Immagine di apertura; “Morte e Ascensione di San Francesco”, ventesimo affresco attribuito a Giotto, visibile nella Basilica Superiore di Assisi.
La “Nuvola del Demonio”
e un’ inquietante, misteriosa “fotografia” di San Francesco;
di Roberto Volterri
Basilica Superiore di Assisi. Anno del Signore 2011.
In anni recenti, la medievalista Chiara Frugoni nella ventesima scena di affreschi di Giotto, intitolato “Morte e Ascensione di San Francesco” scopre uno strano, inquietante, viso con un ghigno che ha un qualcosa di “demoniaco”.
Nell’opera, i confratelli del “Poverello di Assisi” appaiono disperati accanto al corpo di Francesco mentre altri religiosi – caratterizzati dalle vesti bianche – sono intenti a celebrare il funerale.
Nell’alto dei cieli gli angeli sorreggono un clipeus – in origine inteso come un grande scudo, successivamente come un’immagine inscritta in una forma rotondeggiante – in cui è raffigurato il Santo che già si trova in Paradiso.
Osservando con estrema attenzione la struttura delle nuvole nella parte destra dell’affresco, accanto all’angelo, la nota medievalista specializzata nell’interpretazione iconologica dei dipinti, ha notato un particolare che era sfuggito a milioni di persone negli ultimi otto secoli: infatti fa “bella” mostra di se il profilo di un arcigno Diavolo con tanto di corna di colore nero, un ghigno beffardo, e ben poco rassicurante, e un naso adunco.
2-3. immagini in alto; indicato dalla freccia rossa e, ancora più ingrandito, in basso il demoniaco profilo individuato dalla medievalista Chiara Frugoni in un affresco giottesco.
La scena attribuita a Giotto o alla sua Scuola è considerata una tra le più importanti dell’intero ciclo ed è stata anche una tra le più impegnative.
I pittori del cantiere che otto secoli fa, tra il 1290 e il 1295, intraprendono la quasi titanica impresa di raffigurare in ben ventotto affreschi altrettanti episodi riferiti alla vita, ai miracoli e alla morte di Giovanni di Pietro Bernardone (1181 oppure 1182 – 1226) – che oggi tutti noi conosciamo come San Francesco – si applicano diuturnamente durante oltre due mesi di intenso per completatarla.
Quant’esser può di nuvol tenebrata… (Dante, Purgatorio, XVI, v.3)
Inserire quel volto diabolico tra le nuvole è stata una sorta di impertinenza dell’artista che completò l’affresco, forse alludendo ad un confratello oppure ad un committente l’opera?
Così ipotizzerebbe infatti il capo dei restauratori della Basilica, Sergio Fusetti, secondo il quale ciò che Chiara Frugoni ha scoperto è di sicuro una
“….novità iconografica, ma il demone non sembra entrare nella scena vera e propria, altrimenti sarebbe stato evidenziato con più visibilità. Forse è stato un dispetto dell’artista nei confronti di qualcuno o forse un suo divertimento…”
Oppure, come sostiene Chiara Frugoni
“…Nel Medioevo si credeva che anche nel cielo abitassero i demoni che ostacolavano la salita delle anime: è un significato ancora da approfondire, ma che sembra destinato a dare buoni frutti…”.
“Nel Medioevo – continua in un altro commento la medievalista – si credeva che il diavolo, essenza spirituale, per potersi mostrare agli uomini prendesse forma dal vapore acqua e dall’aria, nelle nuvole ove abitava e da cui scatenava spesso tempeste… A Solto – ella continua nei sui commenti e ricordi – quando ero bambina, all’arrivo dei temporali, mia nonna mi mandava a fare il giro della casa con l’ulivo benedetto, per cacciare i diavoli ‘che non mandassero la grandine’ e intanto la chiesa suonava le campane…”
Non appena Chiara Frugoni, forte della sua lunghissima preparazione nel campo dell’iconologia – branca della Storia dell’Arte che ricerca la spiegazione delle immagini delle figure allegoriche e dei simboli – individua il “diabolico” volto seminascosto tra le nuvole, comunica subito la scoperta a padre Giuseppe Piemontese, Custode del Sacro Convento di Assisi, e al direttore della Sala Stampa, padre Enzo Fortunato.
Da quel momento in poi la notizia è stata ampiamente diffusa sul web e sui vari mezzi di stampa poiché, indubbiamente, la scoperta effettuata dalla professoressa Frugoni è estremamente interessante dal punto di vista degli aspetti legati alla diffusione delle vicende legate al “Poverello di Assisi”, ma appare anche di rilevante importanza dal punto di vista della Storia dell’Arte.
Io vidi già cavalier muover campo…
(Dante, Inferno, XII, V. 1)
Fino alla scoperta del viso del Principe delle Tenebre nell’affresco di scuola giottiana, si sapeva soltanto che il primo artista ad aver inserito dei “messaggi”, delle figure, nelle nuvole raffigurate nei dipinti, era stato Andrea Mantegna (1431 – 1506) con la sua tempera su tavola “Martirio di San Sebastiano”, databile al 1460 circa e conservata presso conservato il Kunsthistorisches Museum di Vienna.
