Immagine di apertura; Il volto demoniaco dissimulato nella chiave di volta del portale di Palazzo Monti a Sonnino (foto G. Pavat)
L’ASSASSINIO DEL CAPITANO MANCINI A SONNINO.
VENDETTA POLITICA OPPURE OCCULTO RITO DI SANGUE?
di Giancarlo Pavat
Sonnino, oggi in provincia di Latina, sorge arroccato su un colle chiamato Sant’Angelo, a circa 450 m.slm. facente parte della catena dei Monti Ausoni.
A quanto pare, il nome deriverebbe proprio dalla invidiabile posizione orografica. Sonnino dal latino “Sommum”, ovvero la sommità del monte. Luogo protetto dalla catena montuosa a nord-est e con un’ampia visuale sulla valle.
Si tratta della tipica ubicazione difensiva dei paesi del Basso Lazio (e non solo). Un valido rifugio dal clima insalubre della sottostante Palude Pontina e dalle scorrerie dei pirati Saraceni.
ll paese deve, infatti, la propria origine ai fuggiaschi della romana Privernum, sita nella Piana della Madonna di Mezzagosto, saccheggiata nel IX secolo proprio dai sanguinari predoni con la Mezzaluna islamica.
Il nome Sonnino compare per la prima volta in una Bolla di papa Silvestro II del 999 d.C., per diverso tempo appartenne ad una schiatta che prese il nome direttamente dal borgo; i “de Sompenino” o “de Sompnino”.
Estintisi i “Signori di Sonnino”, nel XIV secolo il borgo divenne feudo dell’importante famiglia Caetani di Fondi. Nel 1496 il feudo passò ad un’altra nobile e potente stirpe, i Colonna. Sonnino conserva intatto il nucleo fortificato dell’abitato medievale addossato all’antica fortezza, oggi rimaneggiata, il cui nucleo originario è la torre cilindrica datata al IX–X secolo oggi chiamata degli Antonelli, la potente famiglia dai cui lombi discese il noto e potente cardinale Giacomo Antonelli (1806-1876) ultimo Segretario di Stato pontificio nel periodo del tramonto del Potere Temporale dei Papi.
2. Immagine sopra; la Torre degli Antonelli a Sonnino (LT). (Foto G. Pavat).
La Torre degli Antonelli sorge direttamente sulla roccia e originariamente era più alta di circa 10 metri.
3. Immagine sopra; scorcio notturno della Torre degli Antonelli a Sonnino (LT) (Foto G. Pavat).
Passeggiare all’interno del centro storico di Sonnino, risalendo gli erti vicoli che si inerpichiamo lungo le pendici del colle, significa fare un viaggio a ritroso nel Tempo.
Una immersione soprattutto in episodi storici, realmente accaduti, ma che sono poi scivolati ai confini della dimensione del mito e delle leggende più oscure ed inquietanti.
A Sonnino avvenimenti storici si sono amalgamati con luoghi materiali, generando realtà che potrebbero esulare da questo piano dimensionale. Luoghi su cui si raccontano strane storie legate ad oscuri e atroci delitti ed alla presenza di entità che le infesterebbero.
È il caso di Palazzo Monti e del fatto di sangue avvenuto davanti all’ingresso.
È davvero impossibile trattenere un brivido quando si arriva davanti al grande, scuro, portale in pietra di questo Palazzo del centro storico di Sonnino.
4. Immagine sopra; il Portale di Palazzo Monti a Sonnino (foto G. Pavat).
Fu proprio qui, davanti all’ingresso, che nel 1814, il capitano Giuseppe Mancini venne ucciso con una sola pugnalata dal giovane Francesco Barnabai (o Barnabei).
Questo delitto avvenne durante l’occupazione francese del Lazio. Uno dei periodi storici più drammatici, almeno per il borgo ausono.
