Immagine di apertura; Super Zucche!
Alchimia Verde
di Roberto Volterri
“Vai in giardino e portami una zucca…”
“… Cenerentola subito andò a cogliere la più bella che le riuscì di trovare e la portò alla comare, senza capire come mai quella zucca l’avrebbe fatta andare al ballo…”.
Forse la perfida ‘comare’ che lo scrittore Charles Perrault (1628 – 1703), autore di “Cenerentola, ovvero la Pianellina di vetro”, in qualche barattolo che teneva in cucina, conservava un po’ di Colchicina!
La Colchicina è un alcaloide attualmente utilizzato in medicina – in particolare per la cura della gotta, in varie patologie infiammatorie e in cardiologia – che viene ricavato dal Colchicum autunnalis, anche se è presente anche nella Gloriosa superba.
2-3. Immagine sopra; il Colchicum autumnalis e, Immagine in basso, la Gloriosa superba.
Il Colchicum autumnalis, in realtà fiorisce di solito tra agosto e settembre e appare molto simile al Croco, ma attenzione a non confonderlo con quest’ultimo!
Il Colchicum è molto più tossico e se ingerito anche in minima parte – senza alcuna conoscenza delle possibili conseguenze – può provocare serissimi disturbi e anche la morte.
In Francia esso viene denominato ‘Erba ammazza cane’ e i montanari – che di erbe se ne intendono – la chiamano ‘Erba del mal di testa’.
Gli animali al pascolo – che se ne intendono molto di più! – lo evitano accuratamente, con l’eccezione di alcuni ovini che, però, producono un latte estremamente tossico: sono sufficienti solo 40 milligrammi – a volte anche molto di meno – di Colchicina per causare la morte certa.
Evitate di toccare la pianta, gli stomi in particolare, e poi portare alla bocca le dita! Il vero principio attivo (anzi… attivissimo!) contenuto in questa curiosa pianta è infatti la Colchicina, un alcaloide altamente velenoso che inibisce la divisione cellulare. Più avanti vedremo l’esatto meccanismo di azione…
Il Colchicum è conosciuto anche con strani nomi quali Zafferano bastardo, Freddolina, Giglio matto, Efemero. Cancaxoe, Purassa, Cap d’Invern, Pirgiorina, Strozzacani, Strangolapreti e con mille altre varianti dialettali!
Ma torniamo alla tassonomia linneana…
Qualche curiosità.
Si chiama Colchicum perché nella Colchide – sulle coste del Mar Nero – la mitologia vuole che abitasse la maga Medea, espertissima per mandare all’altro mondo chiunque, usando appropriati beveraggi altamente velenosi.
Fin dai tempi più remoti erano note le sue proprietà in ambito medico, tanto che gli arabi lo usavano spesso come diuretico, mentre, in altri ambiti culturali e geografici, il suo bulbo – appeso al collo – fu usato per proteggersi dalla peste incombente verso la metà del XVII secolo.
L’impiego della Colchicina nella cura di svariate patologie deve essere effettuato sotto strettissimo controllo medico!
Ma non è questa la sede adatta a discettare sull’impiego della Colchicina per la cura delle malattie: è invece la sede più opportuna per sperimentarne l’uso in ambito vegetale, per cercare di ottenere una sorta di ‘mostruosità’ di dimensioni enormi, gigantesche, da… ‘Guinness dei Primati’ (o quasi…)!
Non negate che vi piacerebbe recarvi nell’orto – nel caso siate così fortunati da averne uno – e staccare una mela che pesi un chilo o anche di più. Non vi piacerebbe vantarvi con il vostro antipatico vicino di avere piante che producono fragole grosse come un’arancia?
Siete più romantici? Niente paura! Con la Colchicina potreste ottenere rose della grandezza di una dalia.
Al di là delle mutazioni che avvengono in natura per le cause più disparate, l’uomo è riuscito ad intervenire sulle cellule viventi, costringendole a modificare i propri processi di mitosi, di suddivisione cellulare, e dar vita così a nuovi organismi con caratteristiche del tutto diverse, spesso veramente inimmaginabili.
Eviterei di parlare delle modificazioni indotte da radiazioni ionizzanti ma concentrerei l’attenzione su mutazioni inducibili con l’impiego di specifiche sostanze chimiche. Colchicina in particolar modo.
Il Colchicum autunnalis contiene i principali principi attivi – quelli che possono indurre alterazioni nei cromosomi in modo da dar vita ad organismi di enormi proporzioni – nei semi e nelle radici.
