(Stoccolma – Kungliga Slott, il Palazzo Reale in Slottbacken. – foto G. Pavat 2012)
QUANDO IL PRINCIPE DI PONTECORVO DIVENNE ( ED È TUTT’ORA) RE DI SVEZIA
di Giancarlo Pavat
in collaborazione con Sonia Palombo.
(II^ parte)
Il 5 giugno 1806, Napoleone Bonaparte , Imperatore dei Francesi, aveva costituito il Principato di Pontecorvo, concedendo il titolo al Maresciallo di Francia J. B. Bernadotte.
“La città era governata da un pontecorvese rappresentante del Principe, che concesse una Carta Costituzionale molto avanzata e fondata sui principi di giustizia sociale che la grande rivoluzione aveva affermato. I Pontecorvesi rimarranno sempre molto legati a questo breve, ma significativo regime, nel quale si erano quasi autogovernati alla luce dei principi nuovi e più avanzati”. (da P.P. Forlini e Clementina Evangelisti “Antologia Storiografica della Ciociaria”; Accademia Internazionale Artistica Nord-Sud 2007).
Ma com’era questo 1806 che vide la nascita del Principato di Pontecorvo?
In Europa cessava di esistere dopo oltre Mille Anni, il Sacro Romano Impero, sorto nella Notte di Natale dell’Anno 800 quando papa Leone III aveva posto la corona imperiale del rinato Impero Romano d’Occidente sul capo di Carlo re dei Franchi. Colui che la Storia ricorderà come “Magno” e che sarà appunto il Primo Sacro Romano Imperatore. Attraverso tutto il Medio Evo, la corona imperiale dopo essere stata appannaggio dei sovrani Carolingi, era passata alla dinastia sassone degli Ottoni, poi a quella sveva degli Hohenstaufen, con i grandissimi imperatori Federico I° “il Barbarossa” ed il nipote, lo “Stupor Mundi”, Federico II, e infine, dopo addirittura un “Interrregno” dal 1254 al 1273, e l’effimera “Casa del Lussemburgo”, era entrata in possesso degli Asburgo. Che l’avevano onorata difendendo l’Europa cristiana dall’avanzata islamica degli Ottomani che dopo la caduta di Costantinopoli (la capitale dell’altro Impero Romano, quello d’Oriente) era arrivata nel cuore del Vecchio Continente. Se tra l’11 ed il 12 settembre 1683, l’Imperatore Leopoldo I° d’Asburgo, il condottiero Carlo di Lorena, il re di Polonia Giovanni Sobiesky, il giovane ufficiale italiano Eugenio di Savoia e, soprattutto, l’umile ma decisivo frate cappuccino Marco d’Aviano, non avessero fermato le orde della Mezzaluna di Kara Mustafà sul monte Kahlenberg e sotto le mura di Vienna, oggi le nostre mogli, fidanzate, figlie, porterebbero il velo islamico. Ma per Napoleone il titolo Sacro Romano Imperatore puzzava di Medio Evo ed ancient regime. Quindi doveva essere abolito con un tratto di penna. E l’ultimo Sacro Romano Imperatore, Francesco II d’Asburgo fu costretto ad abdicare. Il “Corso” gli riconoscerà, bontà sua, il titolo di Imperatore d’Austria con il nome di Francesco I°. Di Imperatori “universali” d’Europa ce ne doveva essere uno soltanto; cioè lui.
(Francesco I°, Imperatore d’Austria)
Ma altri avvenimenti politici caratterizzarono quel 1806. Dopo la fine del Sacro Romano Impero, a luglio Napoleone volle unire i vari stati tedeschi (staccati dall’Austria) nella “Confederazione del Reno” (ovviamente sotto controllo Francese. La Prussia decise allora di dare vita alla “IV Coalizione” assieme alla Gran Bretagna, alla Russia ed alla Svezia. Ma il 14 ottobre subì una totale disfatta nella battaglia di Jena. Il 25 dello stesso mese le truppe napoleoniche entravano a Berlino. La Repubblica Batava veniva trasformata in Regno d’Olanda sul cui trono saliva Luigi Bonaparte, altro fratello dell’imperatore.
Ma non solo politica o guerre. Il 1806 vede la nascita di diverse invenzioni che utilizziamo ancora oggi (o abbiamo usato fino a poco tempo fa). Negli Stati Uniti d’America della prima caffettiera a filtro, inventata da Benjamin Thomson. In Inghilterra viene brevettata da Robert Wedgwood la “carta carbone”, mentre in Irlanda (che fa parte della Gran Bretagna) Francis Beaufort inventa la scala dei venti (divisa in 12 gradi di intensità) che porterà il suo nome. In Italia, Ugo Foscolo (1778-1827), compone il carme “Dei Sepolcri”, con cui cerca di risvegliare le coscienze degli Italiani, additando le figure dei “Grandi” del passato, artisti, poeti, scienziati, eroi, sepolti in Santa Croce a Firenze.
