Immagine di apertura: la chiesa di San Paolo in San Giacomo o agni (FR)
VISITIAMO ASSIEME;
LA CHIESA JACOBEA DI ANAGNI (FR) E L’ENIGMATICA CROCE EVANGELICA DI SAN TOMMASO
di Giancarlo Pavat
In occasione di sopralluogo ad Anagni, da parte dell’amico Giulio Coluzzi per un suo libro di prossima uscita, dedicato alle frasi palindrome o pseudopalindrome, è stato possibile visitare, anche grazie all’interessamento della professoressa Velia Viti, la chiesa di San Paolo in San Giacomo. Nota pure come chiesa di San Vincenzo in San Giacomo o più semplicemente di San Giacomo.
2. Immagine sopra; la facciata settecentesca della chiesa jacobea di Anagni (FR)
Questa chiesa contiene un enigmatico manufatto di cui mi sono già occupato nel mio libro GUIDA CURIOSA AI LABIRINTI D’ITALIA (Newton Compton 2019)
3. Immagine sopra: la copertina del libro GUIDA CURIOSA AI LABIRINTI D’ITALIA di Giancarlo Pavat (Newton Compton 2019)
Si tratta della cosiddetta “CROCE EVANGELICA DI SAN TOMMASO D’AQUINO”, risalente al XIII secolo.
3. Immagine sopra; la grande CROCE dipinta sulla parete sinistra della navata e attribuita a San Tommaso d’Aquino.
Per poterla vedere e visitare questa chiesa, lasciato il centro storico anagnino, è necessario uscire da Porta Cerere, percorre viale Regina Margherita fino ad arrivare in piazza Ruggero Bonghi e all’ingresso del “Convitto Nazionale Regina Margherita”, caratterizzato dai due pilastri istoriati con simbologie esoteriche magistralmente spiegate dalla storica dell’arte Marisa d’Annibale nella puntata della seconda serie di SIMBOLIKA, dedicata appunto ad “Anagni. Città ermetica“.
A fianco del Convitto si presenta la monumentale scalinata della chiesa meta della nostra visita.
.Secondo una tradizione locale, Domenico de Guzman, il futuro santo e fondatore dell’Ordine domenicano, diede vita ad Anagni ad un monastero per i suoi fratres.
In realtà è storicamente provato che fu all’epoca di papa Innocenzo IV, l’acerrimo avversario di Federico II di Svevia, che venne eretta questa chiesa dedicandola, appunto, a San Giacomo e a Santa Lucia.
Il complesso fu sede di una rinomata scuola di Teologia e Filosofia, presso cui avrebbe insegnato anche San Tommaso d’Aquino. Sarebbe stato, quindi, in quella circostanza che il Doctor Angelicus avrebbe dipinto l’enorme CROCE EVANGELICA.
4. Immagine sopra; la grande CROCE dipinta sulla parete sinistra della navata e attribuita a San Tommaso d’Aquino.
Secondo un altra ipotesi, sarebbe stata dipinta nel 1256, in occasione di un Concilio indetto da papa Alessandro IV. Oggetto della feroce disputa teologica era l’esistenza stessa degli Ordini mendicanti sorti qualche decennio prima. Loro grande avversario.era il teologo e filosofo scolastico francese Guillaume di Saint Amour, che ne voleva la soppressione, ritenendoli pericolosi per la Chiesa e la Cristianità.
Nel 1255 aveva scritto un libello contro gli ordini mendicanti, sia Francescani che Domenicani, intitolato “Tractatus brevis de periculis novissimorum temporum”, ovvero “Breve trattato sui pericoli dei tempi più recenti”.
Alessandro IV convocò il grande teologo docente all’Universita di Parigi Alberto Magno che giunse assieme al suo.piu promettente allievo, Tommaso della stirpe dei conti d’Aquino. Nella disputa vinsero gli Ordini Mendicanti ma Guillaume di Saint Amour non venne condannato per eresia come avrebbero voluto i Francescani e i Domenicani. Morirà il 13 settembre del 1272.
5. Immagine sopra: foto d’epoca dell’interno della chiesa di San Giacomo ad Anagni. L’immagine ci è stata fornita da Marisa d’Annibale che ringraziamo.
Rimaneggiata nel corso dei secoli, attualmente la chiesa si presenta con una facciata del XVIII secolo dotata di un timpano.
6. Immagine sopra; scorcio della navata. Sulla parete sinistra si vede la grande CROCE attribuita a San Tommaso d’Aquino.
7. Immagine sopra; il pavimento cosmatesco della chiesa anagnina di San Giacomo.
All’interno ha una sola navata, caratterizzata da un pregevole pavimento cosmatesco, che ricorda quello della Cattedrale anagnina di San Magno. Tra le volute musive del pavimento spunta, in prossimità dell’ingresso, un FIORE DELLA VITA.
