CONOSCENZE PERDUTE.
ULFBERHT, LA SPADA CHE NON DOVREBBE ESISTERE?
di Giancarlo Pavat
I miti e le leggende di tutti i popoli sono ricchissimi di vicende inerenti Spade o altre armi magiche, maledette, stregate o semplicemente talmente straordinarie da non poter essere classificate. Me ne sono già occupato diverse volte sia nei miei libri che su questo sito. Ma, come si suol dire, spesso la realtà supera la fantasia. O quasi.
Lasciando, per ora, da parte saghe, racconti e dicerie, passiamo a qualcosa di molto più concreto, sebbene non meno straordinario e (apparentemente) misterioso. È venuto il momento di fare la conoscenza con una particolare tipologia di spade medievali che sulla lama recano inciso il nome Ulfberht.
+U L F B E R H + T è la traslitterazione in lettere latine dei caratteri incisi sulle lame.
La più antica spada che reca il nome Ulfberht è stata datata all’850 d.C. circa.
In tutta Europa sono state rinvenute circa 171 spade “Ulfberht”, ma non tutte sono autentiche. Alcune di queste spade sono visibili in musei dedicati ai Vichinghi, ad esempio al Museo Nazionale Danese di København (Nationalmuseet – Museer i hele Danmarko).
- Immagine sopra: particolare della Spada Ulfberht conservata al Museo Nazionale Danese di København (Nationalmuseet – Museer i hele Danmarko) – foto G Pavat.
La loro caratteristica principale è l‘incredibile metallo con il quale è stata forgiata la lama. Si tratta di un acciaio purissimo che, secondo diversi ricercatori e scienziati, non avrebbe potuto essere realizzato con le conoscenze tecniche metallurgiche dell’epoca.
Attualmente, è possibile ottenere un simile acciaio grazie a moderni processi industriali. Nel processo di forgiatura del ferro, il minerale per essere liquefatto e per consentire al fabbro di eliminare le impurità deve raggiungere il punto di fusione a 1529°C..
- Immagine sopra: Spada vichinga conservata al Museo di Storia Culturale dell’Università di Oslo (Kulturhistorisk Museum) – disegno di G Pavat 2013
A quel punto, viene aggiunto il carbonio per rendere il ferro molto più resistente. Le spade Ulfberht hanno, infatti, un contenuto di carbonio circa tre volte superiore a quello delle altre spade dell’epoca. Ecco perché sono più resistenti, flessibili e leggere, quindi maneggevoli.
Ma tutto ciò era possibile nel Medio Evo? I Vichinghi possedevano una tecnologia tale da poter raggiungere una temperatura così alta?
Sappiamo che l’artefice per eliminare le scorie usava la tecnica del martellamento. Sistema decisamente meno efficace. Solo con la “Rivoluzione Industriale”, in Europa si è riusciti a portare il ferro al suo punto di fusione.
- Immagine sopra: Ricostruzione di una nave vichinga all’Historiska Museet di Stoccolma – foto G Pavat 2013
- Immagine in basso: l’Historiska Museet di Stoccolma – foto G Pavat 2013
- Immagine sopra: Giancarlo Pavat con una moderna vichinga nel villaggio ricostruito all’interno dell’Historiska Museet di Stoccolma – foto Sonia Palombo 2013
Per questo motivo non c’è voluto molto affinché alcuni ricercatori vedessero nelle spade Ulfberht la prova dell’esistenza di un retaggio di conoscenze perdute riconducibili a una antichissima Civiltà scomparsa o, addirittura, provenienti da un universo alieno. E a lasciare briglie sciolte alla fantasia non sono stati solo esaltati, visionari o, più semplicemente imbroglioni, ma pure studiosi seri e stimati dal Mondo accademico.
Effettivamente i Vichinghi erano in possesso di conoscenze avanzate per l’epoca, ma nel campo dell’astronomia e della navigazione. Per quanto riguarda le spade Ulfberht, la storia è decisamente diversa.
Sebbene in Europa non si siano trovate tracce, né archeologiche, né documentali, relative ad un qualsiasi tipo di lavorazione e di conoscenze metallurgiche connesse alla realizzazione di un simile acciaio, ciò non significa che, in qualche altra parte del mondo, esso non venisse fabbricato.