Il capitano Giuseppe Mancini era tra i fautori della Repubblica Francese (nata dalla Rivoluzione del 14 luglio 1789) e comandava la Piazza di Sonnino. In pratica era quello che oggi si direbbe un collaborazionista. In realtà era pure spinto da ideali di rinnovamento, di libertà, uguaglianza, che certamente non caratterizzavano lo Stato della Chiesa. Ma i Francesi erano comunque invasori e si comportavano di conseguenza. La stragrande maggioranza del popolo (non solo di Sonnino), legata a tradizioni e cosuetudini ancestrali, era contraria al nuovo regime. Tra costoro vi era pure Benedetto Barnabai, appartenente ad un altra importante Famiglia sonninese, e fraterno compare di Giuseppe Mancini; che però non esitò a farlo arrestare.
5. Immagine sopra; il blasone della Famiglia Mancini (foto G. Pavat).
Barnabai venne condannato a morte in quanto ritenuto avverso al nuovo regime e fucilato malgrado il suddetto legame con il capitano Mancini. Nell’Archivio Parrocchiale di San Pietro si legge, appunto “BENEDETTO BARNABAI, FILIPPO PAGLIUCA, LORENZO D’ALESSIO furono giustiziati – 23 settembre 1798”.
Non è chiaro se Mancini non volle o non pote’ aiutate il Barnabai
La vedova, però, sconvolta dal dolore, iniziò a coltivare uno spirito di vendetta. Decise di conservare la camicia insanguinata del marito giustiziato, come fosse una Santa reliquia, in attesa di poterla utilizzare per i suoi piani, una volta che fosse ritornato il giovane figlio primogenito Francesco.
Quando quest’ultimo tornò dal seminario a Sonnino, decise che era il momento che il marito Benedetto ottenesse vendetta.
Francesco era il figlioccio del capitano Mancini, ma la madre, accecata dall’odio verso il “boia” del marito e rosa dal desiderio di vendetta, mostrò al giovane la camicia insanguinata del padre, e gli fece giurare che avrebbe vendicato il genitore.
Francesco, armatosi di pugnale, prese a vagare per gli oscuri vicoli del paese alla ricerca del padrino.
Non è dato da sapere se incontrò casualmente Mancini o se lo attese deliberatamente proprio sotto quel portale di Palazzo Monti.
6. Immagine sopra; il Portale di Palazzo Monti a Sonnino. La freccia indica la chiave di volta con il mascherone demoniaco disdimulato (foto G. Pavat).
È certo che appena vide il capitano, non ci pensò due volte a colpirlo al cuore, facendolo stramazzare a terra. Il capitano Mancini, ormai morente, trovò comunque la forza per perdonare il ragazzo, che però si diede alla fuga sui monti
Francesco Barnabai era di buona famiglia, cresciuto in seminario, non era abituato a vivere alla macchia, si unì comunque a una banda di circa 24 fuggitivi, tutti renitenti alla leva.
7. Immagine sopra; il Monte delle Fate, che sovrastante Sonnino, visto dall’alta vallecdel fiume Amaseno. Tra queste montagne si rifugiavano briganti o semplici renitenti alla leva imposta dagli invasori francesi (foto G. Pavat).
Costoro, pur di salvarsi e poter tornare alle proprie case, trattarono con i Francesi, agevolando la caduta di Terracina. In pratica tradirono gli eroici difensori della città. In cambio i vincitori concessero una amnistia generale che però venne rifiutata dai “collaborazionisti filo napoleonici” di Sonnino.
Ci fu un ripensamento e Francesi arrestarono tutti i renitenti che, ovviamente, vennero condannati a morte.
Anche il giovane Francesco Barnabei era tra questi e venne giustiziato in piazza San Pietro (da sempre luogo deputato alle pene capitali) a Sonnino, il 23 settembre 1816
“FRANCESCO BARNABAI, chierico di 24 anni c. “ab justitia in penam suorum delictorum damnatus ad ultimum supplicium, in Platea S. Petri animam Deo reddidit” – 23 settembre 1816” si legge nellArchivio Parrocchiale di San Pietro (citato da Michele Colagiovanni, “Lazio Violento”, edizioni “Sanguis” 1974)
Si racconta che, ormai prossimo ad essere fucilato, lo sventurato giovane Francesco, prese a recitare in versi la sua drammatica, ultima (e vana) difesa. Affermando di non essere un volgare brigante ma un vendicatore del padre Benedetto. Il suo fu un discorso caratterizzato da un odio profondo che neanche la vendetta era riuscita a placare. In sintesi, lanciò una sorta di maledizione.
