A realizzare l’elegante facciata venne chiamato il milanese Raffaello Franco, che la terminò nel 1628. In mattoni a vista, è ingentilita da cornici e lesene in pietra locale. Spiccano tre stemmi in pietra. Quello di Gabriele Mattei con la scritta latina “Charitas semper Deo Gratias, quello di monsignor Gandulfo, vescovo di Fondi al momento del completamento della facciata e quello del Comune di Lenola.
Il lettore smaliziato, a questo punto, si chiederà che cosa c’è di tanto misterioso in questa storia. Dopotutto parla di due apparizioni, del Male e del Bene. Come tante altre in tante parti del Mondo ed in tutte le Epoche. Il Fedele crederà, anche se per la Chiesa Cattolica i miracoli non sono dogmi di Fede, del reale manifestarsi della Vergine accorsa in aiuto del Mattei. Il razionalista spiegherà che le visioni furono il frutto della tempesta scatenatasi nell’animo del aspirante assassino. Lo scettico ad oltranza, magari, liquiderà tutto dicendo che è soltanto una delle tante storie create ad hoc per giustificare la costruzione di una chiesa.
Ma a Lenola, presso il Santuario della Madonna del Colle, a prescindere che si creda oppure no, ai miracoli, ancora oggi è visibile “qualcosa” che decisamente dà da pensare. E che, se non altro, insinua il dubbio che la Scienza attuale non sia assolutamente in grado di spiegare tutto, ma proprio tutto, quello che si verifica su questo Pianeta. Con buona pace di chi si dichiara convinto che ormai non ci sia più nulla da scoprire.
Per usare una frase fatta, la realtà sembra superare la fantasia.
Riprendendo al citazione del grande studioso del Mistero Umberto Cordier (“Guida ai luoghi misteriosi d’Italia”, Fiemme 1996), diamo la parola a Padre Antonio Maria Battista, che nel 1683 compilò un dettagliato resoconto manoscritto sugli avvenimenti.
“Nell’anno 1628, l’università di uomini di detta terra (Lenola NDR) per rendere ancora più suntuosa (sic) la festa del 15 settembre (anniversario dell’Apparizione Mariana a Gabriele Mattei) stabilirono tre giorni di festa, cioè il 14, 15 e 16 di detto mese in questo istesso anno in occasione di detta festa, nella facciata maggiore del Tempio, per abbellimento vi furono posti quattro rami di cipresso legati con chiodi ad essa facciata, attesocchè vi fu costruita una brillantissima illuminazione, che nel mezzo di essa sorgeva un maestoso quadro a tela, che rappresentava la gloriosa apparizione di nostra Donna, opera del celebre artista Lodovico Pinzechy di Vienna, che poi fu rubato da quelli che sotto il nome di pellegrini, andavano girando per i santuarii per porre tutto a rubba ed assacco (sic). Erano trascorsi già tre giorni dopo la festa quando gli artisti toglievano questo nobile apparato e viddero (sic) che tre rami di quei cipressi miracolosamente si erano imbarbicati sulla nuda pietra del cornicione, a tal vista subbito (sic) ne diedero conoscenza la vescovo Gandulfo che ivi si trovava, il quale udito che ebbe questo prodigio fece costruire a sue proprie spese un palco sino all’altezza del cornicione, dove ognuno commodamente (sic) poteva salire per osservare questo portentoso miracolo”.
In pratica,alcuni rami di cipresso che erano stati usati per abbellire la facciata assieme a ghirlande di mirto, avevano incredibilmente attecchito.
A chi sta per commentare il racconto dicendo che si tratta della solita, ennesima, storiella edificante, di un miracolo che segue un precedente miracolo, (come si accennava poc’anzi) per pastori e contadini ignoranti, consigliamo di recarsi sul posto; a Lenola.