- Immagine sopra: particolare del nome Ulfberht su un’altra spada vichinga – Fonte Wikipedia
Infatti si è ipotizzato che il cosiddetto “acciaio di crogiolo” (noto con il nome inglese di “crucible steel”) sia stato importato dalle immensità dell’Asia tramite la “via del Volga”. Che iniziò ad essere controllata dai Variaghi (ovvero i Vichinghi svedesi che avrebbero creato la Russia) proprio mentre nel Vicino Oriente faceva la sua apparizione il celeberrimo “Acciaio di Damasco”.
Da questa ipotesi, tutto sommato plausibile, si è però arrivati ad affermare, appunto, che i Vichinghi fossero in grado di produrre un simile acciaio e quindi le spade Ulfberht.
Questa asserzione ha raggiunto pure il grande pubblico grazie a documentari come quello, molto controverso, realizzato dal “National Geographic”, mandato in onda nel 2012 dalla stazione televisiva NOVA. Il filmato, dal titolo “I segreti della spada vichinga” (che ha avuto numerosi epigoni anche a casa nostra) presentava tale Richard Furrer, fabbro del Wisconsin (USA), il quale descriveva con enfasi ed ottime capacità di persuasione, le difficoltà di creare una spada Ulfberht.
Veniva sottolineato come i Vichinghi possedessero simili armi e che sarebbero state una delle principali ragioni del successo della loro improvvisa e vertiginosa espansione. Ovviamente nel documentario non si parlava di tecnologie atlantidee o extraterrestri, si affermava con sicumera che i “Biondi Lupi del Nord” erano in grado di fabbricare quelle armi dopo aver appreso la tecnica per ottenere il “crucible steel” attraverso le vie commerciali dall’India o dalla penisola arabica. L’indiscutibile presenza di simbologie cristiane su armi forgiate da pagani, veniva liquidata spiegando che tali decorazioni sarebbero state fatte in un momento successivo.
Nessun minimo dubbio ha suscitato il fatto che il nome Ulfberht non sia affatto norreno, bensì franco. Sebbene non si sa effettivamente che cosa significhi, l’ipotesi più comune è che si tratti del nome dell’artefice che per primo realizzò una spada del genere. Nel tentativo di attribuirne a tutti i costi l’invenzione ai Vichinghi, si è pure proposta la seguente spiegazione; il termine Ulfberht nascerebbe dalle parole norrene “Ulfr” cioè “lupo”, e “beraht”, ovvero “splendente”.
Invece, secondo la maggior parte degli archeologi, stando alle attuali conoscenze, è probabile che i Vichinghi abbiano scoperto le spade Ulfberht dai contatti con l’Impero Carolingio. Resisi conto delle loro caratteristiche, avrebbero cercato in tutti i modi di entrarne in possesso. Arrivando, paradossalmente, a forgiarne degli esemplari non autentici ma sempre con il nome Ulfberht sulla lama. Proprio come succede oggi con le griffe falsificate.
8. Immagine sopra: Statua equestre di Carlo Magno davanti a Notre Dame de Paris – foto G Pavat 1987
Quindi, semmai furono i Franchi che, con il re Carlo (poi chiamato “Magno”) rifondarono l’Impero Romano in Occidente, ad acquisire queste spade tramite i contatti che avevano con il Vicino Oriente. Altro che tecnologie provenienti da Civiltà spazzate via da cataclismi o da mondi alieni o intradimensionali.
Un possibile insegnamento che possiamo trarre dalla vicenda relativa alla divulgazione della spada Ulfberht, è quello di non fidarci mai troppo di certi documentari (soprattutto se provenienti da oltre oceano) che promettono rivelazioni clamorose e sconvolgenti. Proprio come nel caso del presunto gladio romano (ne ho parlato su questo sito nell’articolo “Gli strani casi delle Spade Romane, Vichinghe e Templari americane”), rinvenuto in Canada ad Oak Island (l’isoletta presso la costa atlantica canadese ove si trova il famigerato “Treasure’s Pit”, il profondissimo Pozzo in cui sarebbe nascosto il tesoro dei pirati, dei Templari, dei Massoni o di chissà chi altro), simili bufale sparse a profusione grazie alla potenza dei mass media moderni, non fanno altro che ingenerare confusione, disinformazione e, alla lunga, gettare discredito su chi fa ricerche serie su veri misteri ed enigmi tecnologici del Passato. Non tutto è oro ciò che luccica. Anzi, visto che siamo in tema, NON TUTTO È ACCIAIO ULFBERHT.
