Continuano le straordinarie scoperte di carattere storico, artistico e simbolico nella cittadina di Ceccano. Dopo i megaliti ed il “Volto di pietra” del “Vichingo” o “Guardiano”, ed i simboli esoterici del Mastio del castello comitale, è la volta di un antichissimo ed importantissimo simbolo magico-esoterico….
Ce ne parla Giancarlo Pavat, che si è già occupato di esemplari similari nei suoi libri.
SCOPERTO A CECCANO (FR) UN “NODO DI SALOMONE”
di Giancarlo Pavat
Interessante scoperta effettuata nella chiesa (o Collegiata) di S. Giovanni Battista dal ricercatore ceccanese Mario Tiberia dell’ Associazione Cultores Artium. Si tratta dell’antichissimo simbolo noto come “Nodo di Salomone” (chiamato anche a cagione della sua forma “Nodo Cruciforme”.
La chiesa di S. Giovanni Battista, questa sorge nell’omonima piazza nel centro storico della cittadina ciociara e, sebbene oggi si presenti in una veste settecentesca, affonda le proprie radici nel Medio Evo, trovandola citata già in documenti del XII secolo. Inoltre, la chiesa poggia su antichi resti, tuttora visibili nella cripta, di mura in opera poligonale.
La precedente chiesa medievale, sempre dedicata al “Precursore di Cristo”, aveva l’ingresso rivolto verso la “piazza vecchia”. Non rimane molto di questo antico edificio sacro, se non una cappella (un tempo posta a sinistra dell’ingresso e oggi inglobata nella base del campanile) caratterizzata da interessanti affreschi (sopravvissuti solo in parte) afferenti episodi della “Vita della Vergine”. Si riconoscono l’”Annunciazione”, probabilmente la “Madonna in trono”, forse la “Visitazione” e, certamente, la “Dormitio Virginis” e la conseguente “Incoronazione in Cielo” da parte di Gesù Cristo.
E proprio su quest’ultimo affresco, molto lacunoso, si trova profondamente inciso il simbolo del “Nodo di Salomone”, che ho avuto modo di vedere, nei giorni scorsi, assieme ad un gruppo di ricercatori (il “Dream Team del Mistero” recatosi a Ceccano) guidato proprio da Mario Tiberia.
Il simbolo, molto simile ad un labirinto (non per nulla nel dipinto di Bartolomeo Veneto del 1510, sul sontuoso abito di un gentiluomo rinascimentale, ad un labirinto circolare multicursale sono affiancati diversi “Nodi di Salomone”), con tutta probabilità è stato inciso durante il Medio Evo, ma, ovviamente, come ha fatto notare il ricercatore Giulio Coluzzi, allo stato attuale delle conoscenze, risulta arduo stabilire esattamente da chi.
Il “Nodo di Salomone” non è un simbolo come tanti altri. Difficile pensare che l’abbia realizzato un semplice fedele. Più logico pensare che l’artefice fosse qualcuno ben ferrato nel linguaggio dei simboli e nei significati esoterici da essi adombrati.
Come ho spiegato nel mio libro “Nel Segno di Valcento” (edizioni Belvedere 2010) il “Nodo di Salomone” nasce con questo nome e con determinati significati allegorici tra il IV ed il VII secolo d.C., nei territori dell’Impero Romano d’Oriente. Ma se ne conoscono esemplari (anche se non sappiamo come venissero definiti) di epoca preistorica, incisi sulle rocce come, ad esempio, in Valcamonica (BS).
Il “Nodo di Salomone” trovò poi ampio utilizzo come elemento decorativo, soprattutto musivo pavimentale, sin dai primi secoli dell’Impero dei Cesari. Successivamente si diffuse rapidamente in tutta la Cristianità ma non solo. Ad esempio in Calabria, a Bova Marina è stato trovato persino in una sinagoga del IV secolo d.C., accanto al Candelabro a sette braccia, la “Menorah”, simbolo dell’Ebraismo per eccellenza.
L’enigmatico simbolo scoperto da Tiberia, nel Medio Evo venne fatto proprio dal monachesimo occidentale; lo utilizzarono sia i Benedettini che, successivamente, i Cistercensi.
Per quanto riguarda il simbolismo del “Nodo di Salomone”, sebbene non sia questa la sede per sviluppare una materia tanto articolata, giova rammentare che si rifà a quello dei “nodi” in generale; sia “semplici” che “complessi”.
Al Museo Nazionale di Cividale del Friuli (UD), si conserva un pilastrino in pietra, commissionato dal Orso I°, Patriarca di Aquileia dal 802 al 811 d.C., con scolpita una “Croce del Golgota” (individuata come si ricorderà anche a Ceccano all’interno del castello comitale) sovrastante una decorazione di nodi decisamente elaborati.
