Presentiamo, in esclusiva, un lungo articolo (tanto che siamo stati costretti a dividerlo in due parti) di Giancarlo Pavat, dedicato ad una vicenda decisamente poco nota se non del tutto ignorata nel nostro Paese. Non è una vicenda di misteri in senso lato, ma piuttosto di curiosità e aspetti inconsueti della Storia con l’iniziale maiuscola (come commenta lo stesso autore). Una vicenda che aldilà dei risvolti noti ed ormai codificati, invita a non dare nulla per scontato e ci fa comprendere come, a volte, il dipanarsi degli eventi umani sia stato influenzato da comportamenti ed episodi che hanno visto come protagonisti personaggi minori, apparentemente insignificanti, che eppure hanno influito tantissimo sui destini di intere nazioni e popolazioni. Un articolo, che pubblichiamo volentieri, utile per coloro che desiderano avvicinarsi alla Storia andando però aldilà dei manuali e dei libri accademici. Un articolo che certamente farà discutere anche per alcuni commenti dello stesso autore si determinati personaggi ed avvenimenti storici. Un articolo, quindi, nel solco del nostro sito, per arricchire culturalmente il lettore e per invitare tutti a ragionare con la propria testa.
QUANDO IL PRINCIPE DI PONTECORVO DIVENNE ( ED È TUTT’ORA) RE DI SVEZIA
di Giancarlo Pavat.
(I^ parte)
La storia che desidero raccontare (poco nota agli attuali cittadini della provincia di Frosinone e del tutto sconosciuta alla stragrande maggioranza degli Italiani, è una di quelle in cui la Storia (con l’iniziale maiuscola) si diverte a giocare con personaggi, popoli, città, nazioni, creando curiosi ed imprevedibili legami che, seppure a distanza, di oltre due secoli, resistono ancora e potrebbero, perché no, essere il pretesto ed il volano per creare opportunità di scambi non solo culturali ma pure economici. In pratica creare i tanto agognati posti di lavoro in particolare per i giovani. Anche perché il protagonista di questa invece è proprio un giovane generale figlio della Rivoluzione Francese, che come speso succede, nella sua lunga vita da “incendiario” finirà per diventare “pompiere”. Si tratta di Jean Baptiste Bernadotte. Colui che da giovane generale rivoluzionario (prima) e imperiale (dopo) francese, diverrà Principe di Pontecorvo (oggi in provincia di Frosinone) e successivamente, come vedremo in maniera decisamente rocambolesca, Re di Svezia.
Tutto comincia nel 1804 (Anno XII del nuovo Calendario della Rivoluzione Francese) a Parigi, nella cattedrale gotica di Notre-Dame, quando il “petit caporal”, un corso che per sembrare più francese ha persino modificato il proprio cognome italiano di Buonaparte in Bonaparte, si autoincorona (papa Pio VII pur presente, farà solo tappezzeria) “Imperatore dei Francesi”. Il gesto di Napoleone (perché è di lui che si sta parlando), sebbene sia stata la logica conclusione della sua folgorante scalata al potere assoluto, da semisconosciuto generale delle armate rivoluzionarie a Primo console ed infine ad erede dei Cesari (persino nei simboli, basti pensare all’Aquila napoleonica) e di Carlo Magno, fu comunque sconvolgente. L’”Uomo nuovo”, il “Figlio della Rivoluzione” dei principi di Libertà, Uguaglianza e Democrazia per tutti i cittadini che getta alle ortica tutto ciò, per diventare un dittatore, l’arbitro supremo non solo della propria nazione ma (ci proverà e ci andrà vicinissimo a riuscirci) Signore incontrastato ed assoluto dell’intera Europa. Un incubo, quest’ultimo, che (con buona pace dei francesi) ritornerà (e fortunatamente fallirà ugualmente) soltanto con le avanzate delle armate hitleriane. Persino la madre di Napoleone, Maria Letizia Ramolino, si rifiutò di presenziare (ufficialmente perché contraria al matrimonio del figlio con Josephine Beauharnais. Fu Napoleone stesso per motivi di opportunità politica a costringere Jacques-Louis David ad inserirla comunque nel suo quadro propagandistico che celebra l’evento e che oggi è esposto al Louvre). Comunque segnale indicativo di come molti non gradissero affatto la nascita del nuovo regime. A questo proposito, si racconta che dopo la sfarzosa cerimonia in Notre-Dame, Napoleone abbia chiesto ad uno dei suoi veterani, se gli fosse piaciuta. Il soldato, uno della “Vecchia Guardia”, che l’aveva seguito in decine di battaglie su tutti i campi d’Europa, rispose che l’aveva trovata bellissima ma, spiegò all’Imperatore, che si rammaricava perché non erano potuti essere presenti le migliaia e migliaia di cittadini che erano morti affinché non ci fossero più cerimonie come quella. Come si dice: se non è vera è ben pensata. Certo, l’episodio non è provato storicamente ma potrebbe essersi davvero verificato.