(Ugo Foscolo in un dipinto di François-Xavier Fabre. 1812)
L’anno dopo, il Principe di Pontecorvo (come ormai veniva chiamato sia in Francia che nella varie cancellerie europee) viene chiamato da Napoleone a seguirlo nelle nuove battaglie contro Prussiani e Russi. Il Principe di Pontecorvo combatte a Spanden, dove viene ferito gravemente al collo. Dopo un periodo di convalescenza eccolo di nuovo al seguito dell’Imperatore, con cui il 5 luglio 1809 partecipa alla sanguinosa battaglia di Wagram che mette definitivamente in ginocchio l’Austria.
Ma Bernadotte è sempre più irrequieto e, alla fine, i sempre altalenanti rapporti con l’Imperatore, raggiungono il livello più basso.
Ormai Napoleone non lo sopportava più. Nonostante il titolo di Principe di Pontecorvo, l’aveva richiamato a Parigi, lasciandolo però in un limbo, senza alcun incarico per mesi e mesi. Un insulto per il focoso e iperattivo Maresciallo di Francia. Impossibilitato di rientrare nel “suo” Principato, Bernadotte prende a scivolare nell’apatia più cupa. Persino la nomina a semplice rappresentante dell’Impero presso il papa a Roma, viene vista come una degradazione, un insulto. Nonostante l’ordine di partire immediatamente, Bernadotte, testardo, pur rischiando di essere accusato di insubordinazione, rimane a Parigi. Ed è lì che lo va a cercare e lo trova un giovane tenente svedese, tale barone Carl Otto Mörner (1781-1868). Un incontro che cambierà la storia dell’intera Europa.
(Carl Otto Mörner af Morlanda)
(Stoccolma – Kungliga Slottet, Sonia Palombo nel cortile esterno del Palazzo Reale. – foto G. Pavat 2013)
Ma chi era l’appena ventinovenne Mörner che girava per la “Capitale d’Europa” con l’intento di “salvare la Svezia”?
Dobbiamo fare un tuffo nella storia svedese. Oggi noi abbiamo un idea della Svezia come uno Stato democratico, tollerante, pacifico e pacifista e soprattutto neutrale. Ed è vero. Infatti nell’ultimo secolo è riuscita a tenersi fuori dalle due tragedie mondiali. Ma nei secoli precedenti la Svezia partecipò a quasi tutti i conflitti europei, guerre napoleoniche comprese. Addirittura, tra il XVI (soprattutto dopo la “Pace di Roskilde del 1658) ed il XVII secolo la Svezia costituì un immenso “impero nordico” che comprendeva oltre alla Svezia vera e propria (di cui faceva parte anche l’attuale Finlandia) anche una parte della Norvegia, tutte le isole del Baltico, ampie regioni della Germania settentrionale come la Pomerania e le città di Brema e Wismar, i Paesi Baltici e l’Istmo di Carelia. Il Mar Baltico era diventato un lago svedese e, ovviamente le altre potenze europee non potevano tollerare a lungo questo stato di cose. Si formarono diverse coalizioni ma la Svezia riuscì sempre ad uscirne indenne, anche grazie all’abilità diplomatica dei suoi ministri e sovrani. L’inizio della fine cominciò all’alba del XVIII secolo. Nel 1697 era salito al trono di Svezia il figlio del prudente sovrano Carlo XI: Carlo XII (nato a Stoccolma il 17 giugno 1682, re di Svezia sino alla morte avvenuta a Fredrikshald, il 30 novembre 1718).
Tre anni dopo, contando sull’inesperienza del giovane sovrano, una coalizione formata dal regno di Danimarca e Norvegia, dalla Confederazione Polacco-Lituana (il cui sovrano era Augusto II di Sassonia) e dalla Russia, scatenò quella che sarebbe stata ricordata sui libri di storia come la “Grande Guerra del Nord”. Il 30 novembre 1700 gli Svedesi guidati dal sovrano in persona (che veniva ritenuto da tutti un incapace) travolsero un esercito russo cinque volte più numeroso, nella battaglia di Narva (oggi città dell’Estonia) sulla riva meridionale del Golfo di Finlandia.
(Un immagine del Golfo di Finlandia – foto G Pavat 2014)
(Vittoria svedese a Narva nel 1700)
Ma il successo illuse gli Svedesi. I quali, ritenendo che i Russi non costituissero più un pericolo, si concentrarono contro le forze Polazzo-Lituane, e dopo circa sei anni di sanguinose campagne, riuscirono a sconfiggerle ed insediarono sul trono di Polonia un sovrano amico: Stanislao I° Leszczyński (1677–1766). Ma la tregua de facto aveva permesso allo zar Pietro I° di riorganizzare il proprio esercito. Sentendosi forte e sicuro di se, lo Zar lanciò una offensiva contro i possedimenti svedesi dell’Ingermannland (Ingria) e dell’Estonia. Dopo alterne fortune, tra cui alcune sconfitte, i Russi colsero due importanti vittorie con la presa di due fortezze esiziali per gli Svedesi; Nöteborg (eretta a protezione della valle della Neva nel punto in cui nasce dal lago Ladoga) e Nyen, (all’estremità opposta della vallata nel punto in cui la Neva sfocia nel Golfo di Finlandia). La conquista da parte dei Russi della valle del Neva costituì la chiave di svolta del conflitto. Il 27 maggio 1703, Pietro I° fece costruire, su una piccola isoletta alla foce della Neva, una fortezza. Da questa e mediante la successiva opera di bonifica della paludosa foce diede il via all’edificazione di una nuova città, battezzata “San Pietroburgo”, che nel 1712 lo stesso Zar proclamerà nuova capitale dell’Impero Russo.
