine sopra; Giancarlo Pavat all’interno della chiesa di San Menna a Lucoli (AQ). Alle sue spalle il San Giovanni Evangelista affrescato con Coppa e Serpente (foto scattata da Luigi Marinanza).
Tornando alla chiesa di San Michele Arcangelo, identificato con l’Evangelista Giovanni il santo dell’affresco posto sulla controfacciata, a sinistra dell’ingresso, bisogna capire chi sia l’altro personaggio aureolato parzialmente visibile nell’affresco allocato a destra.
Come il San Giovanni, anch’esso è decisamente poco leggibile in quanto presenta diverse lacune a causa del distacco dell’intonaco che il restauro non è riuscito a ripristinare.
13. Immagine sopra; l’affresco posto sulla controfacciata, a destra dell’ingresso della chiesa di San Michele Arcangelo a Guarcino. Chi è il misterioso personaggio? (Foto G. Pavat).
Si vede una figura in piedi (anche in questo caso, alle spalle, c’è una specie di nicchia o finestra) con una lunga veste chiara bordata di rosso. In basso a sinistra si vedono le zampe posteriori di un animale identificabile come un cane o un lupo incatenato
A Guarcino qualcuno ha voluto riconoscervi San Rocco. Ma giova ricordare che il cagnolino gli porta la pagnotta, non è assolutamente incatenato o al guinzaglio.
14. Immagine sopra; la celebre statua di San Rocco con il cagnolino ai suoi piedi che viene portata in processione a Villa Santo Stefano (FR) il giorno della Festa del Santo e de “La Panarda”. Si nota che il cane non è assolutamente al guinzaglio o incatenato (foto G. Pavat)
Quindi vanno cercati altri santi o beati nella cui iconografia tradizionale compaiono, appunto, cani o lupi.
Il primo dei “papabili” potrebbe essere San Vito.
15. Immagine sopra, un santino devozionale con il giovane San Vito e due cani guinzaglio (Archivio ilpuntosulmistero)
Il giovane siciliano, vissuto tra il III ed il IV secolo d.C. (ma si hanno pochissime notizie certe della sua vita), venerato il 15 giugno (del “Calendario Gregoriano”, mentre 28 giugno di quello “Giuliano” per i Cristiani Ortodossi), viene raffigurato con la palma del martirio, spesso con l’armatura romana, corona e scettro e due cani.
Quest’ultimo particolare si riferisce ad uno dei racconti agiografici del Santo, decisamente a tinte forti sebbene con lieto fine.
Si racconta che, mentre si trovava in Sicilia, dalle parti di Regalbuto, Vito incappo’ in alcuni pastori che piangevano disperati. Chiesto il motivo, venne a sapere che alcuni cani rabbiosi avevano sbranato un bambino.
Vito disse ai pastori di portargli i cani. Quando se li trovò davanti, fece risputare i pezzi del bimbo e facendo il Segno della Croce lo riportò in vita.
Un altro “candidato” ad essere riconosciuto come il Santo affrescato in San Michele è certamente San Pietro l’Eremita, patrono di Trevi nel Lazio (FR), paese, guarda caso, piuttosto vicino a Guarcino.
Pietro l’Eremita, chiamato anche Pietro di Trevi , nativo di Rocca di Botte in Abruzzo, visse nell’XI secolo e venne canonizzato nel 1215 da papa Innocenzo III (al secolo Lotario dei conti di Segni,1161-1216).
16. Immagine sopra; San Pietro da Trevi raffigurato in un dipinto posto sulla facciata dell'”Oratorio di San Pietro Eremita a Trevi nel Lazio (FR). Venne costruito tra il 1685 e il 1690 sul luogo in cui sarebbe morto il futuro patrono di Trevi (foto G. Pavat).
17. Immagine in basso; per saperne di più su Pietro Eremita da Trevi si consiglia la lettura del libro “TREVI TEMPLARE” di Giancarlo Pavat (edizioni Comune di Trevi nel Lazio 2018). Richiedibile al Comune di Trevi.
