PIGLIO (FR); IL FASCINO DELL’IGNOTO.
di Giorgio Pacetti.
Piglio secondo i più illustri studiosi di topografia romana (Nibby, Monsehn, Westphal), dovrebbe essere l’erede dell’antichissimo “Capitulum Hernicum” o “Kapitulon ton Ernikon” di cui fanno menzione sia Plinio che Strabone.
In effetti, nella zona pianeggiante che circonda il Paese, sede dell’antico “Capitulum“, non è difficile, ancora oggi, imbattersi in trabeazioni, epigrafi, resti fittili, avanzi di cisterne, acquedotti, cippi di colonne e ruderi di epoca romana nel classico “Opus Reticulatum“.
Passata dalla pianura fino a quota 620, tra le più sicure propaggini meridionali del Monte Scalambra, la colonia romana si organizzò in “CASTRUM“, il ” CASTRUM PYLEI “, del quale si hanno notizie fin dal 1088. In un primo tempo dominio della diocesi di Anagni, il Paese conobbe successivamente la dominazione dei Caetani- de Pyleo, di Corrado d’Antiochia (figlio naturale di Federico II di Svevia), dei Colonna di Paliano, degli Orsini, dei Borgia, (papa Alessandro VI), e dopo la battaglia di Lepanto, di nuovo dei Colonna.
Il 20 Aprile 1849 a Piglio è passato anche Giuseppe Garibaldi, “in difesa della Repubblica Romana, aggredita dai preti e dallo straniero”; lo ricorda una targa posta su una parete lungo il Viale Umberto 1°.
Esiste oltre ad un paesaggio naturale, anche un paesaggio storico, nel quale i valori ambientali ed archeologici sono complementari. Questo è il caso di Piglio in cui accanto alla suggestiva ed eccezionale bellezza dei luoghi, troviamo un concentrarsi di elementi artistici appartenenti ad età e culture differenti e tutte di notevole livello qualitativo.
Questo centro dell’alta Ciociaria condivide con altri luoghi l’effetto di un costante oblio da parte dei cultori di storia e di arte. Quanto vantava nel passato e può ancora mostrare al giorno d’oggi, rappresenta invece un patrimonio ricco e diversificato che abbraccia un arco di tempo che si estende dall’antichità romana al tardo barocco.
Giungendo a Piglio, prima di addentrarsi nel Borgo Medievale, al visitatore attento amante delle cose belle non sfuggono le cospicue testimonianze della civiltà romana disseminate nella campagna pigliese.
A riguardo la zona più interessante è quella che gravita attorno al Convento di san Giovanni che la tradizione, tutta da verificare, vuole fondato sulle rovine della Villa di Nerva (foto in alto ed in basso). Sempre nel comprensorio del convento di San Giovanni si trova un rudere identificato in un presunto tempio di Giano, basandosi sull’evoluzione semantica del termine JANUS – JOVANNIS – SAN GIOVANNI.
Poco distante dal suddetto Convento sono visibili i resti di quello che fu un cospicuo complesso monumentale sito nella zona denominata “Santo Eligio”, dove si possono ammirare stupendi esempi di opere murarie in “OPUS RETICULATUM” fra le più belle ed interessanti del Nord Ciociaria.
Nel cortile interno della Cantina Sociale “Cesanese del Piglio” spicca un cippo costituito dai resti di una colonna romana scanalata. Analoghi esemplari si possono poi ammirare nel chiostro del Convento di San Giovanni e nella chiesa di San Rocco-Madonna della Valle.
(in basso: Giorgio Pacetti e la colonna romana che regge l’acquasantiera nella chiesetta di San Rocco-Madonna della Valle – foto Pavat).
