La “Porta Magica” di Roma e i suoi secolari segreti. Oggi, forse, svelati…
di Roberto Volterri
“… Sopra il tavolino del Laboratoro lasciò una carta in cui erano delineati e scritti vari enigmi. Il Marchese Massimiliano in memoria di un tale avvenimento, oltre varie Iscrizioni messe nella sala e nel muro esterno del Casino, nel 1680, li fece incidere in marmo, parte sul Portone posto sulla strada, la quale come si è detto conduce da S. Maria Maggiore a S. Giovanni in Laterano… parte intorno a una piccola Porta sulla strada, incontro a S. Eusebio; e questi enigmi ed Iscrizioni sono le Ricette per la manifattura dell’Oro, le quali niuno ha saputo interpretare, né saranno giammai interpretate…”.
Con queste parole Francesco Cancellieri, nel 1802 – in un ben più ampio elaborato con un titolo da fare invidia a Lina Wertmüller “Dissertazioni epistolari di G. B. Visconti e F.W. De La Barthe sopra la statua del discobolo scoperta nella Villa Palombara” – descrive gli eventi che condussero un “esoterico” Marchese a fare edificare una semplice “Porta” – forse più di una… – ricca di simboli ed iscrizioni che da qualche secolo costringono alcuni studiosi di esoterismo ad almanaccare le più azzardate interpretazioni sul loro reale significato.
È pertanto l’Alchimia una casta meretrice…
… afferma, con un efficace ossimoro, Johannes Trithemius nella sua opera “Annales Hirsaugiensis”, pubblicata nel 1514.
Purtroppo, “di facili costumi”, “Magica” o “Alchemica” che sia, la “Porta” che, passeggiando, ancor oggi potete ammirare nei giardini di Piazza Vittorio Emanuele II, a Roma, è tutto ciò che resta di una splendida villa fatta realizzare poco dopo la metà del XVII secolo da Massimiliano Savelli Palombara, Marchese di Pietraforte.
La Porta Magica è infatti l’unica sopravvissuta delle cinque porte che permettevano l’ingresso alla villa e possiamo datarla con una certa sicurezza anche grazie ad un’iscrizione che la farebbe risalire agli ultimi anni di vita del Marchese Palombara. Altre iscrizioni che erano visibili all’interno della villa sono ormai andate perdute…
Come sappiamo, Villa Palombara diviene ben presto luogo di incontro per gli intellettuali e gli studiosi di Astrologia e di Alchimia dell’epoca.
È estremamente probabile che nei suoi vialetti, accanto alle siepi, all’ombra dei suoi alberi, abbiano passeggiato personaggi come il geniale e a volte istrionico gesuita Athanasius Kircher, l’astronomo Giovanni Domenico Cassini, mentre siamo quasi certi che nelle stanze della villa fu ospitato l’alchimista Giuseppe Francesco Borri e non è affatto improbabile che essa divenisse abituale meta della regina Cristina di Svezia, stabilitasi a Roma dopo aver lasciato il regno nel 1656.
Quattro degli abituali frequentatori di Villa Palombara e del suo alchimistico laboratorio
Un giorno, un misterioso pellegrino…
Non sappiamo con certezza come si svolgessero gli incontri di vari membri del Cenacolo Alchemico che gravitava intorno all’ex regina Cristina di Svezia, ma pensiamo che i loro principali obiettivi fossero quelli della trasmutazione dei metalli, dal Piombo all’Oro.
È pensabile, però, che vedessero la ricerca alchemica anche sotto un profilo più spirituale, volto alla trasformazione dell’essere umano, al superamento della sua condizione legata alle esperienze terrene e mirata anche ad una sorta di ascesi spirituale.
Il già citato Francesco Girolamo Cancellieri narra di una sorta di sfida tra i membri del Cenacolo Alchemico, tra i quali Giuseppe Francesco Borri – medico in odor di “eresia” – il poeta Francesco Santinelli, verosimilmente anche il Marchese Massimiliano Palombara e – ma qui le probabilità sono scarse… – il gesuita Athanasius Kircher.
