PER LA GRECIA E PER LA LIBERTA’
I SEGRETI DELL’AFFRESCO DI CASA BIASOLETTO-HOMERO A TRIESTE
di Giancarlo Pavat, del dott. Theodoros Thanassoulas e della dott.ssa Alexandra Kokkinou.
(Immagine di apertura: l’affresco allegorico di Casa Biasoletto-Homero a Trieste. Immagine sopra: l’atrio di Casa Biasoletto -Homero con il soffitto affrescato -foto G Pavat gennaio 2019)
Un “enigma greco” a Trieste.
di Giancarlo Pavat
A Trieste, come accennato nell’articolo pubblicato su questo sito e relativo alla lunetta della chiesa di San Spiridione, c’è sempre stata una fiorente comunità greca.
Ai tempi dell’Impero Asburgico, a partire dal 1714 circa, a Trieste si insediarono diversi commercianti ed armatori greci e vi trovarono rifugio alcuni patrioti ellenici che lottavano per l’Indipendenza dall’Impero Ottomano.
Non a caso esiste ancora oggi (ed è aperta al culto) la bella chiesa greco-ortodossa (a Trieste viene chiamata “Greco-orientale”) dedicata a San Nicola di Myra (che a Trieste è chiamato San Nicolo’ dei Greci) .
E’ in stile neoclassico, con i campanili gemelli , e venne realizzata nel 1784 dall’architetto Matteo Pertsch (allievo del Piermarini a cui si deve il Teatro La Scala di Milano) proprio su commissione della Comunità Greca triestina.
Questo brevissimo excursus storico, ci torna utile per comprendere il contesto storico e culturale, nel quale, con tutta probabilità è stato realizzato un grande affresco che costituisce un piccolo enigma.
L’affresco, decisamente singolare, come spesso accade non si trova sotto gli occhi di tutti. Decora, infatti, il soffitto dell’atrio di un palazzo privato; Casa Biasoletto-Homero, che si affaccia sul Canal Grande a Trieste.
(Casa Biasoletto-Homero sulla riva destra, per chi guarda verso il mare, del Canal Grande. Sullo sfondo la chiesa in stile neoclassico di Sant’Antonio Nuovo e le cupole bizantineggianti della chiesa serbo-ortodossa di San Spiridione – foto G Pavat gennaio 2019)
Il nome dell’edificio deriva da quelli dei primi proprietari e venne eretto tra il 1816 e il 1821 dall’architetto ticinese Giovanni Righetti il vecchio.
Il soffitto dell’atrio è, appunto, decorato da un grande affresco di cui, al momento, non si è riusciti a sapere nulla riguardo il nome dell’autore (spero che qualche nostro lettore possa magari fornire qualche elemento nuovo al fine di identificarlo).
Il soggetto è di evidente natura simbolica e allegorica.
Si nota una figura femminile in armatura che regge con la mano destra un vessillo gonfiato dal vento, fa da sfondo un paesaggio roccioso, brullo, con alcune figure maschili in abiti tradizionali della Grecia. L’opera raffigura, infatti, la lotta dell’Ellade nel XIX secolo per liberarsi dal giogo della secolare oppressione ottomana.
I pochi che lo conoscono sono sempre stati affascinati da questo affresco a cagione degli evidenti richiami agli ideali di Libertà e Indipendenza. Ma, per quanto se ne sa, nessuno si è soffermato a cercare di sciogliere il piccolo enigma che lo caratterizza.
L’enigma riguarda la Bandiera greca sventolata dalla figura femminile (forse Athena) che dovrebbe rappresentare la Libertà (Έλευθερία in greco) del Popolo Greco.
Sebbene i colori (bianco e azzurro) e la Croce greca (bianca) siano proprio quelli del vessillo tradizionale che conosciamo oggi, la versione “triestina” sembra essere una vera rarità per non dire unicum. Circostanza confermata dal dottor Theodoros Thanassoulas, medico greco ma residente a Napoli che mi onora della sua amicizia
Non si tratta nemmeno della primissima bandiera fatta sventolare dagli insorti a Petrasso nel 1821 e benedetta dal Metropolita Germanos.
(Immagine sopra: il Metropolita Germanos a Patrasso benedice gli insorti Greci e la loro bandiera – fonte Wikipedia )
La Bandiera degli insorti di Patrasso recava una CROCE AZZURRA IN CAMPO BIANCO.
Quindi, quella di Palazzo Biasoletto – Homero è una libertà artistica dell’ignoto pittore oppure si tratta di una bandiera effettivamente usata dagli insorti nella Guerra d’Indipendenza 1821-1830 e poi, per qualche motivo, finita nel dimenticatoio?
Non aiuta la frase in alfabeto greco maiuscolo moderno che compare sul ceppo di tronco (o frammento di colonna; il colore potrebbe trarre in inganno) a sinistra (Immagine sopra), ΖΗΤΩ ΕΛΕΥΘΕΡΙΑ, che a Trieste traducono con “VOGLIO LA LIBERTA'”, e le date 1821 e 1881.
La prima data si riferisce all’inizio della Guerra per l’Indipendenza greca. Mentre il 1881 è l’anno della liberazione della regione della Tessaglia e della sua riunificazione con il resto della Grecia.
