Era dunque l’Anno del Signore 1602. A Roma sul Trono di Pietro sedeva Papa Clemente VIII della nobile famiglia toscana degli Aldobrandini.
Di lui, Sully primo ministro del Re di Francia Enrico IV (quello per il quale “Parigi valeva più di una messa”) scrisse che era “il più libero fra gli ultimi Pontefici, da pregiudizi di parte e il più rispettoso della carità e della comprensione che il vangelo prescrive”. Sully era un Ugonotto, ovvero un protestante francese, e quindi decisamente al di sopra d’ogni sospetto di simpatia e piaggeria nei confronti del capo dei Cattolici. Quindi, come ebbe modo di sottolineare Indro Montanelli in una indimenticabile pagina del suo “L’Italia del Seicento” (Rizzoli, 1969) se o descrisse in questi termini colui che spedì al rogo Giordano Bruno, figuriamoci come dovettero essere i suoi predecessori della Controriforma.
A Napoli, capitale dell’omonimo Vicereame sotto il servaggio spagnolo, l’architetto Domenico Fontana stava costruendo il Palazzo Reale. Sempre nella città partenopea Tommaso Campanella, in carcere per l’accusa di eresia, scriveva il suo capolavoro, “La Città del Sole” che sarà pubblicata soltanto vent’anni dopo. In Irlanda i Protestanti Inglesi stroncavano nel sangue l’ennesima rivolta dei cattolici “Figli di Erin”. L’anno prima, colui che si firmava William Shakespeare (e che certamente non era il mercante di Stratford-up-Avon) donava alla letteratura universale l’immortale “Amleto” e la commedia “Le allegre comari di Windsor”.
A Lenola, invece, un giovane poco di buono dal nome Gabriele Mattei, per vendicare uno “sgarro” fattogli da un anziano del posto, aveva deciso di fargliela pagare con una bella pugnalata. Il racconto agiografico, ma pure la cronaca locale, narra che era il 15 settembre. Il giovane, in attesa di portare a termine con il favore delle tenebre il criminoso intento, prese a girovagare prima per il paese e poi per le aspre contrade collinari circostanti. Probabilmente il suo animo era sconvolto da dubbi e rimorsi. Tentò di porvi rimedio prima con accordi della sua chitarra e poi, addirittura invocando il demonio. Secondo il racconto, il Principe delle Tenebre gli apparve immediatamente uscendo da una voragine fiammeggiante apertasi a pochi passi da lui.
Mattei, terrorizzato, si segnò e chiese aiuto alla Vergine. Ed il demonio scomparve. Al suo posto dominava una luce sfolgorante con al centro la Madonna che invitò il giovane a salire sulla collina a cercare un sua immagine e ad erigere in quel punto una chiesa.
Mattei, assieme ai suoi compagni di bravate, prese a battere il rilievo, tra rocce e cespugli finché, rinvenne su una roccia (secondo un’altra versione su un frammento murario) un dipinto della Vergine con il Bambino.
Quella montagna era da sempre un luogo considerato sacro. Bagnato con il sangue dei martiri delle persecuzioni dell’Imperatore romano Decio nel III secolo d.C..
Quindi, parve ovvio che, in breve tempo, con l’aiuto del Vescovo di Fondi Mons. Giovanbattista Comparini (che si trovava proprio a Lenola e che, prontamente avvertito, certificherà successivamente la veridicità del racconto di Gabriele Mattei) e con il nulla osta dello stesso Pontefice si cominciò ad erigere un Santuario per conservare la venerata Immagine ed in ricordo dell’Apparizione e della conversione del Mattei.
Gabriele Mattei prese a farsi chiamare “Fra’ Deo Gratias”, si fece pellegrino sulle strade d’Europa e con le offerte che riuscì a racimolare portò a termine la costruzione del Santuario che prenderà il nome di “Madonna del Colle”.