Immagine di apertura; La famosa o famigerata lapide nota come “Pietra di Bologna”.
Il mistero della “Pietra di Bologna”.
Enigma risolto!…
O no?
di Guglielmo Viti
Il mondo alchemico ha sempre destato interesse, nel passato perché studiava i meccanismi più profondi che regolano il creato sia dal punto di vista fisico che filosofico, mentre oggi desta interesse il mistero dei messaggi e delle formule che gli alchimisti hanno lasciato.
Uno dei documenti più curiosi ed interessanti della storia dell’alchimia e, tutto sommato, sconosciuto ai più, è la Pietra di Bologna (immagine di apertura).
Questa lapide contiene un testo apparentemente senza senso, un vero e proprio enigma.
Si è molto scritto sul significato di questo scritto, sull’autore e sull’epoca della sua realizzazione senza giungere fino ad oggi ad un dato certo. In tempi recentissimi si è perfino ipotizzato che si tratta di una burla creata da intellettuali per scherzo.
Certo sarebbe curioso che un gruppo di intellettuali del 500 si fossero messi di impegno per realizzare un enigma senza senso, spendere soldi per farlo incidere su un prezioso marmo e conservarlo in una chiesa senza pubblicizzarlo, curioso!
Ma seguiamo prima di tutto la storia di questa iscrizione.
La prima notizia certa sulla sua esistenza la da Salomon Rybisch nel 1574 che la cita fra le epigrafi più famose di Bologna.
Esistono testimonianze su altre simili epigrafi forse precedenti ma non documentate. Una storia curiosa quella della Pietra di Bologna: fu danneggiata durante i bombardamenti del 1943 mentre era custodita nella chiesa di Santa Maria di Casaralta (2) dove fu ritrovata fra le macerie e di nuovo conservata nella stessa chiesa fino al 1963 quando passò in Palazzo Galvani.
2. Immagine sopra; la chiesa di Santa Maria di Casaralta
Ora è conservata nel Museo Civico Medievale di Bologna.
Non sappiamo l’autore ma sappiamo che la chiesa di Santa Maria di Casaralta faceva parte del convento dei Cavalieri Maestri di Casaralta che fu eretto nel XIII secolo.
Il primo custode fu il gran maestro Achille Volta che si è ritenuto ne fosse stato l’artefice.
Ma insieme al Volta si è data la paternità anche a Giovanni Motta Giberti e a Pietro Aretino.
Il complesso di Santa Maria di Casaralta fu sede dei “Frati Gaudenti” o, come si chiamavano precedentemente “Ordo Militiate Mariae Gloriosae di Casaralta”.
I conventi erano retti da esponenti di nobili famiglie come i Volta (3) ed Achille Volta fu un profondo conoscitore dell’alchimia e diede una forte impronta di sistemazione e ristrutturazione a tutto il complesso.
3 immagine; blasone dei Volta.
Fu un discendente di Achille Volta, un suo omonimo del XVIII secolo (4) che fece riscrivere la lapide su una nuova lastra di marmo rossa che è quella pervenutaci.
4 immagine sopra; la lapide relativa ad Achille Volta.
Nella copia, probabilmente, fu tralasciata l’ultima parte che qui riportiamo di seguito integrando il testo e riportandolo nella versione originale (5).
5. Immagine sopra; raffigurazione della “Pietra di Bologna”
Dobbiamo rilevare che l’ordine dei Frati Gaudenti era affine ai Cavalieri Templari con una forte connotazione esoterica ed erano sottoposti alla regola “ad servos Dei “ di Sant’Agostino ed avevano finalità e modalità di iniziazione assai simili a quelle dell’Ordine del Tempio.
Abbiamo a Ferentino una chiesa dedicata a Santa Maria dei Cavalieri Gaudenti (6) che è menzionata per la prima volta nel 1249 da Papa Innocenzo IV dove è indicata come “Ecclesia Sancta Maria Gaudenti Ferentinatis”.