La Bandiera della Libertà
di Theodoros Thanassoulas
Il ceppo del tronco a sinistra riporta la frase non “VOGLIO” ma “VIVA LA LIBERTÀ”.
In questo caso l’accento va sulla “Η” e non sulla “Ω”. ζήτω=VIVA mentre ζητώ=voglio, desidero.
Io e Alexandra, che ho coinvolto in questa curiosa e interessante ricerca, l’abbiamo scritto in minuscolo così si evidenzia meglio l’accento.
Per quanto riguarda la bandiera;
Durante la Rivoluzione e la Guerra d’Indipendenza, ogni regione dell’Ellas e addirittura ogni capitano portava la sua bandiera. L’ΟΝΟΜΑΤΟΛΟΓΙΑ (onomatologia= nomenclatura) e l’uso era multiplo. In fondo però c’erano due categorie di vessilli.
I cosiddetti ΦΛΑΜΠΟΥΡΑ (FLÀBURA) e i ΜΠΑΪΡΑΚΙΑ (BAIRÀKIA).
I ΦΛΑΜΠΟΥΡΑ erano di un unico colore, portavano la croce e venivano usati dagli ΑΡΜΑΤΟΛΟΙ ΚΑΙ ΚΛΕΦΤΕΣ (ARMATOLÌ E KLÈFTES) durante le feste.
I ΜΠΑΪΡΑΚΙΑ erano delle bandiere bicolori usate in guerra. Si usava il rosso il bianco e il Blu dell’Egeo. Ovviamente non mancava la croce, di solito di colore blu.
Sia ΦΛΑΜΠΟΥΡΑ che ΜΠΑΪΡΑΚΙΑ erano attaccati su pali.
Questi pali in alto portavano la croce che finiva in punta. Ma anche la parte inferiore chiamata ΣΑΥΡΩΤΗΡ (SAUROTÌR) era appuntita a scopo di essere conficcata nella terra.
Colui che portava la bandiera doveva essere un ΛΕΒΕΝΤΗΣ (LEVÈNTIS); persona coraggiosa con un fisico statuario.
Dalla foto dell’affresco di Trieste, la donna rappresentata dovrebbe essere la Libertà. A questa conclusione mi conduce la sua ΠΑΝΟΠΛΙΑ (PANOPLIA) = l’armatura.
Non si riesce a distinguere bene che cosa porta alla mano sinistra.
(Immagine sopra: la facciata di Casa Biasoletto -Homero a Trieste – foto G Pavat gennaio 2019)
Si può quindi dedurre che, probabilmente, la bandiera di Casa Biasoletto – Homero apparteneva a uno di quei gruppi di combattenti per la Libertà e che non fosse un vessillo usato unanimemente da tutti i patrioti greci.
Forse il committente, abitante a Trieste, era in contatto con qualcuno di questi o forse era stato lui stesso uno dei patrioti.
I Trofei della Vittoria per la Libertà di tutti i Popoli.
di Giancarlo Pavat.
Quanto all’oggetto che la figura femminile stringe nella mano sinistra (Immagine sopra), e che ha incuriosito Theodoros; vedendo l’affresco dal vero si comprende che si tratta di una sorta di scettro (o bastone) con la Mezzaluna islamica. Quindi si riferisce ai Turchi sconfitti.
Un oggetto identico è visibile sul terreno assieme ad altre armi afferenti sempre agli Ottomani.
In pratica la figura femminile, probabile personificazione dell’Ellade stessa, sta mostrando come trofei i simboli e le armi strappate al secolare nemico finalmente vinto.
Rimangono ancora diverse domande sull’affresco, chi fu il committente e chi lo realizzo? Ma sorgono altri interrogativi. Visto il periodo storico, inneggiando alla lotta per la Libertà dei Greci, non è che si voleva far riferimento alla LOTTA PER LIBERTÀ DEGLI ITALIANI E PER LA RIUNIFICAZIONE NAZIONALE?
Cosa praticamente impossibile da fare esplicitamente in una città dell’Impero Austriaco. Quindi il singolare affresco di Casa Biasoletto- Homero costituisce una rara (in Italia) testimonianza iconografica e allegorica della lotta per l’Indipendenza greca.
Alla quale parteciparono, giova rammentarlo, intellettuali, idealisti ribelli, romantici patrioti provenienti da tutta Europa. Come il celebre Lord Byron, morto a Missolungi il 19 aprile 1824 e il patriota Italiano, esule piemontese, Santorre di Santarosa, caduto combattendo con i Greci a Sfacteria l’8 maggio 1825.
Probabilmente , l’opera costituisce pure una testimonianza degli auspici dei patrioti triestini agli inizi del Risorgimento. E il fatto che l’affresco si trovi su un soffitto all’interno di un palazzo e che non sia visibile dalla strada, sembra confermare questa ipotesi e il sottile gioco di dissimulazione politica.
Ma a prescindere da tutto, l’affresco di Casa Biasoletto-Homero a Trieste è un inno alla Libertà di tutti i Popoli contro qualsiasi forma di oppressione. Non solo politica o militare ma pure economica.
• Se non altrimenti specificato, le foto sono di Giancarlo Pavat.
(Immagine in basso: Casa Biasoletto-Homero vista da piazza Ponterosso – foto G Pavat gennaio 2019)