Il Mistery Team Next Generation e Giancarlo Pavat nella “Casa dei Mascheroni”. Un luogo unico, affascinante e un po’ inquietante di Trieste, praticamente sconosciuto alla maggior parte degli stessi Triestini.
Tra Eclettismo, Art Noveau ed Esoterismo: la “Casa dei Mascheroni” a Trieste
di Giancarlo Pavat
in collaborazione con Francesco Pavat
Trieste, tra “Panduri”, “Green Man” e volti o musi di altre più o meno inquietanti creature, scolpiti nella pietra o cesellati con lo stucco, che decorano palazzi e monumenti, può davvero essere considerata la “Città dei Mascheroni”.
E questo indipendentemente se sono usati per meri fini ornamentali oppure sottendono ben altre valenze simboliche ed ermetiche. Non potrà stupire, quindi, apprendere che nella città adriatica esiste addirittura un palazzo chiamato “CASA DEI MASCHERONI“.
(Immagine sopra: la salita di via Tigor all’altezza della “Casa dei Mascheroni”. In basso: l’ingresso della “Casa dei Mascheroni” – foto G Pavat 2019)
Si tratta di un poco noto gioiello architettonico che somma assieme i dettami dello “stile eclettico” e le suggestione dell’Art Noveau (o “Stile Liberty”) e che sorge in via Tigor, nel quartiere di San Vito, sull’omonimo Colle. Una zona quasi mai toccata dai percorsi fatti normalmente dai turisti, sebbene si trovi a poca distanza dalla celeberrima Piazza dell’Unità d”Italia e dal lungomare.
(Immagine sopra: Giancarlo Pavat e il giovanissimo Francesco Pavat davanti alla “Casa dei Mascheroni” al civico 12 di via Tigor a Trieste. foto G Pavat 2019).
(Immagine sopra: i giganteschi e mostruosi Mascheroni che danno il nome al Palazzo di via Tigor – foto G. Pavat 2019)
Il Palazzo venne costruito tra il 1906 e il 1907 da Giovanni Maria Mosco (1861-1924). In realtà, tra via Tigor, via San Vito e via della Cereria, sono ben 5 i grandi edifici che costituiscono il complesso realizzato dal Mosco. Geniale architetto che riusci ad impreziosire questi edifici (destinati ai fini residenziali della borghesia cittadina), con un eclettismo frutto della sapiente amalgama tra lo “Stile Liberty” (o “Art Noveau”) e elementi di evidente ispirazione rinascimentale.
Tra il 1898 e la Prima Guerra Mondiale, aiutato dai fratelli Giovanni e Giusto, Mosco progettò e realizzò diversi villini e case di abitazione a Trieste. Quello che viene considerato il suo capolavoro è proprio l’edificio che ci interessa in questa sede, il cui ingresso principale si apre al civico 12 di via Tigor.
Salendo dal Lungomare, sia passando per l’erta via San Michele e poi per via della Cereria oppure inerpicandosi per via Ciamician e poi seguendo via dei Giustinelli, una volta che si è raggiunta la strada, si riconosce immediatamente il Palazzo. E si comprende al volo il motivo per cui viene chiamato CASA DEI MASCHERONI.
(Immagine sopra: l’impressionante ghigno di uno dei Mascheroni di via Tigor a Trieste – foto G. Pavat 2019)
La facciata, scendendo dall’alto verso il basso, è caratterizzata da due coppie di lesene che esaltano le finestre centrali. Nella parte inferiore, le lesene incrociano perpendicolarmente un fregio che, secondo alcuni Storici dell’Arte, si ispira ai lavori dell’architetto Sommaruga, molto attivo a Trieste. E proprio da questo fregio, all’altezza del grande ingresso, sembrano nascere, anzi germogliare, 4 enormi mascheroni riproducenti una sorta di “Green Man”; l'”Uomo Arboreo” delle leggende e dei miti medievali dell’Europa settentrionale. Essere sempre in bilico tra il Bene ed il Male. Ambiguo come il colore che lo caratterizza; il verde. Colore della putrefazione, del veleno, della Morte. Ma pure della Primavera, della Vita che rinasce, che ci fa comprendre che ogni Inverno ha una sua fine e che le Giornate torneranno sempre ad allungarsi.