Alcuni “nodi” possono avere una forma triangolare. Palese il richiamo alla Trinità. Ma in ambito pagano, ad esempio celtico, possono essere visti come variante del simbolo spiraliforme del “Triskelion” o “Triscele”. Presente, tanto per fare un esempio presso il sito megalitico irlandese di Newgrange. Le tre spirali rappresenterebbero le tre fasi della vita, giovinezza, maturità e vecchiaia. Ricorda anche lo stemma della Sicilia, la “Trinacria” e quello che campeggia sulla bandiera d’origine medievale dell’Isola di Man che fa parte del Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda del Nord.
Secondo Jurgis Baltrusaitis (1903-1988), il grande studioso lituano di arte medievale, (basilare per gli appassionati della materia, la lettura del suo capolavoro “Il Medioevo fantastico”, edito in Italia da “Adelphi”), l’origine del “Triscele” è rintracciabile nella numismatica della Grecia Classica. Le monete di Atene, Egina, e di alcune città della Magna Grecia, riproducevano lo Scudo della dea Athena, con al centro la Gorgone, circondata da “tre gambe umane saldate alle cosce”.
“Si possono rinvenire almeno due grandi genealogie di significati” spiega Coluzzi nel suo sito www.angolohermes.com; “La prima riguarda l’aspetto del Nodo, fondamentale tanto da aver dato il nome al simbolo stesso; seguono poi l’Intreccio, rilevabile nell’incastonamento di quattro frammenti identici l’uno dentro l’altro, ed infine quello del Serpente, non direttamente riscontrabile sul simbolo, ma ad esso legato sotto diversi aspetti”.
Il “Nodo” sin da subito dà l’idea del legame, concetto che indica la dualità insita nel simbolo stesso. “Un legame, infatti, può essere inteso positivamente come forza benefica che unisce, rinforza e protegge” spiega sempre Coluzzi “ma anche negativamente”. Infatti un legame è pure un vincolo che costringe, imprigiona. Nel “Nodo di Salomone” questa doppia valenza è rafforzata dalle serie di anelli che s’incrociano tra loro, a formare una specie di Croce; altro elemento fondamentale per analizzarne le valenze. Ecco perché viene chiamato anche “Nodo cruciforme”. Sebbene la “Croce” sia esistita come simbolo ben prima della nascita del Cristianesimo, è chiaro che in un contesto medievale, il “Nodo di Salomone” ha pure un significato fortemente “Cristico”.
Quindi rimanda ai temi della Salvezza, dell’Eternità e Immortalità dell’anima. Significati che si ritrovano anche nell’“Intreccio”. Inoltre, “nelle sue forme ondulate possono esservi allusioni alle vibrazioni energetiche o alla Forza creatrice, da sempre simbolicamente associate all’acqua. Infine, esso può avere valore di protezione negli spazi delimitati da cornici intrecciate” commenta Giulio Coluzzi.
Nel “Nodo” si ritrova anche il simbolo del “Serpente”, che non è necessariamente un simbolo negativo, ma rappresenta anche “la forza vitale, il principio primordiale della vita, le correnti telluriche sotterranee”. Molto simile al “Nodo” è l’Ouroboros, ovvero il serpente che si morde la coda, simbolo di eternità e rigenerazione.
Ritornando alla lezione di Coluzzi, “la seconda genealogia di significati è quella legata a tutti quei simboli definibili “del centro”, cioè graficamente rappresentati a simmetria centrale”. In pratica il “punto centrale”, il “Centro Sacro”, è il fulcro di riferimento, l’Omphalos, del simbolo stesso.
Il “Nodo di Salomone”, graficamente (e non solo) nasce da una “Croce greca” poi trasformata in “Croce ansata”, in una Swastika. Che, come è noto, a sua volta rimanda ai significati allegorici della rotazione, della ciclicità e quindi rigenerazione.
Nel Basso Lazio, “Nodi di Salomone” sono stati individuati scolpiti su blocchi di pietra murati su edifici medievali ad Anagni (FR), nel “protocenobio” (o Badia) di S. Sebastiano ad Alatri (FR), nelle grandi abbazie cistercensi di Fossanova e Valvisciolo, entrambe in provincia di Latina.
Celebre è l’esemplare multiplo che si ammira sui capitelli della monumentale cripta (VIII secolo) dell’Abbadia benedettina e poi cistercense di S. Salvatore sul Monte Amiata.