A Trevi nel Lazio è possibile visitare l’Oratorio di San Pietro Eremita, costruito tra il 1685 ed il 1690 nel luogo in cui il 30 agosto 1052 morì il futuro santo. Entrati nella piccola navata, si ammira sull’altare un gruppo marmoreo settecentesco raffigurante un angelo e il Santo morente (che riecheggia il capolavoro di Bernini “L’estasi di Santa Teresa d’Avila”. che si trova nella cappella Cornaro della chiesa di Santa Maria della Vittoria, a Roma).
Ci si porta dietro l’altare, si scendono alcuni gradini sbucando in un stretto ambiente. Si tratta del pollaio in cui morì Pietro l’Eremita e nel quale è stata collocata una sua statua lignea.
L’iconografia del Patrono di Trevi ce lo presenta con due o tre lupi incatenati. (In realtà, in molte raffigurazione sembra esserci un solo lupo ma con due o tre teste. ma questo è un altro discorso). I lupi si riferiscono ad uno dei più noti miracoli di San Pietro. Ovvero la “Liberazione di Trevi dai lupi.
Infine, terza possibilità, potrebbe trattarsi di Sant’Eleuterio patrono di Arce (FR).
18. Immagine sopra; Sant’Eleuterio patrono di Arce (FR). I suoi resti mortali sono conservati in un’urna posta nella parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo ad Arce (Archivio ilpuntosulmistero)
Vissuto nel V secolo d.C., la sua figura è avvolta nella leggenda. Probabilmente era originario delle Isole Britanniche. Giovanissimo si recò in pellegrinaggio in Terrasanta. Sulla via del ritorno, dopo essere sbarcato nei porti pugliesi, Eleuterio decise di recarsi a Roma percorrendo, ovviamente, la via Appia e la via Latina. Giunto però ad Arce in Ciociaria, durante la notte chiese alloggio alla locanda che sorgeva presso la Torre del Pedaggio.
Il manufatto è stato identificato con quella che oggi viene chiamata Torre di Sant’Eleuterio sul fiume Liri, nel territorio di Arce (FR).
L’oste, scambiatolo per un mendicante o un poco di buono, gli aizzò contro i suoi rabbiosi cani da guardia. Questi si lanciarono contro Eleuterio ma di colpo si bloccarono, ammansiti alla sua vista e cominciarono ad uggiolare ai suoi piedi.
Il mattino dopo, l’oste che non l’aveva accolto, trovò il giovane pellegrino morto con i due cani che lo vegliavano.
Eleuterio venne immediatamente acclamato santo dalla popolazione, che lo volle a patrono del proprio paese. Il suo corpo è oggi conservato nella parrocchiale di Arce.
In pratica, tutti e tre i santi vengono raffigurati con cani o lupi incatenati e tutti sono venerati nel Basso Lazio.
San Vito, ad esempio a Maenza, San Pietro nella già citata Trevi nel Lazio e Sant’Eleuterio non solo ad Arce ma ad esempio a Castro dei Volsci (una sua raffigurazione seicentesca è visibile nella chiesa di San Nicola) in provincia di Frosinone.
19. Immagine sopra; Sant’Eleuterio in un affresco del XVII secolo, visibile all’interno della chiesa romanica di San Nicola a Castro dei Volsci (foto G. Pavat).
Ognuno di loro, quindi, potrebbe essere stato raffigurato dentro la chiesa di San Michele Arcangelo a Guarcino.
Ma io propenderei per Sant’Eleuterio. Si tratta di un “santo pellegrino” e Guarcino sorge lungo uno dei percorsi di pellegrinaggio; il “Cammino di San Benedetto”.
Certamente va tenuta presente anche la contiguità territoriale con Trevi. E ciò non consente di escludere del tutto San Pietro l’Eremita.
