Immagine di apertura: Gotland. Bungemuseet. Le quattro “Hammarstenarna” datate all’VIII secolo d.C. – foto G Pavat 2012)
IL SIMBOLISMO DELLE “PIETRE ISTORIATE”DEL’ISOLA DI GOTLAND
di Giancarlo Pavat
Nel mese di ottobre dello scorso anno, dopo un viaggio a Palermo ricco di emozioni, pubblicai un lungo articolo dedicato alla TRINACRIA, il simbolo per eccellenza della grande isola italiana che riprende l’arcaico nome della stessa. Nell’articolo, che riscosse molto successo, oltre ad affrontare i segreti e misteri legati a questo affascinante simbolo, sottolineai come è possibile trovare un (non meno interessante) epigone addirittura nelle Pietre istoriate rinvenute sulla grande isola baltica di Gotland.
In particolare parlai della “Bildstenen” (in svedese significa letteralmente “Pietra istoriata”) rinvenuta, quasi duecento anni fa, nel camposanto di Smiss, nella parrocchia di När (situata nel quadrante sud-est dell’isola, a pochi chilometri di distanza dalla costa orientale).
La pietra, alta circa 82 centimetri. È ancora un mistero per gli archeologi svedesi. Se ne ignorano le funzioni, gli autori e, soprattutto, è ancora oscura la simbologia e i significati sottesi che proprio nell’articolo ho cercato di tentare, almeno in parte, di chiarire.
(Immagine a lato: la “Pietra istoriata” proveniente da Smiss nella parrocchia di När a Gotland – foto G Pavat 2012
In ogni caso, dopo la pubblicazione dell’articolo “Omaggio alla Sicilia. I segreti della Trinacria” sul nostro sito, sono arrivate diverse e-mail di appassionati che chiedevano ulteriori lumi, informazioni, notizie e…misteri, proprio sulle Pietre Istoriate di Gotland. Tematica assolutamente poco nota (per non dire sconosciuta) in Italia. Si
Pertanto si desidera proporre una carrellata rapida, ma il più esaustiva possibile, sulle Pietre istoriate gotelandesi più belle e interessanti.
(Copertina del libro “Gotland. Alle origini del labirinto” del 2013)
L’isola svedese di Gotland (meta di un viaggio di ricerche da me organizzato nell’agosto del 2012 da cui l’anno dopo è nato anche il libro “Gotland. Alle origini del labirinto”, scritto in italiano e inglese con gli amici Fabio Consolandi e Luca Pascucci), si eleva dalle acque proprio al centro del Mar Baltico. Per gli amanti del mistero, una delle attrattive dell’isola sono certamente le decine di arcaici ed enigmatici labirinti di pietre disseminati su spiagge, promontori e in mezzo a foreste e pinete gotelandesi. Ma vi sono anche altri misteriosi siti archeologici, soprattutto megalitici. Come “barche di pietra”, menhir, cairn e le straordinarie “Pietre istoriate”.
Alcune è possibile incontrarle ancora in situ in varie località dell’isola, la maggior parte sono state raccolte e esposte al pubblico all’interno di una suggestiva sala del Gotlands Fornsal, il museo di Visby, la piccola capitale medievale dell’isola.
Come ho spiegato in altra occasione, nel XIX secolo alcuni archeologi scandinavi, studiando i siti e monumenti megalitici e le “Pietre istoriate”, arrivarono ad ipotizzare che proprio l’isola di Gotland fosse da identificare con la mitica Atlantide, o almeno con un suo lembo sopravvissuto alla catastrofe che l’avrebbe cancellata dalla faccia del pianeta.
In particolare erano rimasti colpiti dalle simbologie presenti sulle “Pietre istoriate” che erano tornate alla luce (in alcuni casi) presso i monumenti megalitici. Si tratta di simboli presenti presso diverse Civiltà antiche, sia del Vicino Oriente che del Mediterraneo. Reputando le “Bildstenar” coeve dei monumenti megalitici più antichi (che risalgono al Neolitico e all’Età del Bronzo), si pensò che la matrice di questi simboli, il centro ancestrale da cui si erano diffusi nel resto del mondo, fosse proprio Gotland. Oggi, dopo che le “Bildstenar” sono state datate correttamente, sappiamo che è vero il contrario. Infatti, come ho dimostrato nel mio articolo a proposito della TRINACRIA, sono stati gli ignoti artefici delle “Bildstenar” ad essersi ispirati a simboli provenienti da civiltà e culture molto più antiche.