(Immagine sopra: l’ingresso della “Casa dei Mascheroni” in via Tigor 12 visto dalla gradinata di via dei Giustinelli – foto G. Pavat 2019)
I Mascheroni sono davvero giganteschi. Non risulta che ce ne siano in giro altri con queste inusitate dimensioni. Più che truci, appaiono decisamente inquietanti. Ghignanti con fauci dotate di denti aguzzi. Una visione da incubo.
La sensazione è quella di trovarsi davanti a qualcosa di alieno, qualcosa che va aldilà del tradizionale Mascherone apotropaico caratterizzato da fattezze mostruose allo scopo di spaventare e tenere lontane influenze negative. Eppure dovrebbero avere mere funzioni decorative.
Per cercare di saperne di più, in una calda mattina di gjugno ci siamo recati sul posto. Inutile sottolineare che, sebbene conoscessimo già la facciata con i 4 Mascheroni, ritrovarsela davanti, soprattutto se la si osserva dalla cima della scalinata che porta in via dei Giustinelli, fa sempre una certa impressione.
(Immagine sopra: via dei Giustinelli, l’edificio in fondo è la “Casa dei Mascheroni”.
Immagini in basso: Le strane teste di leone visibili sulla facciata del Palazzo al civico 3 di via dei Giustinelli. Secondo alcuni rappresenterebbero addirittura un licantropo – foto G Pavat 2019)
Ma la “Casa dei Mascheroni” non stupisce e turba soltanto a causa della facciata. L’ingresso contrassegnato dal civico 12 è costituito da un grande cancello di ferro battuto con singolari decorazioni che ricordano teste di rettili o draghi
(Immagini sopra e sotto: le particolari decorazioni del cancello dell’ingresso del civico 12 di via Tigor – foto G Pavat 2019)
Ma le sorprese non sono finite. Oltre il cancello c’è un vero tesoro nascosto.
Si apre, infatti, una specie di atrio che di fatto è un’ampio e lungo corridoio, una sorta di crepuscolare galleria caratterizzata da grandi statue, altri mascheroni muliebri e bassorilievi fitomorfi
(Immagini in basso i due grandi volti femminili che si guardano l’un l’altro dagli stipiti dell’ingresso della “Casa dei Mascheroni” – foto G Pavat)
(Immagine sopra: Francesco Pavat all’interno del “corridoio” dell”ingresso della “Casa dei Mascheroni”, osserva il “Giardino segreto” aldilà del secondo cancello – foto G. Pavat)
Sbirciando attraverso il cancello si intravede un mondo affascinante e intrigante. Il desiderio di entrarvi e fortissimo. Ma ci si trova davanti ad una proprietà privata. Come fare? La strada è deserta e oltre il cancello non si nota alcun movimento di anima viva. Optiamo per la soluzione più logica e corretta. Si proverà a suonare i campanelli nella speranza che qualcuno ci apra. Forse non è così infrequente che qualche appassionato d’arte o studente di architettura chieda di potervi accedere.
Iniziamo a studiare i nomi sul citofono. Notiamo tre “Mosco”. Forse discendenti dell’architetto “padre” di quel “Palazzo del Mistero”?
Proviamo a suonare i corrispondenti campanelli. I primi due tentativi si rivelano infruttuosi. Non risponde nessuno. Un profondo silenzio avvolge quel tratto di via Tigor. Sebbene siamo in pieno giorno, in quel momento non passa nessuna automobile o motorino. L’atmosfera è decisamente strana. Facciamo un terzo tentativo. E questa volta, dopo qualche secondo, risponde la voce di una signora probabilmente anziana. Gentilmente, decliniamo anche i nostri nomi, spieghiamo che saremmo interessati a vedere le statue e le decorazioni di quel “corridoio” e chiediamo se possiamo entrare. Francamente, visti i tempi in cui viviamo, ci si aspettava un diniego o addirittura un “andatevene o chiamo la Polizia” e invece la gentile signora (che ringraziamo di cuore) non solo ci apre il cancello ma ci spiega dove trovare il pulsante per riaprirlo una volta entrati nel corridoio.
