I SEGRETI DEL PRESEPE CELATO DI NUSCO (AV) E LA MADONNA DEL PARTO
di Marco Di Donato
Nusco è un piccolo paese dell’Irpinia da molti noto per aver dato i natali ad uno storico politico italiano: Ciriaco De Mita, segretario nazionale e presidente della D.C. per molti anni, nonché Presidente del Consiglio dei Ministri negli anni ottanta.
Ma questo piccolo borgo avellinese, che durante il terremoto del 1980 subì ingenti danni (nell’immagine alato; la frana prodotta dal sisma) e che oggi viene considerato uno dei borghi più belli d’Italia, custodisce al suo interno importanti tesori che rappresentano la memoria di un passato ancora tutto da valorizzare.
Tra questi tesori annoveriamo un’affascinante opera presepiale che per secoli è rimasta nascosta nell’intercapedine della cripta della Cattedrale di Sant’Amato a Nusco (AV) e della sua meravigliosa statua raffigurante una Madonna dopo il parto.
La storia di questa statua e dei suoi affreschi è particolarmente interessante e il suo finale avvolto nel mistero.
La Cattedrale di Sant’Amato (Foto a lato) venne edificata nell’XI secolo, ma i numerosi terremoti che da sempre hanno flagellato l’Irpinia ne hanno modificato, nel tempo, la forma e lo stile ed oggi la Cattedrale si presenta con uno stile rinascimentale, con grossi massi di pietra locale squadrati e sistemati.
L’opera presepiale venne rinvenuta da don Dino Tisaco, parroco di Nusco, all’incirca 15 anni fa, nell’intercapedine della cripta di Nusco, completamente ricoperta di calce e pietrisco, così come i suoi affreschi. L’opera è composta da due statue e precisamente una Madonna distesa su di un giaciglio con di fianco San Giuseppe e un ciclo di affreschi raffiguranti il momento della nascita di Cristo. Secondo quanto ci riferisce don Dino, il muro dietro al quale venne rinvenuta l’opera presepiale fu costruito per rinforzare la Chiesa sovrastante lasciando una piccola fenditoia semicircolare probabilmente per far passare l’aria.
Di fatto, però, quando l’opera venne celata fu interamente coperta di calce e nel tempo se ne perse la memoria, tanto che secondo la tradizione popolare in quel luogo vi era il sarcofago di una nobildonna nuscana tale Ilaria di Gianvilla.
Ma quando venne abbattuto il muro, don Dino Tisato si accorse subito che all’interno di quell’angusto luogo vi era qualcosa di più. Infatti, in uno squarcio di muro rovinato dal tempo, don Dino intravide una porzione di aureola, comprendendo quindi che si trovava dinnanzi a qualcosa di particolarmente interessante.
La porzione di aureola che aveva intravisto apparteneva a un ciclo di affreschi raffiguranti momenti della nascita di Gesù e risalenti alla fine del XIII secolo.
Iniziarono quindi i lavori di restauro che nel giro di poco tempo restituirono alla comunità di Nusco un’opera davvero unica e suggestiva nel suo genere.
Nell’opera (Foto a lato), di fianco alla statua della Madonna, vi è quella di San Giuseppe la cui corretta allocazione è ignota, poiché quando il muro venne abbattuto la statua si presentava completamente in frantumi con la sola testa intatta. Ciò fu dovuto anche ai maldestri lavori eseguiti nel XVI secolo per la realizzazione del sovrastante pavimento del coro ligneo. Per tale motivo, anche parte degli affreschi furono andati distrutti.
Analizzando l’opera vediamo la Madonna con la mano sinistra che si tocca la pancia, mentre stringe una porzione di mantello rosso. Questo è un elemento molto importante in quanto ci conferma il fatto che l’opera sia stata realizzata prima del XVI secolo. Infatti, fino a questo periodo, la Madonna veniva raffigurata con il vestito azzurro e mantello rosso, mentre successivamente venne raffigurata con i colori invertiti. La raffigurazione simbolica della Madonna partoriente è alquanto rara e sicuramente quella più nota è la “Madonna del parto” di Piero della Francesca, oggi conservata nel museo di Monterchi in provincia di Arezzo e che viene di sovente visitata soprattutto dalle donne in gravidanza che chiedono protezione alla Madonna durante il travaglio.
