L’enigmatico crittogramma del Sheperd’s Monument (UK)
di Giancarlo Pavat.
La Storia, come la risacca di un mare dopo una tempesta, ha depositato attraverso i secoli, testimonianze e tracce dell’Umano ingegno estrapolandoli da loro contesto.
Quasi che un dispettoso folletto abbia deliberatamente ingarbugliato i fili di una matassa storica, lasciandoci soltanto alcuni frammenti. Ai quali, di frequente non riusciamo a dare la giusta collocazione. Pezzi di un gigantesco mosaico di cui si sono persi i cartoni e quindi non è possibile ricostruire la visione d’insieme.
E’ quanto succede per molte iscrizioni, spesso soltanto gruppi di lettere, altre volte interi alfabeti, incise, scolpite nella pietra, nel marmo, del duro basalto. Alle quali non si è potuta dare una traduzione o spiegazione, nemmeno verosimile. Tracce di un Passato dimenticato che hanno generato ipotesi, di frequente fantasiose, accesi dibattiti, stroncato carriere, ridotto sul lastrico centinaia di ricercatori, imprenditori, studiosi, romantici sognatori.
Una di queste iscrizioni si trova sul cosiddetto “Sheperd’s Monument”, un manufatto del XVIII secolo visibile all’interno della Tenuta di Shugborough Hall nello Staffordshire in Inghilterra. Fino agli anni ’60 del XX secolo, la Tenuta è appartenuta agli Anson Conti di Lichfield, poi è stata ceduta al National Trust ed è attualmente gestita dal Staffordshire County Council.
Come scrive l’ottimo Giulio Coluzzi nel suo studio sul manufatto (si veda www.angolohermes.com), a volere il monumento fu Thomas Anson e venne realizzato tra il 1748 ed il1763.
La particolarità di questo monumento, probabilmente funerario, è concentrata tutta in una serie di 10 lettere maiuscole dell’alfabeto latino:
D OUOSVAVV M
Con al D e la M leggermente distanziate e più in basso delle altre.
Che cosa significhi questo crittogramma è un mistero che dura da centinaia di anni. Come è parimenti ignoto il nome di chi l’abbia realizzato.
Si sono cimentati nel tentativo di sciogliere l’enigma dell’iscrizione persino personaggi come Charles Dickens e Charles Darwin. Ma senza successo.
Il successo ottenuto negli anni ’80 dai libri sui Misteri (o supposti tali) di Rennes-le-Chateau, del Graal, della Maddalena e della Tomba di Cristo che si troverebbe nei Pirenei e che sarebbe ritratta nei celebri quadri di Nicolas Poussin (nato a Les Andelys nel 1594 e morto a Roma nel 1665, dove è sepolto nella chiesa di San Lorenzo in Lucina) e del Guercino (Giovanni Francesco Barbieri, nato a Cento nel 1591 e morto a Bologna 1666), ha riportato all’attenzione dell’opinione pubblica (soprattutto Anglosassone), assetata di enigmi e misteri (anche dove non ci sono) pure l’iscrizione dello “Sheperd’s Monument”.
Anche perché sul medesimo monumento è presente, sopra la lastra con l’iscrizione, un lapide marmorea, probabilmente sbalzata dallo scultore Peter Scheemakers, riproducente (ma in maniera speculare e con qualche particolare diverso) proprio il famoso quadro “Pastori in Arcadia” del 1640 di Nicolas Poussin.
Su questo quadro, e sull’altra versione del 1627 conservata a Chatsworth House, e sull’opera simile “Et in Arcadia Ego” (1618-1622) del Guercino (esposta a Roma alla Galleria Borghese), si sono versati i proverbiali fiumi d’inchiostro e, pertanto, rimandiamo agli ottimi lavori in proposito. Tra cui quello del già citato amico e ricercatore del mistero Giulio Coluzzi , presente nel suo sito www.angolohermes.com.
In questa sede varrà la pena di ricordare che, sebbene monumento ed iscrizione siano senza alcuna ombra di dubbio settecenteschi, anche per questo enigma sono stati tirati in ballo gli onnipresenti Templari. E questo nonostante fossero ormai scomparsi (quelli “veri”) da cinquecento anni.
Come ho già avuto modo di sottolineare nel mio libro “Nel segno di Valcento”, non c’è mistero a partire dal XII secolo (ovvero dallo loro data “storica” di nascita) in cui non siano stati in qualche modo coinvolti i “Pauperes Commilitones Christi Templique Salomonici”. Se non sbaglio mancano soltanto gli Ufo, il Triangolo delle Bermude ed il mostro di Loch Ness!
Battute a parte. Uno degli scopi che mi sono prefissato nella mia ormai decennale ricerca sui Templari, è proprio quello di (come direbbe Foscolo) sfrondare la tematica da tutta quella parafernalia di pseudo-storia, pseduo-archeologia, miti, leggende metropolitane, deliberati e clamorosi falsi, accumulatasi che nel corso dell’ultimo secolo.
Di misteri ed angoli oscuri relativi alla storia dei Templari ce ne sono in abbondanza senza dove ricorrere a fraudolenti scoop.
Eppure secondo alcuni cultori di una certa “eso-storia” a realizzare l’iscrizione dello “Sheperd’s Monument” sarebbero stati appunto dei Templari sopravvissuti (o loro eredi) e che decifrandola si troverebbe il nascondiglio del (manco a dirlo) Santo Graal.
Ogni commento rimane superfluo.
Tra le altre (e più plausibili) ipotesi di soluzione dell’enigma sono annoverate “lettere amorose”, “versetti biblici” ed un semplice ma arguto scherzo voluto dai membri della Famiglia Anson.
Anche in questo caso consigliamo di leggere la ricerca di Coluzzi per avere una quadro completo delle varie ipotesi (alcune decisamente ragionevoli) di decrittazione della misteriosa iscrizione.
Quanto alla “Cerca del Graal”, il ricercatore storico inglese A.J. Morton ha dichiarato “Il Graal ha portato un po’ di attenzione alla tenuta e un certo numero di finanziamenti ma, a meno che non salti fuori qualche prova più convincente, la storia del Graal ha esaurito il suo smalto”.
In merito alle ricerche di Morton (ed alle spiegazioni che dà sul crittogramma) si consiglia di leggere anche l’articolo “Shepherd’s Monument ‘code’ was 19th century graffiti”, pubblicato sul sito del “The Telegraph”, www.telegraph.co.uk.
E’ probabile che piena luce sul crittogramma del “Sheperd’s Monument” non verrà mai fatta. Rimane un affascinante e, perché no, romantico enigma.
Ma che ci stimola nel cercare di individuare e svelare pure altre frasi misteriose presenti anche molto vicino a noi. A questo proposito invitiamo i lettori a segnalarcele.
Come diceva Saint-Euxpèry, “ci sono più segreti nel giardino di casa che sotto la Muraglia Cinese”.
(Giancarlo Pavat)
Forse un codice alfanumerico?