Nel corso del 1704 Pietro I° lanciò una nuova offensiva lungo la costa meridionale del Golfo di Finlandia. I Russi travolsero le scarse forze svedesi nella battaglia di Wesenberg (26 giugno 1704), e il 9 agosto dello stesso anno espugnarono la città-fortezza di Narva. Postisi sulla difensiva. I Russi rintuzzarono ogni contrattacco svedese e nell’ottobre del 1706, ripartirono di gran carriera attaccando la fortezza di Vyborg sull’Istmo di Carelia. Il tentativo non ebbe successo ma solo a causa delle vie di comunicazioni impraticabili o inesistenti.
(Stoccolma – Statua di Carlo XII – foto G. Pavat 2013)
L’offensiva verso il Golfo di Finlandia e la Carelia costrinse Carlo XII ad invadere la stessa Russia ma la spedizione si risolse in un disastro con la disfatta nella grande battaglia della Poltava (8 luglio 1709). Pietro I° si impadroniva di tutta la costa meridionale del Golfo di Finlandia, dell’Ingermannland (Ingria), dell’Istmo di Carelia.
La guerra continuò ancora anche su altri scacchieri europei ma ormai la Svezia era sotto assedio. Inoltre, nel 1708, a Fredrikslhald in Norvegia, Carlo XII venne colpito a morte da una pallottola. Portato in terra svedese, verrà imbalsamato a Uddevalla. Alla fine la Svezia fu costretta ad accettare i trattati del 1719-21. In pratica dovette cedere, anche formalmente e definitivamente, alla Russia, oltre ai territori già occupati da Pietro I° negli anni precedenti, anche la Lettonia (formata da Curlandia e Livonia), tutta l’Estonia e la Finlandia sudoccidentale. Iniziava l’irreversibile tramonto dell’Impero Svedese, e l’irresistibile ascesa dell’astro russo. Ma proprio nel 1719, con l’entrata in vigore della nuova Costituzione e il passaggio dei poteri al Parlamento, iniziava quella lunga stagione (con una breve (interruzione come vedremo tra poco) di democrazia parlamentare che ancora oggi fa della Svezia (come si è già accennato) la nazione della Libertà e della Democrazia. Stagione, quella iniziata nel 1719, che portò (con la diffusione delle nuove idee dell’IIluminismo e quindi del progresso scientifico) un concreto sviluppo culturale, sociale e tecnico-economico. Una soluzione di continuità si ebbe con Gustavo III (sul trono dal 17771 al 1792) che se da un lato favorì ulteriormente lo sviluppo dell’arte, della letteratura, del teatro, dall’altro nel 1772 diede una (seppur incruenta) svolta autoritaria.
(Stoccolma – Statua bronzea di Gustavo III di J.T. Sergel del 1799 – foto Sonia Palombo 2012).
Il 19 agosto del 1772, in una giornata sfolgorante di sole come possono esserlo solo i giorni estivi alle latitudini settentrionali, Gustavo III uscì a cavallo dal Kungliga Slottet (il Palazzo Reale sull’isola di Gamla Stan a Stoccolma) e passò in rassegna le truppe schierate per la tradizionale parata militare. Questa si svolse sino alla grande piazza, la Slottbacken, antistante il Palazzo. Qui davanti alla propria guardia, dichiarò di voler assumere tutto il potere abolendo il Parlamento e chiese ai soldati se avessero intenzione di seguirlo. Quello che oggi chiameremmo un vero e proprio “pronunciamento militare” ebbe successo. Le truppe inneggiarono al sovrano che si legò al braccio un fazzoletto bianco a guisa di stemma e seguito dalle truppe passò al trotto per le vie della città, ove iniziò a radunarsi una folla plaudente. Il Colpo di Stato era definitivamente riuscito. Il Parlamento venne esautorato e la Monarchia assoluta restaurata. Ma negli anni successivi, nonostante importanti riforme (come la libertà religiosa per tutti gli immigrati), l’appoggio della popolazione, della nobiltà e della ricca borghesia nonché di vari ambienti militari cominciò ad attenuarsi sino a sparire del tutto, soprattutto dopo la “dichiarazione di despota assoluto” del 1789 ed a causa delle disastrose campagne belliche che nonostante alcune vittorie (come quella navale sulla flotta zarista a Svenksund nel 1790) sgretolarono ciò che rimaneva dell’Impero Svedese. Durante una festa in maschera all’Opera di Stoccolma, il re Gustavo III riceveva un colpo di pistola dal capitano Anckarström che sarà poi condannato a morte. Il sovrano si spense per la ferita 14 giorni dopo. Il regicidio che avrà grande eco in tutta Europa, ispirerà al nostro Giuseppe Verdi l’opera “Un ballo in maschera”.
