Il mistero del “Dolmen” di Monte S. Casto a Sora (FR).

In esclusiva proponiamo il resoconto “a caldo” redatto da Giancarlo Pavat relativo all’escursione sul monte S. Casto a Sora, alla ricerca di un possibile “Dolmen”.

ESCURSIONE SUL MONTE S. CASTO A SORA (FR).

di Giancarlo Pavat.

1 Monte S Casto visto dal Lungoliri a Sora-freccia indica dove si trova il dolmen
(Monte S. Casto visto dal “LungoLiri” a Sora – La freccia indica il punto in cui si trova il presunto “dolmen”- foto di G. Pavat).

Assieme agli amici Giuseppe Rinna e Paolo Acettola, si è deciso di dedicare la bella mattinata di sole di sabato 1 novembre ad una splendida escursione su Monte San Casto (564 m.slm.) in Ciociaria.
Scopo principale dell’escursione sulla montagna raggiungere una formazione di grandi blocchi calcarei che secondo alcuni ricercatori locali, potrebbe essere un “Dolmen” e verificarne (se possibile) la plausibilità .

new_Dolmen della Chianca - foto G Pavat lugl 1990
(Dolmen della Chianca – Bisceglie-BA -Foto G. Pavat luglio 1990).

La parola deriva dai termini celtici “dol” tavola e “men” pietra lavorata. Quindi “tavola di pietra”. Questi antichissimi manufatti umani si ritrovano in diverse parti del pianeta. In Europa li troviamo concentrati soprattutto nelle regioni atlantiche; penisola iberica, Francia occidentale, isole Britanniche, Scandinavia sud-occidentale. In Italia sono famosissimi quelli pugliesi della Chianca vicino a Bisceglie (BA) o quello di Cisternino, non lontano da Fasano (BR).

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(Giancarlo Pavat davanti al presunto “dolmen” di monte S. Casto)

Attualmente, gli unici “dolmen” laziali riconosciuti dall’Archeologia “ufficiale” sono quelli di Pian Sultano vicino a Tolfa in provincia di Roma, attribuiti alla Civiltà Etrusca.

new_Presunto dolmen di Cesale - foto G Pavat ago 2010
(Il presunto “dolmen” in località “Cesale” a Collepardo-FR – Foto G. Pavat agosto 2010).

Da anni si parla dei “dolmen” di Collepardo (in località Cesale e sul monte Peccia), sui Monti Ernici, sempre in Ciociaria, studiati dal compianto don Giuseppe Capone e da altri ricercatori di Alatri e Frosinone. Ma la Soprintendenza ai Beni Archeologici del Lazio ritiene che si tratti di fenomeni carsici epigei del tutto naturali.

new_11 Dolmen su Monte S Casto
(Il presunto “Dolmen” di monte S. Casto – foto G Pavat 2014)

Sul monte San Casto sorgeva l’antica Arx (rocca) realizzata in epoca volsco-sannita con mura in opera poligonale (IV secolo a.C.). Ritrovamenti di materiale ceramico e fittile ha attestato la frequentazione del monte sin dal XI secolo a.C..
Nel Medio Evo venne costruito un castello, detto “di S. Casto e Cassio” oppure “Rocca Sorella”.
Distrutto nel 1229, nella prima metà del XVI secolo, il castello venne ricostruito per volere dei Della Rovere, duchi di Sora, nelle forme di una possente fortezza cinquecentesca che controllava l’accesso agli Abruzzi.

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(L’ingresso del castello di S. Casto e Cassio – foto G. Rinna).

Il castello-fortezza venne in seguito acquistato dai Boncompagni. Nel 1873, dopo l’unità d’Italia, è passato al comune di Sora.
Negli ultimi anni il castello di San Casto è stato sottoposto a sciagurati restauri, conclusisi con un inutile sperpero di denaro pubblico.
Oggi, sia la struttura che i sentieri sul monte versano in uno stato di indecente degrado.
Una situazione che stringe il cuore anche alla luce della bellezza selvaggia della carsica rupe, delle sue antichissime vestigia e del contesto naturalistico e paesaggistico, che meriterebbe ben altra attenzione e valorizzazione.

13 Mura megalitiche del IV sec AC su Monte S Casto
(Mura poligonali del IV secolo a.C., nei boschi di monte S. Casto – foto G. Pavat)

Quanto alle mura megalitiche o, come preferiscono chiamarle gli archeologi, in opera poligonale, ne abbiamo individuati diversi tratti.
Ad esempio sulla sinistra della gradinata di accesso al sagrato della chiesa della Madonna delle Grazie (a quota 387 m.slm.), raggiunta dopo essersi inerpicati lungo una ripida scalinata che, costellata dalle stazioni della “Via Crucis”, sale da Corso Volsci (corrispondente all’antico decumanus maximus che altri non era che il segmento cittadino della via romana che collegava il mare Adriatico con il Tirreno) direttamente nel centro cittadino.

