Tre esperimenti del professor Volterri per verificare se, 4000 anni fa, a Mohenjio Daro ci fu una esplosione nucleare!

 

Immagine sopra; il sinistro “fungo” di una esplosione nucleare. A Mohenjio Daro, più di 4000 anni fa, si è verificato qualcosa del genere? 

 

 

CI FU DAVVERO UNA ESPLOSIONE NUCLEARE SUL SITO DI MOHENJIO DARO OLTRE 4000 ANNI FA?

IL PROFESSOR ROBERTO VOLTERRI INDAGA SU QUESTO MISTERO MEDIANTE TRE ESPERIMENTI SCIENTIFICI.

 

Il mistero delle rocce fuse a temperature “impossibili” per l’Antichità….

di Roberto Volterri

 

   

 2. Immagine sopra; Il libro “2000 a.C.. Distruzione Atomica” di David W. Davenport e Ettore Vincenti del 1979 (Sugarco) che descrive ciò che potrebbe essere veramente accaduto circa quattro millenni fa a Mohenjio Daro nell’attuale Pakistan. Il mistero delle rocce fuse a temperature “impossibili” per quei tempi, un complesso esperimento – durato molte ore, non pochi istanti! – per fondere totalmente un antico reperto fittile, “sacrificato” per comprendere cosa potrebbe essere avvenuto in quello sperduto luogo della Valle dell’Indo…
 

 

TRE ESPERIMENTI DEL PROFESSOR ROBERTO VOLTERRI PER TENTARE DI FONDERE FRAMMENTI DI CERAMICA ANTICA, SIMULANDO QUANTO PUÒ ESSERE AVVENUTO A MOHENJIO DARO.

 

 

 

Utilizzando un forno a muffola in grado di raggiungere la temperatura di 1200°C – utilizzato in ambito universitario per trattamenti termici sui metalli – l’autore di queste pagine ha tentato di fondere alcuni frammenti di ceramica antica per caratterizzarli similmente a quanto già fatto con un frammento di materiale  proveniente da Mohenjo Daro.

 

 3. Immagine sopra; Il forno a muffola utilizzato dal professor Roberto Volterri per questo esperimento

 

 

PRIMO ESPERIMENTO

 

Da un’ansa di anfora antica tipo Dressel 20 del I secolo d.C. – da chi scrive scavata a Monte Testaccio (Roma) – sono stati prelevati due piccoli frammenti. 

La zona di produzione di queste anfore è stata identificata nell’area del fiume Guadalquivir (Spagna), e l’area di esportazione comprendeva, fra I e II secolo d.C., tutto il bacino del Mediterraneo occidentale, ma nel III secolo si concentrava solo verso Roma per trasportare olio dalla Hispania Betica (attuale Andalusia) verso l’urbs aeterna.

 

 4. Immagine sopra; Collo e anse di anfora olearia Dressel 20.  Da un’ansa simile a queste sono stati prelevati anche due piccoli frammenti per effettuare il primo esperimento di fusione.

 

 

 5. Immagine sopra; Parte di un’ansa prelevata da un’anfora olearia Dressel 20 anch’essa utilizzata nell’esperimento di fusione.

 

Poi i due frammenti sono stati inseriti nel forno e la temperatura è stata direttamente regolata su quella massima ottenibile (1200°C). Dopo quattro ore i frammenti sono apparsi fusi e la superficie interna è stata osservata al microscopio ottico e analizzata al Microscopio Elettronico a Scansione (SEM).

6. Immagine sopra; dopo quattro ore i due frammenti ceramici appaiono fusi e mostrano una forma semiglobulare.

 

 

 7. Immagine sopra; la temperatura (1200°C) alla quale si è ottenuta la fusione dei due campioni. In realtà, è probabile che essi si siano fusi a temperatura un po’ più bassa ma sempre superiore ai 1000°C.
 8. Immagine sopra; Piccolo frammento di ansa da anfora Dressel 20 prima della fusione. Dopo oltre quattro ore a circa 1200°C si è trasformato come si vede nelle immagini che seguono…

 

 

9-10. Immagini sopra e sotto; Recto e verso  del più grande dei due frammenti di terracotta prelevati da un’ansa di anfora Dressel 20 fusi a circa 1200°C. Il frammento si è fuso ed ha assunto forma semiglobulare; si noti a destra la formazione di molte bolle similmente a quelle presenti nel reperto di Mohenjo Daro (foto sotto).
 

