STRAORDINARIE SCOPERTE ARCHEOLOGICHE AD ALATRI (FR).
DALLA NOTTE DEI TEMPI RIEMERGONO MISTERIOSE STRUTTURE MEGALITICHE
La straordinaria città di Alatri (FR), celebre per la sua “Acropoli” e le sue gigantesche mura in opera poligonale e con i suoi misteri dei Templari e del “Cristo nel labirinto”, non finisce mai di stupire e di costringerci a domandarci quanto poco sappiamo ancora oggi del passato più lontano della nostra storia.
Enigmatiche strutture megalitiche stanno tornando alla luce dalle campagne di alcune colline prospicienti la città ernica. A darne notizia, domenica scorsa (31 dicembre NDR) in una affollata (molti i giovani, ed è una nota assolutamente positiva) sala riunioni del Liceo Ginnasio “Conti Gentili”, gli stessi scopritori, il dottor Giulio Rossi, medico e già assessore alla cultura e vicesindaco di Alatri, e il prof. Angelo Boezi.
L’evento, realizzato grazie alla squisita disponibilità della Preside del Liceo professoressa Roberta Fanfarillo, ha visto la presenza degli architetti Daniele Baldassarre e Marco Odargi, nonché del noto scrittore e ricercatore Giancarlo Pavat.
Presenti in sala anche i ricercatori Marco Di Donato e Paolo Accettola.
Da oltre un mese, all’inizio quasi casualmente “durante una passeggiata in cerca di asparagi” come ha spiegato Giulio Rossi, in un’area collinare antistante Alatri, area decisamente vasta, corrispondente alle località di Monte Capraro, Monte Lungo e Pelonga, i due ricercatori stanno individuando decine e decine di manufatti che assomigliano incredibilmente ad altri famosissimi ed antichissimi monumenti. Si va da cairn (cumuli di pietre), a quelle che sembrano essere state “tombe a camera” nonché di altri tratti di mura in opera poligonale.
Quello che i ricercatori, per il momento, sono riusciti a determinare con certezza, è la continuità millenaria di insediamento in quelle zone, distinguendo almeno tre fasi. Quella “ciclopica” che si concretizza nella presenza di tratti di possenti mura in opera poligonale di terza e quarta maniera, estese per centinaia di metri; ad esempio a Pelonga (alcune, tra l’altro già note) e in località (guarda caso) “Muraglia” presso Monte San Marino. Quella “megalitica” che vede la presenza di “cairn” o “tombe a Tholos a falsa cupola” come ha spiegato il professor Angelo Boezi. A quella romana (cocci e tegolame sparso ed almeno una cisterna, oltre a diverse abitazioni o ville rustiche) e medievale (i ruderi di Santa Maria di Pelonga, chiesa costruita utilizzando il materiale delle precedenti e ben più antiche strutture).
Ma, in sintesi, a che cosa ci si sta trovando di fronte sulle colline alatrensi? Al momento nessuno è in grado di dare una risposta certa. “Per quanto riguarda i manufatti più antichi o, apparentemente più arcaici, forse ci troviamo al cospetto di vestigia di una cultura o civiltà precedente alle mura ciclopiche di Alatri”. Il prof. Boezi ha fatto interessanti raffronti con strutture similari presenti sull’isola di Pantelleria e risalenti ad un arco temporale che va dal IV al II millennio a.C..l
Ma come è stato possibile che nessuno se ne sia mai accorto sino ad oggi? “Certamente i contadini e di pastori della zona conoscevano da sempre quei manufatti. Alcuni sono andati distrutti perché sono stati trasformati in cave per materiale da costruzione. Il problema che non sono mai stati studiati dagli archeologi. Sarebbero necessari saggi di scavo e studi approfonditi. Certamente siamo coscienti delle difficoltà dovute al particolare momento di crisi ed al fatto che l’area è vastissima”
Infatti i due ricercatori hanno svolto finora soltanto ricognizioni di superficie. Appare ora necessario mappare i vari manufatti e provvedere a garantirne la sicurezza. “Abbiamo, come previsto dalla Legge, avvisato le autorità competenti” hanno spiegato Giulio Rossi e Angelo Boezi “la Soprintendenza, il direttore del Civico Museo Archeologico Luca Attenni e il Gruppo Tutela del Patrimonio Archeologico della Guardia di Finanza nella persona del suo comandante colonnello Massimo Rossi”.
Si spera, quindi, in un fattivo intervento per poter tutelare e, soprattutto, per far luce su questo nuovo ed affascinante enigma alatrense.
I ricercatori sperano, quanto prima, che si possa, magari con un georadar, “vedere” cose c’è all’interno di quei manufatti che appaiono “sigillati” da pietrame. Sono semplici mucchi di sassi o, come ritengono gli stessi scopritori, tumuli sepolcrali ancora inviolati, che magari celano “tombe a camera”?!
A questo proposito, durante la conferenza ha preso la parola Giancarlo Pavat che ha raccontato le sensazioni e le emozioni provate di fronte a questi sorprendenti e misteriosi manufatti alatrensi.