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(Torrione del castello di S. Casto e Cassio – foto G. Rinna)

La Madonna delle Grazie è stata danneggiata dal terremoto del 16 febbraio 2013 che ha avuto epicentro proprio presso Sora.
La chiesa è attualmente chiusa ma la recinzione stesa dagli operai per mettere in sicurezza l’area, è stata abbattuta in diversi punti. Dalla spianata antistante, splendido “belvedere”, lo sguardo spazia su Sora e la pianura sottostante.

new_7 Veduta di Sora-foto G Rinna
(Veduta della città di Sora dalle pendici di monte S. Casto – foto G Rinna).

Dal “belvedere”, volgendo lo sguardo verso settentrione, si notano tratti di mura di cinta di epoca medievale che scendono dai costoni carsici della montagna fino all’agglomerato urbano.

new_2 Scalinata per salire alla Madonna delle Grazie-foto G Rinna
(Nella foto di G. Rinna: la ripida scalinata che porta al Santuario della Modanna delle Grazie. La freccia indica il punto in cui si trova il presunto “Dolmen”).

Lasciato il sagrato scuotendo la testa per il deplorevole spettacolo dell’abbandono del cantiere e dei cumuli di rifiuti abbandonati dagli operai, si segue un comodo sentiero che , di fatto, si snoda sulla sommità di un altro imponente tratto di mura in opera poligonale.

3 Santuario Madonna delle Grazie-Monte S Casto-Sora
(Nella foto di G. Pavat: il Santuario della Madonna delle Grazie).

Osservando alcuni blocchi, soprattutto quelli rotolati lungo il pendio, si vedono le tracce dei cunei usati per cavarli dal banco calcareo del monte.

4 Monte S Casto
(Monte S. Casto – foto G. Pavat).

Le mura furono erette senza ausilio di fondazioni, ponendo i blocchi megalitici direttamente sulla viva roccia, dopo averli fatti rotolare o meglio, scivolare dall’alto.
I macigni calcarei furono poi connessi gli con gli altri senza alcun uso di malte.
Con buona pace di chi si è lambiccato il cervello per capire come vennero estratti e posti in opera. Almeno per quanto riguarda le mura megalitiche di Monte San Casto, non vi è alcun mistero in tal senso.

new_5 Mura ciclopiche su Monte S Casto-foto Giuseppe Rinna
(Nella foto di G Rinna: le mura poligonali di monte S. Casto).

Le mura sono state datate dagli archeologi al IV secolo a.C.. Leggendo quanto racconta Tito Livio si evince, comunque, che le mura esistevano già al momento della conquista della Sora volsco-sannita da parte dei Romani, avvenuta, appunto, nel 314 a.C..

new_6 Paolo Acettola e G Pavat sulle mura megalitiche-foto G Rinna
(Paolo Acettola e Giancarlo Pavat sulle mura poligonali di monte S. Casto – foto G Rinna).

Mentre si sale verso il sito dove si trova la formazione rocciosa identificata come un “Dolmen” si osservano altri tratti di mura megalitiche, in alcuni punti raggiungono anche i 4,50 metri di altezza.
Finalmente, dopo aver percorso un sentiero che zigzagando tra blocchi calcerei e la tipica vegetazione di quei monti; salvia selvatica, asparagine, “stramma” (“Ampelodesmos tenax”), pini, cipressi, corbezzoli ecc., raggiungiamo una ampia spianata, proprio sotto un costone roccioso sormontato da altri blocchi e una croce di ferro.

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(Il presunto “Dolmen” di monte S. Casto – foto G Rinna).

Sulla destra, in direzione est, quasi a picco (come scopriremo poco dopo girandovi attorno) sul tetto della cattedrale sorana di Santa Maria Assunta, addossato alla parete rocciosa, ecco il “Dolmen”.

9 Pavat e Paolo Accettola davanti al dolmen
(Giancarlo Pavat e Paolo Acettola davanti al presunto “Dolmen” di monte S. Casto – foto G. Pavat).

L’impressione ed emozione è forte, inutile negarlo. Ammetto che se quel fenomeno epigeo (al momento preferisco chiamarlo in questo modo) si trovasse in Bretagna, Inghilterra, Irlanda o Scandinavia, non avrei un attimo di esitazione nel ritenerlo opera dell’uomo. Ma qui… nel Basso Lazio…

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(nella foto di G. Rinna: il presunto “Dolmen” di monte S. Casto).

Tornando al “Dolmen” di Monte San Casto, le perplessità sono notevoli. L’enorme blocco orizzontale, la “tavola” per intenderci, sembra davvero lavorato e posto in opera da mano umana. Al contrario dei megaliti verticali che oggettivamente sembrano essere naturali. L’interno, per nulla angusto, è però occupato da conci calcarei più piccoli che sembrano trattarsi di materiale franato successivamente, e da un lastrone notevole che, con un po’ di immaginazione, si può considerare come il “quarto megalite”, quello che in alcuni dolmen costituisce la parete verticale di fondo della struttura

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(nella foto di G. Rinna: Giancarlo Pavat osserva la frana all’interno del presunto “dolmen”).

