Immagine di apertura: una visuale insolita del “Mammoccio Martini”. Dino Coppola ha potuto scattare questa foto dall’alto grazie alla cortese disponibilità degli abitanti dell’edificio posto di fronte a Palazzo Martini (foto D. Coppola 2022)
NUOVE RICERCHE E IPOTESI SUL “MAMMOCCIO MARTINI” DI CASTRO DEI VOLSCI (FR)
di Dino Coppola
Del Mammoccio Martini abbiamo già riferito qualche tempo fa, su questo sito, quando si tentò di fornire un’ipotesi di ricostruzione etimologica del termine.
Ma una ricostruzione etimologica, per quanto precisa, può non essere sufficiente per descrivere e spiegare un manufatto, men che mai il manufatto del Mammoccio.
Prima di procedere nel nostro articolo, urge esprimere un grande ringraziamento a molti attori che hanno permesso il buon esito della ricerca effettuata sul territorio (in occasione delle riprese del programma SIMBOLIKA NDR).
2. Dino Coppola e Giancarlo Pavat a Castro dei Volsci durante le riprese di SIMBOLIKA (foto D. Coppola 2022).
Un grazie va alla Dott.ssa Lucia Rossi, responsabile dell’ufficio culturale del Comune di Castro e che ci ha fornito una visione approfondita e vasta della storia del luogo, dimostrando una disponibilità ed un amore per la propria terra veramente fuori dal comune. Grazie alla locale Pro Loco, che ci ha accompagnati con grande professionalità e accortezza durante le passeggiate di ricognizione. E, last but not least, un grazie speciale per la grande cortesia e disponibilità sia del personale di “Casa Gregorio”, nome dell’attuale proprietà di Palazzo Martini, sia della cittadinanza castrese, che non ha esitato a mettere a disposizione addirittura la propria abitazione per consentire di fare alcune foto del Mammoccio da posizione quasi frontale e quindi da un’angolazione del tutto nuova.
Ma eccoci dunque al nostro Mammoccio, ossia a quella figura esterna al palazzo Martini/Gregorio, visibile percorrendo Via Civita, la quale appare essere, sulla base degli elementi che la compongono, un’effige con funzione apotropaica.
Essa è composta da una serie di elementi che saranno ora descritti nel dettaglio. L’intera figura si articola all’interno di due triangoli approssimativamente equilateri che compongono un rombo.
Il triangolo superiore contiene una struttura ad uovo, posta più o meno al centro del triangolo e nel punto più basso dell’incavo dello stesso triangolo. Alla sinistra dell’uovo (la destra per l’osservatore) si delinea ciò che doveva essere inizialmente un crescente calante.
La destra dell’uovo (la sinistra per l’osservatore) non reca alcun elemento. Visto dalla strada non risulta infatti alcunché che possa essere distinto ad occhio nudo.
È stato quindi provvidenziale, oltre che estremamente gentile, che gli abitanti dell’edificio prospiciente il Mammoccio abbiano consentito che si scattassero delle foto dal loro balcone posto al secondo piano della loro palazzina.
3. Il “Mammoccio Martini” fotografato dal basso (foto G Pavat 2022).
Questo ha consentito di poter vedere dettagli del Mammoccio che sino a quel momento non erano stati visibili dal piano di calpestio della strada. Si vede così che alla destra dell’uovo c’è una zona che appare essere stata “restaurata” in passato, il che ha comportato un’abrasione praticamente completa di ciò che doveva essere visibile prima. Poiché a sinistra (destra per l’osservatore) del’uovo si intravede ciò che appare essere stato un crescente, e supponendo che anche questo manufatto, come molti altri della stessa specie, ossia i mascheroni apotropaici, ampiamente diffusi in questa parte del Lazio e minuziosamente documentati da Giancarlo Pavat, abbia struttura simmetrica, sviluppandosi anche nella parte bassa secondo un asse di simmetria verticale, assumiamo che alla destra dell’uovo (sinistra per l’osservatore) si possa essere trovato un Crescente Montante, oggi non più visibile. Se questa ipotesi dovesse essere veritiera, apparrebbe verosimile che le tre immagini affiancate rappresentassero in passato la Triplice Dea.
Questo è un elemento femminile di straordinaria potenza. Infatti, esso si rifà al mito di Demetra e alla sua spasmodica ricerca di Kore/Persefone, rapita da Ade e condotta al Regno degli Inferi, ove ella sarà sposa del Dio ctonio e da dove potrà uscire per due terzi dell’anno (oppure, secondo altre interpretazioni, per metà dell’anno), per stare vicino alla propria madre Demetra alla luce del sole.
Ma v’è un terzo elemento di questa trinità. Esso, secondo la tradizione, rappresenterebbe Ecate (Selene). Anche questa figura è caratterizzata da una triplice essenza (Virgilio: Aen. IV 511; Sofocle: Ant. 1199). Nella simbologia tradizionale la Triplice Dea rappresenta le tre fasi della vita della donna: Il crescente montante è la vergine, la figlia, la giovane che contiene in sè la promessa del futuro.