Sbalorditi ci chiediamo se la nostra precedente supposizione non sia azzeccata. Non siamo i primi a chiedere di poter visitare quel luogo apparentemente remoto e segreto. Lo scatto dell’automatismo del cancello ci riporta alla realtà. Ci siamo. Una nuova avventura sembra iniziare. Per quello che ci riguarda, è come essere i primi uomini a entrare in una città perduta della giungla o a sbarcare in un continente dimenticato. La “Casa dei Mascheroni” non è certamente la “Misteriosa Z” cercata dal colonnello Percy Fawcett nella foresta brasiliana oppure l’Atlantide, miraggio di generazioni di esploratori e avventurieri. Eppure l’emozione è simile a quella provata entrando in grotte e gallerie mai esplorate prima dall’uomo moderno, come spesso è successo nell’assecondare la passione della speleologia.
Il cancello è dischiuso. E un’altra emozione o, meglio, ricordo letterario, si fa strada nella mente e nell’animo. Chissà perché la scena rammenta quella in cui il protagonista di un racconto giovanile di H. L. Lovecraft, vorrebbe varcare l’ingresso, sbarrato da una cancellata, di un misterioso, sinistro e dimenticato mausoleo immerso nella vegetazione. Scacciando assurdi pensieri, spingiamo il nostro (reale) cancello ed entriamo.
(Immagini sopra: le 4 statue femminili che accolgono il visitatore che accede all’atrio della “Casa dei mascheroni” – foto G. Pavat 2019)
Ci accolgono due coppie di statue femminili, due per lato. Il Tempo è stato inclemente con loro. Ma le suggestioni che suscitano non ne hanno sofferto. Documentandoci sulla “Casa dei Mascheroni” abbiamo appreso che le statue raffigurano le 4 Stagioni.
Allegoria dello scorrere del Tempo, del succedersi delle Stagioni e delle Età dell’Uomo. Inesorabilmente. E lo stato di trascuratezza e decadenza dell’impianto iconografico del “corridoio” non fa altro che accentuare tale pensiero.
(Immagine sopra: uno dei grandi volti femminili che fungono da guardiani dell’ingresso del “corridoio” – foto G. Pavat 2019)
Richiudiamo il cancello e muoviamo qualche passo all’interno. Ad accoglierci non ci sono solo le 4 statue delle Stagioni ma pure lesene, grandi volti femminili, ghirlande floreali e altri motivi fitomorfi di stucco.
(Immagine in basso: il cordone scendente da alcune decorazioni assume la forma di un 8 rovesciato – foto G.Pavat 2019).
Una sorta di cordone scendente da alcune decorazioni assume la forma di un 8 rovesciato Semplice casualità oppure si vuole rimandare al significato (non solo in ambito matematico) di Infinito quindi di Eternità? Sembra un ossimoro, visto che attorno a noi tutto (compresi i lacerti degli affreschi degli altissimi soffitti, attribuiti a Romano Buda ma ormai illeggibili) rimanda invece ad un “memento” sulla caducità delle cose umane.
(Immagine sopra: l’artistico cancello in ferro battuto della “Casa dei Mascheroni”, visto dall’interno del corridoio. Aldilà si vede la strada e la gradinata che da via Tigor porta in via Giustinelli – foto G Pavat 2019)
Proseguiamo nella nostra esplorazione. Sopra di noi, nel vasto ambiente dell’atrio-corridoio, incombe all’altezza dell’ammezzato una sorta di passerella, un ballatoio con balaustre in ferro battuto. La sua ragione di essere consiste nel fungere da raccordo tra i due corpi del vasto edificio realizzato da Giovanni Maria Mosco. Ma alla funzione materiale si affianca anche quella simbolica. Un “ponte” tra il mondo esterno, che ci si è lasciati alle spalle varcando quella soglia, e quello ermetico del microcosmo interno della “Casa dei Mascheroni”.