Anche nella chiesa molisana di S. Giorgio di Petrella Tifernina (quella al cui interno Mario Ziccardi ha scoperto un rarissimo esemplare di Labirinto “Caedroia”) si notano alcuni “Nodi di Salomone”.
Si potrebbe continuare a lungo ad elencare gli esemplari di “Nodi di Salomone” presenti in chiese o altri edifici medievali, molto spesso legati ai celebri cavalieri Templari (come, probabilmente, nel caso dell’abbazia di Valvisciolo).
A riprova della valenza del “Nodo di Salomone” molto contigua a quella dei labirinti unicursali, desidero citare un ulteriore luogo sacro che ne ospita almeno un esemplare. Una chiesa (che ho avuto la ventura di vistare personalmente durante le mie ricerche sui labirinti del Mar Baltico) geograficamente lontanissima dal nostro territorio, ma incredibilmente vicina, proprio a guisa della presenza di questi simboli, davvero universali.
Si tratta della ”Maarian Kirkko” (chiesa di S. Maria) di Turku in Finlandia.
La città viene chiamata anche Åbo in lingua svedese, in quanto fondata proprio dagli Svedesi nel XII secolo, e fino al 1812 fu la capitale storica della Finlandia che di fatto era una provincia del Regno di Svezia.
La “Maarian Kirkko”, costruita verso la fine del XIV secolo e in seguito ingrandita nel corso del XV secolo, vanta al suo interno ben quattro esemplari di labirinti affrescati; tutti unicursali e riconducibili alla tipologia “classica” o “baltica”, risalenti, con tutta probabilità, al medesimo periodo storico. Tre labirinti hanno 12 circonferenze, anche se uno, come annotato da due dei massimi esperti mondiali di labirinti ovvero l’inglese Jeff Saward e lo svedese John Kraft, presenta ”un curioso errore di costruzione che si traduce in un labirinto senza via d’ingresso!”. Il quarto esemplare, invece, è piuttosto piccolo e ha un disegno molto semplice, tanto da sembrare poco più che una spirale.
Nella chiesa, oltre ai labirinti nella chiesa sono affrescati anche altri soggetti (ispirati dall’arte popolare delle regioni della Fennoscandia) e simbologie.
Si nota la figura di un sovrano, il “Volto di Cristo”, un uomo che suona una tromba, alcuni cavalieri impegnati in un torneo, diverse navi, stelle, diversi disegni geometrici (come un “Centro Sacro” e una specie di ”Swastika” che sembra derivata dalla ”Rosa camuna” e che viene chiamata anche ”Swastika-pelta”, in latino ”pelta” significa ”scudo”), una ”scacchiera” e curiosi personaggi evidentemente tratti da racconti e leggende del ricchissimo folklore nordico.
Infine, vicino ad uno dei Labirinti “baltici”, compare anche il ”Nodo di Salomone” cruciforme.
Quindi un Simbolo davvero universale, secondo soltanto a quello archetipico del Labirinto. Ma perché viene chiamato in questo modo?
Il nome rinvia, ovviamente, al sovrano biblico, figlio di David e re d’Israele, da sempre considerato il sovrano saggio per antonomasia. Fu re Salomone ad edificare il Tempio di Gerusalemme ove venne custodita l’Arca dell’Alleanza.
Proprio perché ritenuto depositario non solo di saggezza ma pure di sapienzialità esoterica (nel senso di “conoscenza nascosta”, “non per tutti”, al contrario di “essoterica”, ovvero “per tutti”), a Salomone si riconducono altre simbologie. Come l”Anello” ed il “Sigillo”. Angelo Tommaso Brondi nella sua “Nozioni e curiosità araldiche” (introvabile piccolo trattato di cui possiedo una vecchia edizione della Casa Editrice Sonzogno di Milano), del 1921, così ci descrive queste figure allegoriche; “Sono evidentemente da identificarsi nel senso che l’Anello era provvisto di sigillo che serviva a firmare gli ordini emanati da Salomone”. In realtà dai disegni contenuti nel suo libro si apprende che sta parlando del “Nodo di Salomone cruciforme”. Lo ritiene emblema della “teurgia, quella specie di magia con la quale i pagani credevano di mettersi in relazione vantaggiosa con la divinità”. Lo indica anche come “Stella del Microcosmo”. E il “Microcosmo” era, secondo gli antichi filosofi, “l’Uomo, in quanto compendio di ciò che vi è di ammirabile e grande al mondo”. “L’”Anello” era il talismano della sua saggezza come della sua potenza magica, e lo stesso significato simbolico che ha il Tempio di Salomone, lo ha pure il “Sigillo” massime tra i misteri dei Framassoni e delle Società dei Fratelli detti Rosa-Croce”.