“Quando per la prima volta mi sono state mostrate dall’amico Giulio Rossi, le foto di alcuni di questi manufatti, sono rimasto letteralmente a bocca aperta. Non sono un archeologo e quindi non mi permetto di stilare giudizi ed attribuzioni, che comunque ritengo siano assolutamente prematuri” ha spiegato Pavat “ma non nego che l’impressione (rafforzata quando, accompagnato da Giulio Rossi, ho potuto osservare dal vero queste singolari strutture) è stata quella di un deja vù. Mi sembrava di vedere cairn, tombe a camera dolmeniche che ho avuto modo di visitare durante i miei viaggi di ricerca nell’Europa settentrionale, soprattutto in Scandinavia e nel Mar Baltico. Ho avuto l’impressione di trovarmi davanti ai grandi cairn dell’Età del Bronzo sulle colline boscose di Vitlicke nel Bohuslan, regione costiera svedese del Mare del Nord, o al tumulo preistorico del sito di Lejstu rojr, non distante da Ronehamn, piccola località portuale sulla costa sudorientale dell’isola di Gotland. O, ancora, davanti alla tomba a camera di Kivik sul Baltico”. Pavat ha sottolineato che forse si tratta soltanto suggestioni ma invito a fare un raffronto con le immagini che ha mostrato in sala e che, gentilmente ci ha fornito per corredare questo articolo.
Prima di concludere riteniamo necessario sottolineare il debito di gratitudine che tutti si deve avere nei confronti ni di Giulio Rossi e Angelo Boezi per le loro scoperte ed il loro impegno in queste ricerche. E’ questo il modo giusto per valorizzare e tutelare l’immenso patrimonio archeologico, storico ed artistico alatrense e per far luce su suoi misteri. E non “sparando” assurdi ed improbabili scoop e facendo arrivare in città ciarlatani o imbonitori da fiera che gettano solo discredito sui seri ricercatori che da tempo, con abnegazione e a titolo assolutamente gratuito, stanno portando avanti studi e ricerche innovative e “di confine”.
Noi de “Il Punto sul Mistero” ci auguriamo che si possa intervenire quanto prima nei confronti di questi incredibili manufatti e ci uniamo all’appello a collaborare rivolto a ricercatori di tutte le discipline e parti d’Italia. Per quanto ci riguarda, sin d’ora possiamo garantire che continueremo a seguire la vicenda.
LA REDAZIONE
La foto nr. 4 è di Marco Di Donato.
La foto nr. 11 è di Angelo Boezi.
Le foto nn.rr. 6, 7, 8, 9 sono di Giulio Rossi.
Le foto nn.rr. 1, 2, 3, 5, 10, 12, 13, 14, 15, 16 e 17 sono di Giancarlo Pavat.
interessante la vs ricerca. è importate che ognuno porti un tassello di qualità per la riscoperta del passato. il periodo megalitico è tanto affascinante perché si ritrova in ogni parte del globo e sempre con le stesse tecniche costruttive. io porto avanti da anni una seria ricerca su Atlantide in sudamerica e sul megalitismo comincio a pensare che sia stato una necessità ingegneristica per cavarsela in un determinato momento storico – antidiluviano- in cui il clima faceva le bizze. è acclarato ormai scientificamente il brusco passaggio dall’ ultima fase finale della glaciazione- pleistocene – al periodo successivo – olocene – con un innalzamento repentino delle temperature. visto che l’ utilizzo di massi enormi a quei tempi non si giustifica con la difesa militare, penso che uno sforzo logistico di tale portata potrebbe essere ricondotto alla protezione vitale contro i raggi solari. con il tempo poi ristabilitosi un clima accettabile, questi siti sono divenuti dei centri cerimoniali o tombe per personaggi illustri. a questo proposito è fondamentale lo scambio di idee e di nozioni affinché si riesca piano paino a ricomporre il puzzle con buona pace degli scettici che non credono all’ esistenza di civiltà antidiluviane….incredibile perché ci sono prove ovunque ! Saluti e complimenti, la ricerca continua……
Buongiorno spero che pubblicherete questo mio commento anche se darà fastidio a qualcuno. Non voglio fare nomi così non c’è il rischio di querele ma si comprenderà di chi sto parlando, soprattutto se chi mi leggerà è di Alatri (FR). Ieri era il giorno del Solstizio, il natale di Alatri, come3 ci ha insegnato l’indimenticabile don Giuseppe Capone. Ancor auna volta si è riproposto l’evento del Primo raggio di Sole sull’Acropoli. Ancor auna volta mi sono emozionata. Poi sono andata a seguire il convegno organizzato dall’erede spirituale di don Capone, ovvero Paolo Ornello Tofani ….e sono rimasta….allibita. Sul palco si sono alternati personaggi che definire da baraccone da fiera è dir poco….non avrei mai immaginato che la nostra Alatri venisse tenuta in così bassa considerazione. ma come si fa ad invitare simili personaggi. Chi li ha invitati e ha organizzato il tutto dovrebbe vergognarsi.
Povero don Giuseppe Capone…..in che mani ha lasciato le sue ricerche e di suoi studi….
Ecco perchè ho letto il vostro articolo (quella domenica purtroppo non sono potuta essere presente…) e ho deciso seguirò queste nuove ricerche che mi sembrano portate avanti in tranquillità, senza squilli di trombe e da persone serie.
Grazie.
Carla M.