6. Immagine sopra; chiesa di Santa Maria dei Cavalieri Gaudenti a Ferentino (FR)
Sorge dove sembra esistesse in tempi precedenti un tempio a divinità pagane e risale al XII sec. L’antichità di questa chiesa legata all’Ordine dei Cavalieri Gaudenti, precedente quella di Santa Maria di Casaralta, ci autorizza ad immaginare che la Pietra di Bologna provenisse da qui, legata a quell’ambiente mistico, esoterico che caratterizzava Anagni, Ferentino e dintorni durante il papato del Papa anagnino Innocenzo III.
Curioso appare il gioco di lettere che compongono i nomi ed i cognomi dei protagonisti dell’iscrizione.
Nel nome Aelia Laelia ci sono le stesse lettere disposte nella stessa maniera tranne la L iniziale del cognome come fosse un nome non nome.
Nei gentilizi, cognomi, ci sono le stesse lettere sia in Crispis che in Priscius disposte in modo diverso tranne la lettera U.
Se spostiamo la lettera U e la mettiamo nella parola greca Agatho abbiamo Agathou ovvero il genitivo di Aghatos, bello. Allora il nome del protagonista maschile diventa una frase originale Lucis Agathou Priscis, ovvero tre parole che significano : Luci, Buono, Antico ma senza alcun legame fra loro, casi diversi, inconciliabili; forse è inutile cercare un senso logico in un contesto in cui il legame fra le parole non lo è, forse dobbiamo solo coglierne il contenuto singolo e l’emozione comune come in un crogiuolo di elementi apparentemente distanti e inconciliabili ma che si assimilano in un risultato emotivamente inaspettato.
Il testo completo in latino;
D.M. ( domino maximo o Dis Manibus)
Aelia Laelia Crispis
Nec vir nec mulier, nec androgyna nec puella, nec iuvenis nec anus, nec casta nec meretrix, nec pudica, sed omnia. Sublata neque fame, neque ferro, neque veneno, sed omnibus. Nec coelo nec aquis nec terris, sed ubique iacet.
Lucius Agatho Priscius
Nec maritus nec amator, nec necessarius, neque moerens, neque gaudens, neque flens. Hanc nec molem, nec pyramidem nec sepulchrum, sed omnia, scit et nescit cui posuerit. Hoc est sepulchrum intus cadaver non habens. Hoc est cadaver sepulchrum extra non habens. Sed cadaver idem est et sepulchrum sibi.
Traduzione in italiano;
D.M (a Dio oppure agli Dei Mani)
Aelia Laelia Crispis
Né uomo né donna, né androgino né fanciulla, né giovane né vecchia, né casta né meretrice, né pudica, ma ognuna di queste cose. Uccisa né dalla fame né dal ferro, né da veleno, ma ognuna di queste cose. Né in cielo né in acqua, né in terra, ma ovunque giace.
Lucius Agatho Priscius
Né marito né amante, né parente, né triste né lieto, né piangente. Questa né mole né piramide, né sepoltura, ma ognuna di queste cose, sa e non sa a chi è dedicato. Questo è un sepolcro che non contiene alcuna salma. Questa è una salma non contenuta in alcun sepolcro. Ma la salma e il sepolcro sono la stessa cosa.
Per riuscire in qualche modo nell’impresa di capire il senso di questo curioso brano dobbiamo riflettere su un dato certo : tutti gli alchimisti in passato fino ai nostri giorni hanno sempre lasciato delle formule piuttosto indecifrabili con riferimenti che in molti hanno cercato di tradurre in pratica a cominciare dagli alchimisti francesi come il Conte di San Germain, Guido de Montanor, Robert Duval, il grande Nicolas Flamel ecc…
Tutte le formule per creare la famosa Pietra Filosofale e trasformare il piombo in oro, trovare la formula per arrivare all’eternità, sono ricche di riferimenti simbolici senza mai indicare in modo preciso quali ingredienti e quali dosi sarebbero stati utili all’ottenimento di quanto loro dichiaravano di aver scoperto: la Pietra Filosofale!
7. Immagine sopra; ritratto Principe Massimiliano Palombara (foto Roberto Volterri)
In realtà tutti gli studiosi hanno cercato di tradurre i vari riferimenti simbolici in elementi chimici concreti, trovando così nel Mercurio o nell’Azoto i componenti base per le misteriose formule chimiche senza, però, mai riuscire nell’intento di trasformare la materia impura e mortale in materia pura ed immortale. Lo stesso Principe Massimiliano Palombara (7), che nella leggenda sarebbe stato in possesso della formula definitiva per creare la Pietra Filosofale, nel riportare questa formula sullo stipite della Porta Magica di Roma (8), che in passato faceva parte del suo palazzo in Piazza Vittorio, riporta solo frasi che hanno contenuto simbolico e richiami filosofici.