8. Immagine sopra; il FIORE DELLA VITA del pavimento cosmatesco della chiesa anagnina di San Giacomo.
Tra le curiosità e opere d’arte notevoli presenti all’interno della chiesa, vanno segnalate alcune tessere del mosaico pavimentale su cui si notano delle lettere e numeri romani. Evidentemente vennero ricavate da antiche lapidi tombali.
9. Immagine sopra; uno dei frammenti di lapidi con numeri e lettere romane usati come tessere del mosaico cosmatesco pavimentale della navata.
In prossimità del presbiterio, incastonata nel pavimento cosmatesco, si nota una pietra tombale di un vescovo, risalente del XIII secolo.
10. Immagine sopra; la Pietra tombale pavimentale della navata.
Mentre il Tabernacolo per gli oli santi viene attribuito al Vassalletto.
Dientro l’altare è visibile una copia moderna della cattedra vescovile di Landone della famiglia Conti presente nel Duomo anagnino. Con tanto di Esagramma sul postergale e, al posto dei due leoni accovacciati, due “Agnus dei” con la Croce sulla groppa.
11-12. Immagine sopra; la cattedra vescovile della chiesa jacobea. In basso; la vera cattedra del vescovo Landone nel Duono di Anagni.
13. Immagine sopra; l’Esagramma (disegno da Giancarlo Pavat “NEL SEGNO DI VALCENTO”, edizioni Belvedere 2010)
Tornando alla CROCE EVANGELICA DI SAN TOMMASO, trattasi di una grande croce affrescata formata da una serie di lettere maiuscole apparentemente senza senso e disposte in maniera disordinata. In realtà, si tratta di 4 invocazioni particolarmente care all’Aquinate. Le quali richiamano quelle presenti in un cse composte da Venanzio Fortunato nel VI secolo d.C..
14. Immagine sopra: la CROCE EVANGELICA DI SAN TOMMASO, disegno di G. Pavat tratto dal libro “I SEGRETI DELLA CHIESA DEI SS SEBASTIANO E ROCCO DI ACUTO IN CIOCIARIA (2015), scaricabile gratuitamente da questo sito www.ilpuntosulmistero.it
“Partendo dalla lettera centrale, la C (di crux) e procedendo verso l’alto si legge ripetutamente più volte la seguente frase “Crux mihi certa salus”. Andando verso il basso si legge “Crux est quam semper adoro”. Sul braccio destro della croce “Crux domini mecum”. Infine, sul braccio sinistro “Crux mihi refugium”.
(da Giancarlo Pavat “GUIDA CURIOSA AI LABIRINTI D’ITALIA“, Newton Compton 2019).
15-16. Immagini sopra e sotto: la CROCE EVANGELICA DI SAN TOMMASO sulla parete sinistra della navata e la copia moderna realizzata sul pavimento della cappella sul fianco destro della chiesa.
Non possiamo che concordare con l’archeologo Guglielmo Viti laddove afferma che la CROCE EVANGELICA è un “oggetto che racchiude una tale molteplicità di elementi sacri, profani, filosofici, letterari, storici, scaramantici, che non è possibile elencarli tutti”. (da Guglielmo Viti “ANAGNI. LA CITTÀ VICINA ALLE STELLE“. II edizione 2021).
Abbiamo visto come esistano due versioni sulla sua realizzazione. Ma che sia davvero opera dall’Aquinate oppure no, la CROCE EVANGELICA, che Viti definisce “una specie di cruciverba“, e che potrebbe rientrare nella categoria dei cosiddetti “Labirinti di lettere”, è un parto dell’ingegno umano che può essere “letto” su più livelli.
17. Immagine sopra; disegno riproducente la CROCE EVANGELICA (Archivio Ilpuntosulmistero)
Si è già fatto cenno al fatto che le frasi leggibili sulla CROCE sono riferibili a Venanzio Fortunato e precisamente a un suo “Carmen” in onore della Croce di Cristo.
Il primo livello è quello di una “formula letteraria originale” spiega Viti “il modo di realizzare un componimento poetico dandogli l’aspetto del tema trattato ha origini antichissime, fin dal IV-III sec. a. C. in Grecia esistevano poeti come Simias di Rodi o Teocrito che realizzavano brani poetici a forma di ascia o di flauto a seconda se il tema era un flauto o un’ascia“.
Questa tecnica, nota come “Poesia figurata” o “Technopaegnia” , ha attraversato i secoli , visto che fu utilizzata anche dal poeta e drammaturgo francese (ma nato a Roma) Guillaume Apollinaire (1880-1918).
18. Immagine sopra; una tela visibile nella chiesa jacobea raffigurante il Doctor Angelicus, ovvero San Tommaso d’Aquino.
Il secondo livello di lettura si aggancia sempre a Venanzio Fortunato. Il quale aveva “inventato un sistema chiamato acrostico” spiega sempre Guglielmo Viti “che consisteva nel poter creare nuove poesie usando le ultime o le prime parole di un’altro componimento poetico“.