A tale eterogenea congrega di aspiranti “soffiatori”, un giorno si sarebbe presentato un giovin signore che veniva da lontano, da chissà dove…
Forse per mostrare a quei dilettanti – così egli è probabile che li ritenesse – quali fossero le sue capacità nel campo della Grande Opera, chiese di poter partecipare agli esperimenti…
“… Passarono alcuni mesi – scrive il Cancellieri – e il misterioso uomo chiese alla Regina che egli aveva bisogno di andare altrove per trovare un’erba che serviva al compimento dell’operazione, e la pregò di dargli un ripostiglio, ad oggetto di custodire in esso, durante la sua assenza, due vasi di un liquore, che coll’aggiunta dell’erba la quale mancava sarebbe diventato Oro; ma che lo bramava chiuso a due chiavi di mappa diversa, una delle quali rimanesse presso la Regina, l’altra presso di lui. Gli fu tutto accordato, e partì. Dopo molto tempo la Regina non vedendolo ritornare, irritata di essere stata derisa, fece aprire a forza il ripostiglio, e presi i vasi, trovò congelato il liquore, e vide convertito uno in Oro, e l’altro in Argento, ambedue perfettissimi in tutte le loro rispettive qualità…”.
Però…
“… Alcuni mesi dopo una mattina pel portone che sta sulla strada, la quale conduce da S. Maria Maggiore a S. Giovanni in Laterano verso l’ingresso che si apriva su via Merulana – riporta ancora una volta il Cancellieri – entrò uno vestito da pellegrino il quale si pose a girare ed a guardar sul terreno, come se qualche cosa ricercasse. Fu veduto da uno de’ servi del Marchese il quale subito corse ad avvisarne il padrone; ed egli gl’ingiunse di condurlo a sé. Ubbidì il servo e il pellegrino, che altro non bramava, si recò subito al casino; e presentossi al Marchese con un mazzetto d’Erba nella mano. Dimandogli, a quel fine erasi introdotto nella villa. Gli rispose il pellegrino, che cercava quell’erba, che tenea in mano, e che sapendo, quanto il Signore della Villa si dilettasse dell’arte di far l’Oro, volea col fatto dimostrargli, che l’opera era difficile, ma non impossibile ad eseguirsi; ma che per altro desiderava di osservare, com’egli lavorasse, e a qual termine fossero i suoi lavori. Non esitò il Marchese a mostrarglieli. Entrato nel laboratorio, trovò l’operazione ben diretta. Quindi abbrustolita, e polverizzata l’erba, che avea raccolta, la girò nel crogiuolo, ch’era pieno di un liquore, ed ordinò, che non si aggiugnesse altra materia combustibile al fuoco, […].
“… Il pellegrino si fece dare la chiave della stanza del laboratorio, affinché niuno andasse a gustare l’operazione, e dimandò di dormire nella notte seguente in una stanza contigua al laboratorio medesimo, per essere in caso di osservare di quanto in quanto il lavoro, promettendo al credulo Marchese, che nella seguente mattina sarebbe stato colpito, e ch’egli poi gliene avrebbe svelato l’arcano. Si lasciò sedurre il Marchese dalle promesse del pellegrino, il quale mostrava all’aspetto di essere uomo ingenuo, ed onesto, né appariva di essere impostore, e medico, perché nulla avea richiesto per la sua opera. Venuta la mattina, ricercò subito il marchese del pellegrino; ma dai servi gli fu detto, che ancora non aveva aperta la stanza del laboratorio, perché forse tuttavia dormiva. Aspettò impaziente qualche altro tempo; ma essendosi inoltrato molto il giorno, fece picchiare alla porta per destarlo dal supposto sonno. Niuno rispose; onde temendo, che fosse stato sorpreso da qualche grave male, fece aprire la porta con violenza, e vide, che il pellegrino non era nella stanza assegnatagli, uscito forse da una fenestra, che stando in pianterreno, non era alta da terra. Allora entrato in quella del laboratorio, trovò il crogiuolo rovesciato sul pavimento, ed una striscia di materia congelata di color d’Oro sul pavimento istesso. La raccolse, e la sentì pesante, e fattane poscia esperimento, trovò essere Oro perfettissimo, il pellegrino però non mancò alla promessa fattagli di svelargli l’arcano. Sopra il tavolino del laboratorio lasciò una carta, in cui erano delineati, e scritti vari enigmi. Il Marchese Massimiliano, in memoria di un tale avvenimento, oltre varie iscrizioni, messe nella sala, e nel muro esterno del casino, nel 1680, li fece incidere in marmo, parte sul portone posto sulla strada, la quale, come si è detto, conduce da S. Maria Maggiore a S. Giovanni in Laterano…”.