Siamo entrati nell’ipogeo e abbiamo eseguito alcuni rilievi con la bussola.
Non ci sono anomalie magnetiche e la struttura sembra orientata (forse è un semplice caso) secondo l’asse est-ovest.
Poi, ci siamo arrampicati sui blocchi alla ricerca di segni di intervento umano: graffiti, coppelle, banali colpi di scalpello.
Niente di niente. Nemmeno frammenti vascolari in ceramica o terracotta, che invece, abbiamo potuto constatare abbondano presso alte zone della montagna, sia lungo le mura megalitiche che presso il castello.

12 Dolmen di monte S Casto
(nella foto di G. Pavat: il presunto “Dolmen” di monte S. Casto).

Ovviamente la nostra è stata una semplice ricerca di superficie e nemmeno prolungata nel tempo. Quindi sotto le rocce, soprattutto quelle franata all’interno del “dolmen”, potrebbero benissimo esserci notevoli indizi.
14 Pavat e Giuseppe Rinna su Monte S Casto
(nella foto: Giancarlo Pavat e Giuseppe Rinna sul Monte S. Casto).

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(nella foto di G Rinna: il Castello di Monte S. Casto).

E’ indubbio come il “fenomeno epigeo” sia meritevole di ulteriori e più approfonditi studi. Tra l’altro, non ci risulta che sia mai stato fatto oggetto nemmeno di una ricognizione da parte della Soprintendenza.

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(Cortile interno del castello – Foto G Rinna)

Al momento non mi sento di esprimere alcun parere sull’effettiva o meno mano umana nella realizzazione della struttura.
Forse si tratta di un agglomerato naturale, in qualche modo adattato a riparo, magari di sentinelle, vista la bellissima vista panoramica che si gode da quel punto. Come abbiamo constatato personalmente.

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(nella foto di Giuseppe Rinna: le mura perimetrali del castello).

Siamo discesi dal Monte San Casto, in una sfolgorante giornata autunnale, con un caldo sole a picco, e il cielo azzurro intenso delle alte quote, con mille pensieri nella mente. Torneremo sicuramente lassù. Chissà…se questo è un “dolmen”…..

20 La Rava rossa
(nella foto di G. Pavat: la “Rava Rossa”).

Ma sulla strada di ritorno, diversa da quella dell’andata, lungo una mulattiera acciottolata che conduce alla cattedrale sorana, si incontra la vertiginosa parete detta “La Rava rossa” per il colore rossastro della roccia dovuto a presenze ferrose. Decisamente ottima come palestra di roccia.

22 edicole votive romane
(nella foto di G. Pavat: le edicole votive romane sotto la “Rava Rossa”).

Quasi alla base della parete sono state ricavate alcune edicole che un tempo ospitavano le statuette di varie divinità romane tra cui Silvano, come attestato dalle scritte in latino ancora leggibili e risalenti al II secolo d.C..

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(nella foto di Giuseppe Rinna: il basamento del tempio romano sul fianco della Cattedrale di Sora).

– SI RINGRAZIANO Giancarlo PAVAT, Paolo ACETTOLA E Giuseppe RINNA.

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(nella foto di G Rinna: il fiancoa dx della Cattedrale di Sora.)

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3 commenti:

  1. Ottimo articolo. Complimenti, anche se credo che il Dolmen sia vero. Cioe’ non sia naturale.
    Almeno vedendo le foto.
    Pierpaolo.

  2. Concordo con quanto scritto dal precedente lettore. Bell’articolo. Dimostra quante cose interessanti ci sono in Ciociaria. Peccato chi chi di dovere non faccia nulla per valorizzarle. Complimenti a Pavat e agli altri ricercatori. Il suo modo di scrivere e di trasmettere emozioni dei luoghi che descrive è davvero eccezionale. Viene voglia di arrampicarsi su quella montagna.
    Visto che si parla di dolmen, voglio segnalare anch’io un artefatto megalitico che si trova in provincia di Frosinone. Se trovo la foto ve la mando. L’ho visto a settembre. Altrimenti devo ritornare sul posto e scattare qualche altra immagine. Credo che sia un menhir. Si trova ad Amaseno (FR), sulla strada che conduce al Santuario della Madonna dell’Auricola. Si vede benissimo dalla strada. E’ una grande pietra eretta. Vorrei sapere se è antica oppure messa lì recentemente.
    Grazie.
    Lara.

  3. Bell’articolo. Complimenti. Pavat è sempre preciso e puntuale. E soprattutto non da mai nulla per scontato. Propone ipotesi e va a verificarle sul campo. Con rara onestà intellettuale. Inoltre ci propone davvero una bella escursione. Per copncludere vorrei sapere qualcosa sul cosiddetto “Arco megalitico di Trevi”, non l’ho mai visto. Credo che si trovi vicino la paese di Trevi nel Lazio. Come si fa a raggiungerlo? E’ anch’esso un “dolmen”?
    Grazie.
    Roberto (Frosinone)

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