Immagine di apertura; Giancarlo e Gioia Pavat davanti all’ingresso del cosiddetto “dromos” della “Dolina megalitica” di Basovizza (Trieste)
SVELATO IL MISTERO DELLA DOLINA MEGALITICA DI BASOVIZZA A TRIESTE?
di Giancarlo e Gioia Pavat
Narra una leggenda carsica, che in un’epoca lontana lontana, viveva nella località di Basovizza, sul brullo altipiano alle spalle di Trieste, un uomo fortissimo e infaticabile lavoratore. Tanto forte e infaticabile che diversi possidenti terrieri lo chiamavano per dissodare i campi. Il suo compito era, appunto, liberare gli appezzamenti di terra da sassi, pietre e massi che in quel mondo dominato dal carsismo ipogeo ed epigeo non mancavano (e non mancano) di certo. Ma dissoda oggi, dissoda domani, ad un certo momento si presentò il problema di dove mettere tutte queste pietre e massi, alcuni davvero giganteschi.
2. Immagine sopra: alcuni dei megaliti che si notano dentro la “Dolina megalitica” di Basovizza
L’infaticabile zappatore (“Sterpacevo“, che in sloveno vuol dire, appunto, “zappatore” 1) di cui non ci è pervenuto il nome, ebbe l’idea di trasportare e sistemare tutti quei blocchi litici (alcuni pesanti svariati quintali) in una dolina, realizzando una enigmatica struttura che ancora oggi incuriosisce e inquieta i sonni di molti ricercatori.
Secondo una versione leggermente diversamente, la “sistemazione” della dolina carsica sarebbe stata voluta dal proprietario del terreno al fine di nascondere un tesoro costituito da una pentola piena di monete d’oro.
Inutile sottolineare che questo tesoro non è mai stato trovato. Già. Perché piu di qualcuno ha provato davvero a cercarlo, visto che, quella che molti chiamano “Dolina megalitica“, esiste per davvero.
3. Immagine sopra; scorcio della Dolina visto dai terrazzamenti superiori
Si trova, appunto, a poca distanza dal borgo carsico di Basovizza, frazione del capoluogo della regione Friuli – Venezia Giulia.
In un tardo pomeriggio dello scorso caldo mese di ottobre, ci siamo recati sul posto.
Non era certamente la prima volta che ci si recava in quel luogo certamente suggestivo ma stavolta ci attendeva una vera e propria sorpresa, foriera di interessanti novità in relazione alla reale natura del sito.
Ma prima di affrontare questo discorso, vediamo di far conoscere meglio questa particolare “Dolina”.
Innanzitutto, spieghiamo, per chi non conosce i termini geologici, che cos’è esattamente una “dolina”.
Secondo l’Enciclopedia Treccani, il termine deriva dallo sloveno “dol“, ovvero “valle”. Quindi si tratta di un avvallamento tipico delle aree carsiche, avente una forma circolare o ovale, più o meno ampio “(da pochi decimetri di diametro a parecchie centinaia di metri) e di profondità variabile, formatasi direttamente per dissoluzione della roccia calcarea ad opera di acque superficiali filtranti attraverso fratture, o per il crollo di masse rocciose in seguito alla dissoluzione e asportazione sotterranea di materiale calcareo ad opera di acque circolanti“.
Il Carso è letteralmente punteggiato da doline, oltre che da altri fenomeni tipici del carsismo, sia epigeo che ipogeo. Come grotte, inghiottiti, caverne, “carreggiati” e pietrefitte, solo per fare qualche esempio.
Inoltre le doline presentano un curioso fenomeno di inversione termica. Ovvero, scendendo verso il fondo dell’avallamento, la temperatura si abbassa. In pratica succede la stessa cosa (ma alla rovescia) di quando si sale in cima a una montagna. La differenza di temperatura tra il bordo superiore e il fondo della dolina può essere anche considerevole.
Tornando alla nostra “Dolina megalitica”, è facilmente raggiungibile mediante una piacevole passeggiata su una strada sterrata. Lungo il percorso si incontra un incantevole laghetto carsico. Che, immerso nei colori dell’autunno triestino, sembra una tela di un romantico pittore.
4. Immagine sopra: l’idilliaco laghetto carsico che si incontra lungo la carrareccia che da Basovizza porta al sito della “Dolina megalitica”.
La Dolina è profonda circa 6 metri e si presenta simile a un teatro classico, con tre massicci terrazzamenti formati da grandi monoliti, disposti a semicerchio.
5. Immagine sopra; i terrazzamenti della “Dolina megalitica” di Basovizza
Su un lato è stato realizzato un ampio ripiano coperto di terra, sotto il quale si apre un ambiente circolare, avente un diametro di oltre 2 metri, a cui si accede dal fondo della dolina.
6. Immagine sopra: l’ingresso con l’architrave monolitico del cosiddetto “dromos” della Dolina.
L’accesso è costituito da un portale litico con architrave che conduce a un corridoio lungo 4 metri con la volta costituita da piatti monoliti, che può ricordare il “dromos” della Grotta dei Massacci nel Lazio.
7. Il cosiddetto “dromos” della “Dolina megalitica” di Basovizza.
Pare che tutta la struttura fosse circondata da un muro, anch’esso formato da grandi monoliti posti in opera a secco. Sarebbe stato abbattuto agli inizi del XX secolo, per ricavare materiale da costruzione per Trieste.
