La Fuzzy Logic, l’Archeologia dell’Improbabile, i misteri di Nemi e Ulisse, un’Indiana Jones dall’Antichità? di Roberto Volterri.

 

Immagine di apertura; il Dr. Lofti Zade e la Fuzzy Logic

 

 

La “Fuzzy Logic”, l’Archeologia dell’Improbabile, i Misteri di Nemi e Ulisse, un’Indiana Jones dell’antichità?

 

di Roberto Volterri

 

Dopo aver pubblicato

Archeologia dell’Impossibile”, “Archeologia dell’Introvabile e Archeologia dell’Invisibile”,

Roberto Volterri ha pensato che potrebbero esistere condizioni intermedie a quelle appena elencate.

D’altra parte, in ambito prettamente scientifico oltre alla logica “booleana”, quella alla quale siamo abituati utilizzando solo due stati, OFF e ON, oppure 0 e 1, o ancora “Vero” o “Falso”, esiste anche la “Logica fuzzy”, nota anche come “Logica sfocata”, logica nell’ambito della quale a una qualunque proposizione è possibile attribuire un grado di verità “un po’ diverso” da quelli appena elencati, quali 0 e 1, Caldo o Freddo, ecc.

 2. Immagine sopra; Il Dr. Lofti Zade, creatore della “Fuzzy Logic”.

 

La Fuzzy Logic è una creazione del matematico Dr. Lofti Zadeh (1921 – 2017), professore all’Università della California a Berkeley.

All’inizio le sue idee trovarono ostacoli da parte dei suoi colleghi matematici ma oggi la “Logica sfocata” ha trovato ampio spazio in vari campi dell’umano scibile, dall’ambito giudiziario all’ormai onnipresente Intelligenza Artificiale.

L’autore di questo libro ritiene che – individuati gli opportuni algoritmi ad essa applicabili – essa possa trovare ospitalità anche nel campo della Storia e dell’Archeologia dove non sempre regnano le verità assolute….

Un esempio?                                          

Nel dispositivo circuitale qui riportato, in basso, basato sulla Logica di Boole in relazione al segnale in ingresso possiamo avere solo acqua Calda (Rosso) o Fredda (Blu), mentre con la Fuzzy Logic a parità di segnali in ingresso potremmo avere acqua Calda, Tiepida, Fredda, ecc. Insomma, abbiamo molte più possibilità di scelta.

E potremmo applicare la stessa logica anche alle umane vicende, ai fatti storici, alla ricerca in ambito archeologico e così via.

 

 3. Immagine sopra; Fuzzy e Booleana

 

 

Il semplice grafico con due circuiti logici OR, illustra vari stati “sfocati” tra il Freddo (Cold) e il Caldo (Hot) passando per molte temperature intermedie (Warm.)

Si può dire che la temperatura di un oggetto vale 0 se l’oggetto è Freddo (Blu), ha “valore 0,7 se ha una temperatura compresa tra il Freddo e il Caldo, e attraversando tutti i valori intermedi (colore Celeste) si arriva al valore 1 per il Caldo (Rosso).

E così via…

La Fuzzy logic opportunamente utilizzata, con adatti algoritmi, consente ai matematici, ai fisici, alla scienza applicata in genere, di caratterizzare in maniera più ampia e meno “rigida” una fenomenologia di cui ancora sfuggono alcuni aspetti, determinati, essenziali parametri che “improbabilmente” potrebbero condurre ad una visione molto più realistica del mondo che ci circonda.

In fin dei conti anche il grande Albert Einstein inserì arbitrariamente nelle sue formule la cosiddetta Costante Cosmologica – indicata con la lettera greca Lambda Λ – che “completava” la sua Equazione di Campo riguardante la sua teoria volta a dimostrare l’esistenza di un Universo statico e non dinamico, in espansione.

4. Immagine sopra; La cosiddetta Equazione di Campo con l’aggiunta (apparentemente “arbitraria”) della lettera greca Lambda Λ indicante la Costante Cosmologica. Dopo le successive ricerche dell’astronomo Hubble sull’espansione dell’Universo, il grande Einstein si convinse che quella sua scelta ammantata di “improbabilità” era invece indispensabile per giustificare ciò che Hubble sosteneva sulla fuga delle Galassie e un Universo non statico.

 

Questa sua arbitraria aggiunta, inizialmente lo spinse infatti a definirla il suo “più grave errore”.

Ricerche successive effettuate dagli astronomi Edwin Hubble e Georges Lamaitre, i quali gli dimostrarono un Universo in eterna espansione… lo fecero ricredere!

5. Immagine sopra; Georges Lamaitre, a destra, e Albert Einstein.

 6. Immagine sopra; Albert Einstein con Edwin Powell Hubble nel 1931.

 

Solo così Einstein si convinse che l’Universo non è statico ma le Galassie continuano incessantemente a “fuggire” dall’iniziale Big Bang…

Quindi un approccio apparentemente “improbabile” fu adottato anche dall’inimitabile genio della Fisica e nonostante una sua comprensibile, iniziale, perplessità oggi la Costante Cosmologica appare inevitabilmente in ogni testo di Astrofisica.