La sfera al centro (luna piena o uovo) è la donna giunta in età matura, pronta ad affermare la propria personalità, atta a dare nuova vita, fertile, pronta a difendere la propria prole con ogni mezzo (anche qui emerge ancora una volta Demetra, che non demorde e costringe alla fine Zeus, suo fratello e sposo, padre di Kore/Persefone a piegare Ade alla di lei volontà, pur dovendo ella tuttavia cedere almeno in parte, visto che Persefone sarà obbligata a tornare con Ade periodicamente). Il crescente calante diviene così la donna in età avanzata, giunta alla sera della propria esistenza, tuttavia ancora capace di donare tanto, soprattutto la propria saggezza.
Ma gli elementi femminili di questa parte superiore del Mammoccio non finiscono qui. Come già detto, grazie alla massima disponibilità che ci è stata offerta dagli abitanti dell’edificio posto di fronte al Mammoccio, è stato possibile scattare delle foto da un’angolazione tale da consentire di riconoscere un elemento fondamentale che non restava ben visibile dal livello della strada. Si tratta di un elemento che ha i tratti di una conchiglia. La conchiglia è un elemento clou nell’analisi dei mascheroni, in quanto è quasi onnipresente.
Esso infatti sarà oggetto di uno studio separato, ove analizzeremo la sua presenza in concomitanza con altri simboli che emergono nei mascheroni apotropaici.Anche la conchiglia è un elemento femminile, oltre che di acqua.
La conchiglia è protezione. Essa rimanda al concetto di utero, di nascita. Di fatti, il battesimo di Cristo, operato da San Giovanni, è una rinascita alla vita cristiana. Cristo viene battezzato con l’acqua del fiume Giordano e con una conchiglia. E la stessa la troviamo quasi in ogni chiesa come acquasantiera, oltreché stilizzata sui fonti battesimali.Il terzo elemento femminile è rappresentato dall’uovo. E’ il simbolo per antonomasia della nascita, della vita e, di conseguenza, intimamente legato al femminile che può generarlo. La simbologia dell’uovo è estremamente complessa ed ampia. Lo troviamo praticamente in tutte le culture della terra e non appare questa la sede per descriverne tutte (tante) le caratteristiche che fanno dell’uovo uno degli archetipi della simbologia mondiale.
Ma qui avviene il primo “controbilanciamento” che caratterizza il Mammoccio: i tre (!) simboli femminili sono inscritti in un triangolo (!) equilatero non tracciato nei suoi contorni, ma perfettamente visibile, il cui vertice punta verso l’alto. Il triangolo con la punta verso l’alto ha un significato maschile. Esso rappresenta il fuoco, il fallo. E quindi si ha una sorta di Yin Yang, un equilibrio che è monito per chi è in grado di leggere i segnali. Non v’è alcunché di assoluto. Nel maschile v’è sempre del femminile, e viceversa. Si noti già qui il rapporto tre a uno tra il femminile e il maschile! Vedremo più avanti che anche questa circostanza non appare essere casuale nel “Mammoccio Martini”.
4. Il “Mammoccio Martini” fotografato sempre dal basso (foto G Pavat 2022).
Queste ultime considerazioni suonano quasi assiomatiche e si potrebbe pensare che siano delle forzature. Per confutarle o confermarle passiamo ora all’analisi della parte inferiore della composizione del “Mammoccio”. Il nostro “Mammoccio” è composto, come si sa, di una parte inferiore estremamente iconica, al punto che potrebbe aver tratto in confusione un intero paese proprio grazie ad una presunta somiglianza ad una sorta di scimmietta/infante (nel dialetto locale: mammoccio/bamboccio), da cui potrebbe derivare il nome con cui è noto, come spiegato nell’articolo presente in questo sito.
Anche per la parte inferiore è stata di grande utilità la possibilità di poter scattare una foto praticamente frontale al manufatto. Infatti si vede bene come sopra al viso vi sia una folta capigliatura, come le orecchie siano effettivamente a punta e come gli occhi del volto effigiato non siano cattivi. Abbiamo dunque voluto effettuare un’analisi semantica dei personaggi spesso presenti sui mascheroni, che però al contempo non stonassero con gli attributi della parte superiore del mascherone. Sono stati presi in considerazione tre personaggi che maggiormente si avvicinano per sembianze al viso del Mammoccio.
Si è pensato ad un Elfo, a Pan e a Bes. Gli Elfi non fanno parte della cultura di questa zona dell’Italia ed appaiono pertanto poco plausibili all’interno di un composto sì ben articolato e ricercato. Infatti, i simboli sin qui analizzati rimandano piuttosto a divinità o personaggi mediterranei, non nordici. Ci sentiamo dunque di escludere tale personaggio.