Se si applica questo sistema alla CROCE DI SAN TOMMASO si ottiene il seguente risultato;
“Adoro mecum salus refugium e cioè un inno alla Salute intesa come rifugio e protettrice, una sorta di divinità propria, un messaggio pagano nascosto” ipotizza Viti “Ma in un terzo livello interpretativo, che segue questa filosofia pagana, abbiamo l’applicazione delle teorie neopitagoriche“.
In sintesi alla base della realizzazione della CROCE della chiesa jacobea c’è la valenza del numero 5.
“….come le righe con le lettere, che rappresenta […] un numero base per i neopitagorici come il fatto che oltre ai 4 elementi base del Creato, Terra, Acqua, Aria e Fuoco, ce n’è un Quinto (la Quintessenza NDA): la Natura. L’importanza della Natura, come nuovo elemento di riferimento, nel contenuto simbolico della CROCE DI SAN TOMMASO è dimostrata anche dal particolare che troviamo in un ‘altra copia […] che si trova nel Monastero di San Gallo in Svizzera“.
In questa CROCE citata da Guglielmo Viti, in un quadrato al centro della stessa, contenente la parola CRUX, è stato evidenziato dal colore verde.
Viti ritiene “significativa” questa particolarità.
Giova ricordare che nel Medio Evo cristiano il colore verde rimandava alla malattia, al veleni, alla putrefazione. Nel ciclo iconografico raffigurante episodi della vita di San Tommaso d’Aquino della chiesa di Santa Maria al Piano a Loreto Aprutino in Abruzzo, l’Aquinate è stato dipinto con il volto di colore verde, sia perché era morto, sia per indicare che era stato avvelenato. Secondo Dante su ordine di Carlo d’Angiò, il crudele e infame usurpatore del Trono di Sicilia che apparteneva agli Svevi.
Ma dalla putrefazione, dalla Morte, può nascere una nuova Vita. In Natura da un albero morto, marcescente, può spuntare un nuovo arbusto. Nuova linfa vitale.
Il verde è pure il colore dell’Uomo Arboreo, il “Green Man” delle leggende medievali dell’Europa settentrionale ma ben presente iconograficamente anche dalle nostre parti. L’essere formato da vegetali o che spuntava da rami e verzure, che rinasceva ogni primavera. Ecco, quindi, che l'”Uomo Verde” diventa allegoria di Cristo stesso e della sua Resurrezione.
19. Immagine sopra; il “Green Man”, l’uomo arboreo”. (Archivio Ilpuntosulmistero)
Quindi la parola CRUX, evidenziata dal colore verde, non è altro che un ulteriore “rafforzativo” simbolico esoterico dell’importanza della CROCE CRISTICA. È come se si volesse dire, “il valore della Croce si misura solo in funzione del fatto che è la CROCE DI CRISTO“.
Nel senso che si ribadisce che quella CROCE È ASSOLUTAMENTE CRISTIANA.
Nonostante questo, esiste un ulteriore livello di lettura. Proprio come nel celebre QUADRANGOLO DEL DEO GRATIAS del XVII secolo di Acuto, (FR), all’interno della CROCE DI SAN TOMMASO si cela il simbolo della SWASTIKA.
20. Immagine sopra; il rettangolo con la scritta pseudo-palindroma (o “Labirinto di lettere”) DEO GRATIAS visibile nella chiesa dei SS. Sebastiano e Rocco ad Acuto (FR)
Basta disporre le lettere in modo da comporre le frasi complete partendo dalla C centrale (come nel DEO GRATIAS di Acuto si parte dalla D centrale del dativo di DEUS) per vedere apparire questo antichissimo simbolo solare usato sin dalla Preistoria.
21. Immagine sopra; la cosiddetta “Swastika lappone”, antichissimo simbolo solare Sami, scoperta da Giancarlo Pavat nel Castello dei Conti de Ceccano.(Archivio Ilpuntosulmistero)
Ma come ci insegna Guenon, la Swastika è pure un simbolo di rotazione, di trasformazione, del divenire.
Trasformazione dal mondo materiale (la NIGREDO degli alchimisti) al mondo spirituale, trascendente (la RUBEDO degli alchimisti). Sarà un caso, ma nelle lettere e nello sfondo della CROCE si notano i colori NERO, BIANCO e ROSSO.
I colori, appunto, della “Grande Opera” alchemica; NIGREDO, ALBEDO e RUBEDO.
Infine, un’ultima funzione della CROCE EVANGELICA . Era utilizzata come una sorta di talismano. Si diceva che tenesse lontani i temporali, fortunali ma soprattutto fulmini e saette.
Questa lunga, e speriamo non noiosa, disamina, serve ad ulteriore conferma (se mai ve ne fosse bisogno) del fatto che i simboli, tutti i simboli (e la CROCE EVANGELICA è proprio, e soprattutto, questo) sono stati realizzati per essere letti su più piani, più livelli, più dimensioni dell’esistenza.
(Giancarlo Pavat)
– Se non altrimenti specificato, le immagini sono dell’autore.
.22. Immagine sopra; l’acquasantiera all’ingresso della chiesa di San Giacomo.