In definitiva – lasciando ai lettori esperti di programmazione e affascinati dalla Fuzzy Logic il compito di studiare qualche opportuno algoritmo – si potrebbero considerare situazioni in cui anche alcuni reperti archeologici appaiono “impossibili” ma del tutto “impossibili” non sono, oppure appaiano “introvabili” particolari sepolture o una strana reliquia e si ricorra, molto sperimentalmente, anche a tecniche “di frontiera” per rintracciare siti archeologici “apparentemente invisibili”. E qualche risultato positivo, all’inizio “improbabile”, è stato spesso raggiunto.

7. Immagine sopra; il professor Roberto Volterri (a sx) assieme al dottor Bruno Ferrante, al “Premio Nazionale Cronache del Mistero”  Arcinazzo Romano nel 2014, presentano di uno dei loro libri di successo. (Archivio ilpuntosulmistero).

A chi scrive non sembra quindi del tutto disdicevole pubblicare un libro il cui contenuto completerebbe la “trilogia” già esistente, libro a cui darei il titolo Archeologia dell’Improbabile”. Poiché…

C’è una quinta dimensione, oltre a quelle che l’uomo già conosce; è senza limiti come l’infinito e senza tempo come l’eternità; è la regione intermedia tra la luce e l’oscurità, tra la scienza e la superstizione, tra l’oscuro baratro dell’ignoto e le vette luminose del sapere: è la regione dell’immaginazione, una regione che potrebbe trovarsi “Ai confini della realtà.””.

 E a maggior riprova che il libro Archeologia dell’Improbabile”, in alcune parti di non facilissima lettura, lo confesso, possa contribuire ad allargare gli orizzonti dal punto di visto storico-archeologico, vi invito a leggere quanto già esposto dai profesori Francesco Niccolucci (https://vast-lab.org/team-members/) e Sorin Hermon, in un articolo facilmente rintracciabile sul sito web:

https://www.archcalc.cnr.it/indice/PDF14/NICCOLUCCI97-110.pdf

 

Il loro validissimo contributo si intitola proprio:

La “Logica Fuzzy e le sue applicazioni alla ricerca archeologica.

 

Se tra i lettori del libro e de “Il Punto sul Mistero” c’è qualcuno versato in modo abbastanza approfondito nelle applicazioni dei Computer e di alcuni specifici software “di frontiera”, ne potrebbe nascere una “improbabile ma non impossibile“ rivisitazione di eventi accaduti secoli o millenni fa.  

 

8. Immagine sopra; Professor Francesco Niccolucci

9. Immagine sopra; Professor Sorin Hermon

Di seguito riporto solo la prima pagina del corposo articolo sull’applicazione della Fuzzic Logic allo studio, “più aperto”, di antichi eventi storico-archeologici.

10.Immagine sopra; La Logica Fuzzy

 

Così, solo per verificare dove questa nuovo approccio informatico potrebbe essere applicato alla ricerca archeologica ripercorriamo alcune avventure del prode Ulisse…

 

Ulisse, un’Indiana Jones dell’antichità?

11. Immagine sopra; il nostro Giancarlo Pavat in navigazione nel Baltico nell’estate del 2012. Sulle tracce di Ulisse?  (foto Sonia Palombo)

Leggendo uno strano ma affascinante libro di Felice Vinci forse non avrete trovate insuperabili difficoltà ad incontrare Ulisse tra le isole del Mar Baltico, tra fiordi e ghiacci, tra le brume e i gelidi venti dalle regioni dei ghiacci eterni.

O forse sì…

Seguiremo quindi le orme del furbo Odisseo lungo un inconsueto itinerario in paesaggi che mai, sui banchi del Liceo, avremmo pensato di percorrere con la fantasia, guidati dagli immortali versi del ‘cieco cantore’.

 

 

Ma l’avventura andò veramente così?

 

Ha ragione l’amico ingegner Felice Vinci a farci ‘navigare’ nel nord d’Europa anziché tra più caldi mari, nel Mediterraneo, nell’Egeo? Forse sì.

Oppure… non del tutto, se seguiamo il criptico itinerario suggeritoci da Gilbert Pillot nel suo, ormai quasi introvabile, libro L’itinerario segreto di Ulisse”.

12. Immagine sopra “L’itinerario segreto di Ulisse”, interessantissimo libro di Gilbert Pillot in cui si ipotizzano affascinanti scenari riguardanti le vicende omeriche

 

Dobbiamo leggere nuovamente il poema omerico come se fosse una sorta di ‘verbale’ storico di una vera e propria spedizione marittima volta a dare ai Greci un totale controllo sul Mar Nero e sul Bosforo?

I particolari di questi itinerari che avrebbero potuto assicurare prosperità e potenza a chi ne avesse posseduto il segreto potrebbero – così sostiene Pillot – essere stati collocati qua e là in un testo più ampio, diffuso ma … insospettabile, l’Odissea!