 

 

11-12. Immagini sopra e sotto; la superficie esterna del piccolo reperto di Mohenjo Daro utilizzato dal professor Volterri in questi eseprimenti e il suo interno; immagini in cui sono visibili le bolle formatesi a causa dell’intenso riscaldamento e dalla generazione di gas.
 

 

 

Il campione di maggiori dimensioni è poi stato posto nel SEM per analizzarne la struttura interna…

 

 

 13. Immagine sopra; Il piccolo frammento ceramico, tratto da un’ansa di anfora olearia Dressel  20, nella camera del Microscopio Elettronico a Scansione (SEM).
 

 14. Immagine sopra; L’interno del piccolo reperto osservato al Microscopio Elettronico a Scansione (SEM) a basso ingrandimento (80X) appare ricco di bolle dovute al formarsi di gas durante il riscaldamento ad alta temperatura, seguito da totale fusione.

 

 15. Immagini sopra; Mappe microanalitiche, in falsi colori, dell’area esaminata. La figura illustra la distribuzione dei singoli elementi chimici in relazione alla foto riportata nella pagina precedente.

16. Immagine sopra; Spettro di Microanalisi EDS della superficie interna del piccolo frammento ceramico dopo la fusione nel forno a muffola alla temperatura di 1200°C.
 17. Immagine sopra; Microanalisi EDS quantitativa della superficie interna del piccolo frammento ceramico.
Si nota abbondanza di Silicio (Si) e Alluminio (Al) caratteristici di ogni materiale ceramico più altri elementi (Potassio, Calcio, Ferro, ecc.) presenti nell’argilla d’origine. La cospicua presenza di Ossigeno deriva in buona parte anche dall’ossidazione dei vari elementi dopo il riscaldamento nel forno.

 

18. Immagine sopra; Altra foto a basso ingrandimento dell’interno del piccolo campione fuso. Qui si notano ancor di più le bolle formatesi per la generazione di gas durante il lungo processo di riscaldamento ad alta temperatura che poi ha causato la fusione del materiale ceramico. La struttura appare molto simile a quella del campioncino da Mohenjio Daro già riportata in queste pagine…
 

 

SECONDO ESPERIMENTO

 

Successivamente, forte del buon risultato ottenuto con i due piccoli frammenti ceramici, nel forno – portato ancora una volta a 1200°C –  il Dottor Volterri ha tentato la fusione dell’intero reperto archeologico (ansa da anfora Dressel 20). Dal campione principale sono stati dapprima ricavati anche alcuni frammenti di discrete dimensioni, frutto dell’operazione di frattura dell’ansa stessa, per effettuare analisi composizionale al SEM.

 

 

19. Immagine sopra; Immagine a 110X della superficie interna di uno di frammenti provenienti dall’ansa dell’anfora. Sono bene evidenti alcuni inclusi caratteristici di un’argilla non depurata.

20. Immagine sopra; Spettro di Microanalisi EDS della superficie del frammento ceramico utilizzato per la seconda serie di esperimenti. La composizione, salvo una minor presenza del Rame, è praticamente la stessa del caso precedente.

 

 

 21. Immagine sopra; Unicamente per completezza di informazione è stata effettuata anche la mappatura dei vari elementi presenti nel frammento ceramico. Si veda l’immagine a 110X.
 

22.  Immagine sopra; A circa 700°C , dopo circa due ore, al (calor rosso) l’ansa dell’anfora e i tre frammenti non appaiono ancora fusi…
 
23. Immagine sopra; … anche a 1200°C (calor bianco), dopo altre due ore a questa temperatura, i reperti non sembrerebbero ancora fusi anche se l’ansa stessa appare morfologicamente diversa, verosimilmente fusa almeno in parte a causa dell’intenso calore…
 

 

24-25. Immagini sopra e sotto; … invece, a forno del tutto freddo, qualcosa di interessante è apparso.
Confronto tra la morfologia dell’ansa prima del tentativo di fusione (in alto) e dopo due ore alla temperatura di 1200°C: la parte del reperto a diretto contatto con la superficie riscaldante del forno si è liquefatta. Le altre porzioni dell’ansa hanno ricevuto calore solo per irraggiamento e la temperatura raggiunta (verosimilmente un po’ inferiore ai 1200°C) non è stata sufficiente a fondere la ceramica.

