La scoperta sembrava sensazionale: a settembre era stato annunciato alla stampa internazionale che una statuetta grande 24 centimetri, raffigurante un Buddha con una “Swastika” sul petto, presumibilmente vecchia di oltre 1.000 anni, raccolta dai Nazisti in Tibet, era stata ricavata da un pezzo di meteorite di ferro.
Ora, però, sembra che solo l’ultimo particolare sia vero. Per tutto il resto ci si trova di fronte ad una truffa.
La statua, infatti, molto probabilmente è stata realizzata nel XX secolo non in Asia Centrale ma nel nostro continente.
Lo scorso settembre, la storia del ritrovamento della statuetta aveva letteralmente fatto il giro del mondo. Sembrava infatti che il reperto facesse parte della collezione di oggetti tibetani raccolta dagli esplortaori tedeschi durante la famosa (o famigerata) spedizione in Tibet del 1938 organizzata dalle SS e da Himmler in persona e guidata da etnologo ed esploratore tedesco Ernst Schäfer (1910-1992).
Scopo della spedizione era trovare le tracce degli ancestrali antenati ariani che, secondo le teorie pseudoscientifiche in voga nel III Reich hitleriano, si sarebbero celati tra le inaccessibili montagne dell’Asia Centrale.
Schäfer era un esploratore, scienziato e cacciatore molto famoso negli annni ’20 e ’30 ed aveva al proprio attivo già due spedizioni in Tibet ed in Cina assieme all’americano Brooke Dolan (nel 1930 e nel 1934/35). Con l’avvento al potere dei nazisti si fece irretire da Himmler e si arruolò nelle SS che finanziarono un nuova spedizione “tutta ariana” per trovare le tracce e, possibilmente, i sopravvissuti degli antichi Ariani che si nascodevano nella mitica Shamballa o Agharta nel cuore dell’Himalaya.
Per una ampia disamina sulla spedizione tedesca in Tibet e , soprattutto, sulle agghiaccianti responsabilità dei suoi membri, una volta rientrati in Germnania, nelle atrocità naziste nei Campi di Syermianio si cosniglia di leggere il libro dello storico inglese Christopher Hale “Himmler’s Crusade” (2003) edito in Italia da Garzanti con il titolo “La crociata di Himmler” nel 2006.
Dopo l’annuncio di settembre, molti esperti cominciarono ad avanzare dubbi sull’autenticità dell'”Iron man” (come era stata definita la statuetta). Infatti molti elementi della scultura non sono coerenti con le statue di Buddha realizzate un millennio fa in Asia Centrale.
Inoltre, sebbene la stragrande maggioranza degli oggetti facenti parte della collezione tibetana riportata in Germania da Schäfer, sia scomparsa subito dopo la guerra (mentre altri sono finiti in Museo di Stato di Monaco di Etnologia) l’inventario compelto e dettagliato stilato dallo stesso Schäfer, è sopravvissuto e la statuetta non compare nella lista di oltre 2.000 oggetti.
Achim Bayer della “Dongguk University” di Seul, citato da “Der Spiegel”, ha scritto un’analisi della statua (disponibile in lingua inglese grazie al “Centro per gli studi buddisti presso l’Università di Amburgo”), in cui sottolinea diversi elementi ed aspetti in base ai quali emerge indiscutibilmente che la statua è stata prodotta in Europa probabilmente tra il 1910 e il 1970.
Egli scrive che molte delle caratteristiche della statua sono “europee”. Ad esempio le calzature del Budda, i pantaloni che indossa e la folta barba scolpita sul suo mento, piuttosto che la sottile barba allungata tipica delle divinità raffigurate nell’arte tibetana e mongola. Tutto ciò influisce nel confermare una origine decisamente recente del manufatto.
E’ probabile che queste discrepanze siano passate in secondo piano in quanto venne ritenuto molto più importante analizzare chimicamente e geologicamente la materia in cui è stata fatta la statuetta.
In effetti, come fa notare Bayer (sempre citato da “Der Spiegel”), il geologo Elmar Buchner dell’Università di Stoccarda, “era più interessato a identificare la composizione chimica della statua. Lui e il suo team sono stati in grado di accertare che il materiale probabilmente proviene dal meteorite “Chinga”, che colpì la regione di confine tra l’odierna Mongolia e la Siberia circa 15.000 anni fa”
“L’ipotesi che l’antica cultura Tibetana Bon (che precedette il Lamaismo) avesse scolpito la scultura” prosegue Bayer “era mera speculazione, e Buchner non ha consultato alcun Tibetologo prima di pubblicare le sue scoperte”.
Ma, secondo “Der Spiegel” che ha dato ampio risalto alla vicenda, le “incongruenze stilistiche, tuttavia, non sono l’unico problema che sembra scontrarsi con la storia della sua provenienza. Nell’articolo pubblicato a settembre sulal rivista “Meteoric and Planetary Scince”, Buchner sostiene che il precedente proprietario della scultura aevva riferito che quest’ultima proveniva, appunto, dalla collezione riportata in Europa dalla spedizione di Schäfer. Cirocstanza che, come si è già visto, è assolutamente insostenibile.
“Buchner” conclude il pezzo di Nina Weber per “Der Spiegel” “ha affermato di non aver avuto alcun motivo per dubitare della storia raccontata a lui dal precedente proprietario della statua del Budda”. Inoltre ha aggiunto che “lui era più interessato ad identificare il materiale di cui la statua è fatta. Egli suggerisce anche che forse il luogo migliore dove conservare la statua la migliore casa per la statua sarebbe nella sezione “meteoriti” di un museo di storia naturale. Mentre l’aspetto storico-artistico non sarebbe così importante”.
Dimostrata, a quanto pare, senza ombra di dubbio che la statuetta è un falso ma che si tratta davvero di ferro meteorico, tutto ciò porta a ricordare come, nella storia dell’Umanità ci siano stati diversi esempi di materiali piovuti dal cielo e poi lavorati e forgiati a guisa di armi o semplicemente considerati manifestazione tangibile del volere degli dei e per questo motivo diventati oggetti di culto religioso.
E di questo ci parlerà Giancarlo Pavat (che ha affrontato spesso questo argomento nei suoi libri, in particolare “Nel segno di Valcento”, Edizioni Belvedere 2010) in un lungo articolo che pubblicheremo a breve.
è la prima volta che leggo su questo sito una notizia che sconfessa le castronerie pseudoscientifiche. oggi mi sento sollevato!