Solo chi avesse serbato nella propria memoria le descrizioni particolareggiate degli itinerari seguiti dall’eroe greco e, contemporaneamente, avesse posseduto il ‘codice di decifrazione’ sarebbe stato in grado di ripercorrere le stesse rotte, di ritrovare gli stessi luoghi visitati da Ulisse, di impossessarsi delle importanti ricchezze (metalli o altre risorse naturali) di cui quei luoghi abbondavano.

In onore alla Fuzzy Logic, ‘salpiamo’, dunque, verse queste rotte, guidati sia dalle ‘eretiche’ ipotesi dell’ingegner Felice Vinci, sia dalle azzardatissime idee del Pillot…

Il suggerimento che ci dà quest’ultimo nel suo curioso libro è quello di ‘leggere’ i racconti di Ulisse come se questi usasse – a seconda delle circostanze – due diversi ‘linguaggi’. E qui potrebbe intervenire la Fuzzy Logic…

Secondo l’autore francese, l’astuto greco usa un linguaggio che potremmo definire ‘mitologico’ quando si attarda a descrivere inverosimili avventure, fatti meravigliosi narrati unicamente per… ‘depistare’ i lettori, non ‘iniziati’, tutte le volte in cui vengono fornite precise informazioni di carattere geografico, topografico, marittimo.

Sembra, d’altra parte, che Omero, per bocca di Ulisse, voglia indicare – tappa per tappa del lungo e periglioso viaggio – tutta una serie di dati, tra loro complementari, atti a suggerire agli ‘iniziati’, ai successori degli Achei in possesso della giusta ‘chiave di decifrazione’, la corretta interpretazione e, quindi, esatte notizie per raggiungere quei luoghi.

Un “improbabile” “Codice di Ulisse?”

 

Una ‘eretica’ chiave di lettura del poema omerico, come quella offertaci da Pillot, potrebbe gettare nuova luce sulle conoscenze scientifiche e geografiche raggiunte dai Greci del V secolo a.C., potrebbe contribuire a ‘spiegare, quindi, il ‘miracolo greco’ manifestatosi come un improvviso sviluppo delle arti, delle scienze, della ‘Conoscenza’ in genere, sviluppo al quale la nostra civiltà deve moltissimo.

In queste righe potrò solo accennare ad alcune di quelle che potrebbero mostrarsi come utili ‘chiavi di accesso’ alle informazioni contenute nel poema omerico. Non è molto… ma è già qualcosa!

Per decifrare con una certa esattezza le reali rotte seguite da Ulisse, forse una delle ‘chiavi di lettura’ può essere rappresentata dall’indicazione dei venti che sospingevano la nave durante il suo lungo viaggio.

Le vicende descritte nell’Odissea ci riportano, cronologicamente, agli anni che immediatamente seguirono la presa della città di Troia, cioè tra la fine del XIII e l’inizio del XII secolo a.C..

Ora, sappiamo che all’epoca la navigazione a vela poteva avvalersi unicamente del classico… vento in poppa, poiché la cosiddetta ‘vela latina’ che consentiva di navigare anche contro vento fu introdotta molto più tardi.

 

13.  Immagine sopra; La nave che Ulisse avrebbe usata durante le sue peregrinazioni possedeva la vela “quadrata”, utile solo in caso di vento in poppa!

 

Dunque, quando il ‘cieco cantore’ narra che la nave di Ulisse – munita di vela quadrata utile solo con il vento proveniente dalla parte poppiera dell’imbarcazione – veniva spinta dal vento di Borea, nome con cui i Greci chiamavano il vento proveniente da Nord dobbiamo pensare che la nave si dirigeva sicuramente verso il Sud. Riscontriamo questo tipo di indicazione quando Ulisse lascia il paese dei Ciconi – secondo l’interpretazione classica, a nord dell’Egeo – per avviarsi verso Capo Malea, a Sud. Similmente quando Omero descrive la nave di Ulisse spinta da Zefiro intuiamo che la rotta è verso Est, mentre sappiamo che spinta da Euro essa si dirige verso Ovest, e così via

Ma anche un altro genere di indicazioni, di natura astronomica, forniteci da Omero consentirebbe di identificare le rotte seguite per raggiungere Itaca.

 

verso le stelle de l’Orsa…

Ad esempio, quando Ulisse lascia Calipso, partendo dall’isola di Ogigia, la ninfa figlia di Atlante gli dice di navigare osservando costantemente la ‘Grande Orsa’:

“…E dirigeva, al timone seduto, con gran maestria,

volto lo sguardo, nè mai gli piombava su gli occhi sopore,

verso le Pleiadi, verso Boòte, che tardi tramonta,

verso le stelle dell’Orsa, cui dànno anche il nome di Carro,

che sempre fissa in un punto si gira Orione,

e dai lavacri d’Oceano immune, solo essa, rimane:

poi che gli aveva detto Calipso, la diva Regina,

che governasse, l’Orsa lasciandosi sempre a sinistra”

(Odissea, Canto V, vv. 258-265)

 14.  Immagine sopra; La costellazione dell’Orsa Maggiore in un ‘antica stampa.

 

Con il software di astronomia ‘Skyglobe’ ho verificato che nella stagione in cui Ulisse avrebbe intrapreso il viaggio, l’inizio dell’autunno, la costellazione dell’Orsa Maggiore descrive ogni ventiquattro ore un cerchio apparente intorno alla Stella Polare, trovandosi così a Est del cielo durante la notte e ad Ovest durante il giorno, quando non è visibile, come è ben mostrato dalla “mappa stellare” riportata in queste pagine.