Purtroppo, tragica ironia della sorte, la grazia richiesta dalla madre disperata (e corresponsabile del destino del figlio per averlo indotto a compere il sanguinoso gesto) venne concessa ma il corriere non arrivò in tempo a Sonnino.
Ma a rendere, se mai fosse possibile, ancora più inquietante questa storia e il luogo ove venne assassinato il capitano Giuseppe Mancini, è il fatto che il portale di Palazzo Monti, reca una chiave di volta in cui è stato dissimulato un volto demoniaco che scruta chiunque passi lungo la via o varchi la soglia dell’edificio!
8. Immagine sopra; Il volto demoniaco dissimulato nella chiave di volta del portale di Palazzo Monti a Sonnino (foto G. Pavat)
Per quanto se ne sa, non se n’era accorto mai nessuno (e comunque mai è stato citato in libri e pubblicazioni) sino a quando è stato scoperto dallo scrivente nell’ormai lontano 6 ottobre del 2016, durante una delle ricognizioni per organizzare l’evento dell’Itinerario del Mistero, poi svoltosi il 29 dello stesso mese.
Sebbene qualcuno, dopo la scoperta, abbia cercato di annoverare quel volto come uno dei tanti mascheroni, magari grotteschi, con valenze apotropaiche di guardiani delle soglie, i sinistri lineamenti ed il fatto che lo si sia deliberatamente voluto rendere non facilmente individuabile, fa ritenere che le finalità del manufatto non siano positive. Si è cercato pure di capire se fosse stato realizzato prima o dopo l’omicidio del capitano Mancini.
9. Immagine sopra; Il volto demoniaco dissimulato nella chiave di volta del portale di Palazzo Monti a Sonnino (foto G. Pavat)
Ma il Palazzo, sebbene abbia subito alcune modifiche sarebbe tardo medievale. Il portale potrebbe essere datato a qualche secolo dopo. Pertanto appare logico ritenere che pure il volto demoniaco sia piuttosto antico e comunque antecedente al delitto.
Quindi viene da pensare che lo sciagurato giovane Francesco Barnabei, sconvolto dalla sete di vendetta instillatagli dalla madre, non abbia scelto a caso il luogo dell’agguato.
Forse venne consigliato da “qualcuno” versato in determinate e proibite pratiche occulte, che conosceva quel portale come un “luogo nero”.
Un “punto energetico negativo” in cui questa energia si sarebbe accresciuta a seguito dell’assassinio.
Fantasie degne di un film o romanzo dell’orrore, oppure esiste davvero una realtà che esula da quella in cui siamo abituati a vivere quotidianamente ma che ogni tanto vi irrompe con conseguenze sempre tragiche o comunque inquietanti?
10. Immagine sopra; comparazione tra il volto nella chiave di volta del portale in via Roma a Prossedi (a sx) e quello demoniaco dissimulato nella chiave di volta del portale di Palazzo Monti a Sonnino (foto G. Pavat)
Il volto dissimulato nella chiave di volta del Portale di Palazzo Monti (XV secolo) a Sonnino, non è un caso unico.
Infatti, ne esiste un altro molto simile sebbene non identico, anch’esso dissimulato nel blocco lapideo che costituisce la chiave di volta di un portale in via Roma nel paese di Prossedi, sui Monti Lepini ma anch’esso in provincia di Latina.
A dire il vero il “volto” prossetano non sembra così inquietante e mefistofelico come quello sonninese.
11. Immagine sopra; il volto nella chiave di volta del portale in via Roma a Prossedi (foto G. Pavat).
Tale impressione deriva, forse, dalla circostanza che non risultano esserci fatti di sangue o comunque episodi particolari, afferenti l’ingresso o il palazzo stesso di via Roma.
(Giancarlo Pavat)
12. Immagine sopra; L’autore di questo articolo, Giancarlo Pavat, immerso in una inquietante atmosfera nel centro storico di Sonnino (foto G. Pavat)