4-5. Immagini sopra; Nelle due immagini, particolari del “ Martirio di San Sebastiano” di Andrea Mantegna. Nella nuvola si vede chiaramente un cavaliere che emerge dalle nuvole.
In alto, a sinistra della colonna in rovina di un monumento romano dove il Santo è legato e trafitto dalle frecce del martirio conficcate in profondità nel suo corpo, si vede abbastanza chiaramente un cavaliere – forse uno dei Quattro Cavalieri dell’Apocalisse? – che emerge dalle nuvole.
L’aver scoperto il volto demoniaco nell’affresco di Assisi consente quindi di retrodatare di circa due secoli l’idea di introdurre tali criptici “messaggi” nei dipinti, nelle opere d’arte in genere.
Bisognerà però attendere il Rinascimento per scoprire l’Anamorfosi, ovvero un’illusione ottica che rende percepibile un particolare del dipinto solo se esso viene osservato da un ben preciso angolo visuale.
6-7. Immagini sopra; “Ambasciatori” dipinto che risale al 1533 di Hans Holbein il Giovane (1497-1543), conservato alla National Gallery di Londra. Osservando da destra, dall’alto, il dipinto, la “macchia” in basso si trasforma… nel teschio del particolare a destra.
Molti pittori si avvalsero di tale tecnica per nascondere “messaggi” visivi come, ad esempio, fece Leonardo da Vinci, forse tra i primi artisti a ricorrere a tale inusuale mezzo, oppure Hans Holbein il Giovane il quale “nascose” nella sua opera “Ambasciatori” l’immagine di un teschio che è visibile soltanto osservando il dipinto da destra con gli occhi molto vicini al piano del quadro.
Ma questo è tutt’altro argomento di ricerca e ne abbiamo già trattato in un apposito articolo de Il Punto sul Mistero…
Una strana “istantanea fotografica” di San Francesco nel Monastero Benedettino di Subiaco
“… Sendo una volta Santo Francesco gravemente infermo degli occhi messere Ugolino, cardinale protettore dell’Ordine, per grande tenerezza ch’avea di lui, sì gli iscrisse ch’egli andasse a lui a Rieti dov’erano ottimi medici d’occhi […] San Francesco quindi, su sollecitazione dei confratelli e del Cardinale Ugolino Conte di Segni (futuro Papa Gregorio IX NDA) fu convinto a sottoporsi ad una terribile operazione nella speranza di poter guarire dalla malattia. Fatto giungere appositamente a Fonte Colombo, il medico sottopose San Francesco alla cauterizzazione, utilizzando un ferro rovente, delle vene dall’orecchio al sopracciglio, credendo d’interrompere in tal modo il flusso di umori che si riversava dagli occhi del Santo…”
… così si narra nel Capitolo XIX dei Fioretti di San Francesco. Florilegio sulla vita del Santo e dei suoi discepoli, attribuito a frate Giovanni dei Marignoli. e
Ebbene, cosa c’è di strano in una difficile operazione di una chirurgia che forse ancora così non si chiama?
Operazione a cui frate Elia l’ha convinto a sottoporsi per cercare di curare una malattia agli occhi da Francesco contratta in Terra Santa.
Cosa c’è di strano nel verificare che otto secoli fa, per spiegare la genesi delle varie malattie, si crede ancora nella improbabilissimo “flusso di umori” ipotizzato da Ippocrate di Coo (460 – 377 a.C), poi elaborato anche da Empedocle (V secolo a.C.) e basato sull’idea del “Fuoco” caldo e secco, dell’”Acqua” fredda e umida, della “Terra” fredda e secca e infine dell’”Aria” calda e umida?
Forse di veramente “strano” non c’è nulla, ma non possiamo non considerare quasi miracolosa la straordinaria reazione del futuro Santo davanti ai terrorizzati confratelli, di fronte alla comprensibile titubanza del cerusico, il “chirurgo” di quei tempi andati che così veniva chiamato, armato di un preoccupante “ferro rovente”.
Come, forse, è prossimo al miracolo il comportamento di Francesco il quale si limita a pregare e a chiedere a “fratello Foco” di non esercitare tutta la sua potenza, di essere gentile e comprensivo nei suoi confronti!
E così “fratello Foco” – con infinito stupore del “cerusico” e dei poveri confratelli che, terrorizzati, fuggono dalla stanza – lo ascolta e rende sopportabile il terribile dolore causato dalla cauterizzazione, dalla bruciatura del volto di San Francesco “…dall’orecchio al sopracciglio…”, operazione questa che lascia nel Santo un’anomala, diversa dimensione dei bulbi oculari, degli occhi.