Non si vede alcuna chance, invece, per San Vito, in quanto non si nota nell’affresco guarcinese, la tradizionale armatura romana.
20. Immagine sopra; I partecipanti all’Itinerario del Mistero ascoltano Giancarlo Pavat che illustra gli affreschi superstiti nella Cripta della chiesa di San Michele Arcangelo a Guarcino (foto Veronica Pietrobono- Itinarrando)
Lasciata la navata della chiesa di San Michele Arcangelo, i partecipanti all’Itinerario del Mistero sono scesi (a gruppi contingentati, vista la grande partecipazione all’evento e gli spazi ristretti) nella Cripta (che secondo alcuni studiosi corrisponderebbe alla chiesa più antica) dove si possono ancora vedere alcuni affreschi sopravvissuti allo scorrere del Tempo e alla trascuratezza degli uomini.
21. Immagine sopra; I 6 anelli o circonferenze con l’Agnus dei al centro che decorano la volta della Cripta della chiesa di San Michele Arcangelo a Guarcino (foto G. Pavat)
Gli affreschi della Cripta forse veicolavano un messaggio escatologico. Come potrebbero suggerire quelli sopravvissuti della volta. Si notano 6 anelli o circonferenze che si intersecano tra di loro, disegnando un riconoscibilissimo simbolo, antico come l’Uomo, il cosiddetto “Fiore della Vita“.
22. Immagine sopra; il “Fiore della Vita” nella versione tradizionale (disegno G. Pavat)
La versione “classica”, quella perfettamente geometrica, disegnata con un compasso, rappresenta una sorta di fiore con sei petali, inscritto in un cerchio. Il “Fiore” venne fatto proprio dai primi cristiani, forse perché ricordava il Monogramma di Cristo, la “X”, la lettera “Chi” dell’alfabeto Greco, con il segmento verticale della lettera “jota”.
Lo chiamarono “Sesto giorno della Genesi”, in quanto vi scorgevano il “Compiersi della Creazione”.
Al centro dei 6 cerchi, o anelli, della Cripta si distingue un Agnus dei, simbolo cristico. Quindi se il “Fiore della Vita” rappresenta il compimento della Creazione divina, al centro di questa c’è per forza di cose Gesù Cristo.
Verso il Quale tutto converge come rappresentato simbolicamente dalle vele della volta.
23. Immagine sopra; la figura aureolata e alata che decora una delle vele della volta della Cripta della chiesa di San Michele Arcangelo a Guarcino (foto G. Pavat)
Vele che erano decorate da personaggi dei quali è giunto sino a noi soltanto uno.
Si tratta di una figura aureolata, imberbe, che con la mano sinistra regge un libro aperto e con la destra sembra indicarlo con il gesto della benedizione gpn tra dita. Ma il particolare più interessante sono le due grandi ali. Si tratta quindi di un Angelo?
Eppure il gesto con le tre dita potrebbe farlo identificare addirittura con Cristo.
Personalmente ritengo che si tratti proprio un Angelo ma, effettivamente, esistono rarissime raffigurazioni di “Cristo alato”.
24. Immagine sopra; ancora uno scatto relativo la figura aureolata e alata, unica sopravvissuta tra quelle che decoravano le vele della volta della Cripta della chiesa di San Michele Arcangelo a Guarcino (foto G. Pavat)
È il caso del cosiddetto “Angelo di Amaseno“.
Trattasi di una straordinaria opera d’arte e precisamente una preziosa e mirabile tavola limogina, che apparentemente raffigura un angelo ma che, in realtà, ritrae un rarissimo (per non dire unico) “Cristo alato”.
L’incredibile scoperta la dobbiamo agli studi e alle ricerche di don Italo Cardilli, parroco di Amaseno e storico dell’Arte. Il quale, aldilà di ogni ragionevole dubbio, ha dimostrato che si tratta, appunto, di un “Cristo alato” basandosi su valenze teologiche, dottrinali, iconografiche e storiche.