(Immagine a lato: Giancarlo Pavat a Visby di notte – foto S Palombo 2012)
Ma tutto ciò non sminuisce l’incredibile valore, non solo simbolico, delle “Pietre istoriate”. Le quali costituiscono uno patrimonio davvero unico ed uno strumento fondamentale per conoscere il passato dell’isola e del Baltico. Le “Bildstenar” raccontano, anche in modo drammatico, la vita quotidiana, i costumi, le avventure, i viaggi per mare e le guerre di quelle genti e le loro credenze mitiche e religiose.
I principali simboli individuabili sono “ruote solari”, “nodi”, “swastike”, spirali, e pure immagini allegoriche di mostri, animali e uomini. Spesso sono intagliati o scolpiti e dipinti con colori come il rosso ed il nero. Più raramente il bianco. Tutti pigmenti ricavati da sostanze naturali reperibili nei boschi dell’isola.
(Immagine a lato: L’insegna del Gotlands Fornsal – foto Giancarlo Pavat 2012)
Le ”Pietre istoriate” di dimensioni più ridotte, risalenti ad un arco temporale compreso tra il V ed il VII secolo d.C., generalmente hanno a che fare con un luogo di inumazione e presentano raffigurazioni piuttosto semplici; animali come uccelli e cavalli o navi stilizzate.
Ma è il contenuto delle immagini delle “Pietre istoriate” più grandi, datate tra il VII ed il IX secolo d.C., che ha attirato maggiormente l’attenzione dei ricercatori. Vere e proprie narrazioni per immagini. Gli archeologi svedesi hanno ipotizzato che possano raffigurare eventi dalla vita della persona defunta amalgamati con episodi tratti dalla mitologia norrena. Ma non solo. È stata pure avanzata l’ipotesi che il mondo figurativo e simbolico delle “Bildstenar” di Gotland, possa essere legato alle incisioni rupestri dell’Età del Bronzo. Come, ad esempio, quelle di Tanumshede nella Svezia sud-occidentale. Se davvero fosse così, allora si tratterebbe di una tradizione lunghissima, che a far data dalla Preistoria scandinava e baltica, è sopravvissuta all’Età del Ferro (e all’influenza culturale romana) per poi riprendere rinnovato vigore, durante il “periodo delle migrazioni” e nell’Età Vichinga.
(Immagine a destra: La Sala delle “Pietre istoriate” e “Pietre runiche” nel Gotlands Fornsal a Visby – foto G Pavat 2012)
E proprio durante l’ultima fase di questo periodo, le “Pietre istoriate” di Gotland mutarono nuovamente il contenuto figurativo e simbolico. E questo nonostante la loro forma fosse rimasta sostanzialmente inalterata. Comparvero immagini di sinuosi serpenti, orridi draghi e lunghi intrecci di nodi senza fine.
Infine, sulle ultime (in ordine cronologico) “Pietre istoriate” si rileva l’avvento del Cristianesimo. Infatti compaiono diverse Croci cristiane, a dimostrazione che un mondo era finito (o stava per finire) per sempre.
Ecco una rapida carrellata delle “Bildstenar” che recano i simboli più interessanti.
Pietra istoriata proveniente dal camposanto di Väskinde
(Immagine a sinistra: Sonia palombo e la Pietra di Väskinde – foto G Pavat 2012)
La pietra è stata datata tra il V ed il VII secolo. Il motivo dominante è una Spirale che gli archeologi svedesi interpretano come un simbolo solare.