 15. Immagine sopra; Con il semplice software di Skyglobe è possibile osservare la posizione dei corpi celesti, in qualsiasi ora del giorno o della notte, durante un arco di tempo lungo millenni.

 

Quindi, quando Ulisse – abbandonata l’isola di Ogigia – appena dopo il tramonto, teneva il timone “…l’Orsa lasciandosi sempre a sinistra…”, riterrei che stesse dirigendosi verso Sud-Sud-Ovest!

Dopo alcuni “esperimenti” al PC è apparso ovvio che – per usare una terminologia in uso presso i ‘lupi di mare’ – Ulisse avrebbe dovuto ‘fare il punto’ e correggere la rotta anche il giorno successivo, alla stessa ora.

Naturalmente altri autori e commentatori dell’Odissea non concordano con la soluzione “Sud”. 

G.B Salinari, commentatore di una vecchia edizione del poema omerico, afferma categoricamente – ad esempio – che tali indicazioni astronomiche fanno pensare alla direzione Est…

Una conferma della direzione Sud, però, ci viene data ancora da Omero – con le parole di Calipso, come sopra abbiamo visto – quando dice che Ulisse, seguendo questa rotta, 

“…volto lo sguardo… verso le Pleiadi, verso Boòte, che tardi tramonta…” 

osservava appunto queste affascinanti costellazioni.

16. Immagine sopra; Forse non erano proprio queste affascinanti fanciulle le Pleiadi osservate da Ulisse! È un bel dipinto del 1885, opera di Elihu Vedder, esposta al Metropolitan Museum of Art – New York City

 

Sempre con ‘Skyglobe’ si può infatti verificare che nello stesso periodo dell’anno, in autunno, verso mezzanotte le Pleiadi – stelle della Costellazione del Toro – e Boòte si trovavano proprio verso Sud-Sud-Ovest!

Ma se seguiamo questa ‘chiave di lettura’ astronomica, a quale latitudine poteva verosimilmente collocarsi l’isola di Ogigia?

L’astronomia ci insegna che l’Orsa Maggiore è la sola costellazione che ruota intorno alla Stella Polare e resta sempre visibile.

Al Polo Nord, quindi la Stella Polare si trova sulla verticale di chi osserva, mentre tutte le stelle sembrano girare intorno ad essa e nessuna ‘scende’ sotto l’orizzonte.

Viceversa, all’equatore la Stella Polare è situata ‘orizzontalmente’ e le stelle sembrano descrivere un semicerchio, levandosi a Est e tramontando a Ovest.

Di conseguenza, a latitudini intermedie, la Stella Polare si osserva ad una certa altezza sopra l’orizzonte e l’angolo correlato a tale altezza indica la Latitudine del luogo. In tali condizioni, l’Orsa Maggiore, durante la sua ‘rotazione’ attorno alla Stella Polare, nel corso della giornata rimane per un certo periodo di tempo sotto l’orizzonte, quindi invisibile.

Se cercassimo di identificare un’area geografica in cui si verificano tutte queste condizioni, ci troveremmo tra i 60 e i 65 gradi di latitudine Nord, per esempio… in Islanda!

Con il solito Skyglobe ho simulato un’osservazione del cielo dall’attuale Reykiavik  (64° 09’ latitudine Nord; 21° 58’ longitudine Ovest) constatando come si verifichino effettivamente gran parte delle situazioni astronomiche descritte nell’Odissea.

Per l’esattezza, in base ai calcoli effettuati da Pillot, le coordinate di partenza del viaggio di ritorno di Ulisse sarebbero 64° di latitudine Nord e 17° di longitudine Ovest, corrispondenti a un’isola situata presso la costa sud-orientale dell’Islanda.

É interessante anche notare come la latitudine di 64° avrebbe consentito ad Ulisse di osservare per tutta la durata della notte sia l’Orsa Maggiore che le Pleiadi.

Che abbia ancora ragione anche il buon ingegner Felice Vinci quando espone le sue ‘eretiche’ interpretazioni del poema omerico?

Stiamo, ovviamente, ‘navigando’ – è proprio il caso di dirlo! – tra varie ipotesi.

Però – e il motto della” Accademia del Cimento” insegna! – “provando e riprovando” …

Proseguiamo nel cercare di verificare l’esistenza di ‘segnali’, di ‘indicazioni’, di dati più o meno ‘criptici’ che possano avvalorare l’ipotesi, sostenuta da Pillot, che tutta l’Odissea contenga messaggi decifrabili solo da chi avesse intuito la vera ‘chiave di lettura’ e possedesse sufficienti nozioni scientifiche per scoprire la vera rotta necessaria a raggiungere aree geografiche ricche di importanti risorse naturali, minerarie in particolare.