E probabile che in qualche Consorzio Agrario riusciate a reperire ancora la Colchicina sotto forma di polvere giallastra, finemente cristallizzata, ma nel caso ciò non fosse più possibile, potreste provare con alcuni medicinali ancora in commercio che dovrebbero produrre gli stessi risultati. Poi vedremo…
Dal Colchicunm autumnalis la Colchicina si estrae per mezzo di infusioni fredde di adatti solventi, quali ad esempio il cloroformio.
Poi si fa evaporare il solvente e con altri passaggi si arriva al prodotto finito che rappresenta circa l’uno per cento del materiale grezzo utilizzato all’inizio del processo.
L’alcaloide che si ricava da questo processo, qui descritto in estrema sintesi, possiede proprietà stimolanti della germogliazione dei semi, accresce il processo di mitosi cellulare e consente di raddoppiare le dimensioni di ortaggi e frutti.
Ebbene sì, ci stiamo avventurando – da un punto di vista dilettantistico e senza alcuna pretesa! – nel campo degli OGM, degli Organismi Geneticamente Modificati che tanto fanno discutere anche ai nostri giorni.
Ma quando si iniziò a sperimentare con la Colchicina in ambito botanico certi problemi non erano ancora stati sollevati e si poteva procedere con la sperimentazione, ben lontani da polemiche che potrebbero anche avere ragion d’essere….
4. Immagine sopra; Evidentemente le zucche – e loro parenti stretti – sono particolarmente portate ad assumere dimensioni gigantesche.
“Due parole due” di biochimica cellulare…
Come agisce il principio attivo contenuto nella pianta?
Nei normali processi mitotici i cromosomi dopo la naturale duplicazione si suddividono migrando verso le estremità della cellula, tramite il cosiddetto ‘fuso mitotico’.
La Colchicina agisce su una proteina dei microtubuli, detta ‘tubulina’ e la fa depolimerizzare bloccando così la cellula nello stadio di metafase, dato che viene impedita la formazione del ‘fuso mitotico’.
5. Immagine sopra; Il ‘fuso mitotico’ con in verde la tubulina e in blu il DNA
Così, i cromosomi restano sull’equatore cellulare e la cellula non si riproduce ulteriormente ma possiede un numero doppio di cromosomi, ovvero si trova in una condizione di poliploidia.
6. Immagine sopra; Nella Poliploidia la cellula dopo la prima fase di mitosi possiede stabilmente un corredo cromosomico doppio rispetto a quello iniziale.
Le piante affette – diciamo così… – da poliploidia presentano dimensioni fuori dalla norma e sono più resistenti e mutevoli condizioni climatiche.
Con la Colchicina, verso gli anni Sessanta o poco prima, si riusciva ad ottenere piante con semi oleosi in grado di fornire ben maggiori quantità di olio, oppure a ‘forzare’ ‘albero della gomma nel fornire una maggiore quantità di lattice o, ancora ad ottenere granturco con pannocchie di dimensioni inusitate.
Dal nostro punto di vista, dal punto di vista di chi si accontenta soltanto di vedere “cosa succede”, la sperimentazione non è particolarmente difficoltosa, anche se richiede una certa pazienza e qualche accortezza.
Non aspettatevi dunque di ottenere al primo tentativo una patata grande come un pallone da calcio, ma seguendo il motto dell’Accademia del Cimento, “Provando e riprovando” otterrete di certo risultati strabilianti.
Uniche precauzioni da prendere sono quelle di non inalare la polvere di Colchicina e di evitare che la soluzione liquida con essa ottenuta vada in contatto con la pelle o, peggio ancora, con le mucose della bocca, degli occhi, ecc.
Ma ‘sperimentatori incalliti’ come voi queste cose le sanno da tempo immemore!
Dove trovare la Colchicina? In farmacia, nel caso il Consorzio Agrario da voi consultato ne fosse definitivamente sprovvisto.
7-8-9-10. Immagini sopra e sotto; Quattro diverse versioni del preparato farmaceutico contenente Colchicina.Quattro diverse versioni del preparato farmaceutico contenente Colchicina.
11. Immagine sopra; Formula di struttura della Colchicina.
Appendice Sperimentale
‘Droghiamo’ le piante…
Il termine ‘drogare’ mi sembra eccessivo, ma rende l’idea, poiché le cellule delle piante che andremo a trattare avranno… le idee un po’ confuse e crederanno di essere gigantesche. Però, poi, lo diventeranno sul serio…
12. Imnagine sopra; Zucca da fare invidia alla ‘comare’ di Cenerentola…
Vi siete procurata, in farmacia, qualche compressa di Colchicina? Allora possiamo iniziare con il nostro ‘miracoloso’ quasi ‘alchemico’ procedimento.