(Stoccolma – Obelisco di Louis Desprez eretto nel 1799 a fianco della Storkyrkan – foto Sonia Palombo 2012)
In ricordo di quel periodo, ancora oggi, alle spalle della Storkyrkan, la cattedrale in stile tardogotico di Stoccolma, sul lato interno della Slottbacken, si innalza l’Obelisco di Louis Jean Desprez, voluto nel 1799 per ricordare i cittadini che combatterono nelle guerre di Gustavo III contro la Russia. Mentre dal lato opposto della piazza, lungo la Skeppsbron che corre sulla riva del bacino dello Norrström, una statua bronzea realizzata da J.T. Sergel, sempre nel 1799, commemora lo stesso Gustavo III.
(Stoccolma – cambio della Guardia nel cortile esterno del Kungliga Slottet – foto G. Pavat 2013)
(Stoccolma – Banda militare in Slottbacken – foto G. Pavat 2013)
(Stoccolma – Kungliga Slottet – foto Sonia Palombo 2013)
Al re assassinato succedette il figlio Gustavo IV Adolfo ma la situazione politica e militare della Svezia non mutò. Anzi, se possibile peggiorò ulteriormente, con la disfatta nella guerra contro l’Impero Zarista del 1809 e la perdita definitiva di tutta la Finlandia, a cui era unita dal XIII secolo e che seguirà i destini della Russia sino alla Guerra d’Indipendenza del 1917. In Svezia la reazione alla disfatta fu violenta, Gustavo IV Adolfo venne deposto. Ma i disordini e moti di piazza, soprattutto a Stoccolma si susseguirono senza posa. Nel 1810, addirittura venne vergognosamente linciato per strada l’anziano maresciallo di corte, conte Axel von Fersen, che i lettori della mia età forse ricorderanno come uno dei personaggi del cartone animato (manga) giapponese di “Lady Oscar”.
Nel frattempo, il Parlamento, restaurato dopo il regicidio di Gustavo III, alla disperata ricerca di un erede al trono, nominò lo zio del sovrano deposto, Carlo XIII. Ma costui, oltre ad essere senza figli mostrava evidenti segni di precoce demenza senile. Si pensò allora ad un principe danese, il non più giovanissimo Karl August. Ma costui venne colto da un infarto durante una parata militare.
E proprio i militari si mostrarono i più insofferenti a queste scelte “di ripiego”. Secondo loro la Svezia aveva bisogno di un sovrano giovane, coraggioso, abile condottiero per riconquistare la Finlandia e gli altri territori persi negli ultimi cent’anni sul Baltico. Ed era ovvio, visto il momento storico, che guardassero ai generali e marescialli di Napoleone. Dopotutto il “Grande Corso” non stava forse distribuendo parenti e fedelissimi sui troni grandi e piccoli di mezza Europa?
Ed è in questo ginepraio di intrighi, congiure, valzer diplomatici che si inserisce la figura del giovane tenente veterano delle guerre in Finlandia, Carl Otto Mörner. La storiografia svedese non è mai stata tenere con lui. L’ha sempre considerato un esaltato, facile all’entusiasmo ma del tutto privo di tatto, diplomazia e intelligenza. Eppure è proprio grazie a lui se il Principe di Pontecorvo diventò Re di Svezia e la Svezia ha ancora oggi una famiglia reale amatissima in tutto il paese.
(Stoccolma – Sonia Palombo e Giancarlo Pavat nel cortile interno del Kungliga Slottet – foto G. Pavat 2013)
Ma i militari svedesi non erano gli unici a guardare verso la Francia Imperiale, ma per altri motivi. I ministri ed il Parlamento svedesi erano consci che per trovare un erede decente a Carlo XIII serviva una “buona parola” del “Petit Caporal” che teneva sotto il proprio tallone l’intera Europa continentale tra Stati satelliti, vassalli e (volenti o nolenti) alleati. Sentito anche Carlo XIII, si decise quindi di scrivere a Napoleone proponendo il fratello maggiore del nobile danese morto d’infarto, ovvero Fredrik Christian av Augustenborg.
Una scelta, che visto quanto detto in precedenza, andava contro le aspettative e le aspirazioni dei militari. E qui, parafrasando Karl Marx, la tragedia di una nazione a pezzi come la Svezia, stava per trasformarsi in una farsa. Mörner decise di rompere gli indugi e si fece ricevere dal ministro degli esteri Lars von Engeström. A costui, il giovane tenente, pieno di tic nervosi e del tutto privo di qualsiasi genere di credenziale politica o diplomatica, non fece una buona impressione. L’avrebbe rimandato volentieri al proprio reggimento in Lapponia, ma gli era stato raccomandato dal cancelliere di corte, conte Wetterstedt, di cui il giovane era cognato. Siccome tutto il mondo è paese, proprio in virtù di tale raccomandazione (e del fatto che comunque Mörner conosceva davvero sia la lingua francese che Parigi), von Engeström decise di inviarlo nella capitale dell’Impero Francese come corriere diplomatico complementare, con copia della lettera del Governo a Napoleone. L’originale sarebbe giunta in Francia con il corriere ufficiale che l’avrebbe recapitata all’ambasciatore e quest’ultimo l’avrebbe consegnata all’Imperatore.