Napoleone era perfettamente cosciente di chi fosse e da dove provenisse, ma la sua spasmodica sete di potere e dominio, appena mascherata dalla volontà di esportare le nuove idee della Rivoluzione in tutta Europa (la Storia, anche recente, insegna che la Democrazia non si esporta sulla punta delle baionette), lo stava portando verso un futuro decennio di guerre quasi interrotte. E ne causerà la propria rovina oltre a quella di tantissimi popoli d’Europa, per i quali la dominazione napoleonica sarà una iattura che difficilmente verrà dimenticata. Basti pensare che cosa combinarono dalle nostre parti i Francesi, con violenze d’ogni genere, saccheggi, incendi, spoliazioni di beni materiali e capolavori artistici, fucilazioni di massa all’ordine del giorno solo per sospetto di antibonapartismo. Ovviamente tutto per il bene delle popolazioni stesse, alle quali stavano regalando le idee dell’Illuminismo. Non è questa la sede per approfondire questo discorso e per dimostrare come, sebbene i Principi nati dall’Illuminismo e codificati dai fatti del 1789, fossero sacrosanti e sono ancora oggi alla base della Civiltà Occidentale, i Francesi della Repubblica prima e dell’Impero poi, si comportarono (e furono niente più) da truppe di occupazione e basta. Tanto che persino personaggi d’altissimo profilo ideologico e morale, certamente non sospettabili di essere filo ancient regime, si resero presto conto di cosa fosse realmente il regime napoleonico. Come Ugo Foscolo o Ludwig van Beethoven (che tolse la dedica a Napoleone dalla “Terza Sinfonia”, l’”Eroica”, non appena questi si proclamò imperatore) o, per rimanere nel Basso Lazio, Luigi Angeloni (patriota e massone, di idee liberali e progressiste) di Frosinone, che addirittura verrà sospettato di aver partecipato ad una congiura contro Bonaparte. Ma sei democratici e giacobini d’Europa si indignarono di fronte alla cerimonia di Notre-Dame, i governanti (non solo quelli assoluti ma persino quelli costituzionali come in Gran Bretagna) d’Europa si preoccuparono ancora di più. Se immediatamente dopo la Rivoluzione, le Potenze europee avevano attaccato la Francia per estirpare quella che consideravano la “malapianta” del giacobinismo, ed erano state fermate a Valmy dopo essere arrivate a soli 70 chilometri da Parigi; ora era in pericolo l’esistenza stessa non più delle varie monarchie ereditarie ma degli stessi stati e nazioni.
Che Napoleone volesse diventare l’Imperatore dell’intera Europa nessuno aveva più dubbi. E decisero di correre ai ripari. L’anno dopo, mentre le varie “repubbliche sorelle” sparse per l’Europa “francesizzata” e per la Penisola Italiana diventavano “regni” (ad esempio la “Repubblica Italiana” che comprendeva tutto il Nord Italia, divenne il “Regno Italico” rispolverando un termine medievale e Napoleone indosserà la “Corona Ferrea” degli antichi sovrani longobardi oggi conservata nel Duomo di Monza), si costituì la cosiddetta “III Coalizione” antifrancese. Ne facevano parte oltre all’Austria ed alla Gran Bretagna, che ne sono le promotrici, anche la Russia zarista, il Regno borbonico di Napoli ed il Regno di Svezia (che all’epoca era la maggior potenza del Nord Europa). Ma Napoleone, come al solito, è un fulmine di guerra, attacca per primo, sconfigge i coalizzati nella battaglia di Ulma (15 ottobre 1805) ed entra nella capitale austriaca. Gli Alleati rispondono con la grandiosa vittoria navale al largo della Penisola Iberica, a Trafalgar, in cui la flotta napoleonica viene annientata per sempre, consacrando la supremazia sui mari di tutto il mondo di quella con l’”Union Jack”. Supremazia che durerà sino alla Seconda Guerra Mondiale. Ma quella di Trafalgar fu una vittoria pagata a caro prezzo con la morte del comandante in capo, l’ammiraglio Orathio Nelson. Ancora oggi un eroe per gli Inglesi ma certamente boia, assieme al cardinale Fabrizio Ruffo, dei patrioti napoletani, giustiziati nel 1799 dopo il crollo della “Repubblica Partenopea”. Trionfo, quello della Flotta Britannica che comunque non influì affatto sulle sorti della guerra sulla terraferma europea.
Il destino attendeva in Moravia, ad Austerlitz (oggi nel territorio comunale di Slavkov u Brna nella Repubblica Ceca, non lontano dalla capitale della Moravia, Brno).