(Immagine in basso: Volti femminili che vigilano sul corridoio – foto Francesco Pavat 2019)
(Immagine sopra: il corridoio e l’ingresso della “Casa dei Mascheroni”. Si intravede nella penombra, l’altissimo ballatoio che raccorda i due corpi principali del Palazzo – foto G. Pavat 2019)
(Immagine in basso: il ballatoio del corridoio – foto G Pavat 2019)
Sulle due pareti del corridoio, sotto la passerella ed in esatta corrispondenza con essa, si aprono due portoni in legno. Attraverso questi si accede alle scale interne e quindi agli appartamenti e, lo si intuisce facilmente al ballatoio. Per rispetto della privacy non tocchiamo nemmeno le maniglie. Però cattura la nostra attenzione una tabella con i nomi degli inquilini. Dal tratto grafico in puro stile Art Noveau si intuisce che risale al momento della costruzione del Palazzo.
(Immagine sopra: Giancarlo Pavat osserva il soffitto del corridoio della “Casa dei Mascheroni” – foto Francesco Pavat 2019).
Oltrepassato il ballatoio e lanciata un’occhiata a ciò che rimane di altri affreschi dei soffitti, ecco che ci coglie una sensazione di deja vu. Infatti, nella seconda metà del corridoio ci si presenta la medesima scena che avevamo incontrato dopo aver varcato il cancello di via Tigor. Altre 4 statue sembrano osservarci da altrettante nicchie. Sono sempre le 4 Stagioni e il corridoio si propone pertanto come specchio di se stesso. Ogni statua, mascherone femminile, ghirlanda è speculare del proprio doppio. Un continuo rimando che vuol confondere, turbare. Quello che pare essere l’ingresso, potrebbe invece essere l’uscita e viceversa. L’accesso è davvero in via Tigor o, forse, lo è oltre quel secondo cancello che ci sbarra la strada al termine del corridoio.
(Immagini sopra: il corridoio con le statue e le altre decorazioni in stucco della “Casa dei Mascheroni” – foto G. Pavat 2019).
Questa volta la soglia non può essere varcata. Non ci è concesso di proseguire. Una robusta catena con un grosso lucchetto chiude il cancello. Aldilà si apre un giardino segreto, un hortus conclusus circondato dai possenti e altissimi rimanenti corpi di fabbrica del complesso edilizio pensato e realizzato da Giovanni Maria Mosco.
Il corridoio, pertanto, può essere interpretato anche come una specie di cordone ombelicale che unisce il mondo materiale della vita di tutti i giorni (il mondo aldilà del primo cancello, il mondo di via Tigor, per intenderci) con il “Giardino segreto”: un arcaico regno incantato in cui si potrebbero incontrare creature straordinarie ma pure mostri generati dal nostro inconscio.
(Immagini sopra: i due giganteschi volti femminili che, sorta di “Guardiani della soglia”, scrutano silenti coloro che si avvicinano al cancello del Giardino segreto – foto G Pavat 2019)
Se il palazzo su via Tigor è certamente abitato, quest’altra ala ha tutta l’aria di essere abbandonata. Come il “Giardino segreto” che non riceve le cure di un giardiniere da chissà quanto tempo. Più che un giardino sembra una macchia impenetrabile. La vegetazione è cresciuta senza alcun freno e ha invaso qualsiasi angolo disponibile. Alberi, cespugli, arbusti, la Natura ha preso il sopravvento. Quasi a rammentarci che, alla fine, quando la presenza dell’Uomo su questo Pianeta non sarà nemmeno un pallido ricordo, a dominare incontrastato sarà solo e definitivamente il Mondo vegetale. Eppure, una traccia dell’esistenza umana resiste ancora in quel Guardino da cui, colui che si crede “Signore del Creato”, sembra essere stato bandito per sempre.
Scrutando attraverso il cancello proibito si intravede un gruppo scultoreo.