Un vero e proprio testo ‘ermetico’ ante litteram, dunque!

Seguiamo quindi Pillot nei suoi calcoli volti a determinare alcuni punti chiave della rotta seguita da Ulisse per il ritorno in patria.

Punti chiave identificabili – ribadisco – solo da chi fosse stato dotato di sufficiente cultura scientifica per risalire, dai dati qua e là disseminati tra gli immortali versi, a precise coordinate geografiche.

Non è possibile però, in queste poche pagine, riassumere dettagliatamente tutte le ‘elucubrazioni’ e le precise considerazioni effettuate in base anche al naufragio subito dalla ‘nave’ – in realtà poco più di una zattera! – dell’astuto eroe greco, delle distanze percorribili andando alla deriva. Ci basti però sapere che – considerando corretta l’identificazione dell’Islanda come punto di partenza determinato anche in base a informazioni di natura astronomica – lo studioso francese identifica le coordinate di Scilla e Cariddi a 56° 30’ latitudine Nord e 6° 30’ longitudine Ovest.

 

La Grotta di Fingal

 

La localizzazione geografica di questo punto del globo terrestre corrisponde ad un’area della costa occidentale della Scozia, nei pressi dell’Isola di Coll.

Effettivamente, tra quest’isola e la vicina Isola di Mull c’è una sorta di canale, orientato Nord-Sud, unente il mare delle Isole Ebridi con il Canale del Nord.

Tra gli isolotti situati in quest’area ce ne è uno chiamato Staffa.

Ebbene – direte voi – cosa c’è di così importante in questo sperduto isolotto delle Ebridi?

C’è una grotta o, meglio, la ‘Grotta di Fingal, una “…celebre grotta della Scozia, nell’isola di Staffa. Lunga 69 metri, alta 20 metri, essa forma una navata sostenuta da pareti di colonne di basalto.

Il mare vi penetra da un’apertura di 13 metri e sciaborda fino al fondo di questa caverna musicale…” la definisce il ‘Piccolo Larousse’.

Talmente ‘musicale’ che il compositore Felix Mendelssohn intitolò una delle sue più belle composizioni proprio La Grotta di Fingal ”!

17. Immagine sopra; la Grotta di Fingall

18. Immagine sopra; una pagina dell’omonima composizione musicale ad essa dedicata da Felix Mendelssohn. Era la località descritta da Omero come “Scilla e Cariddi”, secondo l’interpretazione del buon ingegner Felice Vinci? 

La Grotta di Fingal fu esplorata e descritta per la prima volta da Sir Joseph Banks nel 1772 e parte della costa dell’isolotto di Staffa è formata da caratteristiche colonne di basalto, lisce e a sezione esagonale simili a canne d’organo.

“...Due rupi indi ci sono, che il cielo infinito una attinge…

… nè vi potrebbe un uomo salire nè scendere mai,

neppur se venti mani, se pur venti piedi egli avesse:

poichè liscia è la pietra così come fosse raschiata.

Nel mezzo della rupe vaneggia una fosca spelonca,

Che s’inabissa nel buio, nell’Erebo. “

(Odissea, XII, vv. 73 – 81)

 19. Immagine sopra; Le tipiche colonne esagonali della strana Isola di Fingall.

 

Le strane colonne esagonali che appaiono come realizzate dall’uomo e non da Madre Natura, avrebbero potuto senza dubbio colpire l’immaginazione dei marinai, facendo supporre loro che le colonne stesse facessero parte dell’antro di Scilla “…che terribilmente schiamazza.”.

 

Cariddi gloriosa l’acqua livida assorbe…

La grotta si apre, infatti, a fior d’acqua, è profonda e gli inquietanti ‘muggiti’ – “…come di cane spoppato di fresco…” – che scaturiscono dalle sue profondità, dovuti al flusso e al riflusso delle acque, avrebbero senz’altro avuto il potere di terrorizzare quei semplici uomini di mare, suggestionandoli al punto di trasformare il fenomeno naturale in un ‘mostro’ terrificante, in agguato, pronto ad aggredire dal fondo della sua caverna chiunque si fosse avventurato al suo interno.

In grande concordanza con le descrizioni omeriche!

É veramente questa la Grotta di Scilla?

E Cariddi, dov’è?

Potrebbe trovarsi sempre lungo la costa occidentale della Scozia, disseminata di isole e gole, tra le quali, sotto l’effetto delle maree, si possono creare fortissime correnti costiere in grado di provocare periodici vortici ogni sei ore:

“…Cariddi gloriosa l’acqua livida assorbe.

Tre volte al giorno la vomita e tre la riassorbe

paurosamente…”

(Odissea,XII, vv. 104-106)

 

Il fenomeno, legato alla marea, dovrebbe prodursi ogni sei ore e quindi la durata del giorno dovrebbe essere di diciotto ore, mentre la notte dovrebbe avere una durata di sole sei ore.