Attorno all’”Anello” ed al “Sigillo” sono sorte nel corso dei secoli numerose leggende, non solo in ambiente Ebraico ma anche Arabo, Persiano e, ovviamente, Cristiano. Altre sono nate a proposito di un’ulteriore figura legata a Salomone. Lo “Scudo” chiamato anche “Pentacolo”, “Pentalfa” o “Pentagramma” se è iscritto in una circonferenza. Graficamente è reso come una “stella a cinque punte”. Di colore verde, il colore dell’Islam, campeggia al centro del vessillo rosso del Regno del Marocco. Lo stato del Magreb si è reso indipendente nel 1956 ma la bandiera, in cui la Stella viene chiamata “Sigillo di Salomone” risale al 1915. Inoltre compare anche nello “Stemma Reale”, sovrapposto alle montagne della Catena dell’Atlante, ad un sole che sorge, ed alla scritta, tratta da un passo del Corano che recita “Se aiuti Dio, Egli ti aiuterà”.
Nell’Occidente Medievale, il “Pentacolo” venne abbondantemente usato anche da alchimisti e presunti negromanti. L’opera in latino, traduzione di un testo ebraico, chiamata “Clavicula Salomonis“, parla diffusamente dei poteri magici attribuiti a questo Simbolo. Ma in molti testi , con il termine “Chiave di Salomone” si indica l’”Esagramma”. Più noto come “Scudo” o “Stella di David”. Simbolo dell’Ebraismo, sventola sul vessillo dello Stato di Israele. L’”Esagramma” utilizzato dalla Massoneria deriva dall’unione di due triangoli equilateri. Quello con la punta rivolta verso l’alto raffigura il “principio attivo maschile”, ma anche uno dei quattro elementi primordiali; il Fuoco. Il Triangolo con la punta rivolta verso il basso, rappresenta, invece, il “principio femminile” e l’elemento acqueo. Un “Esagramma” realizzato a mosaico cosmato decora il postergale della “Sedia Episcopale” della Cattedrale di Anagni (FR), voluta dal vescovo Lando o Landone Conti (1263-1276) e realizzata dal Vassalletto.
Inoltre esiste una leggenda, non compresa nell’Antico Testamento, che collega direttamente Salomone ai nodi.
Vediamola nella versione proposta da Giulio Coluzzi; “Un giorno Salomone, giovane molto romantico ma allo stesso tempo molto crudele con le persone, facendo una passeggiata nel bosco, sentì degli strani rumori; iniziò a camminare più velocemente verso il luogo da dove provenivano e li sentiva sempre più vicini. Lui aveva lunghissimi capelli raccolti dentro un cappello, ma un fortissimo vento trascinò il cappello che volò via e ai suoi lunghissimi capelli si formò un nodo. Dallo spavento svenne e nel sonno sentì una voce che lo invitava ad essere più buono. Quando si svegliò salutò tutte le persone, le abbracciò, e così per incanto il nodo dei suoi capelli si sciolse”.
Questa disamina (che non ha alcuna pretesa di essere esaustiva, ma vuole essere un invito ad approfondire l’argomento) indica con chiarezza come sia importante, dal punto di vista dello studio dei simboli e dei loro significati, la scoperta di Mario Tiberia.
“Per quanto riguarda il “Nodo di Salomone “nella chiesa S. Giovanni Battista, è una grande scoperta perché testimonia, a mio parere” spiega lo stesso Tiberia “a tutti gli effetti la presenza dei Cavalieri Templari a Ceccano”.
“Quello che rimane della vecchia chiesa Medioevale di S. Giovanni” prosegue Mario Tiberia “è un piccolo scrigno di tesori, infatti è la chiesa “Madre di Ceccano” e trovare questo simbolo esalta la sua importanza come centro di culto più antico della Ciociaria, visto anche che è la prima chiesa edificata a Ceccano. Non a caso questo simbolo lo si trova nei luoghi sacri, cari ai Templari, cioè quelli che loro definivano luoghi di sacralità tellurica, simbolo del labirinto primordiale… dell’unione fra Cielo e Terra… le forze divine che si uniscono a quelle della Madre Terra”.
Aldilà delle ipotesi di attribuzione del “Nodo”, non vi è alcun dubbio che la sua presenza fa entrare Ceccano nel novero dei luoghi “marcati” da simboli potentissimi ad ulteriore conferma che (come sta emergendo in questi mesi grazie all’impegno di diversi ricercatori non solo locali) l’antica capitale della Contea dei Da Ceccano non era soltanto un importante centro militare e/o politico.