Il culto del sole è riscontrabile in differenti religioni, in civiltà ed epoche diverse. La “Spirale” della “Pietra istoriata” di Väskinde è assimilabile alla “Swastika”, anch’essa simbolo solare associato pure alla prosperità ed alla felicità. Anche la “Swastika” è stata ritrovata in diverse tombe dell’Età del Ferro anche a Gotland. “La spirale o “Ruota Vortice”” spiegano i curatori del Gotlands Fornsal “si trova come decorazione nei contemporanei mosaici romani, e nei paesi baltici sono stati trovati gioielli dove la ruota ha lo smalto intarsiato di diversi colori. Anche le pietre dipinte di Gotland erano colorate per una maggiore percezione visiva e di certo non lasciava indifferente chi le vedeva”.
La parte esterna della “ruota” in cui si trova la spirale è arricchita da sorta di cuspidi o raggi. Inoltre la pietra è bordata da sorta di nastri e agli angoli reca quattro animali contrapposti. “Si è immaginato che si tratti di una lotta tra stalloni. Combattimenti tra stalloni erano molto comuni, un vero e proprio “sport popolare”, ma che non prescindeva da un profondo significato simbolico” concludono gli archeologi “Si trattava della raffigurazione allegorica della battaglia tra il Bene e il Male, tra la Vita e la Morte”.
Pietra istoriata di Havor in Hablingbo
La pietra è stata recuperata di recente in un cimitero della località di Havor ed è stata datata tra il V ed il VII secolo d.C.. Al centro campeggia un simbolo che si incontra spesso sulle strade di Gotland e della Svezia continentale, in quanto indica la presenza di un sito di interesse storico o archeologico. Si tratta del cosiddetto “Nodo Runico”, nonostante il nome (infatti in altre regioni dell’Europa, come le Isole Britanniche, viene chiamato “Nodo di San Giovanni”), questo simbolo non è una invenzione Norrena o Finno-baltica. (Immagine a destra: Giancarlo Pavat copn la Pietra di Havor con il “Nodo Runico” – foto S Palombo 2012)
Infatti ne possiamo ammirare diversi esempi nel bellissimo mosaico pavimentale che decora la navata della Basilica di Aquileia in Friuli – Venezia Giulia. Sebbene la basilica sia romanica e risalga al XI secolo, l’enorme (il più grande dell’Europa occidentale) mosaico paleocristiano è molto più antico. Risale al IV secolo d.C. e venne realizzato poco dopo l’Editto di Milano con cui l’Imperatore romano Costantino concedeva libertà di culto ai Cristiani. Quindi i “Nodi Runici” (si fa per dire) di Aquileia sono romani e precedono come minimo di almeno un secolo quelli gotelandesi presenti sulle “Bildstenar”.
Ma un “Nodo” (aldilà di come venisse chiamato dai suoi artefici) è un “Nodo”. Quindi, come altre tipologie (ad esempio il “Nodo cruciforme di Salomone” o il “Nodo dell’Apocalisse”) rimanda a valenze simboliche legati all’Infinito ed all’Eternità. Come tutti i simboli, anche il “Nodo Runico” della “Pietra istoriata di Havor” aveva valenze apotropaiche. Per gli antichi Gotelandesi era uno scudo magico per difendersi dalle influenze ed energie negative. Ma le quattro “asole” del “Nodo” potrebbero rappresentare anche le quattro stagioni, o i quattro Elementi: Acqua, Terra, Aria e Fuoco. In epoca cristiana, vista anche la forma del “Nodo” che ricorda una croce, furono interpretati come i Quattro Evangelisti.
Attorno al “Nodo” posizionato centralmente, si notano eleganti motivi ad onde che, secondo studiosi svedesi di Visby con cui ho avuto uno scambio di informazioni, altro non sarebbero serpenti stilizzati con le fauci spalancate.