Continuando l’analisi di questa interessante opera, vediamo che sopra la statua della Madonna è raffigurata una volta celeste con delle magnifiche stelle alcune delle quali riprodotte tipo stalattiti che pendono dal soffitto.
Il significato di tale raffigurazione è molto particolare, in quanto nel protovangelo di Giacomo si narra che quando nacque Gesù, il Regno dei Cieli si trasferì all’interno della grotta e dalla bocca degli animali non uscì più alcun suono: in pratica il tempo si fermò per qualche istante.
Infatti, proprio in considerazione di questo ultimo punto, il primo affresco che vediamo alla sinistra di Maria raffigura degli animali, alcuni dei quali con la bocca aperta, che richiamano alla mente proprio l’episodio narrato da Giacomo (Immagine in basso).
Nella raffigurazione successiva vediamo invece due pastori e due angeli (immagine sopra) con sotto la scritta “Ave Maria”. In questo caso l’affresco è andato parzialmente distrutto dal sovrastante pavimento e, secondo quanto ci riferisce don Dino, più che due pastori si dovrebbe parlare di due frati minori in quanto i calzari che portano sono quelli che indossavano i frati minori nel XII/XIII secolo.
(Immagine a sx: la statua della Madonna del parto; a dx: Gesù Bambino adagiato su di un piccolo sepolcro con delle bende che pendono davanti e con ai lati il bue e l’asinello)
Non va però sottaciuto che, considerato il contesto all’interno del quale questo disegno è inserito potrebbe anche trattarsi di un mero errore dell’autore il quale non conoscendo le calzature indossate dai pastori ai tempi di Gesù ha ritenuto opportuno disegnare quelle che lui più conosceva.
Particolarmente interessante è l’affresco successivo, ossia quello che riproduce Gesù Bambino adagiato su di un piccolo sepolcro con delle bende che pendono davanti e con ai lati il bue e l’asinello (dei quali si intravedono solo le zampe).
Tale raffigurazione è alquanto emblematica poiché indica il passato, il presente e il futuro di Gesù, con il sepolcro che fa esplicito riferimento alla Resurrezione di Cristo.
L’affresco successivo è anch’egli interessante: si vedono i Re Magi, Melchiorre (il più anziano), Baldassarre e Gaspare (il più giovane) che portano i doni al nascituro (Foto in apertura). La particolarità di questo affresco sta nel fatto che di fianco a loro vi è un altro personaggio, moro in volto, probabilmente un accompagnatore (anch’egli con i calzari da frate minore, segno quindi che l’autore dell’opera non era a conoscenza dei calzari indossati ai tempi di Gesù) che, come Baldassarre e Gaspare, anziché guardare verso Gesù Bambino, sembrano più attratti da una figura zoomorfa che spunta di fianco a loro. Di cosa si tratta? Anche in questo caso il disegno è andato parzialmente distrutto e per tale motivo non si riesce ben a individuare la figura che rimane senza dubbio molto interessante.
(Immagine sopra: nel cerchio rosso: evidenziata la figura zoomorfa verso la quale guardano due Re magi e il servitore moro)
L’ultimo affresco che vediamo raffigura Gesù all’età di circa 4 o 5 anni che fa il bagno all’interno di una vasca a forma di coppa.
Ovviamente in questo caso è facile cadere nei soliti luoghi comuni relativi al Santo Graal e al simbolismo che esso rappresenta anche in riferimento ai Cavalieri Templari (visto il periodo storico di realizzazione dell’affresco che è stato datato a fine 1200) e alla tradizione celtica. Ma non penso sia il caso di aprire un dibattito su tale argomento, che per quanto interessante uscirebbe fuori dal contesto in questione e pertanto mi limito a dire che, tradizionalmente, la coppa è sempre stata legata al significato simbolico di contenitore di sapienza. Non a caso il piccolo Gesù lo vediamo proprio all’interno di questa grande coppa (Immagine a lato).