Ma fate attenzione! Ogni composto chimico può risultare altamente pericoloso se ingerito accidentalmente! Quindi massima attenzione,,,
13. Immagine sopra; Pomodori da oltre 1 chilogrammo? Forse con la Colchicina è possibile…
Così come avrò occasione di sottolineare per quanto riguarda la Formaldeide con la Colchicina non è bene ‘scherzare. Quindi prestate la massima attenzione nel manipolarla.
1) Pressate tra due cucchiai qualche pasticca di Colchicina in modo da ridurle in polvere. Non inalate assolutamente la polvere!
2) Prendete 100 cc di acqua distillata e mescolatevi la polvere del medicinale contenente Colchicina.
La quantità di pastiglie da sciogliere in acqua dipende anche dal tipo di medicinale che vi siete procurati: 0,5 mg a compressa? 0,1 mg a compressa? Il metodo sperimentale è sempre il migliore, ma sarà bene ricordare che la soluzione dovrebbe essere all’1%, cioè 1 grammo di polvere su circa 100 grammi di acqua.
3) Su un piattino poggiate un buon numero di semi della pianta su cui intendete sperimentare (fagioli, meloni, zucche, ecc.) e versatevi un po’ della soluzione in modo che i semi siano non del tutto coperti ma siano immersi per metà nel liquido.
4) Lasciate i semi in tali condizioni per un paio di giorni, aggiungendo liquido nel caso sia evaporato un po’ troppo.
5) Gli sperimentatori dotati di maggior pazienza potrebbero effettuare una ricerca suddividendo i semi trattati in relazione al numero di giorni lasciati nel liquido (due giorni, quattro giorni, e così via…) in modo da stabilire più ‘scientificamente’ i protocolli della sperimentazione.
6) I semi così trattati potranno poi essere seminati come di consueto.
Altro metodo può essere quello di seminare senza alcun trattamento e poi innaffiare con regolarità le piantine appena nate con la soluzione di Colchicina all’1%.
Terzo metodo è quello di preparare una miscela formata da 2 grammi di Colchicina con 100 grammi di Lanolina da procurarsi in farmacia. Si deve ottenere una specie di pasta da spalmare con cura su parti della pianta quali il fusto, le radici e le foglie.
14. Immagine sopra; Con la Colchicina, un po’ di pazienza e l’aiuto di Madre Natura sarà possibile ottenere anche fiori giganteschi.
Zucche… ‘spaziali’!
Poiché tutto questo Capitolo è all’insegna della sperimentazione, vorrei riportare anche qualche risultato ottenuto con un metodo non alla nostra portata: la ricerca spaziale!
Nel 2006, i ricercatori cinesi inviarono nello spazio un buon numero di semi di zucca e li lasciarono in orbita per due settimane.
“L’agricoltura convenzionale è giunta alle sue massime potenzialità di sviluppo, mentre la domanda di cibo da parte di una popolazione in crescita non si arresta. Le sementi “spaziali” offrono l’opportunità di produrre frutta e verdura di dimensioni maggiori, in tempo minore”,
ebbe a commentare il dottor Lo Zhigang, uno dei ricercatori cinesi coinvolti nella sperimentazione in condizioni di microgravità.
Infatti, dopo essere tornati sulla terra, i semi sono stati utilizzati in serre tenute ad una particolar temperatura e, a tempo debito, hanno prodotto zucche come quella illustrata in queste pagine.
L’Accademia Cinese delle Scienze è ancora attivamente coinvolta in questa avveniristica… agricoltura e i primi giganteschi frutti hanno riscosso un notevole successo tra le aziende del settore residenti in Giappone e Thailandia.
15. Immagine sopra: Zucche spaziali! I ricercatori cinesi stanno sperimentando l’influenza delle radiazioni provenienti dallo spazio sui semi di ortaggi, inviandoli in orbita per un certo tempo.
Troppo difficile! Troppo complicato!
Meglio tornare sulla nostra vecchia, cara Terra…
Basta un poco di zucchero e la zucca va su…
Mi correggo, volevo dire “… metti un po’ di Formaldeide…”.
Mary Poppins mi perdonerà!
Attenzione, però! La Formaldeide è potenzialmente pericolosa e deve essere usata solo da chi ha buone conoscenze in campo della manipolazione di prodotti chimici!
La Formaldeide, o Aldeide formica, ha formula chimica CH2O e commercialmente è nota anche come Formalina se è in soluzione acquosa al 37%.
E’ un fortissimo battericida e la troviamo – opportunamente diluita – anche in disinfettanti usati per la pulizia della casa. In ambito scientifico è utilissima per conservare a lungo preparati biologici, in particolare in tassidermia, per imbalsamare animali di medie e piccole dimensioni.