Pietra istoriata dalla chiesa di Martebo
La Pietra è stata datata ad un periodo che va dal V al VI secolo d.C. e originariamente era certamente più alta. Elemento centrale è la bellissima Spirale colorata di rosso. Interessante è pure l’iscrizione runica realizzata con funzioni di cornice interna lungo i bordi della pietra. Purtroppo non si è stati in grado di decifrarne testo che comunque è riconducibile al Fuþark (il nome con cui gli specialisti designano l’alfabeto runico) nella versione a 24 lettere. Sotto la spirale si intravedono due cerchi decorati sotto forma di un serpente attorcigliato e, tra questi e la Spirale, si notano quelli che sembrano due guerrieri a cavallo. (Immagine a lato: la Pietra di Martebo – foto G Pavat 2012)
Pietra istoriata proveniente da Austers di Hangvar
(Immagine a lato: la Pietra di Austers di Hangvar – foto G Pavat 2012)
La Pietra è stata trovata all’interno di una casa costruita su quella che, probabilmente, era una antica tomba; databile al periodo tra il V e il VI secolo d.C.. La decorazione ci presenta un nuovo tipo di “ruota vortice”, i “raggi” sono formati da spirali. Anche questo motivo era noto dal Mediterraneo dove sono stati trovati esempi di simboli a forma di croce o una “swastika” con gli uncini che terminano arricciati a spirale o in una sorta di meandri.
Sotto il motivo centrale circolare appare prua di una barca, e sopra di esso un uomo e un strano animale, un millepiedi o forse un serpente o drago. Forse si tratta della raffigurazione della vicenda di Sigurd (Sigfrido) in lotta contro il drago Fafnir.
L’ipotesi non è così peregrina. Infatti esistono diverse testimonianze litiche che recano incise tematiche e personaggi della mitologia nordica. Rimanendo in Svezia, uno degli esempi forse più importanti è la cosiddetta “Roccia di Rasmund”. Spesso chiamata “Pietra runica di Rasmund”. Erroneamente in quanto non è tecnicamente tale non essendo un monolite bensì su una roccia piatta posta presso l’omonima località facente parte della municipalità di Eskilstuna nel Södermanland svedese. Si pensa sia stata incisa intorno all’anno 1000 ed è considerata un importante reperto di arte scandinava. L’incisione costituisce una delle più antiche rappresentazioni norrene delle tematiche e delle vicende che si ritroveranno nell’”Edda Poetica” e nell’”Edda in Prosa” e nelle saghe dei Volsunghi e dei Nibelunghi. Infatti rappresenta le gesta di Sigurd. Lo si vede uccidere Fafnir (è proprio sul corpo di quella sorta di serpente che si trovano le Rune), poi seduto davanti ad un fuoco mentre cuoce il cuore del mostro per conto di Regin, fratello di Fafnir. Per accertarsi se il cuore è arrostito, Sigurd lo tocca ma rimane scottato e lo vediamo portarsi il dito in bocca. Secondo la Saga in quel momento, assaggiando il sangue del drago, comincia a comprendere il linguaggio degli uccelli. I quali lo avvertono che Regin non manterrà fede ai patti e cercherà di ucciderlo. Sigurd, quindi, decide di eliminare Regin e sulla “Roccia di Rasmund” eccolo intento a tagliaregli la testa. A seguire si vede il corpo di Regin steso presso la testa, assieme agli attrezzi da fabbro con cui ha forgiato “Gram”, la magica spada di Sigurd. Infine ecco il cavallo “Grani” sul quale Sigurd ha appena caricato il Tesoro di Fafnir.
Pietra istoriata di Sanda
La pietra risale ad un arco temporale che va dal V al VII secolo d.C., si compone di due parti che sono state trovate in due diverse occasioni. La parte superiore venne recuperata nel camposanto di Sanda e subito dopo venne portata all’Historiska Museet di Stoccolma. La parte inferiore, invece, tornò alla luce successivamente da sotto il pavimento della navata della chiesa di Sanda, durante alcuni lavori di restauro. I due pezzi sono stati poi uniti. Con i suoi oltre 3 metri e 30 centimetri di altezza, la “Pietra di Sanda” è la più grande di tutte le antiche “Pietre istoriate” finora rinvenute sia a Gotland che in tutto il Baltico.