Poiché Ulisse navigava durante “…i lunghi giorni…”  è probabile che tale viaggio sia avvenuto in un periodo prossimo al Solstizio estivo (21 Giugno).

Pillot, in base a tali dati, avrebbe calcolato la latitudine di Cariddi corrispondente al 57° parallelo, che ci riconduce ancora al gruppo di isolotti delle Ebridi, all’isola di Staffa, a Fingal!

Altre “improbabili” coincidenze?

Può darsi, ma continuando a esaminare con questa ‘chiave di lettura’ – basata su considerazioni di carattere astronomico e su conoscenze di inconsuete manifestazioni di fenomeni naturali – i versi del poema omerico, si potrebbe riassumere, anche se a grandi linee, il vero, ‘segreto’, itinerario di Ulisse.

Immaginiamolo così.

chi d’essi gustava quel frutto più dolce del miele…

Partito dalla Grecia, egli potrebbe aver navigato verso Ovest, aver varcato le Colonne d’Ercole – lo stretto di Gibilterra – costeggiando le coste africane e potrebbe essere sbarcato nella zona meridionale del Marocco, forse il paese dei Lotofagi.

Quest’ultima tappa potrebbe coincidere con la regione compresa tra Ifni e Capo Juby, nel Sahara, ove…

“…chi d’essi gustava quel frutto più dolce del miele,

più non voleva tornare, recar non voleva il messaggio;

ma rimanere lì volea coi Lotòfagi, e loto

perennemente gustare, né darsi pensier del ritorno…”

(Odissea, IX,vv. 93-96)

 

… magari dopo l’assunzione del ‘Kif’, della canapa indiana?

 

 20. Immagine sopra; Il Kif e’ l’intera pianta della canapa, tritata finemente e mischiata al tabacco. Era forse la droga per la quale “… chi d’essi gustava quel frutto più dolce del miele, più non voleva tornare…”?

 

Fantasie con le quali Pillot giustifica le sue congetture geo-astronomiche? Proseguiamo…

Lasciata la costa settentrionale africana, Ulisse potrebbe aver toccato un’isola appartenente all’arcipelago delle Canarie, situata di fronte all’Isola dei Ciclopi, forse il vulcano di Tenerife.

Probabilmente navigò poi in direzione di Madeira (l’Isola di Eolo?), proseguendo verso Nord e raggiungendo la costa occidentale dell’Irlanda, verso il 54° parallelo, a Telepylos, ove, dopo un naufragio, potrebbe aver raggiunto la più meridionale delle Isole Ebridi, l’Isola di Barra.

 21. Immagine sopra; A sinistra il vulcano Teide a Tenerife, identificato dal Pillot come l’isola dei Ciclopi.

 

 22. Immagine sopra; le coste di Madeira, dallo stesso autore identificate con l’isola di Eolo.
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Fantasie, solo fantasie?

Da qui potrebbe aver raggiunto l’Isola di Mull, passando per l’Isola di Coll – l’Isola delle Sirene –  e aver affrontato Scilla e Cariddi (Staffa e Fingal), con i loro ‘muggiti’ e i vortici che si ripetevano tre volte durante il giorno.

Da qui, il vento di sud-Est, dopo nove giorni e nove notti alla deriva, potrebbe aver spinto Ulisse sulle rive sud-orientali dell’Islanda, a circa 64° di latitudine Nord e 16° di longitudine Ovest, ad Ogigia, abitata da Calipso.

Dopo una permanenza di alcuni anni in quest’isola (a cercare risorse minerarie?), all’inizio dell’autunno, l’eroe greco potrebbe essere ripartito verso Sud, tenendo d’occhio la costellazione dell’Orsa Maggiore e le Pleiadi. Otto giorni di navigazione in questa direzione lo avrebbero condotto al 36° grado di latitudine, di nuovo alle Colonne d’Ercole, e da qui, navigando sullo stesso parallelo, avrebbe potuto raggiungere Corfù, in Grecia.

Una notte di navigazione ancora e avrebbe finalmente raggiunto l’agognata Itaca!

Ma perché tutto ciò?

Perché questo lungo e difficoltoso viaggio, costellato di ‘incredibili’ incontri, di inconsueti fenomeni naturali?⁷

 

E il misterioso Disco di Festos?

 

“…Il metallo greggio viaggia sotto diverse forme. Nel Mediterraneo, all’epoca del loro periodo di dominazione, i Cretesi monopolizzavano il commercio del rame di provenienza cipriota e lo immagazzinavano sotto forma di lingotti “in pelle di bue” che recavano sovente i loro emblemi favoriti come quello della doppia ascia.

In Sardegna, i minerali usati erano quelli dell’isola, ma qualche lingotto egeo a forma di pelle di bue dimostra che l’iniziazione alla tecnica della metallurgia fu opera degli egei.”

scrisse negli anni Trenta lo storico Jacques Briard  in varie sue opere. Come “Les Navigations d’Ulysse”, “L’Odyssèe d’Homère. Etude et analyse” e altre.