Pan, che sicuramente è una divinità mediterranea, era il dio greco della pastorizia. Si tratta di un personaggio che trova applicazione, se così si può dire, nel campo agreste e boschivo e non presenta particolari legami né con l’elemento femminile, né con l’acqua. Stona un pò la sua presenza nel mascherone del Mammoccio. Resterebbe quindi Bes.
Tra i tre personaggi proposti, Bes si presta meglio di ogni altro a continuare quel fil rouge che governa la composizione del Mammoccio.
Bes, divinità minore maschile del panteon egizio, era il protettore delle partorienti, dei bambini stessi. Inoltre, egli aveva proprio dichiarata funzione apotropaica, al punto che spesso lo si trovava addirittura sugli edifici che circondavano i grandi templi. Dunque Bes appare essere un candidato di tutto rispetto, ma soprattutto logico, da collocare in questa composizione simbologica che noi continuiamo a chiamare, credo oramai a torto, “Mammoccio Martini”.
Resta da analizzare un ultimo elemento della composizione di cui stiamo parlando. Si tratta del triangolo equilatero in cui è inscritto il viso di Bes. Questo triangolo (!) è rivolto con la punta verso il basso. Abbiamo dunque un simbolo femminile, la vulva, l’utero, il luogo ove la vita viene concepita, generata e partorita. Il triangolo con il vertice verso il basso indica però anche l’acqua. Altro elemento che abbiamo già conosciuto in questa analisi, quando abbiamo parlato della conchiglia. Verifichiamo quindi anche nella parte inferiore del Mammoccio il bilanciamento femminile/maschile, ove il femminile è caratterizzato dalla presenza del tre (il triangolo!) – quindi ancora una volta il femminile e il maschile nel rapporto tre a uno. L’equilibrio tra i due generi dell’umanità. L’uomo non è mai completamente uomo, in quanto controbilanciato dal femminile. La donna non è mai completamente donna, in quanto controbilanciata dal maschile.
Inoltre, il Mammoccio, nella sua interezza, ripercorre un ulteriore elemento comune con moltissimi altri mascheroni apotropaici, ossia i volti terrificanti (maschili) “governati” dalla conchiglia (femminile). Ma non vogliamo anticipare nulla su questo argomento, che, come accennavamo all’inizio, sarà oggetto di separato lavoro di ricerca.
Apparrebbe dunque chiudersi un cerchio da noi ovviamente solo ipotizzato, ma che presenta una serie di caratteristiche tali da consentirci di postulare una conclusione che è tutt’altro che disdicevole o deplorevole per il “Mammoccio”.
Eccoci dunque alla resta dei conti. E non sarà una resa dei conti facile.
Considerate tutte le ipotesi sin qui proposte, potrebbe essere opportuno concludere non già con una tesi più o meno supportabile, poiché in questo caso, come in tanti altri, non v’è quasi alcuna fonte che possa fornirci un supportodocumentale e documentato del manufatto, ma con una serie di domande. Domande che dovranno servire per indirizzare l’ulteriore ricerca, mantendendo nel frattempo le riflessioni di questo articolo come punto di partenza, se esse saranno considerate tali dallle lettrici e dai lettori.
Ragioniamo dunque insieme sulle seguenti domande:
Cos’è veramente il “Mammoccio Martini”?
E’ giusto chiamarlo ancora “Mammoccio”?
Quale nome gli si potrebbe attribuire?
Perché lo troviamo in quella posizione (a 8 metri di altezza), rivolto verso un muro posto a poco meno di due metri e in un punto di via Civita che sembra stringersi di proposito proprio lì?
Vi è un qualche legame con le pietre ove le donne si recavano per ricevere, in seguito allo “strofinamento” del loro ventre contro dette pietre, il dono della gravidanza?
Il suo scopo era solo apotropaico?
Esistono altre figure assimilabili?
Come mai qualcuno, se non proprio la famiglia Martini, sentì il bisogno di commissionare un lavoro del genere, così denso di significati?
Il mistero del Mammoccio è lungi dall’essere svelato e molte domande dovranno ancora essere poste, affinché si venga a capo del suo reale e primigenio significato.
Post scriptum:
Ma insomma, se il “Mammoccio Martini” non è quel goffo e brutto essere visibile in via Civita, chi è dunque questo famigerato Mammoccio?
Forse una risposta ce l’abbiamo. Vi è un’effige che si presta molto di più a questo nome: si tratta di un viso litico (non si sa se in stucco e scolpito nella pietra viva) sito all’interno della Casa Gregorio (ex Palazzo Martini), nel locale che oggi funge da ristorante, al piano interrato di questo bell’edificio.
5. L’enigmatico mascherone posto all’interno del Palazzo Martini/Casa Gregori (foto G. Pavat 2022).
Anche di questo manufatto non si praticamente nulla, ma le sue fattezze, le sue sembianze, ma soprattutto la leggenda che vi aleggia intorno, hanno tutti gli ingredienti per un ulteriore mistero. Mistero di cui parleremo in un altro articolo.
A presto naviganti.
(Dino Coppola)