(Giancarlo Pavat)
9. Immagine in basso:Sonia Palombo e Giancarlo Pavat sulle tracce dei misteri Vichinghi Stoccolma nel 2013.
10. Immagine sopra: le gigantesche spade vichinghe di Stavanger in Norvegia – Fonte wikipedia
Le suggestioni che le saghe nordiche e le vicende e i viaggi dei Vichinghi suscitano ancora oggi non si limitano solo al dibattito sulle spade Ulfberht. Nel 1983 lo scultore norvegese Fritz Røed (1928–2002) ha realizzato presso la città di Stavanger, un singolare monumento per ricordare la vittoria del re Harald “Bellachioma” nella Battaglia di Hafrsfjord (872), che gli consentì di unificare la Norvegia. Il monumento è costituito da tre gigantesche spade vichinghe infisse nella montagna. Da cui il nome, appunto, di Sverd i fjell (letteralmente “Spade nella montagna”). Nel simbolismo dello scultore, le Sverd i fjell richiamano anche alla pace. Visto che, essendo saldamente conficcate nel terreno, non verranno mai estratte per esser e usate. Vi si rammentano echi della celeberrima “Spada nella Roccia“ di San Galgano (1150-1180) a Montesiepi in Maremma. E, a proposito di “Spade nella roccia”, pubblichiamo qui di seguito una nota (per quanto ne sappiamo inedita) che il grande archeologo Giovanni Feo mi aveva inviato come possibile bozza per un lavoro da fare assieme, qualche mese prima di lasciarci. Un modo per ricordarlo alla nostra maniera a poco più di un anno (16 giugno 2019) della sua scomparsa.
11. Immagine sopra. Spade di epoca nuragica infisse ritualmente nella roccia.
Omaggio a Giovanni Feo
Armi bianche, metalli e sacralità
di Giovanni Feo
In ambiente etrusco è ampiamente documentato l’uso di infiggere armi bianche o altre “punte” metalliche nella roccia.
Punte di lancia in bronzo sono state trovate infisse profondamente nel soffitto di locali rupestri etruschi (Pratolungo, Sorano GR). Pugnali di varie fogge sono stati rinvenuti infissi nel pavimento o nel soffitto di sepolcri etruschi (Valentano, VT).
Il più importante rituale etrusco, officiato nel giorno del solstizio estivo, si svolgeva nel tempio della dea Norzia, a Volsinii (Bolsena). Era il rituale della infixio del clavus trabealis, un chiodo lungo sui trenta centimetri che “fissava” l’inizio della seconda metà dell’anno solare. Il rituale fu poi adottato anche dai Romani.
Servio Mauro Onorato, nel suo commento alla virgiliana ”Eneide”, scrive che Ercole, per dimostrare la propria proverbiale forza, avrebbe conficcato nel terreno una spada. Così in profondità che nessuno riuscì mai ad estrarla se non lo stesso Ercole. Dal foro sgorgò una sorgente che originò il lago di Vico (o lago Cimino) tra i monti Cimini in Etruria.
12. Immagine sopra. La Spada nella roccia di San Galgano a Montesiepi (SI) – foto G Pavat 2005
La “Spada nella Roccia”, a San Galgano, è stata analizzata ed è un’autentica arma templare del XIII secolo.
Mentre la spada di Rocamadour non è infissa nella roccia (è legata ad una catena) ed è noto che si tratta di un oggetto che è stato spostato da diverse località, prima di arrivare a Rocamadour.
In Sardegna, invece, sul tetto del Pozzo sacro di Su Tempiesu (Orune) sono infisse ben 18 spade del Bronzo finale.
13.Immagine sopra: Spade nuragiche – foto Stefano Pinna 2018
È noto l’uso di infiggere armi bianche su tumuli e sepolcri, presso gli Sciti e Sarmati.
Il “profeta dell’Amiata”, Davide Lazzaretti, è tradizione che abbia rinvenuto un’antica spada nella grotta che poi è diventata luogo sacro della comunità giurisdavidica, sul monte Labbro.
L’origine di simili tradizioni sembra risalire ad epoca molto antica, certamente almeno all’età del Bronzo e alla prima metallurgia. Plinio (Historia Naturalis) parla della infixio di un chiodo nel punto dove aveva sbattuto un epilettico, in modo da procurare la guarigione del male, credenza diffusa nell’antica Roma.
(Giovanni Feo)
14. Immagine sopra: un’altra spada Ulfberht.
Se non altrimenti specificato, le immagini sono state fornite dal professor Giovanni Feo.