Come ben si nota osservando l’affresco conservato del Monastero Benedettino di Subiaco nella Cappella di San Gregorio, affresco realizzato “dal vivo” – per tale motivo lo potremmo definire… “istantanea fotografica! – da un fraticello che vede il “Poverello d’Assisi” appena giunto nel Monastero, fraticello che, quindi, lo ritrae con tutte le cicatrici derivate dalla recente operazione agli occhi.
Affresco che forse più di ogni altra testimonianza ci riporta a quei lontani giorni in cui il futuro Santo è ancora vivo, non ha, di conseguenza, l’aureola e non ha ancora ricevute le stimmate che risalgono al 1224.
8-9. Immagini sopra e sotto; Frate Francesco in quella che con un po’ di fantasia potremmo definire “istantanea fotografica” del Poverello di Assisi, poiché l’affresco è stato eseguito da un ignoto confratello appena Giovanni di Pietro Bernardone, il futuro San Francesco, è giunto nel Monastero Benedettino di Subiaco. Gli occhi di San Francesco dopo la terribile operazione subita tramite la “… cauterizzazione, utilizzando un ferro rovente…”. Appare abbastanza evidente come abbiano dimensioni differenti.
L’operazione chirurgica è avvenuta nella provincia di Rieti, a Fonte Colombo…
“Il monte della Regola, monte Ranierio che è stato riempito dal Signore di divina dolcezza… Un altro monte Carmelo, dove l’anima di Francesco si intratteneva e conversava con il Signore. Fonte Colombo è il monte che dobbiamo salire a piedi scalzi,perché è un luogo veramente santo…”
come si afferma con veemenza nell’Actus Beati Francisci in Valle Reatina, di un Anonimo Reatino.
Sul Monte Rainiero Francesco dimora insieme a frate Bonizio da Bologna, fra’ Leone e altri confratelli e lì, nel cosiddetto Sacro Speco, nel 1223 dà corpo alla Regola che i suoi frati dovranno seguire. Regola poi approvata da papa Onorio II e ancora in vigore.
10. Immagine sopra; Il Sacro Speco sul Monte Rainiero, a Fonte Colombo, dove Farncesco compone la Regola che i suoi frati dovranno seguire, Regola poi approvata da papa Onorio II e ancora in vigore.
Nel reatino Francesco inizialmente è ospite dei pii monaci dell’Abbazia di Farfa, ma poi dimora a Fonte Colombo dove ancora esiste una piccola cappella detta della Maddalena e in cui egli si ritira in preghiera.
12. Immagine sopra; La suggestiva Cappella detta della Maddalena, luogo in cui San Francesco si rifugiava in preghiera.
Ma come si era ammalato Giovanni di Pietro Bernardone, il futuro San Francesco?
Narrano le antiche cronache che, pochi anni prima della tremenda operazione agli occhi, nel 1219, egli si reca nelle terre d’Oltremare e
“… Per lungo tempo e fino alla morte Francesco soffrì malattie di fegato, di milza e di stomaco, e dal tempo in cui si recò oltremare per predicare al Soldano di Babilonia e d’Egitto contrasse una gravissima malattia agli occhi, in seguito al molto lavoro causato dalle fatiche del viaggio, poiché all’andata e al ritorno dovette sopportare una grande calura. Non volle tuttavia avere alcuna sollecitudine per farsi curare da nessuna di queste malattie, per quanto ne fosse pregato dai suoi fratelli e da molti che ne sentivano pietà e compassione: e ciò per il fervore di spirito che dall’inizio della conversione egli portava a Cristo…”
Pur minato nel corpo ma non nello spirito, Francesco affronta stoicamente le febbri malariche che lo colpiscono ogni tanto e anche la tortura dell’operazione agli occhi da cui, miracolosamente, esce vittorioso…
(Roberto Volterri)
– tutte le immagini sono state fornite dall’autore .
Homo homini lupus ma sicuramente anche femina feminae lupior!
Gli esseri umani, uomo o donna che sia, spesso – troppo spesso! – si trasformano in Apostoli o Sacerdotesse del Male, lasciando indelebili, tristissimi, ricordi nella storia della Criminologia. Roberto Volterri ha accumulato tanto di quel materiale sul Fascino del Male da poter dar vita anche a questo libro le cui pagine sono basate su trattati di Criminologia, su fotografie realizzate in “luoghi di eterna pace” o direttamente in quelle che furono le scene del crimine. Insomma, nel libro troverete inediti dettagli su noti o meno noti casi, come quello del povero Girolimoni, di Ernesto Picchioni. il pericolosissimo “Mostro di Nerola”, di Cesare Serviatti, squallido emulo di monsieur Landru, o di Leonello Egidi, il “Biondino di Primavalle”… In conclusione, non ci resta che ricordarvi di augurarvi una buona lettura e di spegnere la candela prima di addormentarvi
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E INOLTRE…LEGGERE FA SEMPRE BENE.