 

“…Quando ebber poi pregato, sgozzate, scoiate le vacche,

scarnificaron le cosce,le avvolsero d’adipe a doppio,

sopra vi posero brani di carne che sangue gemeva…”

(Odissea, XII, vv. 355-357)

scrisse invece Omero, molto, molto tempo prima…

Si tratta di un ‘codice’, uno dei tanti, con cui il cantore greco intendeva dissimulare uno dei veri obiettivi del viaggio: “pelli di bue” per indicare – agli ‘iniziati’ – lingotti di rame, di stagno o… d’oro?

Pelle di bue”?

Ma non è forse uno dei quarantacinque sillabogrammi del misterioso Disco di Festos’, oggi conservato presso il Museo di Iraklion, a Creta?

 

 23. Immagine sopra; Il misterioso Disco di Festos (o Phestos) e la copertina del libro di successo “Guida curiosa ai Labirinti d’Italia” (Newton Compton 2019) di Giancarlo Pavat, in cui l’autore propone una interpretazione del misterioso artefatto alla luce degli studi sul simbolo del Labirinto. (Archivio ilpuntosulmistero)

24. Immagine in basso; il “Disco di Festos”, il quale è stato realizzato in terracotta e su ambedue le facce sono stati impressi dei “pittogrammi” fino ad ora mai del tutto decifrati. Contengono forse indicazioni per raggiungere località ricche di risorse minerarie?

 

E tra gli altri sillabogrammi non ci sono forse il ‘piccone’, l’ascia’, il ‘cesto’, il ‘setaccio’, l’‘indicatore di direzione’,  la ‘nave’?

25. Immagini sopra; attrezzi di scavo (al centro), una prua di nave (in basso); a dx  la raffigurazione di un’ascia.
 

Oggetti legati ad una qualche attività di… scavo e di viaggio?

Testimonianze di un’attività… mineraria che trova nell’ancor non (con certezza!) tradotto unicum archeologico una qualche correlazione con quanto si è fino ad ora ipotizzato sul reale, ‘segreto’ contenuto del poema omerico?

Possiamo supporre un qualche legame tra il ‘criptico’ reperto archeologico e i ‘criptici’ messaggi nascosti nell’Odissea?l

Qualche legame, d’altra parte, c’è perché…

 

“… Grandi marosi Noto qui spinge alla punta sinistra,

verso Festo; e schermisce la piccola roccia i grandi flutti.

Giunsero quivi. A stento sfuggiron la morte i nocchieri;

ma contro le scogliere spezzarono i flutti le navi.”

Odissea, III, vv. 283 – 286)

 

Mi rendo perfettamente conto che questa mia ipotesi può apparire azzardata, anche tenendo conto di alcuni aspetti cronologici, poiché il Disco di Festos” è ‘ufficialmente’ datato al XVII -XVI secolo a.C. (unicamente, però, perché rinvenuto in un contesto archeologico così datato) mentre la guerra di Troia è probabile si sia verificata verso l’inizio del XII secolo a.C. (forse nel 1180 a.C.) e il viaggio di Ulisse, quindi, in quel tempo.

Però, in attesa di ulteriori “improbabili” indagini mi piace pensare che la mia ipotesi… meriti quest’ultime!

Erodoto di Alicarnasso (484-425 a.C.) sosteneva, d’altra parte, che lo stagno utilizzato dai Greci per produrre il bronzo proveniva dalle Isole Cassiteriti, che egli collocava a nord della Spagna e oggi identificate – da alcuni – con le Isole Scilly, a ovest della Cornovaglia.

Anche Plinio riporta che lo stagno veniva estratto in isole dell’Oceano Atlantico e trasportato in barche di vimini rivestite di pelli.

 26. Immagini sopra; Disco di Festos. A sinistra la prua di una nave e una pelle di animale. A destra, un pittogramma che sembra raffigurare un “setaccio” per usi minerari.

 

Per ultimo, il geografo Strabone, riferendosi a Posidonio di Apamea (130-50 a.C.), affermava che le Isole Cassiteriti da dove proveniva lo stagno erano dieci e si trovavano a nord della Galizia Spagnola, vicinissime le une alle altre. Come le Ebridi, composte da una dozzina di isole, situate proprio a nord della Galizia!

E il rame?

A parte l’isola di Cipro (la parola latina Cuprum, cioè Rame, è legata proprio al nome dell’isola), in Irlanda, a Mont St. Gabriel nella contea di Cork, sono stati rinvenuti molti piccoli pozzi da cui si estraeva il prezioso metallo.

E l’oro?

Anche la Grecia ne era ricca (Macedonia, costa di Missolungi, Tracia, Attica, ecc.) ma ciò non può farci escludere del tutto che la ricerca sia stata effettuata anche verso altri lidi.

