Autori Dialla Djibril e Diallo Adama
“Le mura megalitiche di Monte Castellone”
Breve storia del ritrovamento delle mura poligonali a Falvaterra
A seguito di alcune controlli su foto aeree da parte del Geologo Lamberto Ferri Ricchi, primo esploratore di tutto il ramo attivo ( 2.3 km) delle Grotte di Pastena e Falvaterra (1966) , furono effettuate nel 2007-2008 delle ricognizioni da parte del Dott. Augusto Carè su tutto il sistema di Monte Lamia – Costa Marione e Monte Cisternola.
In particolare la ricerca, oltre al rilievo di numerose cavità carsiche minori ed inghiottitoi in collegamento con il sistema carsico di Pastena – Falvaterra, furono controllate alcune aree in cui sia il nome, Castellone, sia la presenza di cumuli di pietre in posizione particolare, sulle alture di Costa Marione sia la disposizone ad elllisse, lasciavano presagire una interessante storia.
Le prime immagini, delle mura e delle foto aree, furono inviate alla Dott.ssa Giovanna Battaglini, direttrice del parco archeologico di Fregellae la quale confermò, sebbene sulla base di semplici foto, tutta l’importanza dei due siti con la presenza molto probabile di mura di tipo poligonale di prima maniera.
Successivamente furono effettuate una serie di escursioni con del Prof. Italo Biddittu e di Giancarlo Pavat e Sonia, una successiva con alcuni esperti della Sovrintendenza ed infine, le ultime, insieme ad alcuni membri dell’associazione Fabrateria e al Prof. Monti.
In linea di massima tutti hanno confermato, in buona parte, l’esistenza sulla Costa Marione – Castellone di mura poligonali di prima maniera, anche se è opportuno effettuare dei rilievi e altre analisi, con campionamenti per dare maggiore validità alle indagini preliminari.
Le mura poligonali
Le mura poligonali sono sovrapposizione di massi in pietra calcarea poco lavorati o non lavorati, anche di notevole peso e dimensioni, senza ausilio di malte o altri leganti, è il peso stesso ad assicurare la stabilità delle strutture che presentano uno spessore maggiore alla base e si assottigliano verso l’alto. La tecnica prevede che si raccogliessero i massi nella parte alta della cima, venivano fatti scivolare verso il basso raggiungendo la sommità del muro appoggiato ad un terrapieno. Esistevano macchine o leve per lo spostamento ed il sollevamento di tali blocchi.
Varie sono le ipotesi sia su chi le abbia realizzate sia sull’epoca di realizzazione, in genere si collocano in una fase preromana VI-VII a.c., con tipologie di costruzione più elaborate, in cui si distinguono 4 maniere principali:
- Nella I maniera i massi sono utilizzati come trovati in natura, solo sommariamente sbozzati, con ampi interstizi riempiti da schegge e frammenti di rincalzo;
- Nella II maniera i massi vengono scelti con maggiore cura, subiscono una sommaria lavorazione, soprattutto sui piani di posa e sulla faccia vista. I giunti sono più precisi e gli interstizi sono sempre riempiti con schegge materiali di risulta più piccoli;
- Nella III maniera la pietra veniva lavorata in modo che le superfici di contatto combaciassero perfettamente, sulla faccia in vista i piani sono perfettamente piani;
- Nella IV maniera i piani di appoggio tendono a divenire orizzontali con tendenza a blocchi con forme di parallelepipedo.
Distribuzione dei centri con mura poligonali nel basso Lazio
Sito n° 1
Il sito n° 1 presenta una certa continuità con tratti di muro poligonale ben evidente, alti in alcuni punti oltre i due metri, con massi di notevole dimensioni e lunghezza visibile oltre i 10 metri. Alcuni tratti sono meno evidenti, immersi nella vegetazione e sotto i depositi di terra o crollati con massi rotolati verso la valle a Nord.
La perimetrazione è sviluppata lungo il settore Nord ed Ovest, non è ben evidente né a Sud né ad Est.
La quota di ubicazione è di 300 mt s.l.m.
Il sito n° 2
Il sito n° 2 , posto sulla parte superiore di Costa Marione, a quota 330 metri s.l.m., presenta cumuli di pietre di dimensioni nettamente minori, disposte lungo il lato sud, est, nord, meno evidenti sul lato ovest. Si notano di massi maggiori sul lato sud-ovest con un certo allineamento; si rileva, inoltre, una grande quantità di terracotte con manici e parti di vasellame.
La lunghezza delle mura del sito è di circa 200 metri con lati più sviluppati lungo i due lati Nord e Sud, circa 70 metri, minori est-ovest , circa 30 metri.
La quota di ubicazione è di 340 metro s.l.m.
Il sito n° 2 visto da monte Cisternola, lato da Sud verso Nord
Una possibile ipotesi sulla funzione delle mura poligonali di Falvaterra
L’area dei due siti delle mura poligonali nel comune di Falvaterra si trova lungo un sistema legato alla transumanza ancora attivo, ma spostato con la creazione di nuove strade di collegamento tra la zona montana appenninica e la zona del mare di Fondi. Proprio a pochi passi dai due siti è posto un vecchio percorso di collegamento chiamato “via dei Pastenesi o delle Grotte”, collegante quindi l’area di Pastena con la pianura della Valle Latina, con presenza lungo il percorso di fonti e punti di approvvigionamento di acqua.
Foglio catastale n° 2 del Comune di Falvaterra
Tale situazione potrebbe far supporre che i due siti possano aver svolto una funzione di tipo militare e civile con protezione, controllo su una vasta area, dall’alto dell’altura di Monte Castellone-Costa Marione, dominante la Valle Latina, ed in diretto collegamento visivo con altri centri fortificati vicini, Monte Nero di Castro dei Volsci e Rocca d’Arce.
Altrettanto importante è il controllo visivo che da qui si può effettuare sulla parte terminale del fiume Sacco fino alla confluenza con il fiume Liri oltre che sulla Valle Latina.
Sicuramente, con la conquista romana, queste zone fortificate sono state abbandonate quasi del tutto, anche se uno studio sui materiali nei depositi dei due siti potrebbero portarci ad indicare ulteriori utilizzazioni in epoche successive così come accaduto per altri centri vicini ( Monte Nero di Castro dei Volsci). A questo proposito occorre precisare che si rinvengono in alcuni punti superstiti e solitari capanne in pietra a secco, così vicini alle opere degli antichi italici, testimonianti la fatica del vivere di pastori e contadini stagionali, ultimi eredi della vicenda umana delle aree montane locali.