Ma Mörner batté tutti sul tempo. Riuscì ad arrivare a Parigi prima del corriere ufficiale e si presentò all’ambasciatore Gustav av Lagerbielke. Era il 20 giugno del 1810. L’ambasciatore si recò immediatamente da Napoleone che in quel frangente si trovava nel castello di Saint-Cloud. L’Imperatore lo ricevette cordialmente, lesse i documenti e la proposta svedese e, sebbene dichiarò di volersi prendere alcuni giorni prima della risposta definitiva, espresse una approvazione informale alla nomina di Fredrik Christian av Augustenborg quale erede al trono di Svezia. Anche perché la Danimarca era alleata della Francia e quindi non vi vedeva motivi ostativi. Ma Mörner, che ovviamente non ricopriva una posizione tale per poter essere presente all’incontro con Napoleone, contando amicizie anche influenti nella capitale, cominciò a tastare il terreno alla ricerca di un candidato “francese”. Nei colloqui con gli amici francesi e svedesi presenti a Parigi, un nome sembrò trovare convergenza. Quello del Principe di Pontecorvo. Non solo perché parente dell’Imperatore (ovviamente Mörner non sapeva che Bernadotte era caduto in disgrazia) ma perché aveva lasciato un ottimo ricordo tra gli ufficiali svedesi da lui sconfitti nelle campagne nella Germania settentrionale.
Il Principe di Pontecorvo li aveva trattati con cavalleria e senso dell’onore, guadagnandosi la loro stima e fiducia. Per Mörner la scelta era stata fatta e senza alcun mandato ufficiale da parte del proprio governo e senza avvisare l’ambasciatore si recò presso al residenza parigina del Principe di Pontecorvo. Bernadotte, incuriosito da questo giovane svedese che chiedeva di conferire con lui accettò di riceverlo. Sgranò gli occhi di fronte all’offerta di Mörner, il Trono di Svezia, ma rimase abbastanza freddo e dubbioso. Non solo perché aveva capito che il tenente non aveva alcun mandato ma pure perché temeva che fosse un trucco di Napoleone. Decise quindi di recarsi a sua volta dall’Imperatore e questi, meravigliandosi alle parole di Bernadotte, gli spiegò che a lui risultava che il governo svedese avesse scelto il principe danese Fredrik Christian av Augustenborg. Ma non espresse il proprio diniego, semmai diede al Principe di Pontecorvo un consiglio che suonava come ammonimento. Gli ricordò la situazione di anarchia in cui versava la Svezia ed il fatto che non avrebbe potuto dargli nemmeno un reparto di soldati per aiutarlo ad insediarsi a Stoccolma. Bernadotte interpretò (volutamente) queste parole in senso positivo e riferì a Mörner che l’Imperatore si era espresso favorevolmente nei confronti della proposta.
E qui la vicenda rasentò davvero la commedia. Mörner ritornò a Stoccolma di corsa (per quanto lo consentissero i mezzi dell’epoca; in carrozza da Parigi fino ad un porto baltico della Germania settentrionale occupata dai francesi e da qui in veliero sino alla capitale svedese). Si fece ricevere da von Engeström e tutto entusiasta riferì che Napoleone approvava la scelta di nominare il Principe di Pontecorvo quale erede al trono svedese. A von Engeström per poco non venne un colpo. Comprese al volo il pasticcio combinato dall’irruento e irresponsabile tenente e prese a ricoprirlo di contumelie. Attratto dalle urla arrivò anche il funzionario von Essen, che reso edotto sulla situazione, minacciò il tenente addirittura di Corte Marziale.
La situazione era delicata, i ministri temevano (e non a torto) che la Gran Bretagna avrebbe dichiarato guerra alla Svezia non appena fosse venuta a conoscenza del fatto che un maresciallo napoleonico ne avrebbe portato la corona. Mörner venne confinato nella propria città Uppsala e gli venne fatto divieto assoluto (pena davvero il capestro) di avvicinarsi alla cittadina di Örebro, dove si stava per riunire il Parlamento per votare la nomina del nuovo erede al trono. Che, ovviamente, doveva essere il danese Fredrik Christian av Augustenborg e non il Principe di Pontecorvo. Ma come nei migliori romanzi o commedie, ecco il colpo di scena. Bernadotte, che evidentemente aveva capito che il giovane Mörner non era proprio il miglior “sponsor” per la sua candidatura, aveva spedito in Svezia un certo Antoine Fournier. Si trattava di un ricco borghese, un commerciante per la precisione, che parlava correttamente lo svedese per essere vissuto diversi anni a Göteborg ed aveva ricoperto la carica di viceconsole di Francia. Fournier era latore di precise promesse da parte del Principe di Pontecorvo da riferire al Governo e al Parlamento svedesi. A conferma di essere davvero un inviato di Bernadotte, Fournier non portava documenti o credenziali autografe ma il prudente Principe di Pontecorvo gli aveva affidato un piccolo astuccio in avorio per stuzzicadenti che era decorato con i ritratti della moglie Désirée e del piccolo Oscar. Una prova che valeva molto di più di tante lettere commendatizie. Ma che cosa offriva Bernadotte in cambio della nomina ad erede al trono? Diciamo che era stato di manica larga (anche perché alla fine manterrà ben poco!).