La Scozia, ad esempio, possedeva ricchi giacimenti auriferi nel Sutherland e nel Perthshire, mentre in Irlanda – solo per restare nell’ambito delle aree geografiche…’omeriche’ – essi sono concentrati nella contea di Wicklow, nella parte sud-orientale dell’isola.

Dobbiamo considerare tutto ciò solo ‘coincidenze’?

Oppure stiamo dando eccessivo credito alla suggestiva ma ‘sfrenata fantasia’ dello studioso francese?

Non lo so, non con certezza, però ho ricostruito con questa ‘chiave di lettura’ – seguendo i ‘suggerimenti’ di Gilbert Pillot – una parte degli itinerari descritti da Omero e di una cosa almeno sono certo: l’Odissea contiene una vastissima gamma di conoscenze riguardanti l’astronomia, l’astrologia, la matematica, la misurazione del tempo, delle distanze, dei fenomeni naturali, la geografia e la storia dei popoli.

Ma conterrebbe anche un recondito, criptico messaggio ‘palese’ solo agli ‘iniziati’ dei tempi di Ulisse, quindi verso il XII secolo a.C., prima dell’invasione dorica della Grecia, ma andato quasi del tutto perduto quando Omero, nella metà dell’VIII secolo, radunò i vari frammenti sparsi delle antiche cronache.

É quel ‘messaggio’ che vi invito a ricercare, ben consapevole però che…

 

Si potranno trovare i luoghi delle peregrinazioni di Ulisse

quando si troverà il calzolaio che ha cucito l’otre dei venti.”

(Eratostene, geografo greco. 280 -200 a.C.)

 

 27. Immagine sopra; Particolare di un dipinto del XVI secolo raffigurante l’Otre dei Venti.“… quando si troverà il calzolaio che ha cucito l’otre…” – ovvero…. Mai! – si potrà avere certezza dei luoghi esplorati dall’ardimentoso Ulisse.

 
28-29. Immagini sopra e sotto; E per finire con le possibilità della Fuzzy Logic, un argomento che mi appassiona: la presenza di strane, parallele, incisioni “semicircolari” su un grande masso di durissimo Basalto nell’emissario del Lago di Nemi nel IV secolo a.C.
Chi le ha fatte e perché. A quale scopo? Frutto della naturale solidificazione “a corde” della lava basaltica nell’eruzione vulcanica che ha dato origine al Lago? Riporto di seguito l’interpretazione ufficiale, interpretazione che forse meriterebbe un approccio tipico dell’Archeologia sperimentale: la realizzazione dello strumento illustrato, munito di punta durissima, diamantata (!), e la creazione su altro masso di Basalto delle cosiddette “unghiate” in tempi non biblici…

 

 

 

 

 

 

 

 30. Immagine sopra; Forse non la migliore tra le foto fatte recentemente (sabato 27 luglio 2024) al grande masso di Basalto che si trova nell’emissario del lago: righe scavate da mano umana con il sistema illustrato in due immagini di questo articolo, o frutto di Madre Natura

31-32. Immagini sopra e sotto; Due esempi di tipici raffreddamenti “a corde” di una lava vulcanica di origine basatica.
 
33-34. Immagini sopra e sotto; sabato 27 luglio 2034, il Mistery Team de Ilpuntosulmistero eritirnato (per l’ennesima volta) sul lago di Nemi e nel suo Emissario per cercare di far luce sui misteri che ancora l’avvolgono. Nell’immagine sopra Giancarlo Pavat guida la spedizione seguito a ruota dal professor Volterri. Nell’immagine sottostante, ecco il professor Roberto Volterri con Giancarlo Pavat all’interno dell’Emissario del Lago di Nemi (foto Bruno Ferrante)

 

35-36. Immagini in basso; una veduta del lago vulcanico di Nemi e gli altri partecipanti alla spedizione del Mistery Team de Ilpuntosulmistero al Lago di Nemi di sabato 27 aprile 2024. Da sx si riconoscono in prima fila il professor Volterri d la giovane Mariasole Mele. Alle spalle da sx; Dino Coppola, Marco Mele, Massimo Palazzi e Bruno Ferrante. (Foto G. Pavat) 

(Roberto Volterri)

 – Se non altrimenti specificato, le immagini sono state fornite dall’autore 

 

Su AMAZON dal 5 Agosto 2024; il nuovo libro di Roberto Volterri.

 

 “Quando hai escluso l’Impossibile ciò che resta, per quanto Improbabile, è la Verità.”

(Sir Arthur Conan Doyle)

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Un commento:

  1. Pasquale Massaroni

    Come sempre è un piacere leggere il professore Volterri.
    Articoli che spaziano su vari argomenti ma legati da un unico filo conduttore. I viaggi di Ulisse poi….mi permetto di ramnentare che in una celebre Carta marina del XVI secolo, sulle coste settentrionali della Norvegia è dipinto un grande gorgo chiamato Cariddi…..
    quanto ai Misteri di Nemi …imteressante l”ipotesi di formazione lavica ma credo che non ci siano dubbi sul fatto che il famoso Emissario sia stato scavato dall’uomo. Con che cosa…rimane un mistero.
    Pasquale

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