PIETRO FASOLI, INVENZIONI (dimenticate) “A GOGO’; di Fiorenzo Zampieri.

 

                                                               Immagine di apertura: IL MOTORE AD ACQUA ESISTE!

Ecco il “Motore Fasoli” ad acqua o a idrogeno

  

PIETRO FASOLI,

INVENZIONI (dimenticate) “A GOGO’

di Fiorenzo Zampieri

 

Conosciuti e rispettati da chi vive loro accanto ma anonimi per chi è appena fuori dalla loro quotidianità, nulla hanno da invidiare ai cosiddetti “grandi”, che spesso dalla loro parte hanno, oltre la genialità, anche la “fortuna”.

2 Immagine sopra: Pietro Fasoli
Uno di questi è Pietro Fasoli, che per campare fece il ciclista, l’aviatore, l’operaio, il meccanico, il contadino, e chissà cos’altro, sempre però accompagnato dalla più grande delle sue passioni, quella delle invenzioni.
Nacque a Vertova (BG) nel 1891, da una povera famiglia di contadini. Negli studi, per ragioni economiche, non andò oltre i primi anni di un Istituto Tecnico Industriale, poiché dovette trovarsi un lavoro per contribuire alle esigenze famigliari.

 

Prima della guerra “15-18” ebbe una certa notorietà nel ciclismo. Poi si arruolò nei bersaglieri per poi diventare aviatore, titolare di uno dei primi brevetti (n. 33) rilasciati dall’Aeronautica Italiana.

LE PRIME INVENZIONI

E’ in questo periodo che Fasoli realizza la sua prima invenzione, il tachimetro d’aereo costituito da una ventola azionata dal vento. Sempre nel 1915 realizza uno dei primi gasogeni a legna e carbone, per motori a combustione interna, e un impianto radio per aerei che comunicava con l’artiglieria a terra, per regolarne il tiro.
A quel tempo, l’aviazione mondiale era ancora alle prime esperienze e accadeva che le sciagure aeree fossero frequenti. In particolare, non si riusciva a comprendere la ragione di quelle che capitavano agli aerei “Comer” inglesi. Fasoli, esperto in campo aeronautico, dopo aver meditato sulla questione, si convinse che le sciagure dovevano essere provocate dallo snervamento dei materiali dovuto alla “fatica” a cui erano soggetti i componenti meccanici. Il Fasoli inviò una relazione all’ambasciatore inglese, ed essendosi dimostrata esatta la sua ipotesi, ebbe dall’ambasciata inglese a Roma i più vivi ringraziamenti.
Dopo varie vicende e trasferimenti dall’Italia all’estero e viceversa, finalmente si stabilisce a Comenduno (BG) con la famiglia, moglie e quattro figli e intraprende l’attività di demolitore di auto e finalmente decide di dedicarsi stabilmente alla sua attività preferita: quella dell’inventore.
La sua genialità lo porterà ben presto a farsi conoscere, perché delle sue invenzioni si parlava molto, anche se non venivano realizzate su scala industriale. Una delle sue ideazioni di maggior successo furono gli ammortizzatori idraulici per automobili, che vennero poi diffusi in tutto il mondo da una grande industria estera.
All’epoca per muoversi, si usavano le moto, le Lambrette, le Vespe, gli scooter. Per mitigare il freddo, inventò la tuta autoriscaldante per motociclisti, camionisti e trattoristi, funzionante attraverso il ricupero del gas di scarico. Il riscaldamento avveniva praticando un foro sulla marmitta di scappamento, sul quale veniva applicato un manicotto con due semplici bulloncini. Sul manicotto veniva innestato un tubo metallico flessibile e in corrispondenza del tubo era applicato il distributore di calore prodotto dal motore e distribuito da tubi flessibili di plastica in ogni parte del corpo. L’idea era andata in concessione esclusiva ad una ditta di Milano, e la tuta in tessuto gommato flanellato impermeabile si vendeva allora a 12.500 lire.
3 Immagine sopra: Luigi, figlio di Pietro Fasoli, indossa la tuta autoriscaldante inventata dal padre
 

MOTORI AD ACQUA E NON SOLO

Una idea che lo tormentava era quella di realizzare un motore per automobili “funzionante ad acqua”, impiegando l’idrogeno al posto dei normali carburanti del motore a scoppio, applicando il principio della dissociazione dell’acqua. Al Fasoli, l’applicazione, tutt’altro che facile, dopo molte esperienze era riuscita. Su vecchie automobili aveva costruito un motore sperimentale, che in verità, poteva funzionare anche a benzina. Era di modeste dimensioni e pesava 35 kg. Sviluppava ben 70 HP, ed occupava nel cofano della macchina uno spazio molto minore degli attuali motori, lasciando il posto anche all’apparecchio della elettrolisi. Nel 1950 la RAI gli dedicò una trasmissione. Per molti anni Fasoli continuò, giornalmente, a fare con la sua “1100” con il motore ad acqua dissociata, il percorso da casa sua a Begamo di 21 km, con qualche saliscendi.
 