Nell’aria, però, bastano concentrazioni dell’ordine di 0,01 parti per milione per arrecare enorme fastidio alle mucose e all’apparato oculare. Ovviamente, ingerita, la Formaldeide è estremamente tossica! Di sicuro è altamente cancerogena.
Ferme restando tutte le premesse – suggerirei la sperimentazione solo a chi si intende abbastanza di chimica – vorrei mettere in luce come la Formaldeide, in passato, è stata sperimentata anche come stimolante nella crescita dei vegetali.
Nei decenni passati – non saprei precisare quando, ma credo all’inizio degli anni Settanta o poco prima – ad Amherts, presso la Stazione Sperimentale di Agricoltura dell’Università del Massachusetts – è stato appurato come essa affretti in maniera indiscutibile la germinazione dei semi, come faccia nascere frutti dalle dimensioni inusitate e come renda le piante estremamente resistenti alle malattie.
Ebbene sì, siamo nel campo degli OGM (o quasi), non lo nego!
Però, in queste pagine, ciò che proporrei ai lettori non è la valutazione dell’opportunità di coltivare frutta e ortaggi rientranti nella discutibile categoria degli Organismi Geneticamente Modificati, ma soltanto di considerare la parte sperimentale di tali tecniche per ‘toccare con mano’ ciò che può avvenire entrando più o meno di soppiatto nel complesso universo di Madre Natura. Nulla di più…
Ora volete sul serio passare all’azione? Ne siete proprio certi? Avete le necessarie basi tecnico-scientifiche per… ‘non farvi del male’ con questi prodotti chimici?
Se le risposte sono affermative, non indugiamo oltre.
1) In un becher (o qualsiasi barattolo di vetro) versate 6 cucchiai di acqua distillata.
2) Ad essa aggiungete due cucchiai e mezzo di Aldeide formica. Mescolate bene ma state attenti a non venire in contatto con il prodotto chimico e a non inalarlo assolutamente!
3) Preparate almeno quattro contenitori in ciascuno dei quali porrete uguali quantità di terriccio per piante. Due contenitori – di plastica, aventi un diametro di una quindicina di centimetri, alti almeno quattro centimetri. Quasi dei… sottovasi, insomma! – serviranno per il controllo e gli altri due per vedere cosa realmente succede trattando i semi con la soluzione chimica prima descritta.
4) Versate la stessa quantità di soluzione nei quattro contenitori in modo che il terriccio ne sia imbibito a sufficienza.
5) Lasciate passare almeno 24 ore e poi, in ogni ‘vaso’, seminate pari numero di semi di piantine su cui volete sperimentare.
6) Ponete i ‘vasi’ in un luogo illuminato, aerato e che abbia i giusti valori di umidità e temperatura. Suggerirei di iniziare a sperimentare all’inizio della primavera.
7) A suo tempo, dovreste vedere una netta differenza nell’altezza, nelle dimensioni tra le piantine trattate con la Formaldeide e quelle non trattate.
8) Analogamente, rilevanti diversità dovrebbero verificarsi nei frutti derivanti da colture ‘trattate’ e colture non ‘trattate’.
9) Eviterei di mangiare tali frutti: quanto sopra deve unicamente servire per sperimentare, per avere diretta cognizione di ciò che può avvenire cercando di interferire con le normali leggi della riproduzione cellulare.
Ovviamente, durante la sperimentazione suggerirei di annaffiare le piantine con una soluzione chimica costituita da mezzo cucchiaio di Formaldeide in un litro d’acqua.
Così come già detto per la Colchicina, con la Formaldeide non si scherza! Quindi prestate la massima attenzione nel manipolarla.
Un ultimo suggerimento: date un’occhiata al sito web www.reimerseeds.com.
Si occupa anche della fornitura di particolari ‘stimolanti chimici’ per ottenere zucche (e altri ortaggi) al confronto dei quali la famosa ‘zucca’ di Cenerentola più che una ‘Carrozza’ sembrerebbe… un’utilitaria di seconda mano.
Buon divertimento!
(Roberto Volterri)
– Tutte le immagini sono state fornite dall’autore.
16. Immagine sopra; la copertina dell’ultimo libro di Roberto e Susanna Volterri (Amazon Maggio 2023)
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“C’è una quinta dimensione oltre a quelle che l’uomo già conosce; è senza limiti come l’infinito e senza tempo come l’eternità; è la regione intermedia tra la luce e l’oscurità, tra la scienza e la superstizione, tra l’oscuro baratro dell’ignoto e le vette luminose del sapere: è la regione dell’immaginazione, una regione che potrebbe trovarsi “Ai confini della realtà”