“Sembrerebbe una tomba dolmenica, appartenente ad una cultura preistorica” spiega lo scrittore triestino Dante Cannarella “se non ci fosse un piccolo particolare. La volta del vano circolare è a cupola vera e non a falsa cupola: senza contare, poi, che qui sul Carso non esiste traccia delle culture dolmeniche” (2) .
Quindi, chi ha realizzato questa struttura megalitica, quando e perché?
Sia lungo i gradoni che sul fondo si vedono delle pietrefitte che ricordano piccoli menhir.
8. Immagine sopra; una pietrafitta quasi sul fondo della Dolina.
Ovviamente, soprattutto nell’ultimo decennio, sono state avanzate diverse ipotesi.
Si va dal tempio celtico del dio Cernunnos, all’insediamento dei Bogomili. Questa ipotesi si basa unicamente su alcune similitudini con siti archeologici della Bosnia-Erzegovina legati all’eresia bogomila. Caratterizzata da progondi elementi gnostici, questa eresia nacque, durante il Medio Evo, in Bulgaria ma si sviluppò soprattutto in Serbia e in Bosnia.
9. Immagine sopra: uno dei terrazzamenti visto dal fondo della Dolina.
Ovviamente non manca l’ipotesi secondo cui sarebbe un luogo dove le streghe tenevano i sabba o altri riti demoniaci.
Per non parlare dell’immancabile luogo di ritrovo segreto ove i Templari avrebbero officiato i loro misteriosi rituali. Affermazione che si commenta da sola.
Infine, ecco che c’è chi ha visto nella “Dolina megalitica” nientemeno che una pista di atterraggio per velivoli alieni (sic!)
Manco a dirlo, nessuna di queste ipotesi ha trovato il benché minimo elemento a suffragio. Nemmeno saggi di scavo sul fondo della dolina, che sarebbero stati fatti negli anni ’60 del secolo scorso, sono riusciti a svelare l’enigma.
Secondo alcuni ricercatori esisterebbe un’antica citazione letteraria dell’esistenza del sito, che dimostrerebbe che non si tratta di una struttura “recente”. In un documento riguardante i confini del Comune di Trieste, datato al 1630, si nomina una “vale o dolina nella quale dicessi già stato un Cortile dei Misteri”. Ma siamo certi che si tratti della Dolina in questione? Infatti non si parla assolutamente di strutture a gradoni o comunque della presenza di grandi pietre. E, in ogni caso, che significa “Cortile dei Misteri”?
Questo toponimo si riferisce proprio alla Dolina di Basovizza?
Ed ecco che una inaspettata, possibile, razionale, soluzione è improvvisamente saltata fuori, grazie ad un’incontro non meno inaspettato. Infatti, mentre stavamo andando verso il sito megalitico, abbiamo casualmente fatto conoscenza con il signor Andrea Mulas. Sardo ma da anni trapiantato a Trieste, in pensione e residente proprio a Basovizza. Ebbene si è presentando dicendo di essere il proprietario, o meglio, il padre della proprietaria del terreno ove di apre la Dolina che ci interessa.
10. Immagine sopra; da sx: Andrea Mulas, Gioia e Guancarlo Pavat
Ma Mulas è soprattutto colui che si prende cura del terreno e dei muri a secco che lo circondano.
Unitosi a noi, il signor Mulas ci ha accompagnato alla Dolina, e ci ha raccontato di aver conosciuto, molti anni prima, nientemeno che il nipote di colui che, nella seconda metà dell’Ottocento, realizzò quella struttura megalitica.
Si trattava del signor Mikail Krizmancic, che sistemò il terreno e la dolina, ripulendoli dalle pietre per consentire di piantare fieno (sui prati circostanti), patate (sui gradoni) e uva (sul fondo per proteggerla dalla Bora). Anzi, Mulas ha spiegato che tra i cespugli del fondo della dolina si possono ancora vedere i massi a cui venivano legati i filari delle viti.
11. Immagine sopra; l’ingresso del cosiddetto “dromos” sul fondo della “Dolina megalitica”.
Altro che Bogomili, Celti,, Negromanti, Templari e dischi volanti. Ancora una volta il principio del “Rasoio di Occam” dimostra che molto spesso la risposta più semplice è pure quella maggiormente più plausibile.
Risolto quindi il mistero della “Dolina megalitica”? Probabilmente si, anche se soltanto l’eventuale scoperta di documenti ottocenteschi comprovanti il lavoro del Krizmancic, potranno mettere la parola fine a questa vicenda.
D’altronde, come diceva qualcuno, la risposta è nel vento. Ovvero la Bora, che spazza l’altipiano carsico, ululando nei boschi ed evocando storie che nessuno è più in grado di comprendere.
Testo di Giancarlo Pavat
Foto di Gioia Pavat
Note:
[1] Citata da Dante Cannarella nel suo “Guida del Carso triestino“, edizioni Italo Svevo 1980.
[2] Dante Cannarella, op. cit...
12, 13, 14 e 15; immagini sopra e sotto; tutta la magia del Carso d’autunno nelle fotografie di Gioia Pavat.