(Immagine a lato: La grande Petra di Sanda – foto G Pavat 2012)
Il caso di Sanda non è unico. Molte “pietre dipinte” sono state trovate nelle antiche chiese, principalmente come materiale da costruzione nelle pareti, ma anche come elementi costitutivi del pavimento. Il motivo per cui venissero riciclate in questo modo, è oggetto di discussione tra gli archeologi svedesi. Si è ipotizzato che si sia trattata di un’azione simbolica. La vittoria della Nuova Fede su quella pagana. Ma la ragione potrebbe anche essere stata solamente di natura pratica. Anche per quanto riguarda la “Pietra di Sanda”, il motivo centrale della decorazione è una Spirale il cui movimento è rinforzato da sorta di cuspidi o raggi triangolari. Sotto la Spirale principale ci sono altre due decorazioni circolari spiraliformi che danno pure l’impressione del movimento. I contorni esterni sono a forma di draghi con gli arti pronti a ghermire e con le code arricciate. Nella parte inferiore si nota una specie di albero, forse un abete o forse il sacro Yggdrasil. Tutto ciò aveva certamente valenze apotropaiche, di protezione contro le Forze del Male. Sembra che ci sia anche una specie di animale, forse un cavallo ma è particolarmente abraso.
In basso, ancora una volta appare una imbarcazione. Simbolo del viaggio nell’Oltretomba? Questo significato riecheggia anche nelle grandiose sepolture formate da decine di menhir disposti a forma di imbarcazione con la prua rivolta a Nord. In direzione della mitica patria ancestrale; Iperborea. Inoltre gli archeologi sottolineano che non si può fare a meno di confrontarlo sia con l’antica arte egizia che con le navi incise sulla roccia dell’Età del Bronzo nordica. L’imbarcazione è priva di albero e di vela, ma si muove grazie alla fatica dei vogatori di cui l’artefice ha mirabilmente riprodotto la forza ed il movimento. Nel centro dell’imbarcazione è situata una sovrastruttura simile a una cabina. Mentre sui bordi si intravedono quelli che sembrano scudi.
Pietra istoriata proveniente da Boge
(Immagine a lato: il Boge Ringkors – foto G Pavat 2012).
Boge è un piccolo villaggio dotato di parrocchia situato nella parte orientale di Gotland, affacciato all’omonima baia. La chiesa risale al XIV secolo, e nei pressi si trova il sito megalitico della “Barca di Pietra” di Tjelvar, l’eroe ed antenato dei Gotelandesi che, secondo la leggenda, liberò l’isola da mostri e demoni. In realtà la tomba risale all’epoca Vichinga. Parimenti dello stesso periodo sono due grandi “croci celtiche” in pietra che si notano lungo la strada che conduce a Boge. Sono davvero suggestive. Ricoperte da licheni, si stagliano contro pascoli verdeggianti con una pineta sullo sfondo. La “Pietra istoriata”, chiamata Pilgårdsstenen, segnava una tomba e reca decorazioni a forma di trecce ed una specie di “albero”, forse il mitico frassino Yggdrasill.
Pietra istoriata della fattoria di Hunninge a Klinte
Quella esposta al Gotlands Fornsal è la meglio conservata e la più famosa delle 4 “Pietre di Hunninge”, dal nome di una fattoria presso Klinte, nei cui paraggi vennero recuperate. Tanto celebre che uno dei personaggi dipinti sul monolite, un guerriero a cavallo, è diventato il logo del museo stesso.
Questa Pietra tornò alla luce durante alcuni lavori agricoli nel 1860 e fino al 1942 era rimasta in un parco a Klinte. La seconda era stata usata come ponte per valicare un fosso tra i campi. Circostanza che, purtroppo, ha portato alla completa distruzione delle immagini che si trovavano su di essa. Una terza pietra, rinvenuta nel 1929, reca le immagini di un falconiere e di un drakkar. Nel 1930 ne saltò fuori una quarta. Si tratta in realtà di un frammento ma si distingue nitidamente l’immagine di una imbarcazione.
(Immagine a lato: La Pietra di Hunninge a Klinte – foto G Pavat 2012)
Le immagini della pietra presente al Gotlands Fornsal sono divise in due campi da una sorta di cornice costituita da un motivo intrecciato. Il pannello superiore mostra con tutta probabilità una scena di battaglia. Si vede il guerriero a cavallo con altri tre a piedi. Davanti ai cavalieri avanza un animale, probabilmente un segugio, e di fronte, una donna offre un corno per bere. Forse si tratta di una Walkiria che accoglie il prode guerriero nel Walhalla.