8. Immagine sopra; La “Porta Magica” di piazza Vittorio a Roma (Archivio ilpuntosulmistero)
Mai testi alchemici hanno indicato elementi, dosi , modi, circostanze, strumenti per giungere al risultato certo.Tutti i testi scritti nella storia dell’Alchimia riferiscono ed indicano le proprietà che gli ingredienti devono avere per far parte delle formule, cercano di descrivere le caratteristiche al di là della chimica vera e propria che servono all’elemento per far parte integrante del processo alchemico, l’Opera.
Gli alchimisti vanno oltre le proprietà fisiche e descrivono legami, reazioni, riferimenti astrologici in un insieme di concatenazioni fra più elementi del creato.
Si cerca di indicare come poter rigenerare quelle energie che diedero vita alla natura e la gestiscono, il Soffio Vitale, l’Anima Mundi, lo Spirito Santo.
La profonda ricerca nei segreti della natura si avvicinò molto a quello che oggi è la scoperta della reazione nucleare. La scoperta che l’Uranio possedeva proprietà energetiche straordinarie, che poteva dar vita a cambiamenti profondi nell’equilibrio fisico, sembrò quasi la scoperta della Pietra Filosofale, solo che nel 1945 ci si fermò allo stadio della liberazione senza freni dell’energia atomica procurando solo la morte mentre oggi, forse, si cerca di andare oltre per poter utilizzare questa energia come aiuto ad una vita migliore.
Ecco allora che viene alla mente che la Pietra Filosofale non è una pietra e non ha nulla di filosofale, né è un inizio, né una fine, esiste perché è raccontata e cercata ma non esiste perché non è descritta e non è trovata, non è di materia né solida, né liquida, né gassosa, è “tutte queste cose insieme” ; insomma in questo essere e non essere il problema non è la soluzione ma la ricerca.
Questo modo di affermare e negare non ci riporta proprio alla Pietra di Bologna?
A questo punto propongo una soluzione all’enigma storico, secolare della Pietra di Bologna e, praticamente, della ricerca alchemica : la Pietra filosofale ( curioso l’uso del termine Pietra anche nella stele di Bologna) non è l’arrivo ma il cammino per arrivare ad una meta irraggiungibile.
Le formule alchemiche non possono essere definitive con elementi sicuri e stabili, raccontano una continua trasformazione verso un risultato che non esiste, che non può esistere, ma cercano di raggiungerlo.
La Pietra Filosofale non è un punto di partenza verso l’infinito o l’eterno, né un punto di arrivo alla “bacchetta magica”, è un è e un non è, è la navigazione, è “il naufragar mi è dolce”.
Questa realtà della ricerca alchemica , del processo chimico e filosofico, si racconta bene in Casa Barnekow (9) quando il barone riporta il messaggio della Vergine che rivela : “solo chi segue il mio Alberto si salverà e nessuno senza di lui “ ovvero sta nel seguire Alberto che si raggiungerà il “trono della grazia”, sta nel cammino il mezzo per arrivare all’eternità, questa è la Pietra Filosofale! Il barone Alberto Barnekow raffigura se stesso mentre si libera in alto percorrendo uno spazio divino dorato, confondendosi quasi con la Fenice in uno status di beatitudine raggiunta. “Beato chi ascolta” così c’è scritto sulla splendida facciata di Casa Barnekow.
Chi ha realizzato la Pietra di Bologna ha indicato cosa è la Pietra Filosofale : è il contenuto della Pietra di Bologna, “…e quindi l’autore nega che, una volta completata l’Opera (se di Opera si tratta) sia possibile, o forse sia necessario, trovarne uno scopo che non sia nell’Opera stessa”.
(Guglielmo Viti)
Se non altrimenti specificato, le immagini sono state fornite dall’autore.
10. Immagine in basso; raffigurazione di un alchimista con.l’Atanor. (Archivio ilpuntosulmistero)