Il 2 dicembre, Napoleone, nella cosiddetta “Battaglia dei Tre Imperatori”, visto che erano presenti anche Alessandro I° zar di tutte le Russie e Francesco II d’Asburgo, ancora per poco Sacro Romano Imperatore, travolse gli eserciti coalizzati. Morirono circa 11.000 russi ed altrettanti furono fatti prigionieri. Dei 15.000 austriaci, ne morirono più di un terzo. I Francesi ebbero solo 7.000 caduti. Lo scontro e la vittoria napoleonica scioccarono l’Europa. Non è un caso che il grande scrittore russo Lev Tolstoj abbia inserito la battaglia nel suo capolavoro “Guerra e Pace”. Il 26 dicembre venne firmata in fretta e furia la Pace di Presburgo (odierna Bratislava in Slovacchia): l’Austria cedeva l’intero Veneto alla Francia (era stato lo stesso Napoleone nel 1797, con l’infame Trattato di Campoformido, vicino a Udine, a “regalare” la libera ed antichissima Repubblica di Venezia agli Asburgo). Ma soprattutto il “Grande Corso” ora aveva mano libera in Europa. In particolar modo in Italia.
E qui arriviamo agli eventi storici che ci riguardano più da vicino. Nel febbraio del 1806, messe fuori combattimento le maggiori potenze continentali come l’Austria e la Russia, Napoleone invase il Regno di Napoli (che l’anno prima aveva aderito alla “Terza Coalizione”) strappandolo ai Borboni. A marzo ne assegnerà la corona al fratello Giuseppe Bonaparte.
Ma lungo la strada verso Napoli (all’epoca una delle capitali più belle, ricche, vivaci ed evolute culturalmente d’Europa) le sue truppe entrarono nell’enclave pontifica di Pontecorvo, occupandola.
La storia di Pontecorvo non inizia certamente con l’arrivo delle truppe napoleoniche. L’area fu abitata sin dalla Preistoria e, sebbene la critica attuale tenda ad escluderlo, per molto tempo si è creduto che il sito di Pontecorvo corrispondesse a quello dell’antica colonia romana di Fregellae, distrutta durante le guerre civili nel 125 a.C.. Qualche certezza la si ha nel Medio Evo, quando nel XII secolo Pontecorvo entra a far parte dei possedimenti dell’abbazia di Montecassino. Vi rimarrà per circa 400 anni, tranne brevi periodi di occupazione Normanna. Diventata feudo papale, Pontecorvo verrà saccheggiata da Carlo I° d’Angiò. Nel XIV secolo, durante il cosiddetto “Scisma d’Occidente”, la città si schiererà con l’antipapa Clemente VII contro l’abbazia di Montecassino. Tra il 1422 ed il 1463, nel controllo di Pontecorvo si alterarono Pontefici, Angioni e Aragonesi. La situazione si stabilizzò proprio nel 1463. Quando divenne una enclave pontificia completamente circondata dal Regno di Napoli. Alla fine del XV secolo, papa Alessandro VI, ovvero Rodrigo Borgia, elevò Pontecorvo al rango di città, contribuendo al suo notevole sviluppo economico che durò per alcuni secoli. Tanto che nel 1725 diverrà sede vescovile al posto della vicina Aquino che invece aveva vantato tale privilegio sin dal Medio Evo.
Il “Grande Corso” decise di trasformare l’enclave in uno staterello semindipendente (controllato dalla Francia, beninteso) costituendo il 5 giugno 1806 il Principato di Pontecorvo e affidandone la corona ad uno dei propri generali; appunto il Maresciallo di Francia J. B. Bernadotte.
Bernardotte era nato il 26 gennaio del 1763 a Pau in Guascogna. Regione sulla costa atlantica compresa tra i Pirenei e l’omonimo Golfo. Patria del celebre d’Artagnan e degli altri moschettieri Athos, Portos ed Aramis, immortalati dalla penna di Alexander Dumas e da tanti film hollywoodiani; si diceva che i Guasconi fossero noti in tutta la Francia per il carattere ribelle e focoso. La sua era una rispettata famiglia borghese di avvocati. L’ultimo dei quali era proprio suo padre; Charles-Jean-Baptiste-Jules. Lui però scelse un altra strada. Nel 1780 si arruolò appena diciassettenne come sergente nel reggimento Royal-La-Marine. Due anni dopo eccolo nei Granatieri, ma non essendo nobile non avrebbe mai potuto fare carriera come ufficiale nell’esercito reale. Senonchè il 14 luglio 1789, i cittadini di Parigi assaltano la Bastiglia. È la Rivoluzione, che lo trova di stanza a Marsiglia. Nel 1794, mentre Napoleone, con cui a breve inizierà ad incrociare la propria esistenza, viene promosso generale, Bernadotte diventa maggiore e gli viene affidato un comando nella cosiddetta “Armata del Nord”.