 

 

 26-27. Immagine sopra e sotto; La superficie dell’ansa a contatto con la piastra metallica riscaldante (1200°C) mostra la numerosa presenza di bolle dovute alla riuscita fusione e al formarsi di gas generati dalla fusione stessa all’interno della ceramica. In linea di massima è ciò che è avvenuto nel campioncino proveniente da Mohenjio Daro…
 

 

 

28-29. Immagine sopra; parte della superficie del campione da esperimento: appare quasi vetrificata. Si noti la presenza di piccole bolle che probabilmente sarebbero esplose se il campione fosse rimasto nel forno per un tempo più lungo. Immagine in basso; un reperto da Mohenjo Daro con analoghe strutture superficiali causate dall’altissima temperatura raggiunta.

In sintesi, almeno in questo secondo esperimento, si è potuto dimostare che anche alla temperatura di 1200°C, per un tempo sufficientemente lungo (almeno due ore), alcune parti del materiale ceramico utilizzato si possono fondere, mentre altre porzioni dello stesso reperto restano pressochè inalterate se – per quanto essa possa essere molto alta – non si raggiunge la temperatura inizialmente prefissata.

Ciò che nel secondo millennio a.C. è avvenuto a Mohenjo Daro in una zona abbastanza circoscritta dovrebbe aver portato le rocce e i materiali fittili, di ceramica, terracotta, a temperature ben superiori ai 1200°C del nostro esperimento.

Strumentalmente chi scrive non è in grado di determinare, con sufficiente precisione, tale temperatura e – si sottolinea… – gli esperimenti qui illustrati intendono soltanto verificare se e in quali condizioni in laboratorio si possano fondere piccoli reperti archeologici in terracotta portandoli per lungo tempo ad alta temperatura.

Nulla di più.

Per meglio evidenziare come a parità di temperatura del forno (sempre 1200°C) la ceramica di provenienza archeologica – proveniente da altra area geografica e realizzata con differente argilla – possa comportarsi in maniera differente, si è però proceduto con un terzo esperimento…

 

TERZO ESPERIMENTO

 

Si è tentata infatti la fusione di un altro campione proveniente da un diverso reperto archeologico – orlo di un vaso di terracotta – mostrante un diverso aspetto della ceramica, verosimilmente composta da argilla di diversa natura.

Dal campione principale sono stati ricavati due campioni di diverse dimensioni proprio per verificare se la fusione potesse avvenire anche in relazione alle dimensioni stesse…

30. Immagine sopra; Il campione di maggiori dimensioni è l’orlo di un vaso proveniente da scavo archeologico. Da esso sono stati ricavati altri due campioni di piccole dimensioni per eventuali, futuri, esperimenti.

 

Ogni tanto è stata controllata la temperatura e quando questa è arrivata a 1200°C e la si è mantenuta a questo valore per oltre cinque ore, il forno è stato spento e poi aperto per controllare il risultato ottenuto…

31. Immagine sopra; Aperto il forno, il dottor Volterri osserva un po’ deluso il risultato di questo terzo esperimento poiché i tre campioni non si sono fusi affatto!

 

 32. Immagine sopra; I tre campioni di ceramica antica, in questo secondo esperimento, non si sono fusi ma hanno soltanto cambiato colore, assumendo una tonalità molto scura probabilmente dovuta anche alla presenza e all’ossidazione di composti ferrosi nell’argilla utilizzata per realizzare, in antico, il manufatto.
 

 

CONCLUSIONI

 

C’è da premettere che in ambito archeologico le argille usate per realizzare manufatti, in linea di massima, possono essere:

marnose se fondono a temperature comprese tra 1100 e 1200°C;

vetrificabili ,  mostrano un comportamento tutto sommato abbastanza analogo;

fusibili, realizzate con argille contenenti minerali argillosi contenenti Caolino (Silicato idrato di allumina, Al2O3•2SiO2•2H2O) che rammolliscono e poi fondono a temperature prossime ai 1500°C.

refrattarie che arrivano alla fusione a temperature molto più alte, dopo i 1500°C fino a circa 1800°C.