25. Immagine sopra; il cosiddetto “Angelo di Amaseno”. Don Italo Cardilli, non solo parroco di Amaseno ma pure laureato in Storia dell’Arte, ha dimostrato dal punto di vista iconografico e filologico che in realtà si tratta di una rarissima rappresentazione di “Cristo alato” (foto Alberico Magni).
Nella Cripta ci sono altri affreschi o, meglio, tracce (spesso labili) di difficile lettura; personaggi aureolati, tratti di finta muratura, vasi da cui escono piante.
26. Immagine sopra; una delle figure aureolate; forse un Santo o un Angelo, di difficile lettura e interpretazione presenti nella Cripta (foto G. Pavat).
27. Immagine in basso; un vaso da cui fuoriesce una pianta. Qual’e’ il suo significato? (Foto G. Pavat)
Tutti i partecipanti all’ Itinerario del Mistero a cui è stato chiesto che cosa vedessero nel frammenti di un affresco, hanno risposto la medesima cosa;
“un serpente verde attorcigliato a un albero o, più probabile, a una colonna“.
28. Immagine sopra; che cosa raffigura questo affresco mutilo? Forse un serpente verde attorcigliato a un tronco d’albero o a una colonna? (foto G. Pavat).
Di fronte ad una simile raffigurazione, è giocoforza ovvio che il pensiero vada all’immagine del “Serpente tentatore” della Genesi (3, 1-24).
29. Immagine sopra; l'”Albero della Conoscenza del Bene e del Male” con il serpente attorcigliato attorno al tronco, decora una lunetta in ferro battuto dell’ingresso di un palazzo a Trivigliano (FR), paesino non lontano da Guarcino (foto G. Pavat).
L’episodio è arcinoto. Satana sotto le sembianze dell’ofide convince Eva il frutto proibito dell‘”Albero della Conoscenza del Bene e del Male“, con tutte le conseguenze per il Genere Umano. Pertanto, il resto del ciclo di affreschi perduti per sempre forse raffiguravano episodi della Genesi. Se prendiamo per buona l’ipotesi “Apocalisse” per gli affreschi della volta, forse quelli della parete dell’ingresso, narrava l’inizio della Storia dell’Umanità (nella Bibbia, riportata, appunto, nel libro della Genesi).
Ma tornando al Serpente, dalla Tentazione nel Paradiso Terrestre in poi, è diventato simbolo del Male per antonomasia.
Ma è davvero sempre così?
Direi proprio di no. Non sempre il Serpente è visto simbolicamente come una rappresentazione del Male.
Nel Nuovo Testamento possiamo leggere due passi in cui è addirittura Cristo a nominare i termini positivi il Serpente.
Leggiamo nel Vangelo di Matteo (10 – 16):
“Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi, siate dunque prudenti come serpenti e puri come colombe”.
È appunto Gesù che sta parlando. In pratica nell’invitare i propri discepoli a predicare la Buona Novella, gli dice che devono “essere prudenti (nel senso di astuti) come serpenti”.
Nel Quarto Vangelo, quello “Giovanneo”, sempre Cristo, preannunciando il proprio supplizio, spiega che;
“[…] come Mosè innalzò il serpente nel deserto, è necessario che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiude crede in Lui abbia la Vita Eterna”.
(Gv 3, 14-21)
In questo caso si sta rifacendo al passo Veterotestamentario in cui Mosè fa innalzare, appunto, un Serpente di bronzo.
30. Immagine sopra; A Milano, all’interno della Basilica di Sant’Ambrogio, accanto al terzo pilastro, sopra una colonna romana con capitello corinzio fatta di granito d’Elba, è visibile un Serpente nero di bronzo. La statua fu portata a Milano nell’anno 1000 dall’Arcivescovo Arnolfo da Arsago. Secondo la tradizione sarebbe proprio il serpente forgiato da Mosè durante l’Esodo – foto G. Pavat).