(Stoccolma – Sentinella all’ingresso principale del Kungliga Slottet – foto G. Pavat 2013)
Per prima cosa offriva all’esausto erario svedese ben 8 milioni di franchi con un tasso di interesse annuo del 4%. Poi la restituzione dei crediti concessi dalla borghesia, in particolare dai commercianti svedesi, al governo francese. Infine avrebbe ceduto i propri possedimenti in Francia e nell’Hannover in cambio degli antichi possedimenti svedesi in Pomerania ed in altre regioni della costa tedesca del Baltico, occupati dalle truppe napoleoniche. Von Engeström che aveva cacciato Mörner mettendolo di fatto agli arresti, sebbene questi avesse intrapreso la sua iniziativa ”diplomatica” senza secondi fini ma solo “per salvare la Svezia”, davanti agli argomenti presentati da Fournier per conto del Principe di Pontecorvo, cambiò idea. Il giorno 11 agosto fece slittare la votazione del Parlamento e dopo varie trattative più o meno segrete con i membri più influenti dello stesso e del Governo, riuscì a spuntarla con la candidatura di Bernadotte, previa approvazione di Napoleone. E qui di nuovo si rischiò di scivolare nella farsa. L’Imperatore non era entusiasta ma, forse per prendere tempo, rispose in maniera sibillina, l’ambasciatore Gustav av Lagerbielke in fatto di messaggi poco chiari non fu da meno. Ed allora von Engeström, credendosi una volpe, giocò le proprie carte spregiudicatamente, interpretando tutto ciò che arrivava da Parigi in favore del Principe di Pontecorvo. E verso la fine di agosto, il Parlamento svedese riunito a Örebro elesse all’unanimità erede al trono di Svezia il Maresciallo di Francia Jean-Baptiste Bernadotte, Principe di Pontecorvo.
(Jean-Baptiste Bernadotte, Principe di Pontecorvo, Carlo XIV Giovanni di Svezia)
Quale fu la reazione dei Paesi Europei e, soprattutto, di Napoleone? La Gran Bretagna digrignò i denti e schierò la sua flotta, già impegnata nel cosiddetto “Blocco continentale”, nel Mare del Nord, pronta a forzare gli stretti dell’arcipelago danese, lo “Store Baelt”, il “Lille Bealt” e l’Öresund, che dividono lo Skagerrak, quindi del Mare del Nord, dal Kattegat, per entrare nel Mar Baltico e colpire i maggiori porti svedesi, ma in realtà non si mosse. Napoleone approvò e dispensò Bernadotte dal giuramento di fedeltà e lo sciolse dal vincolo di nazionalità. Si era convinto di aver preso due piccioni con una fava. Ovvero di essersi finalmente liberato del riottoso e rompiscatole Principe di Pontecorvo e di aver posizionato un Maresciallo di Francia, quindi un suo fedelissimo, su un altro trono europeo. O almeno così credeva lui. Stavolta l’intelligenza e abilità politica e militare del “Grande Corso” sarebbe stata giocata dalla tragicommedia svedese e dal, a quanto pare, non meno astuto Bernadotte.
Ad essere giocati saranno pure i ministri svedesi, in primis Lars von Engeström, che non vedranno mai i franchi promessi, e i militari svedesi, che tanto avevano bramato un maresciallo o generale francese per essere guidati contro la Russia alla riconquista della antiche terre finniche o baltiche. Ma sebbene una campagna della nuova Svezia alleata della Francia Imperiale contro lo Zar sembrasse a tutti ovvia ed imminente, le cose non andarono proprio così. Bernadotte, anzi Carlo XIV Giovanni, questo nome assunto come erede al trono (Carlo XIII sebbene demente era ancora vivo) iniziò una lenta politica di sganciamento dall’Imperatore. Questi, infastidito dal comportamento del suo ex maresciallo di Francia, iniziò a fare pressioni e alla fine confiscò i possedimenti francesi dell’ex maresciallo di Francia e richiamò in patria quegli ufficiali che avevano seguito il Principe di Pontecorvo a Stoccolma. Bernadotte-Carlo XIV Giovanni, da un lato si mostrò dispiaciuto, millantando fedeltà e una solida alleanza a Napoleone, ma dall’altro intensificò la tessitura dei rapporti con La Gran Bretagna e l’Impero Russo. Obiettivo finale era la riunificazione della Svezia con la Norvegia che faceva parte della corona danese alleata con la Francia. La situazione precipitò quando, il 27 gennaio del 1812, Napoleone ordinò l’occupazione della Pomerania svedese. Funzionari, ufficiali e soldati svedesi vennero tutti fatti prigionieri e deportati. Non c’era alcun motivo reale perché l’Imperatore si comportasse in questo modo.