Chi scrive non conosce con quali tipi di argille fossero costituiti in antico i materiali ceramici (vasellame vario, anfore, mattoni, ecc.) utilizzati a Mohenjo Daro e rinvenuti totalmente o parzialmente fusi.

Non è, quindi, affatto agevole – senza ricorrere a particolari tecniche strumentali – dedurre quale sia stata la temperatura raggiunta oltre quattro millenni or sono in quell’area per cause su cui si sta ancora indagando.

Cause, invece, ipotizzate e ben descritte da David Davenport ed Ettore Vincenti nella parte principale del libro mostrato all’inizio dei queste note.

A tal proposito può essere comunque istruttivo confrontare i diversi risultati ottenuti nel nostro secondo e terzo esperimento: fusione nel secondo caso, mancata fusione nel terzo…..

 

In relazione agli esperimenti descritti, bisogna anche precisare che il calore, il trasferimento di energia termica, da un corpo all’altro, può avvenire per:

 

CONDUZIONE

La conduzione ha luogo a seguito di un diretto trasferimento di energia dalla particella di materia avente maggiore energia a quella con energia minore, attraverso le interazioni tra le particelle stesse. 

È questo il caso della parte di ansa dell’anfora Dressel 20 che, nel secondo esperimento, si è letteralmente fusa poiché è rimasta per almeno due ore a diretto contatto con la piastra metallica del forno, piastra che costituisce la primaria fonte di calore dovuta alla presenza di resistenze elettriche di elevata potenza elettrica (“wattaggio”) alimentate dalla tensione di rete (220V). Le parti a minor temperatura hanno solo mostrato un principio di fusione: molto probabilmente con tempi più lunghi il risultato sarebbe stato più completo…

 

CONVEZIONE

Il fenomeno della convezione riguarda soprattutto  i fluidi (aria ad esempio, vari gas, ecc. presenti nell’ambiente, ed è legato in particolare alla differenza tra le densità dei fluidi stessi al variare della temperatura.

 

IRRAGGIAMENTO

L’irraggiamento riguarda il fenomeno della trasmissione dell’energia termica diverso sia dalla conduzione che dalla convezione, perché può aver luogo anche in assenza di materia.

Per esempio, l’energia termica generata dal nostro Sole sotto forma di radiazioni elettromagnetiche può propagarsi nello spazio vuoto per  giungere sulla Terra.

Analogamente, nel forno  utilizzato per i tre esperimenti, mentre una parte dell’ansa (secondo esperimento) si è fusa per conduzione, le altre parti dello stesso reperto sono rimaste pressoché inalterate poiché il calore all’interno del forno è arrivato ad esse solo per irraggiamento dalle pareti del forno stesso. Pareti ad alta temperatura ma non ad un valore tale da dar luogo alla fusione della ceramica.

Le conclusioni che possono trarsi dagli esperimenti qui illustrati possono solo fornire un’indicazione di massima relativa a quale temperatura alcuni tipi di materiale ceramico possono fondersi se esposti a un’intensa (molto intensa…) fonte di calore per un lungo tempo sufficiente al trasferimento della necessaria energia termica in grado di alterare la struttura del materiale stesso.

Chi scrive non è però in grado di stabilire né quale possa essere effettivamente stata la sorgente di calore né il tempo durante il quale l’area di Mohenjo Daro – letteralmente “il monte dei morti”… – è stata sottoposta all’irraggiamento termico che ha praticamente distrutta parte dell’area su cui sorgeva questa antichissima città posta sulla riva destra del fiume Indo ed edificata nell’Età del Bronzo (3500 a.C – 1200 a.C.).

33. Immagine sopra; A Mohenjio Daro, insieme a molto materiale ceramico fuso a causa di un intenso calore, sono stati rinvenuti anche alcuni scheletri in posizioni tali da far ipotizzare una morte improvvisa, dovuta al verificarsi di un evento esterno a cui era impossibile sottrarsi (violentissimo incendio, esplosioni, dovuti a cause non identificabili?)
Qualcosa di simile a ciò che nel 79 d.C. è avvenuto a Pompei a causa dell’improvvisa eruzione del Vesuvio.
Ma a Mohenjo Daro non ci sono vulcani…

(Roberto Volterri)

Le immagini sono state fornite dall’autore. 

 

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