Il 26 giugno si distingue nella battaglia di Fluerus, guidando un assalto all’arma bianca contro gli Austriaci del Principe di Coburgo. È la fine della “Prima Coalizione antifrancese”; Austria, Inghilterra, Russia, Prussia e Piemonte sono sconfitti. La Francia, superata la minaccia militare e stabilizzata la situazione interna con la spietata repressione della rivolta cattolica e monarchica della Vandea, il 27 luglio (9 Termidoro, secondo il nuovo calendario) si sbarazza di Robespierre, il sanguinario “Incorruttibile”, maggior fautore della mattanza degli oppositori politici durante il cosiddetto “Terrore”, arrestandolo e spedendolo là, dove lui stesso aveva mandato tantissimi innocenti o colpevoli soltanto di non pensarla al suo stesso modo; ovvero sulla ghigliottina. Mentre la testa di Robespierre rotolava nella cesta, la Francia riprendeva a respirare vedendo la fine di una stagione di sangue ed orrore, che l’Europa rivivrà soltanto con il “Terrore” Bolscevico e Staliniano degli anni ’30 del XX secolo.
Nella Repubblica Francese il potere esecutivo passa nelle mani di un “Direttorio” composto da cinque membri, che governerà la il Paese sino all’elezione di Napoleone a “Primo Console” nel 1799.
Trieste – Palazzo dei Conti Brigido dove Napoleone passò la notte tra il 29 e il 30 aprile 1797, come recita la targa sulla facciata (Foto Francesco Pavat).
Nel frattempo Bernadotte viene aggregato all’”Armata d’Italia” guidata dallo stesso Bonaparte e si ritrova a combattere con lui in Veneto e in Friuli. Il 9 marzo 1797 inizia l’offensiva contro i territori austriaci oltre l’Isonzo. Il 21 marzo Napoleone conquista Gradisca e Tarvisio e il giorno successivo Bolzano; mentre lo stesso giorno Bernadotte entra a Trieste (Napoleone vi giungerà il 29 aprile successivo).
Il 17 agosto dell’anno successivo, ecco l’evento che sembra spianare la carriere militare e anche politica di Bernadotte. Il “Guascone” sposa, infatti, Dèsirée Clary, vecchia fiamma del “Corso” e sorella Julie, moglie di Giuseppe Bonaparte, fratello di Napoleone e futuro Re di Napoli (e poi di Spagna).
Ma la carriera di Bernadotte sembra incepparsi nel 1799. Nominato Ministro della Guerra viene improvvisamente “dimissionato” dal “Direttorio”, sembra a causa della sua popolarità. Ma nonostante questo schiaffo, Bernadotte non appoggia Napoleone durante il “Colpo di Stato del 18 Brumaio dell’Anno VIII” (26 settembre 1799). Fine del “Direttorio”.
Il 13 dicembre (23 Frimaio dell’Anno VIII) viene emanata la Nuova Costituzione Francese (elaborata in gran segreto da pochi iniziati sodali di Napoleone). Le libere elezioni vengono vietate e tutto il personale che deve costituire l’apparato dello Stato sarà nominato dal Potere Esecutivo (ovvero i tre Consoli; Napoleone, Sieyés e Roger Ducos) traendolo dalla media ed alta borghesia. Ma in realtà il vero potere è concentrato nelle rapaci mani del “Corso”, che viene letto Primo Console per la durata di 10 anni. È il momento della resa dei conti tra il “Grande Corso” e il riottoso Bernadotte e tutti si aspettano la sua definitiva caduta in disgrazia. Ma i dissidi vengono appianati e nel 1800 Bernadotte diventa Comandante dell’”Armata dell’Ovest”. Quattro anni dopo, Napoleone lo nomina “governatore” del’Hannover, lo stato tedesco che apparteneva all’omonima dinastia inglese (i sovrani di Gran Bretagna manterranno il cognome “Hannover” sino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, quando per ovvie ragioni, lo abbandoneranno prendendo quello di “Windsor” con cui sono tutt’oggi conosciuti) e che dopo la disfatta delle coalizioni antifrancesi era diventato un “satellite” napoleonico. Nello stesso anno arriva la nomina alla massima carica militare (e politica) dell’Impero napoleonico; Bernadotte diventa Maresciallo di Francia.
Con tale titolo, il 2 dicembre 1805 è ad Austerlitz e partecipa all’attacco finale. Si comporta da eroe. Ed è proprio per il suo coraggioso comportamento in battaglia, che l’anno dopo Napoleone lo premierà con il Principato di Pontecorvo.
Fine I^ parte.
(Giancarlo Pavat)
Se non altrimenti specificato le foto sono tratte da Wikipedia che si ringrazia.
Interessantissimo e molto ben scritto