Il pannello inferiore reca l’immagine di un grande nave a vela con guerrieri. Sotto la nave si vede una scena della “Saga di Gunnar” contenuta nell’”Edda poetica”. Si tratta della vicenda di Gunnar Gjukasons nella fossa dei serpenti, che ritroviamo pure sulla “Pietra runica di Västerljung”, nel Södermanland in Svezia.
Infine, nel settore più basso della “Pietra di Hunninge”, sono state scolpite scene delle attività di un fattoria; con una mucca, una casa, una donna e alcuni uomini con archi e frecce.
Pietra istoriata dalla Garda kyrka
(Immagine a lato: La Pietra della gardakyrka – foto G Pavat 2012)
Nel cimitero a nord della chiesa di Garda (ovviamente nulla a che fare con l’omonima località sul nostro lago Benaco), a partire dal XIX secolo, sono state scoperte un gran numero di tombe vichinghe. Quando la chiesa fu restaurata nel 1960 vennero trovate all’interno ben cinque pietre istoriate. Quella esposta al Gotlands Fornsal è nota come “Bildsten Garda kyrka III”, di cui si è conservata solo la parte superiore. Venne recuperata nel 1968 dal noto archeologo svedese Gustaf Trotzig all’interno della Gardakyrka. Datata tra il V e il VI secolo, vi è raffigurata una splendida Spirale con alcune cuspidi esterne alla circonferenza in cui è iscritta. Sopra la Spirale si notano due animali, forse cavalli, con il capo girato all’indietro.
Le quattro Pietre di Stora Hammar
Nella parte più settentrionale di Gotland, poco prima della località Fårosund, affacciata sull’omonimo stretto, ove ci si imbarca per la piccola ma bellissima isola di Fåro, si incontra la Bungekyrka e il vicino Bungemuseet.
Si tratta di una sorta di museo all’aria aperta fondato nel 1917 da Theodor Erlandsson, ricordato in effige con un busto all’interno del parco. Scopo del Museo documentare e tramandare ai posteri le tradizioni e lo stile di vita locale e delle aree rurali della Svezia. Sono state ricostruite o restaurate abitazioni, mulini, stalle, attrezzi ed utensili e persino simboli e siti megalitici. Si va dall’Età Vichinga, al Medio Evo, dall’Età Moderna sino al XIX secolo.
Nel parco del Bungemuseet si ammirano quattro grandi bellissime “Pietre istoriate” (datate all’VIII secolo d.C.) con immagini dei miti nordici, chiamate Hammarstenarna, dal luogo in cui sono state trovate. Ovvero il villaggio gotelandese di Stora Hammar, presso la Parrocchia di Läbro.
La tabella esplicativa in svedese posta presso le quattro pietre spiega che “A Gotland sono stati trovati più di 400 diversi blocchi di pietra con immagini che sono senza pari negli altri paesi nordici. Tutti i blocchi istoriati sono scolpiti in pietra calcarea che su questa isola è relativamente morbido e facilmente lavorabile con scalpello e coltello. Molto probabilmente, erano anche dipinte a colori vivaci.
Gli scalpellini non erano isolani ma forse migrati dai paesi del sud, vennero importati non solo beni materiali e artistici ma pure persone, come in questo caso, un muratore proveniente da laboratori che intagliavano questi monumenti per la gloria e in ricordo del sacrificio dei morti. Le prime Pietre Istoriate sono state erette a partire dal 400 d.C., come monumenti funerari.