Era nata la “Porta Magica” ora visibile a Piazza Vittorio Emanuele II, a Roma…
Burla perpetrata ai danni dell’ex Regina Cristina di Svezia, come poco probabilmente ebbe a commentare con ironia il Palombara? Forse le cose andarono così, forse no…
Quindi, se aveste l’occasione di passare per l’Urbs aeterna, per Roma, un sommesso suggerimento del Fantasma del Web è quello di recarvi in un angolo di Piazza Vittorio Emanuele II dove potreste trovare quella che forse è la più importante – forse l’unica – testimonianza di affascinanti esperienze alchemiche effettuate secoli fa…
Anche se protetta da un’imponente inferriata, vedreste la ”Porta Magica”, monumento fatto realizzare negli ultimi decenni del Seicento dal Marchese Massimiliano Palombara per la sua villa di campagna situata sul Colle Esquilino.
Le “Porte” in realtà erano più di una, ma quella che ora ci interessa si è salvata alla distruzione della villa decretata verso la fine dell’Ottocento dal Comune di Roma proprio per realizzare Piazza Vittorio Emanuele II.
A sinistra, particolare della “Porta Alchemica” di Roma e a destra la fonte ispiratrice, ovvero l’opera “Madathanus. Aureum Seculum Redivivum” (1625) di Adrian von Mynsicht (1603–1638)
Ci piace immaginare che all’interno del vero laboratorio avrebbero potuto esserci grandi forni per la fusione dei metalli ad alte temperature, mentre nell’analoga metaforica “Porta” avrebbero preso posto immaginari “forni” in cui lo spirito dell’iniziato fondeva tra loro i diversi aspetti della sua personalità, del suo sapere, del suo inesauribile desiderio di andare “oltre” per trasformare il “Piombo” – la sua natura prettamente “umana” – in un metallo nobile, l’Oro, simbolo dell’ascesi spirituale che lo avrebbe innalzato ad altri piani di esistenza.
Non dimenticando soprattutto quanto è scolpito sulla soglia della Porta Magica…
SI SEDES NON IS
Il motto può essere letto da sinistra a destra (Se siedi non procederai nel cammino della Conoscenza) e da destra a sinistra (Se non siedi procederai…).
Ma la “Porta” non è realmente sola soletta, all’ombra di qualche vetusto platano…
Accanto ad essa, quasi a stigmatizzare la sua funzione di “magico” accesso ad una realtà diversa, ad una dimensione trascendente, sono state poste due statue del dio egizio Bes, nel 1888 rinvenute in scavi archeologici nei pressi del Quirinale.
A sinistra, il ben poco rassicurante aspetto di uno dei due Bes che fungono da silenziosi “guardiani “della Porta Alchemica. A destra, un Bes in terra natia, nel Tempio di Hator, a Dendera (Egitto).
Un consistente patrimonio e la sua posizione sociale permettono a Massimiliano Palombara di finanziare le ricerche e i progetti alchemici che costituiscono uno dei suoi principali interessi. Così egli fa realizzare una piccola dependance, il cosiddetto Casino Nobile, verosimilmente adibito a laboratorio, meta di incontri segreti ed esperimenti alchemici.
Passano gli anni, molti anni, e alla fine del XIX secolo – per l’esattezza nel 1873 – giunge l’iniqua, spesso stolta, damnatio memoriae che suggerisce agli amministratori dell’Urbs aeterna di radere letteralmente al suolo l’intera villa per dare spazio sia ai palazzi che ancor oggi costituiscono il quartiere Esquilino sia ai giardini di Piazza Vittorio Emanuele II in cui, solitaria, misteriosa e forse poco conosciuta anche dai “romani de Roma” – dopo essere stata smembrata e quasi dimenticata in qualche magazzino – la “Porta Magica” ora fa bella mostra di sé.
Sic transit gloria Alchimiae…
La Porta Magica di Roma: l’Audioracconto
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