Tutta l’opera presepiale, in base a quanto ci riferisce don Dino, venne eseguita da alcuni frati francescani molto legati ai frati conventuali, nonché stretti collaboratori della famiglia d’Angiò, re di Napoli.
La presenza di un’opera del genere in un piccolo paese come Nusco dovrebbe far molto riflettere sull’importanza che aveva questo luogo nell’antichità: importanza dovuta al fatto che questa “civitas” fu sede vescovile già a partire dalla metà dell’XI secolo e che, come ci riferisce il prof. Fiorentino Vecchiarelli di Avellino, qui erano presenti importanti personaggi del calibro di Guglielmo da Nusco, consigliere di Sancia di Maiorca, moglie di Roberto d’Angiò.
Lo stesso prof. Vecchiarelli – al quale va dato il merito di avermi fatto conoscere questa importante opera presepiale – ci riferisce altresì nel 1310, Sancia di Maiorca, devota alla vita di clausura sebbene impossibilitata a rispondere a tale vocazione, fece costruire la Basilica di Santa Chiara a Napoli al cui interno era presente una statua mariana molto simile a quella di Nusco. Questa statua è oggi conservata presso la certosa e museo di San Martino a Napoli.
Infine, anche nel Duomo di Napoli costruito nel XIII secolo sempre per volere della famiglia d’Angiò, era presente un’opera presepiale con caratteristiche simili a quella di Nusco come ad esempio la raffigurazione della volta stellare all’interno della grotta. Volta stellare poi crollata e il presepe andato distrutto.
Ma allora per quale motivo un’opera del genere venne coperta con calce e chiusa da un muro? Dire semplicemente che è stato fatto per rinforzare il muro della Cattedrale sovrastante appare alquanto riduttivo e può essere una risposta appagante per il visitatore curioso. Ma se davvero avessero voluto solo rinforzare la Cattedrale avrebbero potuto semplicemente fare un arco lasciando visibile l’opera presepiale così come oggi la vediamo.
Personalmente tale situazione mi ricorda quella del Cristo nel Labirinto di Alatri in provincia di Frosinone, dove vi è un affresco riproducente un Cristo in gloria posto al centro di un enorme labirinto (datato anch’esso verso la fine del 1200) il quale, non si sa per quale motivo, venne ricoperto con calce e chiuso da un muro, rimanendo così nascosto per molti secoli fin quando, nel 1996 venne rinvenuto da tre alatrensi. Per poi ripiombare nell’oblio. Finché, tra alterne vicenda, grazie al ricercatore Giancarlo Pavat, allo scrivente e ad altri appassionati studiosi, si è riusciti a far restaurare l’opera, salvandola e a rendendola fruibile a tutti.
Ma per quale motivo queste opere così particolari e suggestive sono poi state celate? Molto probabilmente tale situazione fu una conseguenza del Concilio di Trento che, svoltosi nel XVI secolo tra il 1545 e il 1563, si concluse con il rafforzamento dell’autorità papale e un totale controllo sulla società e religiosità. Infatti, qualche anno prima e precisamente nel 1542 venne ripristinato il Tribunale della Santa Inquisizione e nel 1543 venne ripristinata la censura alle opere considerate scandalose per la dottrina cattolica i cui autori sarebbero poi stati inquisiti dal Tribunale ecclesiastico. Anche il “Giudizio Universale” di Michelangelo, dipinto tra il 1536 e il 1541 all’interno della Cappella Sistina, subì le conseguenze del Concilio di Trento. Infatti, nel 1564, un documento conciliare stabilì che i disegni che presentavano delle nudità dovessero essere ricoperti. In questo documento, inoltre è riportato altresì che le pitture presenti nelle altre chiese che mostrino qualcosa di osceno o di patentemente falso, dovessero essere distrutte, pena il processo presso il Tribunale dell’Inquisizione. Ecco quindi che molte opere furono distrutte mentre altre, fortunatamente, furono solo coperte, forse con la speranza che qualcuno, in tempi migliori, potesse riscoprirle e donarcele in tutto il loro splendore.
(Marco Di Donato)
- Tutte le foto sono di Marco Di Donato.
(Immagine a sx in basso: la statua della Madonna del parto; a dx: Gesù che fa il bagno all’interno di una vasca a forma di coppa)