Sono poi state decorate con motivi prevalentemente geometrici e ornamentali con elementi simbolici, ad esempio, “ruote solari” o la cosiddetta “Spirale vorticante” e figure di animali. Le pietre più vecchie erano spesso molto ben scolpite e con profonde “radici”, cioè, erano ben piantate nel suolo. […] Durante l’VIII secolo, la realizzazione a Gotland di pietre istoriate raggiunse il suo apice assoluto in termini di modelli e immagini. Le pietre hanno la caratteristica forma a fungo e sono state erette principalmente come monumenti alla memoria, anche se spesso si trovano in relazione con tombe. Nelle pietre maggiormente decorate sono chiaramente raffigurate imprese ispirate all’Era degli dei e degli eroi. Tuttavia, queste pietre non sono così intagliate come nel Passato e sono meno conficcate nel terreno, il che significava che spesso cadevano. Se sono cadute a faccia avanti, le immagini si sono conservate nel terreno, e possono essere ripristinate una volta rinvenute. Ma se sono cadute sul lato posteriore, le immagini sottoposte al Tempo sono diventate “mute”. Non è più possibile decifrare le immagini, ma, nella migliore delle ipotesi, rilevare solo qualche singolo frammento.
Durante l’epoca vichinga l’immaginario di decorazioni ornamentali venne sostituito dalle rune, e le pietre istoriate hanno continuato ad essere realizzate diventando simili alle altre “Pietre runiche” che si trovano nel resto della Svezia”.
Le quattro Hammarstenarna sono tutte a forma fallica. L’amalgama tra simboli erotici ed immagini di morte si riscontra pure su altre Pietre runiche o istoriate di Gotland.
La Pietra “Stora Hammars I” è certamente la più maestosa ed emerge dal terreno per oltre 3 metri. Quando venne rinvenuta era spezzata in due parti, ma comunque è una delle meglio conservate in assoluto. L’apparato iconografico è diviso in sei pannelli ed è attinente a scene di carattere mitologico, religioso e marziale. Si vedono una donna tra due uomini, e quella che sembra essere una scena di sacrificio umano su un altare con un uomo impiccato e il cosiddetto simbolo del Valknut (ma secondo alcuni quello che sembra un cruento rito su un altare sarebbe in realtà una inumazione in un tumulo), una donna in piedi tra una imbarcazione vichinga con guerrieri a bordo e un altro gruppo di uomini armati, e una scena di battaglia.
Secondo l’interpretazione del professor Sune Lindqvist, vi è raffigurata la mitologica storia di Hild, le cui vicende principali si trovano nella “Edda in prosa” dello storico ed erudito islandese Snorri Sturluson (1179-1241) datata agli inizi del XIII secolo.
Le immagini sulle pietre Stora Hammars II e IV sono molto usurate e attualmente non decifrabili.
La pietra Stora Hammars III, invece, si presenta divisa in quattro pannelli con scene di diversa natura. Il pannello più basso mostra una nave con guerrieri. Uno dei pannelli è stato interpretato come raffigurante Odino sotto forma di un’aquila mentre è intento a prendere l’idromele del poeta. Si tratta di una leggenda presente nel “Skáldskaparmál”, ovvero la seconda parte dell’”Edda in prosa” di Snorri Sturluson. I personaggi di Gunnlod e Suttungr sono mostrati alla destra dell’aquila. Un altro pannello raffigura un cavaliere su un destriero mentre viene accolto da una donna che è stata interpretata come una Valchiria che riceve il prode guerriero nel Walhalla.
VALKNUT
Graficamente il simbolo noto con il termine di Valknut è reso dall’intersezione di tre triangoli. Sebbene il simbolo sia indiscutibilmente di matrice norrena (come si è visto è presente su diverse “Pietre Istoriate”), il termine Valknut è un neologismo di area gemanofona. Per quanto se ne sa, gli antichi artefici della Pietre di Gotland, della Scandinavia e del Baltico, non possedevano un termine per indicare i tre triangoli interconnessi. Pertanto non è nemmeno semplice comprenderne i significati e le valenze.