(Immagine a fianco- foto G. Pavat 2019)
Potrebbero trattarsi di una figura femminile e di un fanciullo. Perché sono stati posti in quel luogo, qual’è il suo reale significato?
Domande senza risposte. Immerso nel folgorante sole del meriggio, il Giardino segreto rimane silenzioso.
(Immagine sopra: la probabile statua di Sant’Antonio – foto G. Pavat 2019)
Ma sul fondo, nascosta dalla più che rigogliosa vegetazione, si scorge ancora qualcosa. Un’altra nicchia. Al suo interno una figura maschile con un saio e un bambino in braccio.
L’iconografia è quella inconfondibile di Sant’Antonio da Padova. Dalla documentazione esistente sulla “Casa dei Msscheroni”, sembra che la statua devozionale esistesse in quel preciso luogo, ben prima che si cominciasse ad innalzare il Palazzo. Mosco decise di lasciare li’ il Santo, inserendolo nella nicchia nel.muro del complesso edilizio.
(Immagine a fianco: nei giochi di luce ed ombra del corridoio, alcuni volti sembrano impalpabili spettri di tempi dimenticati – foto G. Pavat 2019)
Ci interroghiamo sul significato delle decorazioni e sulla profonda ed esoterica cifra simbolica che custodiscono gelosamente. Il titanismo dei volti femminili del corridoio, così come quello dei Mascheroni della facciata, la loro claustrofobica presenza (sebbene l’ambiente sia vastissimo) quasi barocca, evoca un horror vacui degno di ere di decadenza e di crollo d’ogni comune certezza. Sarà una semplice coincidenza storica, ma la “Casa dei Mascheroni” sorse solo qualche anno prima del Finis Austriae, della definitiva dissoluzione del millenario Impero degli Asburgo.
Non è certo, ma sembra che il corridoio con tutte le decorazioni vada ascritto all’inventiva, un po’ visionaria, del figlio di Giovanni Maria Mosco; il giovane Carlo Antonio che aveva studiato presso l’Accademia delle Belle Arti di Milano.
Lasciamo il secondo, inviolabile, cancello, la soglia che non potrà e non dovrà mai essere varcata, e ritorniamo indietro. Nel corridoio si ode soltanto il rumore dei nostri passi. Un senso di solitudine aleggia attrono a noi, quasi fossimo gli ultimi esseri viventi sulla Terra. Suggestioni probabilmente suscitate dall’aura di malinconica decadenza del Palazzo. Ma che, al contempo, contribuisce ad aumentarne il fascino; misto di mistero e esoterismo.
Usciamo in via Tigor, un servomeccanismo scatta alle nostre spalle e il cancello si richiude sul mondo segreto della “Casa dei Mascheroni“.
Qual’è la chiave per comprenderne i segreti? Per sciogliere gli enigmi legati alle sue simbologie? Oppure non è altro che un ennesimo gioco illusionistico e tutto l’apparato decorativo del Palazzo è mera finzione e artifizio e non nasconde assolutamente nulla?!
Eppure, almeno per una frazione di secondo, è sembrato davvero di non trovarsi a Trieste in un giorno d’Estate, ma da qualche altra parte, in una dimensione parallela e alternativa, in un Altrove in cui immaginare le cose che potevano essere ma che non sono state.
(Giancarlo Pavat, in collaborazione con Francesco Pavat)
(Immagine sopra: Giancarlo e Francesco Pavat scendono lungo via Tigor dopo essersi lasciati alle spalle la “Casa dei Mascheroni” – foto G. Pavat)
Nota: Della “Casa dei Mascheroni” al civico 12 di via Tigor a Trieste si può tranquillamente ammirare la facciata e i 4 mostruosi mascheroni che le danno il nome. Per averne una visione migliore si consiglia di farlo dalla gradinata che collega via Tigor con via dei Giustinelli. Se si volesse vedere l’interno del corridoio, ricordiamo che si tratta di una proprietà privata e quindi è sempre corretto chiedere il permesso ai proprietari e a coloro che abitano il palazzo.