La Pomerania faceva parte del Regno di Svezia sin dalla conclusione della Guerra dei Trent’anni con la Pace di Westfalia del 1648. Gli abitanti quella regione affacciata al Baltico pur parlando il tedesco si sentivano fedeli sudditi svedesi. Ad esempio, il grande pittore romantico tedesco Caspar David Friedrich nato nel 1774 a Greifswald cittadina baltica della Pomerania, sebbene fu un patriota tedesco durante la guerre di liberazione dei Tedeschi contro i Francesi, rimase sempre legato alla Svezia, come testimoniato da alcune sue opere. Ad esempio il dipinto allegorico “Le età della vita “ del 1835, ove due bambini sulla spiaggia baltica giocano con una bandierina azzurra con la croce scandinava gialla.
(Caspar David Friedrich. “Le età della vita “ , olio su tela del 1835. Museum der bildenden Künste, Lipsia)
È vero che Napoleone aveva già occupato qualche anno prima la Pomerania svedese ma l’aveva restituita proprio dopo l’accordo per la nomina ad erede al trono di Bernadotte. Quindi la nuova invasione che non presentava alcun vantaggio militare o politico, venne ordinata quasi certamente per fare pressioni su Carlo XIV Giovanni. Ma il gesto, decisamente sconsiderato, ottenne l’effetto opposto. Ovvero il definitivo passaggio della Svezia nel campo avversario. Il 5 aprile 1812, Carlo XIV Giovanni in qualità di principe ereditario svedese firmò un trattato di alleanza con la Russia che pochi mesi dopo si ritrovò impegnata nell’esiziale scontro con Napoleone che l’aveva invasa. Il “Grande Corso” commise lo stesso errore dei Persiani che nel VI secolo a.C., avevano provato ad invadere la Scitia (regione che corrisponde all’attuale Russia meridionale), del re svedese Carlo XII poco più di un secolo prima nel 1709 (e di Hitler nel 1941), ovvero si inoltrò nelle infinite pianure russe, venendo sconfitto dalla geografia e dal clima, prima ancora che dal coraggio del Popolo Russo Perdendovi armate e, di conseguenza, la corona.
La disfatta definitiva, dopo la terrificante ritirata durante l’Inverno russo e la sconfitta al guado della Beresina (dove morirono tanti Italiani arruolati nell’esercito del Regno Italico o nella stessa “Grande Armée”, arrivò nello scontro di Lipsia, passato alla storia come la “Battaglia delle Nazioni”. Combattuta tra il 16 ed il 19 ottobre, vide da una parte i Francesi guidati dallo stesso Napoleone e dall’altra le armate della “VI Coalizione”, formata da Gran Bretagna, Austria, Prussia, Russia, i volontari di diversi stati tedeschi e la Svezia guidata da Carlo XIV Giovanni. Come finì sta scritto su tutti i libri di storia. Il “mostro” che voleva dominare l’Europa era stato finalmente sconfitto. Si ritirò attraverso le pianure tedesche, inseguito dai nemici che a Dicembre varcarono il Reno e dilagarono in Francia. A marzo dell’anno dopo, i coalizzati, Prussiani in testa, entrarono a Parigi. Napoleone fu costretto ad abdicare e lasciare la Francia con destinazione l’isola d’Elba.
(Battaglia di Lipsia di Vladimir Ivanovich Moshkov 1792-1839)
Carlo XIV Giovanni, che prima ancora dello scontro di Lipsia aveva sconfitto il 6 settembre del 1813, le truppe napoleoniche dell’ex collega maresciallo Ney nella battaglia di Dennewitz, bloccando la sua avanzata verso Berlino, si vide riconoscere dal “Congresso di Vienna” il titolo di Principe Ereditario. Ma prima era avanzato alla testa delle truppe svedesi contro la Danimarca, alleata della Francia, sconfiggendola velocemente nel novembre dello stesso anno e costringendola con il Trattato di Kiel a cedergli la Norvegia. L’insurrezione dei Norvegesi fu immediata, ma altrettanto rapida la repressione della rivolta. Carlo XIV Giovanni si comportò però con intelligenza e moderazione. Costituì la Norvegia in regno autonomo, lasciando in vigore la Costituzione liberale, facendolo governare da funzionari norvegesi, e unendolo alla Svezia soltanto nella persona del sovrano.