Se si vuole fare qualche tentativo sarà il caso di partire, ovviamente, dal numero tre e di suoi multipli. Infatti nella mitologia norrena, il numero nove ha un significato molto particolare. Secondo i miti esistono Nove Mondi, collegati tra loro dal sacro frassino Yggdrasil. I tre triangoli si “toccano” in nove punti e, quindi, potrebbero raffigurare proprio questi Nove Mondi ma essendo di fatto un “Nodo”, il riferimento potrebbe essere pure alla ciclicità della Vita e/o all’Eternità. Nell’arte norrena, soprattutto quella delle Pietre Istoriate, il Valknut è frequentemente messo in relazione con scene cultuali o con immagini degli Asi, soprattutto Odino. Il simbolo è visibile non solo sulle pietre ma pure sulle imbarcazioni, come nel caso della celebre Nave di Oseberg scoperta agli inizi del XX secolo nel in un grande tumulo presso una fattoria a Tønsberg, nella contea di Vestfold, in Norvegia. Relativamente al Valknut presente sulla Pietra “Stora Hammars I” il collegamento con il culto nei confronti del padre degli Asi è evidente. Da sinistra a destra Si vede un uomo impiccato ad un albero, poi due uomini che secondo alcuni studiosi stanno uccidendo un terzo sopra un altare, secondo altri stanno infilando un corpo in una sepoltura. Sopra la scena ecco il Valknut e sopra ancora: l’Aquila trasfigurazione di Odino. Infine, a destra si vede un uomo che regge un volatile, forse un falconiere, che sembra guidare un gruppo di tre armati di scudi e spade. Alcuni ricercatori identificano questo esemplare di Valknut con il nome di “Nodo della morte” o “Nodo degli uccisi”, vista la scena sottostante. Ecco perché è stato visto, soprattutto dai cultori del Neopaganesimo, come un simbolo di Sangue e di Morte. Con tutte le accezioni negative facilmente immaginabili che, probabilmente non hanno nulla a che fare con il vero ed arcaico simbolo norreno.
(Immagine a lato: La pietra Stora Hammars III con la scena in cui si vede il Valknut – foto G Pavat 2012)
Il masso di Pilungs
Non meno interessante è una “pietra” considerata “minore”. Si tratta di una sorta di curioso grosso ciottolo sferico di calcare. Reca incisi alcuni anelli che circondano una “swastika”. Il masso, le cu incisioni sono state datate ad un arco temporale che va dal V all’VIII secolo d.C., è probabile che servisse da coronamento ad una tomba posta nella località di Pilungs. (Immagine in basso a sinistra: il masso di Pilungs – foto G Pavat 2012)
Pietra runica di Kilver
Per ultima ho lasciato la “Kilverstenan” ovvero la “Pietra di Kilver”. Non è una “Bildstenar” vera e propria, visto che non reca immagini, ma si tratta di una rara “Pietra runica”. Datata al IV-V secolo d.C., si tratta della prima “Pietra” in cui compare inciso l’intero alfabeto Fuþark antico. Venne rinvenuta nel 1903 nella località di Stånga, non lontano dal paese di Hemse e dalla costa orientale dell’isola di Gotland.
La “Kilverstenan” originale è oggi conservata presso l’Historiska Museet di Stoccolma. Con tutta probabilità l’iscrizione runica è una sorta di invocazione al dio Tyr (o Tîwaz, dio norreno della guerra e pertanto assimilabile ad Ares-Marte, ma pure dio della Giustizia).
Ma gli archeologi svedesi hanno fatto notare un altro aspetto decisamente interessante. La Pietra runica si trovava all’interno di una tomba sotterranea. Ovvero era stata realizzata per essere vista e letta non dai vivi ma dai defunti. Questa circostanza indica che la comprensione di questo alfabeto, rivestito di valenze magiche, fosse riservata solo a coloro che ormai si trovavano in un altro piano esistenziale, nella grande sala del Walhalla, assieme agli Asi luminosi.
Ma c’è pure un’altra, più inquietante ipotesi. Forse era una specie di formula magica, un esorcismo, per impedire che il morto si levasse dal sepolcro ed uscisse a vagare per il mondo dei vivi? La scoperta negli ultimi tempi di diverse “inumazioni anomale”, anche in Italia, sembra confermare l’esistenza di simili riti e credenze. Chissà, magari la “Kilverstenan” serviva proprio ad impedire che un vampiro o una larva di defunto se ne andasse in giro per Gotland.
E la “Pietra”, ora, non è più in situ……
(Nell’immagine sopra: Il cortile interno del Gotlands Fornsal a Visby sull’isola di Gotland – foto G Pavat)