Altra sua invenzione fu il motore elettromagnetico, che girava senza essere alimentato dalla normale corrente elettrica né dalla benzina o dalla nafta. Questo motore sperimentale si basava su un’intuizione avuta osservando il funzionamento dei normali motori elettrici che ricevono la corrente elettrica da una rete di distribuzione. In realtà, il loro movimento deriva dal fatto che la corrente elettrica, circolando entro le bobine disposte all’interno del motore, generano campi magnetici che fanno girare il rotore. Il Fasoli riuscì ad eliminare la corrente elettrica sostituendola con magneti permanenti, creati con determinati minerali segreti, che captavano l’elettricità dispersa in atmosfera, e imprimevano il movimento al rotore. Il motore girava regolarmente senza alcun collegamento con la rete dell’energia elettrica, perché tutte le fonti di energia necessaria erano captate e contenute nell’interno del motore che si presentava non dissimile dei soliti motori elettrici. Il motore del Fasoli, quando girava, provocava la sua rimagnetizzazione.
Evidentemente di motori Fasoli si intendeva parecchio. Infatti, ne ha realizzato un terzo. Si tratta di un motore rotativo a combustione interna della massima semplicità, con ridotti al minimo gli organi principali (una sola valvola di emissione, una sola candela di tipo normale, nessun albero a gomito, nessun organo di raffreddamento, niente pistoni, niente bielle, lubrificazione limitata ai due supporti della girante dotati di cuscinetti a sfere), che assicura un risparmio del 70-80 per cento sul costo di produzione, del 30 per cento su quello di manutenzione e del 50 per cento sul consumo del carburante. La girante del motore comporta quattro camere di combustione e l’alimentazione può avvenire con gas di benzina comune, od anche con idrogeno, con gas illuminante, con metano, con gassogeno, ecc., per mezzo di un carburatore comune e di una sola valvola di emissione. Assolutamente rivoluzionario.
 
4 Immagine sopra: Fasoli accanto alla sua “1100” ad acqua
Un’altra idea del Fasoli riguardava il trasporto di energia elettrica senza fili. Dalla fonte fino al luogo di consumo occorrono, come è noto, pali, montanti, tralicci, sostegni chilometrici di cavi grossi o piccoli. Fasoli li voleva eliminare. Cominciò le sue prove in una cascina, distante una decina di km da casa sua, dove non arrivava che la luce del sole, studiando in questo luogo il trasporto di energia elettrica senza pali né fili. Dalla sua casa di Comenduno, con uno speciale dispositivo, lanciò un fascio di corrente che regolarmente captò in quella cascina. Le lampadine, collegate con i normali fili al dispositivo, s’illuminarono. L’esperimento era riuscito, il principio affermato. Si era nel 1936, ma poi non ne fece più nulla.

5. Immagine sopra: “Apparecchiature Fasoli”: trasmittente e ricevente per la trasmissione dell’energia elettrica senza fili

6. Immagine sopra: il faro antinebbia inventato da Fasoli.
In una rivista dell’Automobil Club francese troviamo un’altra invenzione del Fasoli: il faro antinebbia. Esso aumentava di un buon 20%, rispetto ai fari normali, la visibilità in caso di nebbia. Il suo funzionamento era affidato ad un sistema di oscillazione che lo schermo riceveva durante il moto dell’automobile. Alla gradualità della luce, che era stata introdotta più che altro per aumentare l’efficacia dell’apparecchio in relazione alla densità del banco di nebbia che il fascio luminoso doveva attraversare, si veniva a creare intorno alla sorgente una zona di maggior visibilità della profondità di molte decine di metri.
In un’intervista per L’Eco di Bergamo, Fasoli disse: “Sto perfezionando un brevetto, semplicissimo, per ferrovie ad una sola rotaia, ma ancora più mi appassiona la produzione di idrogeno solido, con un procedimento tutto mio”, e ne mostrava un pezzetto ai presenti, un grammo circa, di aspetto e lucentezza metallica simile a un frammento di galena, “che poi farò esplodere con l’ausilio di un detonatore nella speranza che con ulteriori ricerche se ne possa disciplinare, al servizio dell’industria, una formidabile energia”.
Già nel 1950, alla presenza di un gruppo di operatori della RAI, esperimentò che un grammo di idrogeno solido bastava a ridurre in piccolissimi frantumi un masso di oltre 3 quintali.
Questa prova venne chiamata il raggio della morte.
Il 16 maggio 1957 parecchi luminari della fisica, italiani ed esteri, si dettero appuntamento a Comenduno per assistere ad un esperimento con un apparecchio atto a generare artificialmente la forza di gravitazione in base ai principi scientifici della “Teoria delle Apparenze” del prof. ing. Marco Todeschini di Bergamo.
Questo apparecchio era stato commissionato dall’ingegnere al Fasoli, che lo incaricò di costruirlo per i suoi esperimenti con i quali si proponeva di confutare le teorie di Einstein.
L’esperimento destò nei fisici enorme impressione per le incalcolabili conseguenze teoriche e pratiche che da esso potevano derivare. Il dispositivo, brevettato dal Todeschini, consisteva in un congegno a masse rotanti azionato da un motore alimentato ad acqua dissociata. Proprio per questo l’ingegnere si rivolse al Fasoli, sapendolo esperto non solo nella costruzione di meccanismi complessi ma anche di motori molto particolari.
 
  1. Immagine sopra: Particolare del brevetto Todeschini nel quale si vede uno spaccato del motore ad acqua dissociata collegato ai congegni meccanici a masse rotanti centrifughe
 
          

EPILOGO

Nonostante tutto l’impegno, le grandi capacità e la “fantasia”, l’inventore non vide realizzato “su scala industriale” nemmeno uno dei suoi sogni. E tanto meno ebbe l’occasione di arricchirsi, anzi.
Nella vecchiaia, sentendo le sue forze venir meno, distrusse gran parte del suo lavoro, geniale e sfortunato.
Pietro Fasoli se n’e andato nel 1967, all’età di 75 anni. Sul comodino accanto al letto trovarono il libro “Dalla Terra alla Luna” di Jules Verne. Chissà cosa ancora fantasticava….
(Fiorenzo Zampieri)
  • Le immagini sono state fornite dall’autore.

 

 

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