A prima vista potrebbe sembrare che il Principe di Pontecorvo, ormai Carlo XIV Giovanni, si sia comportato da classico voltagabbana, passando da uno schieramento all’altro, alla faccia della gratitudine verso colui che tanto in alto l’aveva innalzato. Ma in realtà le cose non stanno proprio così. Bernadotte non fu il classico lacchè, che s’arrampica socialmente prostrandosi davanti al Signore di turno, pronto al Signorsì e a battere i tacchi ciecamente. In diverse occasioni fu proprio Napoleone a mettersi di traverso. Bernadotte aveva fegato, coraggio, indubbie doti militari, capacità diplomatiche e, lo dimostrò sia come Principe di Pontecorvo che come re di Svezia, di governo. Quando morse il freno fu proprio perché si sentiva stretto nel regime napoleonico al quale, comune doveva molto. Quando scelse di abbandonare al proprio destino napoleone, fu perché comprese prima fosse troppo tardi che era andato troppo oltre. Per oltre un decennio insanguinò l’Europa per brama di dominio, impose il “blocco continentale” contro la Gran Bretagna non comprendendo che ormai era la regina degli oceani del pianeta e che si sarebbe rifornita comunque anche senza il commercio con il resto d’Europa. Che non venne mai completamente meno. Certi stati continuarono a praticarlo (altrimenti li attendeva un destino di fame) sarebbero finiti essi alla fame) e proprio per bloccarli, Napoleone scatenò le sciagurate invasioni di Spagna, Portogallo e Russia, ove sarà sonoramente sconfitto. Alla fine, contro di lui non si levarono solo le monarchie assolute ma pure i popoli d’Europa, come dimostrano le insurrezioni spagnola, russa, tedesca e persino le rivolte in Italia. Il Principe di Pontecorvo comprese tutto questo e che l’astro napoleonico aveva cominciato la parabola discendente. Probabilmente era pure stanco di guerre e massacri. Comprese che la pace in Europa non sarebbe mai stata garantita dal dominio di uno soltanto, ma dall’equilibrio tra le varie potenze. Che grossomodo era il pensiero di Metternich. Ovviamente questo costerà molto sangue e sofferenze nei decenni successivi ai patrioti italiani, polacchi, ungheresi, greci, boemi e di altre nazionalità oppresse. Ma per lui diventerà la linea guida del regno in Svezia. Infatti proprio con Bernadotte-Carlo XIV Giovanni, che, dopo la campagna di Norvegia, la Svezia non parteciperà mai più ad un solo conflitto. Inaugurando quella tradizione di neutralità che dura tutt’oggi.
(La Reggia di Drottingholm sul Mälaren, il terzo più grande lago della Svezia – foto G. Pavat 2013)
(Giancarlo Pavat e Sonia Palombo a Drottingholm – foto G. Pavat 2013)
Nel 1818, Carlo XIII morì e l’ex sergente della Royale-la-Marine, l’ex generale dell’”Armée Révolutionaire”, l’ex maresciallo di Francia e Principe di Pontecorvo, salì finalmente sul trono di Svezia. Sebbene nel clima europeo della Restaurazione scivolò su posizioni più conservatrici, rimase amatissimo tra i sudditi. Ed alla sua morte, nel 1844 a 81 anni, il figlio Oscar poté succedergli tranquillamente al trono, alla faccia di chi paventava disordini e colpi di stato a favore di qualche principe danese. Ad una cosa Bernadotte-Carlo XIV Giovanni stette sempre attento per tutti i decenni che regnò sulla Svezia. Non farsi mai vedere a torso nudo. Infatti, tanti anni prima, come tutti i giovani ufficiali dell’”Armée Révolutionaire”, si era fatto tatuare sul petto la frase “A bas le roi!”.
Che cosa rimane a Pontecorvo della avventura di Bernadotte e del suo breve principato? Abbiamo visto che mantenne Lui mantenne il titolo di Principe di Pontecorvo sino alla nomina a Principe ereditario di Svezia nel 1810. Al momento della rinuncia, Napoleone annesse città e contado all’Impero Francese, ponendo fine alla stagione di pur minimo autogoverno.
“Occupata da Murat durante il suo vano tentativo di creare un Regno Italico nel 1815, fu restituita dal Congresso di Vienna al Pontefice, dopo molti tentativi borbonici di annessione”. (da “Antologia Storiografica della Ciociaria” di P.P. Forlini e Clementina Evangelisti. Accademia Internazionale Artistica Nord-Sud 2007).
Quindi nulla dovrebbe essere sopravvissuto di quelle lontane vicende, e alcun legame potrebbe esserci con la dinastia che discese dall’ex maresciallo di Francia e Principe di Pontecorvo. Per prima cosa perché con la nascita della Repubblica Italiana dopo il Referendum del 2 giugno 1946, tutti i titoli nobiliari sono stati aboliti e pertanto, anche se per assurdo lo volessero, i sovrani svedesi nulla potrebbero accampare su quell’antico principato posseduto dal loro avo. Anche perché, lo si è già ricordato, Napoleone costrinse Bernadotte a rinunciare al titolo pontecorvese nel 1810, dopo la nomina ad erede al trono. Ed allora?
Andate a visitare il Kungliga Slottet a Stoccolma o la splendida reggia di Drottingholm sul lago Mälaren e lo troverete il sottilissimo legame. Lo stemma dell’attuale sovrano, Carlo VI Gustavo, si presenta diviso verticalmente in due, in araldica si dice “partito“. Nel I partito, lato sinistro per chi guarda lo scudo, campeggia l’antica insegna della dinastia Vasa, ovvero il covone (Vasa o Vassa in norreno significa proprio “covone”). Invece, nel II partito, a destra, è riconoscibilissimo lo stemma di Pontecorvo sovrastato dall’aquila napoleonica e le Stelle dell’Orsa.
(Giancarlo Pavat, in collaborazione con Sonia Palombo)
Se non altrimenti specificato le foto sono tratte da Wikipedia che si ringrazia.
(Stemma Casato Bernadotte, regnante in Svezia)