Ampi territori sono ancora da esplorare, come per esempio la località denominata “LE FATTORA”, proseguendo così l’opera intrapresa qualche anno fa dalla professoressa Matilde Mazzolani segnalati in una pubblicazione universitaria nella collana ANAGNIA -“FORMA ITALIAE” (1969) che aveva individuato delle giacenze archeologiche inesplorate degne di particolare attenzione da parte degli organi della Soprintendenza ai beni archeologici del Lazio. Si possono aggiungere altri due tasselli nel mosaico archeologico di Piglio: l’acquedotto romano rinvenuto nel cimitero di Piglio (foto in basso) e la Villa “Patrizia”.
Dopo circa venti anni (1988), a seguito dei lavori effettuati dalla civica amministrazione nel cimitero di Piglio, veniva scoperto un tratto di acquedotto romano in “opus reticulatum” che la dott.ssa Sandra Gatti della Soprintendenza Archeologica di Roma, sollecitata dal geom. Luciano Pacetti, qualificava come reperto archeologico di grande importanza.
A che cosa doveva servire questo acquedotto? “Non era sicuramente uno sfizio che si era creato un pazzo del tempo a qualcosa doveva pur servire”. Questo ritrovamento ci permette infatti di trovare una linea sommaria di un immenso patrimonio archeologico che giace sotto la nostra terra.
I resti del tempio di Giano e la zona sottostante denominata “Lago” erano collegate attraverso una rete idrica che doveva servire non solo il “tempio” ma qualcosa di molto più consistente. Un “tempio” non è mai isolato, non è una cattedrale nel deserto e là dove esistevano luoghi di culto esistevano abitazioni, paesi e città.
L’acquedotto, interrato, è ancora ben visibile e consiste di un manufatto in muratura, alto centoottanta centimetri e largo 50 cm., intonacato nelle pareti interne con tanto di sfiato nella copertura.
Dopo la villa di Nerva ora ne viene alla luce un’altra proprio in questa zona incantevole ed interessante del nord Ciociaria dove la vista spazia per lungo raggio.
Una Villa “Patrizia” con resti di pavimenti in mosaico policromo a tesserine in pasta vitrea e costruzioni in “opus latericium” risalente al II° sec. A. C., una statua in pietra, in mezzo a resti umani, finemente lavorata, purtroppo acefala e mancante del braccio sinistro. Questi reperti fanno di Piglio un sito importantissimo nell’ambito delle scoperte archeologiche che ci portano agli splendori della Roma Repubblicana.
La Statua (foto in alto), genericamente riconducibile al tipo diffusissimo nell’arte romana di statua funeraria femminile, (sorta di divinità protrettrice dell’oltretomba, derivata da prototipi greci, in particolare dal tipo della Pudicitia) è notevole per la finezza dell’esecuzione ed in particolare del delicato panneggio.
Gli Hernici agli albori della storia avevano in queste zone le loro roccaforti e, alla loro disfatta, i Romani abitarono queste terre generose e ricche di sorgenti e di boschi ed in questi luoghi costruirono le loro ville una delle quali sta risorgendo grazie al contributo delle civica amministrazione insieme alla Soprintendenza Archeologica del Lazio.
Ci si augura che da più accurati rilevamenti si possa portare alla luce quanto di più bello il mondo dei Romani ci può regalare.
Sicuramente, in tempi remoti, da queste parti scorrevano calde acque curative dalle quali i nostri padri traevano benefici. Ma dove sono andate a finire queste sorgenti? Si sa che la terra ha i suoi sconvolgimenti e là dove scorreva un fiume oggi è solo sabbia e là dove erano i boschi ora esiste un deserto, ma qui a Piglio il paesaggio si è conservato nella sua bellezza: sicuramente qualche agricoltore ignaro trae dal suo pozzo rurale dell’acqua termale. Questo ancora non c’è dato di capirlo; ma si parte spesso da questi piccoli indizi per arrivare a delle grandissime scoperte.
Un recupero di manufatti antichi dovrebbe riguardare anche la “Torre del Piano” in località “Vico” (foto in alto) situata ai confini tra Piglio, Acuto e Anagni. Questa bella torre, gioiello medievale, ornata di merli che si elevano in cima alla fortificazione, alta circa trenta metri con quattro torrette circostanti interamente in pietra, serviva da collegamento, nei tempi antichi, per segnalare attraverso una catena di altre torri disseminate nella Ciociaria, l’arrivo delle truppe nemiche. La Torre sorge su uno scoglione di tufo alto circa una quindicina di metri, è interamente situata in una zona strategica essendo essa di origine militare: si notano, infatti, ancora le feritoie dove la guardia della Torre sporgeva le armi per difenderla dagli attacchi dei nemici.
Al già notevole patrimonio archeologico di Piglio, si aggiungono ora ulteriori meraviglie, le “Grotte”, e le “Cisterne” che contribuiranno a fare del Comprensorio del Nord Ciociaria un importante polo turistico.
(In alto; la Grotta dei Briganti)
Nel 1989 quando l’ufficio tecnico comunale di Piglio, allo scopo di appurare un eventuale guasto alla rete idrica cittadina, decise di svuotare le “Cisterne” sottostanti il tratto terminale di Viale Umberto I° Arco della Fontana e tale operazione aveva permesso di rinvenire una grande struttura muraria contemporanea all’attiguo castello medievale comprendente un vano di circa dieci metri di altezza ed una area di circa 150 metri quadrati.
Le acque, praticamente, avevano restituito dopo sessanta anni di “apnea” una parte di Piglio medioevale.
Non parliamo di mitologia ma di storia.
Nell’interno del locale, infatti, sono ben visibili due poderosi archi che richiamano motivi architettonici del Maniero.
Il complesso è stato celato agli occhi della popolazione grazie alla costruzione nel 1925 di Piazza Roma, un obbrobrio urbanistico del periodo fascista, quando un allargamento di Viale Umberto I° venne chiamato addirittura … Piazza.
La scoperta non aveva sorpreso i membri dell’equipe storica locale che, già nel 1985, avevano rinvenuto presso l’Archivio Colonna uno spaccato del comprensorio in oggetto prima ancora degli interventi “guastatori”. Stando allo stesso documento sembra che nei pressi era ubicata una antica cappellina dedicata a San Sebastiano.
Il restauro, effettuato nel 1992, dei locali di un ex cinema Roma da adibire a Biblioteca comunale, attigua alle “Cisterne” doveva tener conto di questa nuova scoperta per renderla fruibile ma, purtroppo, è rimasta ignorata ai più. Il locale le “Cisterne” ritrovato per caso è stato ancora una volta affidato al …caso.
Queste testimonianze del passato dovrebbero essere oggetto di migliore attenzione da parte degli amministratori perché costituiscono un patrimonio storico-culturale che devono essere valorizzate. Ci auguriamo che anche Piglio ritorni alla ribalta con nuove eclatanti “emozioni” archeologiche al fine di valorizzare questa terra che nasconde un grande tesoro quello dell’arte e della cultura..
Essere conosciuti in Italia e all’estero per il vino “Cesanese” è una gran cosa a cui dovrebbe essere aggiunta anche la conoscenza dell’arte e della cultura locale.
Questi ulteriori giacimenti culturali, finalmente custoditi nel castello medievale, opportunamente restaurato come museo dalla Soprintendenza Archeologica del Lazio nel 1989, per ospitare tutti i reperti archeologici zonali, ci rilanciano per una nuova risorsa che è quella dell’agriturismo e mi auguro che la nostra città sia inserita nei programmi della Regione Lazio. E’ di somma urgenza fare presto e fare bene prima che di questo ingente patrimonio non resti più nulla.
Questo viaggio nella storia di Piglio non può avere carattere di completezza.
E’ solo una sintesi dei luoghi descritti a “volo di uccello” per tentare di ricostruire visivamente un immagine di Piglio, ricco di arte, di storia e di cultura.
(Giorgio Alessandro Pacetti).
Nota:
Tutte le foto (tranne quelle altrimenti specificato) sono di Giorgio Pacetti, che ringraziamo per la disponibilità nel concederle.